Tenimenti d’Alessandro, Cortona e il Syrah. L’invenzione della tradizione

0
12204

Inutile girarci attorno, perché da qui bisogna partire: il Syrah di Cortona è nato ai Tenimenti D’Alessandro, ex Fattoria di Manzano. Punto. Il riconoscimento della DOC è stata solo la conseguenza di una primigenia intuizione, quella della famiglia D’Alessandro, da quando decise di vedere cosa sarebbe successo a piantar vigne su certe dolci colline di argille, limo e sabbia inondate di luce, luce contundente della Val di Chiana. Ebbene, l’idea di mettere a dimora la syrah si rivelò fatale. Sono passati trent’anni da allora.

Il Bosco, Syrah in purezza, prima annata prodotta nel 1992, di questa storia ne divenne il capostipite e il portabandiera; un vino austero, sensuale, balsamico, dotato di polpa e struttura, che fin da subito mostrò al mondo le potenzialità del territorio ispirando nuovi progetti e ponendosi a pietra di paragone per chi sarebbe venuto dopo di lui.

Diciamo anche che si inserì nell’allora onda montante dei vini “turbomodernisti” stile anni Novanta, concepiti con l’ossessione (o quasi) della concentrazione fruttata, della maturità fenolica, dell’avvolgenza e della generosità di forme, per andarsi a maritare in modo smaliziato con il rovere piccolo e nuovo. Dai D’alessandro diverse consulenze enologiche si sono succedute fin qui, mentre la fisionomia prevalente assunta dai vini sposava le ragioni della pienezza, inventandosi ex novo una tradizione e fissando i fondamentali “somatici” del Syrah (o della Syrah) di razza cortonese.

Oggi però ci troviamo nel bel mezzo di un “trambusto” interno, dovuto al fatto che a partire dal 2013 Giuseppe Calabresi, già socio dei fratelli D’Alessandro, rileva per intero l’azienda. Contemporaneamente e progressivamente entra in gioco il giovane figlio Filippo, il quale, forte delle esperienze étrangères e degli studi enologici compiuti in America, prende in mano il bandolo della conduzione tecnica nel tentativo di traghettare, non senza coraggio, la pregressa visione stilistica sulle proprie lunghezze d’onda, facendo perno su una sensibilità fortemente orientata alla sostenibilità ambientale dei processi agronomici e cantinieri e puntando dritto su una concezione “differenziata” di Syrah.

Da un lato quindi l’introduzione di Syrah meno estrattivi, dalla bevibilità fragrante e gioiosa, per i quali adoprarsi con vendemmie anticipate nelle vigne più giovani, con macerazioni brevi e con contenitori in materiale inerte per l’affinamento; dall’altro la rimodulata interpretazione dei cru della casa, ossia Il Bosco e Migliara (quest’ultimo derivante da appezzamento singolo ed entrato in commercio dalla vendemmia 2006), secondo un concetto stilistico oltremodo “rodaniano” che punti alla freschezza del frutto attraverso vendemmie a scalare, e comunque più o meno anticipate rispetto al mainstream, all’eleganza del tratto più che al peso muscolare, a un lavoro di cesello sui tannini e a un radicamento più profondo del connubio vino/terroir attraverso vinificazioni a grappolo intero.

E’ così che stiamo assistendo al progressivo abbandono dei legni nuovi e alla riduzione dei legni di piccola taglia, a un più massiccio impiego di botti troncoconiche da 30 ettolitri, a lunghe macerazioni con alzata di cappello, alla sperimentazione di pied de cuve di lieviti indigeni in qualità di starter delle fermentazioni alcoliche. Il tutto sotto l’egida di una agricoltura biologica certificata.

La sterzata è in atto, dal momento in cui questi principi sono divenuti fattuali dalla vendemmia 2015 in avanti. Fatto sta che la fisionomia dei vini sta virando su una maggiore flessuosità, su colori meno cupi e massicci, su una capacità di dettaglio affrancata dagli orpelli, su un impianto gustativo più arioso, sia pur nel pieno rispetto di quelle che sono le caratteristiche di vitigno e territorio.

E se la recente decisione di uscire dalla Doc potrebbe apparire quantomeno discutibile, visto e considerato che stiamo comunque parlando dell’azienda ispiratrice di tutto il movimento del vino sviluppatosi negli anni sul territorio cortonese, devo dire che con i primi conseguimenti frutto della “consapevolezza nuova” mi sono trovato in sintonia, perché ho visto emergere la sostanza e non le sovrastrutture: vini insomma dal respiro più disinvolto rispetto a un tempo, dove la cura formale ne governa gli assetti ma senza gli assilli della “chirurgia estetica”, per lasciare campo libero alle singole espressività.

