Giardini Ripadiversilia, la Versilia da bere.

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Lascio il mare versiliese alle spalle e faccio rotta verso le Alpi Apuane; giunto in prossimità di Seravezza, aguzzando la vista noto alcuni tralci di vite, dai colori cangianti del periodo autunnale, arroccati sulle pendici del monte di Ripa.

Ecco, tra ulivi, pini marittimi e corbezzoli – carichi di frutti maturi in questa stagione – ha sede l’azienda Giardini Ripadiversilia. Da quando avevo letto, sorpreso, la provenienza di un loro vino che stavo gradevolmente gustando, mi ero prefissato di dover visitare assolutamente gli artefici di un vino sì piacevole, a due passi da casa mia e in una zona non certo famosa per la produzione vinicola.

Una interessante camminata tra i vari filari in compagnia di Lorenzo Svetlich – figlio di Giovanni e Renza Maria Gilda Iacopi (proprietaria) – e dell’agronomo – il nostro Lamberto Tosi – ha messo in evidenza tutte le potenzialità di questa giovanissima cantina.

Più che camminata si è trattato di una serie di salite e discese vista la pendenza del terreno che ha costretto i proprietari a terrazzare buona parte dei vigneti; tanto da ricordare la Liguria o la Valtellina, luoghi ben più famosi per tale tipo di viticoltura “estrema”. Se lavorare questa terra da un lato comporta un grande sacrificio, dall’altro il particolare terroir – dovuto ad una combinazione di molteplici fattori quali l’esposizione a sud ovest, l’altitudine variabile fino ai 200 metri, la vicinanza del mare e il terreno scistoso con argille miste – rappresenta un bell’incentivo ad investire per una produzione di qualità.

Tutto ebbe inizio negli anni ’80 con il desiderio di produrre un po’ di olio e vino ad uso familiare. Poi, col passare del tempo, è maturata la convinzione di procedere al passo successivo della commercializzazione arrivando ad imbottigliare dall’annata 2002 (scelta coraggiosa vista l’uva di quell’anno). Questa recente “conversione” ha risentito inevitabilmente di scelte fatte nel passato, in particolare mi ha stupito la moltitudine di vitigni impiantati: sangiovese, cabernet sauvignon, pinot nero, syrah, vermentino, chardonnay, malvasia di Candia e incrocio Manzoni, solo per citarne qualcuno. Mi domando se l’eccessiva “frammentazione” possa essere un arma a doppio taglio: interessante per sperimentazioni di possibili uvaggi e per l’identificazione dei vitigni più idonei ma, forse, troppo dispersiva, pensando all’estensione della proprietà, per la produzione di un numero di bottiglie rilevante per il mercato dato che non tutti i vitigni sono impiegati negli uvaggi dei vini. Al momento è in attività un ettaro e mezzo ma a breve sarà raddoppiato con altro vigneto, piantato circa due anni fa, così da raggiungere una produzione totale di circa 8000 bottiglie, mentre tra i progetti per l’immediato futuro c’è un ambizioso vino dolce, a tiratura molto limitata, di cui spero poterne descrivere le meraviglie quanto prima.

Sono tuttora allo studio diverse variabili da definire – una per tutte quale e quanto legno usare per l’affinamento (grandezza della botte, zona di produzione, tostatura, primo o secondo passaggio, ecc. ) – non solo per dare delle linee guida all’azienda ma anche ai consumatori stessi, per proporre, anno dopo anno, dei vini che mantengano le proprie caratteristiche, influenzati solo dall’andamento dell’annata di cui sono figli.

Prima di passare in rassegna i vini dell’azienda è opportuno segnalare la produzione dell’olio extra vergine di oliva, “Le Terre di Chiara“, da una cultivar autoctona e piuttosto rara, il quercetano, risalente ai tempi dell’antica Roma.

