Il Fiano di Avellino sfidato dal Soave (2° round)

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di Fabio Cimmino

Dopo la sfida organizzata, su per giù, durante lo stesso periodo dello scorso anno, ho voluto riproporre nuovamente questo appassionante confronto. Nessuna giuria questa volta e valutazioni affidate al mio insindacabile giudizio. In realtà, problemi logistico-organizzativi continuavano a rimandare la possibilità di
una partecipazione allargata all’evento e così, per non lasciar passare altro tempo, ho preferito procedere in perfetta solitudine. Ho fatto assaggiare, solo per curiosità, parte di queste bottiglie ad alcune persone
completamente avulse dal mondo del vino se non coinvolte dal gesto quotidiano del semplice consumo. Un tentativo di sondare il gradimento da parte di quello che viene definito “pubblico generico”, soggetti per nulla smaliziati, di quelli che il vino pensano più a berlo che a “scannerizzarlo” nel bicchiere. Etichette e produttori, come sempre, di primo piano sono stati i protagonisti annunciati di questo secondo appassionante round. La degustazione è stata, in ogni caso, condotta, sempre, senza l’ausilio della
sputacchiera, un scelta sicuramente impegantiva, come ebbi già a dire a luglio del 2007, ma indispensabile per poter approcciare la vera essenza di una bottiglia, cioè la sua capacità di farsi bere e di stare sulla tavola.

Per l’abbinamento che ha seguito la fase puramente degustativa sono state scelte poche preparazioni strutturate ma non particolarmente complesse per evitare combinazioni di gusto improbabili, alterate o troppo complicate. Ancora una volta, dunque, una degustazione decisamente fuori dai canoni tradizionali ma sicuramente molto più comprensibile e vicina alla realtà di un consumo diffuso cui è destinata, o almeno dovrebbe esserlo, la nostra amata bevanda.

Diversamente dallo scorso anno, ho voluto in questa occasione proporre solo confronti tra etichette provenienti dalla stessa annata perché, per quanto distanti, ho potuto constatare che le due denominazioni
hanno goduto e subito, durante le recenti vendemmie (diciamo post 2000 per intenderci), condizioni climatiche dai risultati non molto dissimili. Dove possibile ho, poi, cercato di mettere a confronto bottiglie che seguissero stili di vinificazioni quanto meno avvicinabili e per questo stesso motivo ho dovuto rinunciare, stavolta, a degustare alla cieca.

MATCH #1
Fiano d’Avellino Docg 2005 Picariello Vs Classico Vin Soave 2005 Inama

Due bianchi dal carattere sottile ed una certa semplicità, da non leggere banalità, di impostazione. I classici vini che vorresti trovarti la sera nel frigo quando rientri da un’intensa giornata di lavoro e non desideri altro
che rilassarti seduto a guardare il tramonto sul balcone di casa. Oppure quando sei al ristorante e non hai voglia di studiarti la carta dei vini, non vuoi bere nulla di impegnativo, ma solo goderti qualche piacevole sorso di un buon vino. Il Fiano di Ciro Picariello rivela al naso un frutto pulito e croccante, dalle evidenti sfumature aromatiche. La mancanza di una tangibile profondità minerale è probabilmente da imputarsi ai limiti dell’annata. Anche al palato si mostra accomodante e meno teso rispetto all’annata di esordio, il 2004, che aveva colpito e convinto, senza se e senza ma, degustatori e critica. Chiude un po’repentinamente nonostante il tentativo di un sapido allungo. Il Soave di Inama ha un’aromaticità ben più spiccata, chiaramente imputabile a sentori di muffa nobile. Il naso quasi stordisce, sotto quest’aspetto, per intensità ma non colpisce per complessità. Al palato esibisce un’apprezzabile piacevolezza ma anche in questo caso la chiusura è piuttosto veloce. Due bianchi piacevoli dalla beva disincatata e pulita. Vini da bere, bere e ancora bere. Ago della bilancia valutativa leggermente spostato a favore del bianco veneto.

MATCH #2
La Frosca 2005 Gini Vs Fiano d’Avellino 2005 Vadiaperti

Due vini molto vicini nelle ambizioni. Due produttori dal carattere molto deciso, ben riconoscibile nell’impronta stilistica dei loro vini. Annata non facilissima da gestire. Eleganza, equilibrio e morbide avvolgenze per la garganega di Gini mentre ancora non del tutto domo il fiano di Raffaele Troisi. Il Soave è intenso, fragrante, anche se non proprio ampio nel suo ventaglio di sensazioni olfattive. Un profilo che si conferma al palato dove sembra preferire un andamento più rotondo ed accomodante, giocato più sulla
sapidità che sulla tensione acida. Sull’altro fronte troviamo un naso intenso e allo stesso tempo gentile. Si possono apprezzare la carnosità floreale ed il sentore di piccoli frutti rossi che identificano il timbro
dei bianchi di Vadiaperti. Un insieme pervaso da una sottile quanto fascinosa nota fumé, tipica dei terroir di Montefredane, che regalano una mineralità maggiormente percepibile e meglio riconoscibile. La fase degustativa è coerente, con il vino che entra al palato lasciandosi apprezzare per la buona dinamicità e una discreta lunghezza. Si impone di misura il Fiano, soprattutto per la capacità di offrire stimolanti
divagazioni sensoriali ad ogni sorso, mentre è più prevedibile il Soave che si presenta un po’ ripetitivo ogni volta che viene versato nuovamente nel bicchiere.

