Il vino outsider, questo sconosciuto. Seconda parte: Liguria

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di Fernando Pardini

Questo pezzo, con gli altri già scritti e con quelli che seguiranno, è dedicato a loro, ai vini outsider, quei vini cioè PICCOLI NEL PREZZO ma GRANDI NELL’ANIMA capaci di tradurre con dignità e sentimento le ragioni della propria terra e, consapevolmente o meno, tracciare una strada; una strada nella quale fedeltà (territoriale, tipologica, varietale ecc ecc) e trasparenza espressiva siano le voci narranti. Beninteso, non si tratterà di vini grandi in senso assoluto (anche se per qualcuno di essi l’aggettivo potrebbe essere “scomodato”), e magari per loro non si accenderanno le luci della ribalta come per altri “consanguinei” maggiormente dotati o ambiziosi, ma con la schiettezza di fondo che li contraddistingue sono vini che a parer mio disegnano il tratto ascendente di una parabola stilistica da non disperdere, sulla quale anzi fondare i presupposti di una “ispirazione” enologica finalmente ritrovata. Sono vini chiari e senza filtri, che non hanno timore di mostrare la propria nudità. Perché in fondo sta in quella nudità ingenua e pura la suggestione profonda di un ricordo che si vuole prezioso; lì la vibrazione autentica che insegna e scuote, ben oltre l’ovvietà.

Oggi è la volta della LIGURIA, una terra per la quale, dal punto di vista enologico, non dobbiamo far altro che registrare i sensibili progressi sul piano delle esecuzione tecnica, ciò che ha condotto, soprattutto sul fronte dei bianchi ( quantitativamente più significativi che non i rossi), alla realizzazione di vini ispirati quando non fortemente caratterizzati. Risultato ancor più importante se teniamo in debito conto delle condizioni proibitive nelle quali i vignaioli liguri si trovano spesso ad operare: forti spezzettamenti delle proprietà, vigneti disposti talvolta a picco sul mare… insomma una viticoltura che chiamare “eroica” non è certamente un vezzo evocativo. Sul fronte dei prezzi qui, rispetto alla Toscana per esempio, assistiamo ad un sostanziale livellamento, peraltro quasi mai “verso l’alto”, ciò che ha consentito di poter spaziare da Ponente a Levante sicuri di poter pescare sempre e comunque vini outsider. Ecco così che in questo caso, per meglio inquadrare la logica che sta dietro alla piccola selezione proposta, ho inteso prendere in considerazione produttori magari non troppo “in vista” rispetto ad altri che, quelli sì, rappresentano il faro qualitativo della loro zona di riferimento (qualche nome, tanto per essere chiari: Ottaviano Lambruschi e Giacomelli per i Colli di Luni; la sorprendente Rocca di San Nicolao e Terre Bianche per il Ponente Ligure).

Infine, tanto per ripetersi ed ulteriormente annoiare, chiaro che il panorama (di questa regione e delle altre che verranno) me lo hanno reso chiaro, negli ultimi tre mesi fitti di assaggi, i circa 3000 vini annotati e rimuginati provenienti da ogni parte d’Italia. Ovvio infine che tutto questo parlare esprima esclusivamente il mio punto di vista.

Tanto per gradire: un rosato…

Rosarosae 2007 – Altavia

Questa giovane realtà produttiva, con base operativa a Dolceacqua, si sta decisamente segnalando all’attenzione della critica e dei consumatori con vini di ottima definizione e individualità: precisi, luminosi, realmente ben fatti, sicuramente poco ovvii ( a partire dai nomi: No Name, Skip Intro..). Fra questi, vero e proprio outsider, il Rosarosae ( trasposizione in rosé di rossese e sirah) si concede raffinati fraseggi mineral-floreali, sfumature e “ariosità” aromatica, per librarsi sapido e contrastato al palato, affidando le sorti ad una felice combinazione di gusto e leggiadria. Insomma, un rosato coi fiocchi, proveniente da fitti vigneti ad alberello, a 8 euro suppergiù.

Per proseguire con una bianca bianchetta…

Golfo del Tigullio Bianchetta U Pastine 2007 – Bisson

Punta di diamante della esigua compagine vignaiola di sponda genovese, Piero Lugano, con il suo vino-vitigno Bianchetta, non sbaglia un colpo: in riduzione minerale, teso, ritmato, intrigante, questo vino regala buon succo e sincera bevibilità, ben al riparo dalle ovvietà. Simpatia “ a sfare” per 9 euro di spesa.

Un occhio al Ponente bianchista….

Bianco delle Colline Savonesi nm – Viticoltori Ingauni

Una nota “tardiva” nel sottolineare il frutto, senza farsi mancare accenti mineral-agrumati, apre ad una bocca invero più rocciosa e impettita, in odor di mandorla, a disegnare un vino intrigante, efficace, di sorprendente personalità e sorprendente prezzo (5 euro). Un “non millesimato” che si aggiunge alla gamma di etichette -spesso ispirata- proposta da questa meritoria cooperativa del savonese, non nuova nel suggerire agli appassionati filologiche interpretazioni di territorio.

