Attendendo mediTERRAnea. Sardegna, antico paradiso nel mare

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Arrivare in Sardegna è un’immediata e inebriante invasione di sensazioni primordiali: tutti i sensi vengono subito colpiti dall’incisività delle caratteristiche di quest’isola travolgente. Lo sguardo è rapito dall’incredibile cromatismo del mare che regala una vastità di sfumature dell’azzurro, ma anche la luce è diversa, dove il sole è quasi lancinante, grazie alla pulizia che il maestrale dona all’aria. Respirare quest’aria a pieni polmoni è a sua volta meravigliosamente appagante, limpida e vegetale, asciutta e salmastra, ricca di profumi nitidi di mirto, polvere, bosco e mare. I rumori delle città si perdono lungo le grandi distanze dominate dalla natura, selvaggia e tumultuosa; si ascolta il mare e si ode il frinire delle cicale, che il vento porta lontano assieme al suo sordo ululato. Toccare poi la pietra viva, protagonista ovunque, anche nell’architettura locale che ne offre ampia esposizione, ci trasmette quel ruvido sentore di genuinità che ritroviamo nelle persone, almeno in quelle che vivono l’isola e che la sentono radicata nel loro carattere.

Infine il gusto: che dire dei sapori che solo la Sardegna sa regalare? Domina il suo pesce, fresco, dalle arselle al tonno, e saporito condimento attraverso la bottarga; ma anche la carne degli allevamenti dell’entroterra, come il caratteristico porcheddu (porchetto allo spiedo, arrostito e insaporito con rami di mirto). Poi ci sono i pregiati salumi ed il mitico pecorino, il pane carassau e i famosi malloreddus (gnocchetti); infine i dolci, con la varietà di pasticcini secchi a base di pasta di mandorle ed il particolare contrasto dolce-salato delle seadas.

Poteva una regione dalle caratteristiche tanto avvincenti non ghermire il palato anche per la bontà dei suoi vini? Certo addentrarci nell’enologia sarda non può prescindere dalla sua storia, dai luoghi di produzione e dalle realtà pedo-climatiche dove la viticoltura, fin da prima dell’egemonia romana, venne praticata con successo. I primordi si hanno con le civiltà nuragica, poi con i Fenici e quindi i Romani; successivamente i Bizantini e le potestà toscane e liguri, attraverso il sapiente contributo dei monaci benedettini e camaldolesi, concretizzano un’importante evoluzione enoica. Quindi nel lungo dominio spagnolo ed infine con il regno sardo-piemontese, dal medioevo con Giacomo II d’Aragona sino all’integrazione nel Regno d’Italia ad opera dei Savoia, la coltura della vite e la produzione di vino sono proseguite fino ad oggi.

Siamo in una terra antichissima, dove civiltà preesistenti all’età del bronzo che esercitavano la cultura megalitica (come quella dei dolmen e menhir in Puglia) hanno lasciato testimonianze tangibili ed affascinanti della loro presenza. Qui il territorio, mai invariabilmente monotono, alterna evidenze e misteri delle remote vicende legate alle sue origini, accomunate a quelle di altre realtà del Mediterraneo, ma anche in questo caso affascinanti e uniche. L’interpretazione dell’enologia sarda non può quindi avvalersi del mero riscontro organolettico dei suoi prodotti, ma sottintende sempre la consapevolezza di tanta singolarità, che si respira nei profumi e si percepisce nei sapori delle sue espressioni storiche e produttive, caratteristiche dei luoghi e delle aziende in cui i vini prendono vita.

La felice combinazione fra la natura granitica del terreno e l’esposizione climatica, gioca certo un ruolo determinante nella speciale composizione organolettica del vermentino, consentendo a questo vitigno, coltivato e vinificato nella Gallura, di essere uno dei quattro vini bianchi italiani ad ottenere il riconoscimento della denominazione di origine controllata e garantita. Se prodotto in qualunque altra zona dell’isola, con una percentuale di uvaggio base leggermente inferiore, il Vermentino si fregia della DOC come Vermentino di Sardegna; allo stesso modo altri vitigni bianchi come semidano e moscato, ma anche rossi come cannonau e monica, possono essere coltivati sull’intero territorio regionale e costituire le rispettive denominazioni di origine controllata con la caratterizzazione regionale nel nome.

In totale le DOC sono ben diciannove e vi è un altro territorio di grande ampiezza a cullarne il disciplinare di un numero incisivo: si tratta delle province di Cagliari e Oristano che danno i natali alle DOC di Girò, Malvasia, Monica, Moscato, Nasco e Nuragus con l’accezione del capoluogo. Al centro dell’isola troviamo la DOC Mandrolisai che si avvale degli uvaggi di bovale sardo, cannonau e monica, tre vitigni autoctoni espressione del cuore del nuorese.

C’è poi un vitigno molto apprezzato che nel quadrante sud-occidentale del cagliaritano trova l’ideale collocazione e si esprime in una DOC importante e diffusa: il Carignano del Sulcis. La zona di Alghero concede a sua volta il nome al disciplinare più diversificato, che consente un’ampia gamma di uvaggi sia bianchi che rossi, anche internazionali, conservando in ogni caso carattere monovarietale.

Dalla provincia di Oristano arriva invece la DOC Arborea, che nella versione rossa o rosata prevede l’utilizzo del sangiovese, mentre per quella bianca sfrutta la bontà del trebbiano romagnolo e/o toscano.
Nell’estremo nord-ovest della provincia di Sassari, troviamo poi il Moscato di Sorso Sennori che è un ottimo vino da dessert, così come l’apprezzata Vernaccia di Oristano, altra denominazione dedicata alla tipologia dolce o liquorosa, in cui l’omonimo vitigno viene lavorato in modo da conferire al vino particolari sentori ossidati. Più raffinata e rara è la DOC Malvasia di Bosa, prodotta in un frangente di versante occidentale della provincia di Nuoro; questo vino può essere fermo e secco, ma anche dolce o mosso. Nello scenario descritto sono diverse le denominazioni in cui il disciplinare ammette la versioni asciutte o dolci, ferme o frizzanti e persino spumantizzate come per il Semidano e l’Alghero.

Le molte possibilità di vinificazione e la grande varietà di uvaggi disponibili rendono possibile un vero e proprio viaggio enologico della regione, dove oltre alle denominazioni descritte troviamo caratteristiche interpretazioni di vitigni che raccontano la storia dell’isola, come il nebbiolo e il torbato. Incontriamo paesaggi dolci e luminosi, ma anche aspri e ruvidi, così come sono i sardi, dal carattere “tosto” di chi nasce e cresce in una terra che si trova in mezzo al mare.

Così sono anche i vini di quest’isola, sempre in grado di trasmetterci qualcosa di intenso e profondo.

La mappa delle denominazioni della Sardegna è tratta dal sito www.lavinium.com; menhir, da www.sardegnacultura.it

Riccardo Brandi

Riccardo Brandi (brandi@acquabuona.it), romano, laureato in Scienze della Comunicazione, affronta con rigore un lavoro votato ai calcoli ed alla tecnologia avanzata nel mondo della comunicazione. Valvola di sfogo a tanta austerità sono le emozioni che trae dalla passione per il vino di qualità e da ogni aspetto del mondo enogastronomico. Ha frequentato corsi di degustazione (AIS), di abbinamento (vino/cibo), di approfondimento (sigari e distillati) e gastronomia (Gambero Rosso). Enoturista e gourmet a tutto campo, oggi ha un credo profondo: degustare, scrivere e condividere esperienze sensoriali.

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