Un viaggio in Wachau. Territorio, vini e interpreti sulle sponde del Danubio/2

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Lambendo la riva del Danubio verso est, a pochi minuti di auto da Spitz, lungo la Treppelweg s’incontra il villaggio di Wösendorf, sede della cantina RUDI PICHLER, una moderna, luminosa struttura inaugurata nel 2004 che si armonizza felicemente con l’ambiente circostante. Rudi Pichler, cinquantacinque anni, è un personaggio verace, passionale e caratteriale, dalle idee molto chiare e determinate su cosa fare con i suoi bianchi e su come interpretare il proprio terroir.

«La mia filosofia produttiva è molto semplice: non facciamo vino, lasciamo che accada, rispettando la natura e il suolo, scegliendo il momento giusto per la vendemmia, raccogliendo uve mature e sane, senza uso di fermentazione malolattica, di legno, di zuccheri. Interpretazione pura del suolo. Non voglio troppo alcol nel vino, voglio equilibrio». Sono ben cinquanta gli appezzamenti vitati della famiglia sparsi tra Joching, Wösendorf, Weissenkirchen e Mautern, alcuni dei quali molto piccoli, con un consistente patrimonio di vecchie vigne (dai cinquanta ai settantacinque anni di età), per centomila bottiglie annue, un rapporto che evidentemente la dice lunga sulle basse rese e sul rigore produttivo.

Il Grüner Veltliner Federspiel rappresenta il 40% della produzione ed è considerato il biglietto da visita aziendale. Il 2018 ha colore paglierino leggero, profumi ancora in evoluzione, giocati sulle sottrazioni della riduzione, e un palato succoso, minerale, tonico, saporito, fresco.

Il Grüner Veltliner Smaragd Terrassen 2018 «proviene da un gruppo di piccole vigne che potrebbe essere vinificato come un “grand cru”, ma non voglio fare troppe etichette. Tutti i miei bianchi conservano i tannini dell’uva, anche i Federspiel. Credo nei tannini della macerazione perché fanno invecchiare il vino». Colore paglierino brillante, profumi freschi di erbe, palato succoso e fruttato, tonico, equilibrato, rigoroso, modulato.

Il Kollmütz è il Ried più riconoscibile di Wösendorf: ergendosi come un enorme rilievo alle spalle del paese, ne definisce il paesaggio urbano. Il nome è documentato per la prima volta nel 1151 come “Cholmunz” e i vigneti si diramano lungo tutti i suoi pendii per cinquantadue ettari. Alle pendici il suolo vede una maggiore presenza di loess, deposito morenico di origine glaciale, mentre sulla sommità compaiono terreni sabbiosi di origine fluviale. Grazie al materiale franoso di Wösendorf, le radici della vite penetrano per diversi metri nella formazione rocciosa (paragneiss).

Rudi presenta la magnum del Grüner Veltliner Smaragd Ried Kollmütz 2018 specificando: «Le ossa del mio vino sono i sassi e le rocce, non certo la barrique». Paglierino brillante, noti di fiori, erbe e riduzioni minerali, sfumature di pesca e mela. Palato polposo, floreale (sambuco), con lieve muschio, glicerico come spesso capita al Grüner Veltliner, ma definito, compiuto, ancora inevitabilmente in evoluzione.

L’arrivo del Grüner Veltliner Smaragd Ried Kollmütz 2008, vendemmiato durante la prima settimana di dicembre, è rivelatorio a riguardo: paglierino brillante, vivo, acceso, luminoso; olfatto pieno di frutti maturi e fragranze: muschio selvaggio, pomi, albicocca, frutta esotica; palato maturo e succoso, di equilibrio e modulazione, ancora i fiori bianchi, ancora il muschio, il sapore che esce e si diffonde. Un bianco molto seduttivo.

Sul Kollmütz Rudi Pichler ha anche vecchie vigne cinquantennali di pinot bianco e il Pinot Blanc Smaragd Ried Kollmütz 2018 è più di una curiosità: colore paglierino brillante, profumi in riduzione nocciolata, palato maturo, a tendenza morbida ma senza cedimenti, note di fiori bianchi, nocciola, sviluppo pieno ma non statico, glicerico ma equilibrato.

L’Hochran è un altro rilievo di Wösendorf esposto a sud-est dai suoli ricchi di loess. Il terreno è nero, caratterizzato da un fitto orizzonte di humus, mentre la concentrazione del carbonato di calcio arriva fino al 20%. Qui i Grüner Veltliner presentano in genere una struttura più ampia e intensa. Il Grüner Veltliner Smaragd Ried Hochran 2018 è brillante al colore e nuovamente intriso di fiori, erbe e muschio al naso, un profilo improntato alla freschezza. Il palato gode di polpa e tonicità, di definizione e contrasti, di sapore e modulazione.