Riviera Ligure di Ponente Pigato 2007 – Luigi Calvini

Da un cantina di solide tradizioni e indubitabile continuità stilistica, ecco un paradigmatico Pigato tutto in sfumare, scorrevole e puro come acqua di roccia, pietroso, sottilmente floreale, di nervo sodo e polpa discretissima. Insomma, un vino stilizzato e attraente, a 10 euro o giù di lì.

Riviera Ligure di Ponente Pigato Cycnus 2007 – Poggio dei Gorleri

Apparsa solo di recente all’orizzonte, la cantina Poggio dei Gorleri della famiglia Merano sembra realmente intenzionata a bruciare le tappe, se stai ai risultati espressi fin qui. Le belle esposizioni a ridosso del Golfo Dianese e una enologia moderna ma equilibrata sono componenti che a questo giro di boa paiono illuminare vini dal dichiarato appeal territoriale. Nel Pigato Cycnus per esempio hai un’ottima definizione aromatica, seducente, intensa, floreale e minerale, e un gusto molto sapido ma bilanciato, salmastroso direi, sprezzante e rinfrescante insieme. A 11 euro hai una beva spedita e “traditora”.

…e al Ponente rossista:

Prima di parlare dei vini una doverosa introduzione: mai come quest’anno sono rimasto ammaliato dalla personalità leggiadra e accattivante dei Rossese, vini garbati, intensamente profumati, seducenti, istintivi, dalla vocazione gastronomica conclamata, e che hanno un pregio grande: quello di non somigliare che a se stessi. I progressi in campo agronomico ed enologico poi hanno fatto il resto, al punto che oggi sul mercato contiamo un buon numero di etichette dalle quali emerge una focalizzazione stilistica netta e un carattere territoriale sottilmente diversificato, tale da far supporre la presenza di veri e propri cru all’interno della denominazione. Qui sotto due piccole suggestioni, altre ce ne sarebbero…

Rossese di Dolceacqua 2006 – Tenuta Anfosso

Da questa cantina di recente costituzione, capace di inanellare fin da subito prestazioni eloquenti grazie a vini “single vineyard” ( il Poggio Pini, che risale agli avi di famiglia, ed il celebre Luvaira), pesco il Rossese “senza nome”, che in quest’annata non ha niente da invidiare ai “fratelli”. Qui hai sottigliezze, sfumature, cassis, pepe e agrumi lievi quali voci narranti; qui hai una bocca dinamica, tesa, senza ridondanze, “laminata” e garbata nella esposizione delle sue ragioni, a chiudere il cerchio. Qui hai 10 euro di pura sincerità.

Rossese di Albenga 2007 – Cascina Feipu dei Massaretti

Elegante e sfumato, corollario di rose e fragoline, regala contrasto, ritmo, un pizzico di sana veracità e una elettiva sapidità. A 11 euro un vino emblematico di una storia vignaiola che ha molti appigli nel mito. Così, nel ricordo indelebile dei grandi Pippo e Bice Parodi, antesignani del Pigato d’autore in anni non propriamente votati alla qualità, ecco che il nipote Mirco ne prosegue il cammino con immutata ispirazione, disegnando vini stilizzati e rigorosi, di chiara bevibilità ed ottima naturalezza espressiva.

Un occhio, anzi facciamo due, a Levante…..

Colli di Luni Vermentino Solarancio 207 – La Pietra del Focolare

Da una cantina, questa sì, outsider, ecco una selezione finissima e sfumata, ricca dentro, dall’eccellente contrasto acido-minerale. Fresca, lunga e precisa in ogni dettaglio, ci regala polpa matura e sapidità in un intreccio che all’aria si fa via via più avvincente. No, 14 euro non costituisce forse un prezzo outsider, ma qui il territorio esplode e illumina, e il nuovo Solarancio di Stefano Salvetti e Laura Angelini si impone con tale autorità da non poterne tacere il passaggio.

Colli di Luni Vermentino 2007 – La Felce_Andrea Marcesini

Fondamenta varietali nette per un vino ineccepibile, rigoroso, fiero, sapido, ad alta dignità territoriale, in cui capacità di dettaglio e precisione esecutiva sono un tutt’uno. L’andamento finto-semplice non tragga in inganno, perché il carattere non manca. Da una micro realtà dei Colli di Luni, da un giovane vignaiolo “pensante”, ecco un fedele compagno della tavola a 9 euro.

Dulcis in fundo…

Ormeasco di Pornassio Passito 2006 – Durin

Non è stato davvero facile pescare nel repertorio dolce regionale per tirar fuori un vero e proprio outsider, viste le produzioni spesso di nicchia di alcuni gioiellini ( leggi Sciacchetrà dalla zona delle Cinque Terre) e i conseguenti prezzi non proprio amichevoli. Eppure mi sento di segnalare questo curioso esperimento con il dolcetto, effettuato dalla famiglia Basso in quel di Ortovero: amarene, caffè, liquirizia, tamarindo fanno da corollario ad un vino diverso, contrastato, dolce non dolce, melanconico da un lato, intrigante dall’altro, che spiazza e coinvolge al tempo stesso. A 15 euro via dalla pazza folla.

