Quando una russa si innamora della campagna toscana: Poggio del Moro

0
11423

Si fa presto a dire “in mani straniere”. Molte realtà rappresentative del made in Italy sono finite in mani straniere. Il vino non sfugge a questa evoluzione per molti versi comprensibile. La coltivazione della terra è cosa dura, e la gestione di una azienda pure, e così non è escluso che le nuove generazioni rinuncino a seguire la strada dei padri.
E passi per le “società estere”, che perlomeno fanno pensare a volti, a persone che si riuniscono e magari parlano anche fra di loro; il peggio è quando si apprende che il protagonista dell’operazione è un “fondo d’investimento”, ossia che alberi e vigneti sono diventati di proprietà di una inanimata macchina per moltiplicare il denaro.

Stavolta però, per fortuna, dal 2007 le mani straniere sono quelle gentili di Tania Kuznetsova, russa ma ormai italiana per scelta, tanto da far crescere il suo biondissimo  bambino qui, nel cuore della Toscana, perfettamente integrato fra i suoi coetanei e, fra l’altro, già attore del Teatro Povero di Monticchiello. La incontriamo una sera in cui la stanchezza della giornata si fa sentire, e la rivediamo la mattina dopo trasformata, allegra e colorata e perfettamente a tono fra fiori, cipressi e ulivi.

“Perché ho scelto l’Italia per diventare produttrice di vino? Ho subito scartato la Francia, esageratamente cara. Ho preso in considerazione le Spagna ma poi ho capito che lì i viticoltori non vivono nella loro campagna. Nella Rioja, per dire, spesso abitano nei paesi e poi vanno in vigna a lavorare. Io invece desideravo integrarmi nel territorio e al tempo stesso plasmarlo seguendo una precisa filosofia di vita.” Ed effettivamente,  visitando la tenuta che circonda la bella casa con i suoi vigneti adagiati sulle dolci colline della Val d’Orcia a due passi da Chianciano Terme, si capisce come ci sia una volontà determinata di agire sì sulla natura, ma assecondandola e rispettandola. In questo è fondamentale il ruolo di Luigi Pagoni il suo più stretto collaboratore che vanta una combinazione perfetta fra solide competenze in agronomia e un buon expertise in faccende economiche .

14 sono gli ettari dedicati alla vigna: 12 con uve rosse (6 a sangiovese in cinque cloni, poi syrah, cabernet sauvignon, merlot e pinot nero) e due con uve a bianche divisi fra trebbiano, grechetto e riesling. La loro conduzione cerca di rispettare al massimo  la biodiversità, non utilizzando fertilizzanti chimici, insetticidi e cercando di effettuare il minor numero di trattamenti fitosanitari. Ma si percepisce come la viticoltura, senz’altro il cardine dell’attività aziendale, sia solo uno dei modi di vivere la campagna: e se con tremila alberi di ulivo è intuibile la produzione di olio extravergine di alta qualità ottenuto da un frantoio che lavora 200-250 chili di olive alla volta consentendo un ciclo giornaliero di raccolta e frangitura con un controllo rigoroso della temperatura (sotto i 27 gradi ), è meno scontata ma significativa e coerente la passione che ha portato alla realizzazione di un laboratorio per la  produzione di confetture e gelatine di frutta, e di conserve di pomodoro.

I vini sono prodotti nella bella cantina sotterranea con la collaborazione dell’enologo versiliese Federico Ricci. e una nuova consapevolezza di poter dire la propria sull’uva toscana più rappresentativa ha portato al passaggio, con l’annata 2018, del Chianti Colli Senesi a Chianti Superiore con la contestuale eliminazione del 10% di syrah dall’uvaggio. All’assaggio questo vino, risultato di una macerazione di 21 giorni, di un passaggio di 18 mesi in legno, sei in acciaio e altri dodici in bottiglia, appare ancora giovane, ma già complesso nelle sue note olfattive di ciliegia, prugna, spunti boschivi e di macchia, e mostra una bella tessitura in bocca ė un tannino di qualità anche se ancora nervoso. Andando indietro nel tempo, il Chianti Colli Senesi 2014 è solare nel suo frutto maturo che si distende al palato in un finale largo e lieve. L’annata successiva si mostra di espressività più trattenuta ma sempre elegante, piacevolmente fruttata e ancora con un prepotente allargamento nel finale. Il Chianti Colli Senesi Riserva 2016 colpisce per l’eleganza e per come il carattere vitale del sangiovese sappia coniugarsi col frutto seducente del syrah.

Il Rasea è il vino tratto dal sangiovese dalle vigne di 25 anni ereditate dalla vecchia proprietà e affinato in botti di rovere italiano da 10 ettolitri,  Quella che sarà l’annata 2018  mette già in mostra un fruttato lieve esposto in un naso ampio e una beva  bella che si distende vibrante e succosa. Il Rasea 2012 colpisce per il contrasto fra un olfatto sottile e di eleganza floreale e una bocca potente e spessa, chiusa da un tannino brillante, mentre il 2013 è all’insegna di un frutto prorompente sia al naso che in un palato equilibrato.

I vitigni internazionali danno vita al Rosso di Toscana: assaggiati dalle botti (vendemmia 2018) parlano di un merlot spesso, opulento e piacevolmente lungo (verrà imbottigliato in purezza), di un cabernet sauvignon (vigne di 25 anni) privo di vegetalità e ricco di frutta nera e liquirizia, vellutato e di leggera freschezza sul palato, di un syrah viscoso e prepotentemente fruttato. L’assaggio delle annate 2012 e 2013 è accomunato da una bella leggerezza e piacevolezza: più elegante il primo, più impattante il secondo.

Vale la pena di citare infine il bianco Ivole 2018, trebbiano in prevalenza con un saldo di grechetto e malvasia, fresco ed agrumato, il rosato Galio 2018, da sangiovese pressato senza diraspatura, che macera il tempo giusto per raggiungere il colore desiderato e che si caratterizza per belle note di iris e ciliegia leggera, e il peculiare vino liquoroso Kagor, tipico nelle celebrazioni della chiesa ortodossa.

Poggio del Moro
Strada delle Cavine e Valli, 73 – Chianciano Terme (SI)
www.poggiodelmoro.com

Riccardo Farchioni

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here