Trent’anni di Albergaccio, nobiltà contadina di una cucina di campagna

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Un pranzo epico, di quando l’epicità abbraccia ‘gnicosa: le idee, i cibi, il tempo. Una commemorazione e un evento.

La storia trentennale di un vero ristorante chiantigiano, nato e cresciuto per far mangiare territorio, riassunta in 12 piatti fra cavalli di battaglia, nuove suggestioni più un paio di guest, con la cucina a riprendersi il suo di tempo, scandito con lentezza nel tentativo di salvaguardare un’idea sana di convivio dalle disumane accelerazioni della contemporaneità.

Una cucina dal respiro antico senza un briciolo di stanchezza addosso. Un passato che si rigenera nel nome e nel segno dei sapori più autentici, ravvivati da un tocco attualizzato non meno che rispettoso.

All’Albergaccio di Castellina è andata in scena la “sontuosa regalità di una cucina di campagna”, fatta di ingredienti locali, di incisività e sottintesi, di passioni e affetti familiari, una cucina in grado di toccare garbatamente accordi di gusto ancestrali per vestirli a festa, lì dove in filigrana vi scorgi, prima ancora che la perizia tecnica e la cura formale, il sospiro consolatore di un passaparola che tramanda saperi.

All’Albergaccio di Castellina, in fondo, è andata in scena la domenica, di quelle domeniche che non ci sono più, e se trent’anni di vita per un ristorante rappresentano un’era geologica, in questo caso immaginarne altri trenta è un’idea semplice.

FERNANDO PARDINI

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