Merano Wine Festival 2019: sempre più interessante

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L’edizione 2019 del Merano Wine Festival si è conclusa con la neve che faceva la sua comparsa nelle immediate vicinanze della città, in pieno stile invernale. E in qualche modo questa presenza nevosa ha, se possibile, reso ancor più affascinante la cornice all’evento. Il festival però è trascorso regolare con in più, quest’anno, i “fuori salone” che hanno assunto dimensioni importanti.  I numeri sono eloquenti, se si sono superati gli 11500 ingressi registrati nei 5 giorni della manifestazione.

La nostra visita si è articolata in due giorni, nei quali abbiamo incontrato una serie di realtà affermate ma anche produttori meno noti che hanno trovato nel MWF un adeguato palcoscenico.

La prima azienda che incontriamo è Monteverro, bella realtà della maremma Toscana (zona Capalbio) che anche nelle scorse edizioni ci aveva suscitato un’ottima impressione.

Ci ha appassionato soprattutto la verticale di Tinata, Syrah (con un saldo di Grenache) la cui evoluzione amplifica le qualità del vino. In particolare il 2015 e il 2011 mostrano una bella cornice fruttata, con sentori speziati e rimandi di cuoio e tabacco. Il 2010 esprime le prime note evolutive giocando su sentori più animali, di vegetale secco (tabacco) e spezie coloniali, con un livello di superiore eleganza e lunghezza che rende bene l’idea delle potenzialità del vino nel tempo.

Il secondo incontro è con una elegante espressione del vino piemontese: Poderi  Luigi Einaudi. Da oltre 100 anni insediata nelle Langhe (Dogliani poi la sponda “barolesca”), sempre  rigorosa nello stile dei suoi Barolo, ha presentato fra gli altri il Barolo Bussia 2015 il quale, sia pur ancora giovane, ha mostrato tutta la sua eleganza in un quadro d’ascendente floreale in cui si riconoscono sentori di frutta rossa come lampone e ciliegia. In bocca entra fresco e lineare, con una sensazione tannica mai sopra le righe.

Il Barolo Cannubi 2015 risente della ricchezza del suolo e della sua variegata formazione. Si ampliano la gamma aromatica e la struttura, con una maggiore intensità nel tannino e una ampiezza gustativa di rilievo. Si parla comunque di eccellenza.

Terzo incontro della giornata quello con la famiglia Tedeschi, dalla Valpolicella : il Marne 180 Amarone 2016  e l’Amarone 2009 (assaggiato come vecchia annata) sono alcuni dei portabandiera aziendali.

Marne 180, ancor giovane, è strutturato e intenso. Emergono note di frutti rossi, prugna, ciliegia, ed un finale caldo e lungo. Il 2009 acquisisce eleganza e slancio, che compendiano un tannino ancora molto intrigante.

Come sa chi frequenta la manifestazione, oltre alla sala centrale l’esposizione si estende in molte sale laterali, e comunque distribuite nell’enorme Kurhaus meranese. In una di queste incontriamo alcuni produttori georgiani, appartenenti alla locale associazione di sviluppo DMO, con i i loro vini in anfora delle annate ’17 e ’18.

Quando si affrontano questi vini bisogna impegnarsi a parlare un’altra lingua enologica. Allo stesso modo di quando si affronta lo studio di una nuova lingua, vi sono due approcci possibili: imparare grammatica, sintassi e via discorrendo, oppure andare a vivere in quel paese, imparare interagendo direttamente con i suoi abitanti. In questo caso, riguardo al vino, affrontare queste degustazioni senza basi potrebbe apparentarsi alla circostanza di dover parlare con persone di cui non si conosce la lingua: possono cioè nascere delle incomprensioni.

Fatta questa doverosa premessa, e assaggiati tutti i vini georgiani in degustazione, si comprende come lo stile enologico sia differente e come, comunque, vi siano tratti accomunanti in tutti i vini fermentati con quella metodologia.

Apprezzabile è la freschezza del frutto, e la particolarità degli aromi dei vitigni utilizzati, così come la sensazione generalizzata di una ottima conservazione dell’integrità del frutto. Resta comunque molto da imparare di questa nuova -ma in realtà vecchissima- “lingua” per proclamarsi realmente conoscitori di questi vini, almeno per quanto riguarda il sottoscritto.

Fondati di sicuro su un altro registro stilistico-espressivo, i Riesling di S.A. Prum, storica cantina della Mosella, vengono elaborati in un rigoroso stile classico. In particolare ci ha convinto Lay 2016, dall’elegante venatura sapida e dalla ricchezza floreale, e ancor di più Wehlener Sonnenuhr 2004, dove la dolcezza della versione Auslese appare magnificamente fusa con la freschezza acida sempre presente. Al naso le note caratteristiche dell’invecchiamento del Riesling ci sono tutte, ma non impediscono di avvertire una ampia nota fruttata giocata sull’albicocca e sul miele.

Tornando in Italia e concentrandosi sul territorio trentino, nella Gourmet Arena abbiano incontrato i vincitori dell’annuale concorso dedicato ai Muller Thurgau della val di Cembra. Tra i migliori, a nostro giudizio, per freschezza, integrità e tipicità sono risultati il Muller Thurgau Pietramontis 2018 di Villa Corniole, il 2018 di Zanotelli e il Vigna delle Forche della Cantina di Cembra.

In ultimo, ma non ultimo, un ricordo personale: molti anni fa in compagnia di amici visitai la valle d’Aosta e conobbi così il Genepì, di cui mio padre  – che aveva svolto il servizio militare in quelle zone –  mi parlava sempre, in particolare di quello della distilleria Ottoz. Bene, la manifestazione meranese mi ha dato l’occasione di riassaggiare il mitico Genepì della distilleria Ottoz: un “amarcord” incredibile!

 

 

 

Lamberto Tosi

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