Più incisivo il Grüner Veltliner Smaragd Ried Achleiten 2018, le cui uve arrivano dal territorio di Weissenkirchen. L’Achleiten (da “Ach”, corso d’aqua, e “Leiten”, pendio) è uno dei vigneti più quotati di tutta la Wachau, sia per la bellezza del sito, sia per la complessità pedologica. La parte occidentale del cru ha una miscela di terra fine e sabbiosa con ghiaia grossolana e pietra, mescolata a Gföhler Gneis (soprattutto nelle parcelle più elevate) e anfibolite (in quelle più basse). Al colore paglierino brillante, comune a tutti i Grüner Veltliner finora assaggiati, segue un naso penetrante di elementi calcarei e minerali (roccia, calce, sasso), con note di pietra focaia. Palato polposo con venature di sapore, sviluppo contrastato. I bianchi di Pichler sono rigorosi, chirurgici senza però mai essere asettici o meramente tecnici.

Mentre cominciamo ad assaggiare i Riesling, ci raggiunge il figlio di Rudi Pichler, anche lui di nome Rudi come vuole la tradizione dei Rudolf di famiglia.

Il Riesling Smaragd Terrassen 2018 è ancora parzialmente chiuso dalla riduzione minerale, ma il palato ha succo da vendere, una progressione acido-minerale non indifferente, e una chiusura laminata, asciutta, rigorosa, molto asburgica.

Di medesimo stile, anche se con gradi diversi di verticalità, sono anche i due cru.

Il Riesling Smaragd Hochrain 2018 deve ancora aprirsi, ma il potenziale tutto in pectore non è avaro di avvincenti spunti minerali-agrumati e possiede un allungo a trazione anteriore di notevole sapidità. Rudi ricorda che nel 1989, quando tornò dalla Napa Valley, decise di conservare le vecchie vigne di famiglia dell’Hochrain, un’idea al tempo considerata folle.

Analogamente il Riesling Smaragd Achleiten 2018, che sfoggia il consueto colore paglierino brillante, è forse il più “riduttivo” finora assaggiato. Il naso vibra di una forza minerale che deve ancora esplodere, mentre la gran polpa del palato sfoggia tonicità e sensazioni quasi pepate.

A Wösendorf il Kirchweg, sostando sulla fascia più pianeggiante a una settantina di metri dal Danubio, invece che in cima ai pendii terrazzati, occupa una posizione apparentemente meno privilegiata. Il nome del Ried deriva dall’antico sentiero che i paesani erano costretti a percorrere, prima della costruzione della chiesa del villaggio, per arrivare alla vicina frazione di St. Michael. Il vigneto si trova appena a nord di questa strada, dove confina con l’Hochrain, ed è sempre stato conosciuto per la bontà dei suoi Riesling, soprattutto nella sua parte più alta e settentrionale, grazie a suoli sabbiosi e pietrosi con sedimenti di paragneiss depositati da un piccolo ruscello tributario durante le piogge.

«Il Kirchweg è piantato in linea con il Danubio ma ha la stessa mineralità delle vigne più alte», chiosa Rudi riferendosi alla sua parcella di un ettaro e mezzo. Il Riesling Smaragd Kirchweg 2018 ha profumi ancora in evoluzione e un palato d notevole rilievo agrumato, a trazione minerale, pieno di succo, invitante, tonico, lungo, attraente, di persistenza quasi salata. Non è difficile intravedere un futuro luminoso per questo vino, anche se potrebbe essere più lungo del previsto, almeno a giudicare dallo stato di gioventù del Kirchweg 2006: colore paglierino brillante, naso di profondità minerale-pietrosa, ancora in riduzione focaia, punteggiato da vibrazioni che devono ancora espandersi. Palato pieno di succo, metallo fondente e agrumi, di grande sobrietà e di grande rigore, tonico, incisivo, di allungo graduale e penetrante.

«Dopo dieci, quindici anni non è facile distinguere se è un Grüner Veltliner o un Riesling, ma solo che è un vino di roccia».

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A Weissenkirchen si sale alla quattrocentesca, imponente Pfarrkirche Mariae Himmelfahrt attraverso una scalinata coperta, ai cui piedi si trova il Tiesenhoferhof, edificio del Quattrocento che ospita il Wachaumuseum, dedicato alla storia locale. Nel centro del paese, a due passi dal Danubio, ha sede la cantina PRAGER, bianco, elegante edificio costruito nel 1303 “Hinter der Burg”, ai piedi del castello.

