Le indimenticabili, solite cose

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Tre Rii, con le sue poche case in pendenza, ha rubato appena il giusto alle dolci colline di boschi ed erba medica. Sei al centro del niente, anche se Calestano da una parte, Langhirano dall’altra, non distano che venti minuti.
E’ Alta Val Baganza, provincia di Parma, ed è vita appartata quella che abbracci con lo sguardo, e panorami quieti, che te li immagini un tempo movimentati da agricoltori, animali da stalla e da un via vai di latte e foraggio.

Il Bar Alimentari Trattoria Ablondi sta al crocicchio delle tre stradine che conducono fin lì; è ormai tardi (e fa caldo) per poter pensare di approdare da qualche altra parte per pranzo. Ti affidi al caso ed entri. La saletta ha il perlinato torno torno, due o tre ventilatori a muover l’aria, il pavimento a pois. Tutto richiama normalità.
Il piccolo menu del giorno te lo centellinano a voce e tu ti muovi circospetto, assecondando ma non troppo.

Il colpo al cuore Liliana – sfoglina e cuoca dal volto materno, dai modi garbati e dal sorriso dolce e malinconico – te lo assesta fin da subito, perché la degustazione di prosciutti di Parma scuote i sensi di meraviglia. Ponte Romano è il più stagionato, e sa di tutto, poi Casa Graziano 30 mesi ( due tagli: mediana e gambuccio) e infine Slega 26 mesi, e tu riscopri il significato di un termine ormai desueto: “subliminale”.

I tortelli vengono declinati con 5 ripieni diversi , il condimento non stanno manco a dirtelo, è burro e parmigiano. Opto per un bis, tortello di patata, tortello di erbette: INARRIVABILI, resto basito, mai stato così vicino alla perfezione. La crostata con crema di ricotta ci conferma che siamo alle prese con mani angeliche.

Probabilmente le pietanze elaborate da Ablondi sono immutabili, dal 1945 fino ad oggi. Potrebbe essere che si cucinino le solite cose.
D’altronde, la tradizione perpetuata da una piccolissima trattoria familiare di campagna sembra richiamare a sè la ferrea disciplina dell’immobilismo. Eppure cucinare l’indimenticabile fa prendere alla storia tutta un’altra piega.

FERNANDO PARDINI

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