Azienda Silvio Grasso: un vecchio vino, un grande maestro e tanta emozione

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Giorgio opera in modo chirurgico sul tappo
Giorgio opera in modo chirurgico sul tappo

Continua la mia carrellata sulle aziende vitivinicole che, grazie all’appartenenza al Circolo Tirso, posso descrivere in modo diverso, più profondamente umano, trascurando quasi del tutto la definizione dei prodotti e della loro altissima qualità. Questa volta voglio parlare della ben nota Azienda Silvio Grasso, situata all’inizio della strada che porta dal piano all’Annunziata e poi al centro di La Morra. I vini di Federico e Marilena sono prodotti di altissimo livello, ripetutamente premiati da tutte le maggiori guide del settore. Gioielli creati ormai anche con la partecipazione totale dei due figli.

Ma, come detto, non voglio dilungarmi su essi, bensì sull’umanità e schiettezza dei loro “maestri”. Federico, persona a prima vista schiva e silenziosa, è un personaggio d’altri tempi: sincero, onesto, leale, che difficilmente tiene per sé le proprie idee e convinzioni. Non ha problemi a dire quello che pensa. E Marilena ne è orgogliosa, seguendolo con identica passione. Se capirete lo spirito che li anima e sarete conquistati dalla loro limpidezza di pensiero, vedrete che gli occhi di Federico inizieranno a brillare e la sua apparente timidezza e serietà si tramuterà in un torrente in piena di commenti, di suggerimenti, di storie di tempi odierni e di tempi passati. Lo spettro completo e affascinante dei loro barolo e degli altri vini della gamma si unirà al piacere dell’amicizia e l’incontro resterà ben saldo nella vostra memoria. Non voglio però dire altro … Per meglio descrivere l’essenza della splendida famiglia, ho scelto un raccontino, che ho scritto di getto, più col cuore che con le mani, dopo un pranzo con loro e con gli amici “Ballarin” Viberti, già “raccontati” precedentemente.

E’ un racconto che vede attore principale un vino, un Barolo del 1968, e che cerca di descrivere l’atmosfera di calore, di vicinanza emotiva, di partecipazione che ci ha coinvolti completamente. Un’esperienza che mi fatto capire, una volta di più, quanto un vino sia importante per certe “speciali” qualità che spesso sono lontane anni luce dalle fredde descrizioni tecniche. In questi casi, l’emozione diventa tangibile e lascia un ricordo indelebile. Nel racconto, qualsiasi riferimento a persone e cose NON è puramente casuale, ed i fatti descrivono sensazioni ed avvenimenti CONCRETI e REALI.

Fino all’ultima goccia

il grande "vecchio"
Il grande vecchio

Quante ne aveva viste in quarant’anni. Si ricordava benissimo quando era ancora all’interno dell’uva in quel vecchio vigneto sul fianco della collina. A quei tempi i grappoli erano numerosissimi, si stringevano, si spingevano uno con l’altro, alla ricerca di una posizione più libera per maturare al Sole. Non ci riuscivano mai del tutto, ma in fondo stavano bene in quella fitta compagnia. Poi erano stati raccolti, senza fare troppa distinzione tra i più belli e i più brutti. Mani ruvide e stanche li avevano deposti nelle ceste e poi li avevano schiacciati sotto l’antico torchio. Era entrato in quelle enormi botti, pulite come meglio si poteva. Aveva subito le fermentazioni ed era diventato vino. Ma -attenzione- un signor vino! Era nebbiolo, mica uno qualunque! Anzi, molto di più: sarebbe diventato barolo, il vino dei re ed il re dei vini. Un futuro luminoso lo stava aspettando.

Passati gli anni necessari, era stato imbottigliato per i giorni di festa. Non se ne vendeva tanto a quei tempi, la gente beveva vini più rozzi, più aspri, più acidi, che accompagnavano le schiette merende di campagna. No, lui era un barolo e sarebbe stato stappato nelle grandi occasioni, con rispetto, ansia, gioia, come si meritava. Doveva avere pazienza ed aspettare. Si sentiva fremere, avvertiva i cambiamenti che stava subendo, le sfaccettature che acquistavano i suoi profumi. Era stato messo in quella stanza, tra altri suoi illustri fratelli, che venivano a fargli compagnia anno dopo anno. Alcuni erano figli di annate minori, altri suoi pari, qualcuno baciato da una stagione perfetta.

Si rendeva conto che il tempo passava e che stava raggiungendo il suo massimo. Perché non lo aprivano? Non sapevano cosa stavano perdendosi! Ma capiva anche che il mondo del vino stava cambiando. La gente era più ricca, le automobili più lussuose, le case con sempre più stanze. Le stalle scomparivano un po’ alla volta. Il vino attirava sempre di più, anche i giovani. Stavano nascendo le prime guide, si davano premi a destra ed a manca. I prezzi salivano e più salivano più la gente comprava.