Dalla pietra al vino” (in tedesco fa anche rima: “Vom Stein zum Wein”), la massima di Toni Bodenstein, viticoltore di razza, conosciuto come “il terroirista della Wachau”, presidente del Regionales Weinkomitee Wachau, la dice lunga su quanto la vigna, condotta secondo principi olistici e da almeno vent’anni senza utilizzo di pesticidi, sia al centro della visione produttiva di questa azienda, fondata negli anni Cinquanta dal padre di Ilse Prager, la moglie di Toni, quando era ancora improntata a un’agricoltura mista.

Mi accoglie il figlio di Toni e Ilse, Robert Bodenstein, che ha studiato agricoltura a Vienna prima di laurearsi in enologia all’università di Geisenheim con una tesi sul terroir del Ried Achleiten. Giovane (venticinque anni) e molto preparato, lavora in azienda dall’aprile del 2019. Le principali vigne della famiglia sono situate tra Weissenkirchen (Steinriegl, Zwerithaler, Klaus, Achleiten) e Dürnstein (Kaiserberg, Liebenberg): i bianchi aziendali provengono tutti da cru. Il primo che viene vinificato è proprio l’Hinter der Burg, adiacente al quartiere Burg di Weissenkirchen (l’antico nome Hinterburg è attestato in un documento del 1506 presso il monastero benedettino di Michaelbeuern, vicino a Salisburgo). Sono terreni detritici, più pesanti rispetto a quelli terrazzati in altura, fertili, ricchi di humus, perfetti per la coltivazione del grüner veltliner. Dai tre ettari e mezzo dei Bodenstein dietro la chiesa nasce il Grüner Veltliner Federspiel Ried Hinter der Burg 2018: paglierino intenso e brillante, naso dalle riduzioni minerali e dalle tipiche note affumicate, palato di buon succo e contrasto, di carattere, ancora da evolvere, con appaganti note di erbe fresche e pesca, finale netto.

Dalle terrazze basse della parte sud dell’Achleiten, da vigne di cinquant’anni e da una vendemmia tra la fine di settembre e la prima settimana di ottobre nasce invece il Grüner Veltliner Smaragd Ried Achleiten 2018: paglierino dai brillanti riflessi, fresche note olfattive e punture minerali pronte a fuoriuscire, sfumature di frutta acida (agrumi), qualcosa di speziato, sentori di albicocca. Palato succoso, tonico, contrastato, delineato, sottile, incisivo, insinuante.

Ancora più espressivo il Grüner Veltliner Smaragd Ried Achleiten Stockkultur 2018. Le vigne sono ubicate nella parte più alta del Ried, vicino al bosco, a circa 350 metri di altitudine, con impianti degli anni Trenta da diecimila piante per ettaro che prevedono un palo per ogni vite, da cui il nome del vino (Stockkultur, letteralmente “coltura del bastone”). Il terreno è poroso e ricco di Gföhler Gneis. Paglierino brillante, fermenti minerali, riduzioni focaie e sprezzature di agrume al naso; palato succoso e pietroso, tonico ed essenziale, tutto giocato sulle sottrazioni e sui sussurri: asciutto e sapido, modulato e sottile, di preciso allungo, penetrante. Futuro che si preannuncia avvincente.

Il Grüner Veltliner Smaragd Wachstum Bodenstein 2018 è sempre un Achleiten Stockkultur che porta all’estremo limite la ricerca sul grüner veltliner attraverso tre diversi portinnesti per novanta diversi genotipi: una banca dati per acquisire e conservare sempre più informazioni genetiche sul vitigno. Paglierino brillante e tanta sottigliezza minerale, vibrazioni e riduzioni, punture granitiche. Il palato è ancora pieno di succo e di sapore, speziato, quasi pepato, con prepotente allungo di sasso e pietra e persistenza salina. Stilizzatissimo e arioso, modulato e irradiante, con portato di agrumi nel finale.

Chiude questa definitiva batteria di Veltliner il Grüner Veltliner Smaragd Ried Zwerithaler Kammergut 2018, prodotto da una vigna vecchissima, ormai centenaria, in affitto dall’Abbazia di Melk: ceppi così grandi «da sembrare creature», grappoli spargoli, contrariamente allo standard compatto del vitigno, rese molto basse. Come Ried lo Zwerithaler occupa una piccola parcella di nemmeno due ettari dell’estremità sud-orientale del Buchenberg. Il nome, che sembra derivare dall’espressione “zwischen den Tälern” rivela la natura di questo vigneto “incastonato tra le valli”. Ha colore brillante e intensi, stagliati, penetranti profumi minerali–agrumati. Palato conseguente: succoso, tonico, fitto di sfumature e sapori, con allungo continuo, perentorio, di notevole diffusione.

Non meno nitidi e caratterizzati sono i Riesling della casa.