Colli e Mare 2007 (vermentino 90%, malvasia di Candia 10%, alcol 13%): un classico di queste zone, il connubio tra vermentino e malvasia riesce sempre a conquistare i nasi e i palati più esigenti grazie ad una struttura e ad una componente aromatica ben integrate. Si spazia da fragranze floreali e vegetali fresche ad aromi intensi di agrumi, da profumi boisée di macchia mediterranea a note minerali. L’entrata in bocca è piacevolmente morbida per poi passare ad una impronta più austera dovuta ad una buona sapidità. Il discreto nerbo acido invoglia a riempire nuovamente il bicchiere. In definitiva un vino che dietro la freschezza e la beva nasconde un carattere non indifferente, tanto da essersi aggiudicato, pochi giorni or sono, il diploma d’onore alla “VIII Selezione dei vini di Toscana”.

Le Colline dei Marmi 2007 (chardonnay 85%, pinot nero 15%, alcol 13%): bianco di un certo spessore a partire già dal colore giallo dorato piuttosto carico. L’uso della barrique, sia in fermentazione che nella elevazione per circa sei mesi si manifesta apertamente al naso regalando tutta una serie di profumi tipici di questa lavorazione, vaniglia, frutta esotica alquanto matura, note burrose, nocciola tostata, miele. Grazie ad una sapidità e ad una acidità sostenute la beva non viene mai meno e conferiscono all’insieme una pregevole rotondità ed eleganza. Ottima la lunghezza ma, per degustarlo alla massima espressione, occorre un po’ di pazienza, dandogli il tempo di amalgamare completamente il legno.

Le Colline dei Marmi 2006 (chardonnay 70%, pinot nero 30%, alcol 15%): rispetto al 2007 è meno prorompente nei profumi ma più pronto. Grazie ad una struttura veramente notevole e ad una buona acidità i 15 gradi alcolici vengono ampiamente ammortizzati perseguendo una beva interessante per un vino di tale temperamento. Nel complesso risulta un vino morbido, cremoso ed equilibrato in grado di sostenere piatti piuttosto saporiti come formaggi erborinati o stagionati e carni bianche e di maiale.

Vis Vitae 2005 (sangiovese 60%, cabernet sauvignon 30%, cabernet franc 10%, alcol 13,90%): unico rosso al momento in produzione, effettua la fermentazione malolattica in legno e si affina in barrique nuove per 14 mesi. Alla vista si presenta di un bel rubino con unghia granato che fa presagire ad una giusta maturità. Al naso la frutta rossa e le note vegetali sono delicate, leggermente sovrastate da terziari di cuoio, tabacco e cioccolata. In bocca l’attacco è deciso con tannini ancora un po’ da smussare ma poi si fa più morbido. Un vino franco di buona lunghezza che ben si accompagna ai piatti della tradizione toscana.

Vis Vitae 2006 (sangiovese 60% cabernet sauvignon 30% cabernet franc 10%, alcol 13,50%): il 2006 evidenzia subito un’aromaticità più spiccata, la ciliegia domina la frutta rossa e nuances balsamiche completano, con i terziari già menzionati, il quadro olfattivo. Più equilibrato del 2005, in bocca rivela un corpo ed una struttura apprezzabili, una finezza di tannini ed una eleganza che garantiscono una bocca sempre pronta e pimpante. Medio lunga la persistenza.

Nel complesso Giardini Ripadiversilia – viste le premesse, l’impegno profuso dalla “squadra” ed i primi risultati ottenuti – è una di quelle aziende da seguire da vicino. Se nella fase di crescita riuscirà a mantenere quanto di buono sinora fatto e ad operare sagacemente le scelte al momento in fase di studio, il futuro non potrà essere che roseo, roseo come i magnifici tramonti sul mare che si possono godere da queste colline nelle ultime calde giornate autunnali.

Leonardo Mazzanti

Leonardo Mazzanti (mazzanti@acquabuona.it): viareggino…”di scoglio”, poiché cresciuto a Livorno. Da quando in giovane età gli fecero assaggiare vini qualitativamente interessanti si è fatto prendere da una insanabile/insaziabile voglia di esplorare quanto più possibile del “bevibile enologico”. Questa grande passione è ovviamente sfociata in un diploma di sommelier e nella guida per diversi anni di un Club Go Wine a Livorno. Riposti nel cassetto i sogni di sportivo professionista, continua nella attività agonistica per bilanciare le forti “pressioni” enogastronomiche.

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