MATCH #3
Apianum 2004 Villa Diamante Vs Monte Carbonare 2004 Suavia

Due bottiglie straordinariamente simili nel profilo olfattivo ma sicuramente agli estremi tra di loro per come sono state concepite. Nel senso che mentre la seconda rappresenta una delle selezioni importanti prodotte dall’azienda veronese, la seconda è una rarità che non ha una storia di annate alle spalle, né per il momento, successive, ma ha visto la luce solo ed esclusivamente in occasione del millesimo 2004, quando si rese necessario selezionare ulteriormente le uve destinate al Vigna della Congregazione. Una delle annate più celebrate sia per i bianchi usciti dalla cantina della famiglia Tessari che per quelli di Villa Diamante. Il naso del Soave è agrumato ed esotico, con sentori di frutta secca e toni minerali affumicati che ne tradiscono una certa attitudine terragna. Al palato è agile, dinamico e persistente nell’apprezzabile finale, lungo e sapido. Quello del Fiano di Gaita è ancor più caratterizzato, ma anche più vulnerabile e mostra qualche veniale
sbavatura in fase di pulizia olfattiva. Anche qui rileviamo un naso viscerale e selvaggio, non particolarmente fine ma decisamente intrigante. Il vino scorre poi via al palato, senza lasciare un’idelebile traccia di se
ma lasciandosi apprezzare per la originalità d’esecuzione. Dal punto di vista evolutivo entrambi mostrano solo qualche primo vago cenno di terziarizzazione. Il Monte Carbonare si aggiudica ai punti il match.

MATCH #4
Fiano d’Avellino Docg 2004 Ciro Picariello Vs Alzari 2004 Coffele

Sulla carta, alla luce di premi e riconoscimenti, in molti non avrebbero avuto dubbi a sbilanciarsi in un pronostico a favore della cantina veneta, e invece si è assisitito alla vittoria da parte del quasi sconosciuto
Picariello. Due vini che più diversi non avremmo potuto aspettarci nel bicchiere. Naso agrumato e diretto, beva piacevole ed immediata per la garganega, che sembra scontare un’eccessiva sottigliezza di sensazioni non lasciando ben intuire fin dove si tratti di ricercata finezza ed eleganza e dove invece si tratti della debolezza di una struttura non particolarmente consistente. In altre parole non convince fino in fondo. Da un lato la precisione stilistica, la pulizia e la correttezza fin troppo ragionata ed esibita del Soave di Coffele e dall’altro la personalità e la solidità del suo sparring-partner: il fiano di questa emergente cantina irpina a
carattere strettamente familiare e già protagonista del primo match. E’ questa la prima annata prodotta da Ciro Picariello, che insieme alla moglie conduce le vigne tra Summonte e Montefredane. Di segno diametralmente opposto il naso del loro vino, che profuma intensamente di erbe mediterranee più che di frutta, e che anche in questo caso si riflette in fresche sensazioni agrumate. La mineralità rupestre ne impreziosice il profilo, risultando decisamente più ampio e complesso. Al palato mostra una bella acidità e chiude lungho grazie al finale consistentemente salino. Vittoria, anche se di misura, dunque,
all’ospite irpino, che può vantare dalla sua maggiori spunti terrioriali.

MATCH #5
Fiano d’Avellino Docg 2003 Vigna della Congregazione Vs Le Rive Soave Classico
2003 Suavia

Annata calda, vini ricchi e potenti, due vinoni, direi, sia dal punto di vista alcolico che dell’opulenza e grassezza delle sensazioni. E’ un’annata, che in linea generale, non ho amato. L’esuberanza esotica di entrambi i vini, pur ben bilanciata, al palato, da un ottimo supporto acido, tende ad omologarne la prestazione olfattiva. Se fossero stati versati nel bicchiere alla cieca non metto in dubbio che li avremmo definiti due ottimi bianchi, finanche meritevoli di punteggioni altisonanti ma allo stesso tempo
alimentando più di qualche perplessità che non li avremmo riconosciuti. Nel senso che avrei avuto qualche dubbio, e sfiderei chiunque, a stabilire senza esitazione di che vitigno e di che denominazione potesse trattarsi. Non è mia intenzione sminuirne esageratamente il valore, del resto il successo di mercato ne ha già sancito la ben più importante approvazione da parte del pubblico pagante, voglio solo sottolineare come il caldo eccessivo, con conseguente maturazione spinta delle uve, porti quasi sempre ad una difficoltà nell’ottenere vini, sebbene molto piacevoli, che rappresentino l’ideale espressione del territorio e dell’uva. Pareggio che chiude la serie.

Chiosa. Un’altra piacevolissima ed istruttiva esperienza che ha confermato un livello medio decisamente alto per quanto riguarda il bianco veneto e la solita altalena di risultati opposta dal rivale campano che mostra, però, maggiori doti di personalità e carattere nella peculiarità delle interpretazioni dei diversi produttori. Insomma due vittorie a testa ed un pareggio che rispecchia anche il risultato finale della sfida.

Immagini: uva garganega e uva fiano, tratte da www.lavinium.com

Fabio Cimmino

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