Il Riesling Federspiel Ried Steinriegl 2018, da terreno gessoso e pietroso, ha colore paglierino brillante, profumi sottili ed eterei, palato di succo e vibrazione minerale, incisivo, tonico, puro, asciutto, rigoroso, penetrante, a trazione anteriore.

Il Riesling Smaragd Ried Achleiten 2018, le cui vigne sono nella parte occidentale del cru, settanta metri più in alto del grüner veltliner, ha suolo roccioso, pochissima terra, ed è praticamente privo di sostanze gessose. Naso che vibra di una forza che esploderà tra qualche anno e palato che è una lama rigorosa di limone e lime: intransigente, essenziale, incisivo, di succo acido e citrino, di sale crescente.

Fedele ai principi paterni, Robert mi parla solo della terra dove nascono i vini, non delle vinificazioni. Il rapporto vino-terreno è così stretto e sentito in Wachau che non c’è cantina che non abbia appese alla pareti le sezioni geologiche di ogni suo Ried.

Il Klaus è un cru che potrebbe essere considerato la naturale prosecuzione a est dell’Achleiten se non fosse separato da un sentiero che rappresenta anche una faglia geologica che ne modifica il profilo pedologico. L’etimo del nome deriva dall’antico termine “Kleyss” che indica una strettoia. È il trionfo della roccia metamorfica: l’anfibolite, visibile dalle rocce di colore scuro, domina le terrazze più alte, le migmatiti quelle più basse. I bianchi rivestimenti che li proteggono sono prodotti da carbonati di origine glaciale. Il Klaus è considerato il prototipo del Riesling della Wachau, perché tra i primi ad affermarsi con successo nel secondo dopoguerra.

Il Riesling Smaragd Ried Klaus 2018 ha colore paglierino brillante, olfatto con già una prima formazione idrocarburica: percezioni sassose, input minerali, penetrazioni focaie e infine sentori d’agrume. Bocca conseguente: terribilmente succosa, incisivamente pietrosa, sapido-salata, fitta di trascinanti vibrazioni minerali con lama di agrume fresco a chiudere. Grande potenziale.

Il Riesling Smaragd Wachstum Bodenstein 2018, che proviene, come già il Grüner Veltliner, dall’Achleiten, è la parte centrale – poco meno di un ettaro – di un anfiteatro a 460 metri di altitudine (è il vigneto di maggior quota della famiglia). Paglierino brillante, aria di metallo e minerale al naso, con sussurri di pietra, sentori d’agrume e spruzzate di menta. Il profilo rigoroso e profondo dell’olfatto si riverbera al palato: che succosità, che tonicità! Il tratto è tanto austero quanto incisivo, elegante e tagliente, con un rigoglio di agrumi freschi e citrini, un fiorire di erbe di montagna, un’acidità laminata che fa salivare. Un trionfo di sottrazioni e raffinatezze, di sapori e vibrazioni.

Si chiude con il Riesling Achleiten Beerenauslese 2009, vendemmiato il 19 e 21 di ottobre e imbottigliato dopo nove anni trascorsi in acciaio. Colore dorato luminoso e grande intensità olfattiva tra timbri botritici e toni esotici. Palato denso ma non viscoso, brillantemente contrastato, vibrazione acida continua, fittamente agrumato, con pompelmo e albicocca congiunti e tutta la verticalità minerale del Riesling tradotta in una confettura acido-agrumata. Insomma, una squisitezza.

Continua….

Contributi fotografici di Massimo Zanichelli e Britta Nord

Massimo Zanichelli

Milanese di nascita, apolide per formazione, voleva diventare uno storico dell’arte (si è laureato con una tesi sull’anticlassicismo pittorico rinascimentale), ma il virus del vino contratto più di una ventina d’anni fa tra Piemonte e Toscana lo ha convertito ad un’altra causa, quella del wine writer, del degustatore professionista e del documentarista del vino. Ha firmato la guida I Vini d’Italia dell’Espresso fin dalla sua nascita (2002-2016) e la rubrica sul vino del settimanale l’Espresso per molti anni. Ha curato le pubblicazioni di Go Wine, ha scritto per le riviste «Ex Vinis», «Grand Gourmet» e «Mood», redatto il Nuovo repertorio Veronelli dei vini italiani (2005) e I grandi cru del Soave (2008). Di recente ha pubblicato “Effervescenze. Storie e interpreti di vini vivi” (Bietti, 2017) e ” Il grande libro dei vini dolci italiani” (Giunti, 2018). Tra i suoi documentari: Sinfonia tra cielo e terra. Un viaggio tra i vini del Veneto (2013), F for Franciacorta (2015), Generazione Barolo – Oddero Story (2016), Il volto di Milano (2016), Nel nome del Dogliani (2017).

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