Nota: la foto all’inizio del pezzo è stata tratta dal sito dell’azienda Bisson.

FERNANDO PARDINI

10 COMMENTS

  1. Fernando, questa serie di articoli sugli outsider è una miniera di cose belle e rare. Complimenti, come al solito è un piacere leggerti.
    un saluto
    paolo

  2. ciao Fernando!
    non citi le Rocche del Gatto, ossia lo Spigau di Fausto De Andreis … Non ti piace ? Comunque ottimo servizio …

  3. Per Paolo: solo grazie.
    Per Enzo: come forse avrai letto nella intro al pezzo, le suggestioni outsider in Liguria sono più di un po’. Giocoforza qualche esclusione non voluta ci può stare, perché non volevo fare pezzi mastodontici, lunghi e sfiancanti. Le Rocche del Gatto la sto seguendo con attenzione. Nella linea produttiva riscontro una variabilità di rendimento sensibile. Non manca il carattere, questo no, specie nel Crociata (Spigau). Vini lenti, orgogliosi, magari farraginosi sulle prime ma capaci di una reattività degna di nota. Quest’anno il 2005 e il 2004 non mi hanno incantato, gli ho preferito il vermentino Acini rari 2007.

  4. Molto bello il taglio dell’articolo e veramente interessante il contenuto; viene voglia di assaggiarli tutti, peccato che la reperibilità non gli renda merito, anche per me che abito in Liguria.
    Vorrei aggiungere qualche altra idea sempre a prezzo abbordabile, per sapere, se li conosci, cosa ne pensi:
    Giuncaro di Santa Caterina (Sarzana)
    Costa di Montaretto de La Cantina Levantese (Levanto)
    e per i vini dolci:
    Passito Bianco (stesso uvaggio dello sciacchetrà ma ben altro prezzo) e Passito Rosso della Cooperativa Agricoltori Vallata di Levanto (Levanto).
    Un cordiale saluto
    Fabio

  5. Grazie Fabio degli apprezzamenti.
    Già, in effetti penso che lo sdoganamento dei vini liguri dal solo (o quasi) ambito territoriale ( la costa “famigerata” – si fa per dire – coi suoi turisti) sia una strategia che dovrebbe trovare più ampio respiro. La qualità espressa in questo momento, da Ponente a Levante, meriterebbe maggiore diffusione.
    Quanto alle citazioni che fai, beh, conosco da tempo Andrea Kihlgren di Santa Caterina, una delle firme più eclettiche del comprensorio lunense, la cui produzione a volte è capace di acuti ( per esempio il vino che citi tu) ma dalla quale mi aspetterei una costanza di rendimento migliore. Buono, ma non superiore, il Giuncaro 2007 comunque. Per quanto riguarda la coop Vallata di Levanto, credo che da tempo costituisca una delle referenze più intriganti della tua regione, anche se devo registrare qualche battuta d’arresto nelle ultime tornate d’assaggi, ciò che ha riportato la produzione in alvei meno personali. Quest’anno per esempio mi è piaciuto il Passito Rosso ( che comunque ha avuto performance più eclatanti) e che comunque considerare vino outsider per il prezzo non direi ( viaggia sui 25 euro); meno brillante ma buonino iil celebre ( e in certe edizioni buonissimo) Costa di Mattelun. Il Passito Bianco si difende egregiamente, non troppo però la versione 2005.
    Non pervenuta infine la Cantina Levantese, che urge “ripasso”.
    Ciao

  6. Scusate ma un vermentino a 14 euro vi sembra piccolo prezzo ! Puo essere ottimo vino ma per me non piccolo prezzo.
    Nel beneventano compro falanghine favolose alla metà.

  7. Hai ragione Giorgio, il prezzo non è un prezzo outsider, e lo dico pure nel commento al vino. Adduco così due ragioni in più per questa intromissione apparentemente indebita fra gli outsider: una cantina veramente outsider, per modi e gesti ( e ingiustamente sconosciuta ai più) e uno dei migliori bianchi dell’anno in Italia (uhei, sempre a parer mio eh!). E’ stato più forte di me. Quanto al Sannio, sono d’accordo con te che lì i prezzi siano competitivi, a fronte di una produzione enologica in via di risalita qualitativa. E’ anche vero che la Falanghina è un vino generalmente molto piacevole ma che raramente oggi assurge a vino di livello assoluto. Andrò giustappunto a scrivere un pezzullo sui vini outsider campani non appena chiiuso il prossimo,dedicato al Piemonte(a proposito, ci saranno anche Barolo e Barbaresco segnalati come outsider). Ora che me lo rammenti, quasi certo che introdurrò almeno una Falanghina del Sannio: la Svelato sur lies di Terre Stregate 2006: a 10 euro fra le riuscite più belle per questo vino-vitigno. Le tue impressioni in proposito?

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