Un viatico tutto da seguire, quindi, del quale si fanno garanti l’assoluta serietà del progetto, il nobile pregresso della cantina e la sensibilità interpretativa del suo giovane autore, tanto timido e riservato nei modi quanto squisitamente cordiale e portato all’ascolto. Soprattutto, armato di passione autentica quando si tratti di andare al cuore del discorso, come ad esempio scardinare i più radicati dejà vu insiti in talune interpretazioni sul tema oggi ancora tanto in voga, che sotto questi chiari di luna climatici appaiono fin troppo forzate e dimostrative. Di più, poco concilianti con le vocazioni e i suggerimenti di una tavola imbandita.

___§___

I VINI DI UN GIORNO

ROSSO 2017 (uve syrah da vigne di 15 anni, macerazioni brevi, affinamento in acciaio e cemento)

Nitido e ben scandito, sono frutto e fiore in armonioso compendio. Non hai qui la lunghezza che fa la differenza, ma le insidie di una annata siccitosa sono state brillantemente scansate preservando una adeguata capacità di dettaglio alle trame, una golosità istintiva e mai ridondante, una provvidenziale misura nei toni. Ah, e una scia officinale che sollazza.

IL BOSCO 2015 ( uve syrah raccolte da diverse vigne collinari piantate negli anni 93,95,99,2004;  vinificazione a grappolo intero su 2/3 delle uve; affinamento in barrique usate e botti grandi, 12 mesi di bottiglia prima della commercializzazione)

Intenso, “scuro” nel frutto, dal cipiglio austero e profondamente balsamico, scalpita e spinge, chiudendosi a riccio su una montata tannica piuttosto incisiva e dalla coda amaricante. La perentorietà chiede tempo, l’armonia del sorso un proposito per il futuro.

MIGLIARA 2015 (syrah da vigna singola piantata nel 2000 su suoli argillo-limosi ad alta presenza di fossili; vinificazione per 2/3 a grappolo intero, affinamento di 24 mesi fra botte grande -in prevalenza- e barrique usate, 9 mesi di bottiglia prima della commercializzazione)

Elegantissimo, arioso, articolato, di seducente levigatezza tattile, in lui convivono chiarezza espositiva, rispetto delle proporzioni ed espressività. E un delizioso “sentimento” floreale. E un tannino réfrechissant che ti invita alla beva. Bello!

IL BOSCO 2016 (campione da vasca; taglio definitivo; in uscita nel 2020)

Ombroso e austero, fondato su un affascinante registro balsamico-vegetale, si veste di una pienezza buona, connaturata e mai fuori misura. Umori silvestri fanno da sfondo ad una trama ancor giovane in cui il tannino scalpita, rendendo al carattere un pizzico di alterigia. C’è tempo.

MIGLIARA 2016 (campione da vasca; taglio definitivo; in uscita nel 2020)

Slanciato e comunicativo, assume movenze femminee e una morbidezza viva, aggraziata. Il corredo fruttato rilascia dolcezza, la speziatura finezza, mentre tu già ne prefiguri una sontuosa melodia.

___§___

Á REBOURS

Due Bosco d’antan scelti dal mazzo per allietare una serata trascorsa in compagnia, e anche perché Filippo Calabresi sarebbe contento se i vini nuovi potessero assumerne lo stesso garbo evolutivo. A quei tempi là l’enologo consulente era Federico Staderini.

PODERE IL BOSCO 1997

Frutto un po’ “sfrangiato” dal tempo, anche se conserva un suo candore. Di placida gradevolezza, possiede una trama rilassata che si espande senza concedersi in profondità, traducendo fedelmente i lasciti di una annata generosa e calda, legittima propiziatrice di avvolgenze e docili tepori.

PODERE IL BOSCO 1995

Sensualmente balsamico, ne apprezzerai la signorile compostezza, il tono di “voce” e le maniere secondo cui si sviluppa all’aria, rilasciando sensazioni di grafite e polvere da sparo. Non molla di una virgola, è lungo, reattivo, saporito;  il sentimento vegetale che lo pervade non tradisce  crudezze, casomai umori di sottobosco e selva odorosa. Sorprende semmai cotanta personalità, nonostante le viti “bambine”.

 

FERNANDO PARDINI

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here