I fratelli più giovani erano pieni di alterigia, erano fatti con metodi diversi, più raffinati e più tecnologici. I grappoli venivano tagliati prima che maturassero. Quelli rimasti avevano ormai spazio a sufficienza per ricevere la luce del Sole tutto il giorno. Le vecchie botti si trasformavano in legna da ardere (che tristezza quando aveva visto la sua finire insieme a quelle cassette per la frutta, in tanti pezzi tagliati giusti per ardere nel camino). Anche la famiglia dei suoi padroni era cambiata. I bambini erano cresciuti ed ormai il vino lo seguivano i più giovani. Ai vecchi veniva concesso di andare in vigna a potare, a legare i tralci. Diradare non era per loro, abituati ai tempi quando ogni grappolo era considerato come un figlio. Poi vide arrivare quelle enormi vasche di acciaio così lucide da sembrare degli specchi: tutta la cantina luccicava come una sala operatoria. Infine quelle botti così piccole, che parlavano una lingua che non riusciva a capire. Quante arie si davano e la loro boria veniva trasmessa al vino che usciva con la “puzza” sotto al naso. No, no, altro che puzza!! Aveva un odore meraviglioso, forse solo un po’ falso, quasi fosse il profumo di una grande dama che si recava ad una festa dell’alta società. Sapeva di vaniglia, di caffè, di cioccolata. Ma la gente ne andava pazza ed i prezzi salivano ancora. I suoi fratelli venivano bevuti subito, anche nel giro di un anno. Erano alla moda …

Lui era veramente allibito. Aveva passato anni ed anni a cercare di domare i tannini che mordevano il freno, a trasformare quell’aroma chiuso e severo in un profumo di terra e di fiori. Ed ora i giovani uscivano in bottiglie sterilizzate e sgargianti, venivano inscatolati perfettamente, salivano su grandi camion, su treni, su aerei e giravano per il mondo. E pensare che il viaggio più lungo che lui aveva fatto era dalla vecchia stanza al sottotetto della cascina. Si, l’avevano messo lì. C’era bisogno di spazio, di nuovi ambienti da tirare a lucido. Lui ed i pochi fratelli “anziani” erano stati sfrattati per far posto ai giovani sempre più numerosi. Che tristezza quel giorno, ma non per la polvere ed il buio, no, no! Si sentiva scartato, messo da parte, considerato un ingombrante sopravvissuto. E pensare che aveva ancora tanta rabbia dentro da surclassare quei ragazzi sbarbati, superbi e profumati.

Federico sta per aprire le "danze"
Federico sta per aprire le "danze"

Gli anni passarono sempre più lentamente. Non riusciva nemmeno più a vedere i cambiamenti che avvenivano in quella che un tempo era stata la “sua” cantina e la “sua” casa. Ma dovevano essere tanti, ne era sicuro. Talvolta gli arrivavano anche delle voci. Qualcuna la riconosceva ancora, altre gli giungevano del tutto nuove. E quante lingue parlavano … non solo quella delle piccole botti, ma di tutte le parti del mondo: inglese, tedesco, olandese, svedese, giapponese e via dicendo. E tutte quelle voci compravano vino, ne era sicuro. Da un lato era contento (in fondo erano suoi fratelli), ma dall’altro si sentiva inutile e disprezzato ingiustamente. Quanti inverni ed estati aveva passato lassù. Si ricordava il caldo terribile di luglio ed agosto che lo faceva sudare … e meno male che il tappo teneva. Il gelo di gennaio e febbraio che lo riduceva quasi ad un blocco di ghiaccio. Una vera sofferenza. Come poteva restare integro e bevibile in quelle condizioni? Ce la metteva tutta, ma la speranza si affievoliva sempre di più.

Poi vide un po’ di luce! Venivano a prenderlo insieme ad altri “ruderi” della sua età. Finalmente, era ora!! Cercò di riattivare i suoi tannini, di spremere tutti i profumi che teneva in serbo. Non poteva deludere il nuovo padrone. Doveva dimostrare chi era. Ma che stanchezza si sentiva addosso. Gli anni avevano lasciato il tempo e gli sbalzi di temperatura subiti avrebbero ucciso anche uno Chateau Margaux! Era diventato pallido, slavato, gli sembrava perfino di essere caduto in preda all’ossigeno che lo tormentava già da molti anni, la tipica malattia dei vecchi. Accidenti! Perché non si erano decisi prima, quando era ancora in piena forma? Gli avrebbe fatto vedere lui a quei boriosi ragazzotti di oggi. Mentre pensava a tutta la sua vita, alle sue illusioni e delusioni si accorse di essere messo in un stanza. Altro che essere stappato. Aveva solo cambiato prigione! Si, molto più bella, pulita, con una temperatura equilibrata, ma ormai sapeva dentro di sé che era troppo tardi. Forse era meglio così, aveva paura di mostrarsi nello stato in cui si era ridotto.

Altri anni passarono. Gli sembrava di essere ricoverato in un ospizio per vecchi. Al caldo, tranquillo, in attesa di una fine anonima. Magari lo avrebbero anche aperto e poi rovesciato in uno di quei secchielli neri che sembravano proprio una bara. Lentamente perse tutta la sua baldanza, il suo antico vigore e si addormentò in attesa che tutto finisse. Non si accorse nemmeno che una mattina il nuovo padrone, Federico (il nipote del suo “creatore”), era andato a prenderlo e gli aveva levato un po’ di quella polvere che faceva ormai parte di lui. Si era svegliato in mani diverse, tra sorrisi e chiacchiere. Ma non lo prendevano in giro, anzi. Parlavano di lui come di una reliquia. Stavano ricordando momenti lontani, ma sempre vivi nel loro cuore. Subito ne fu contento ed orgoglioso. Poi però se ne ebbe a male. Gli era tornata l’antica baldanza, la vigoria che spesso accompagna la vecchiaia. Non era una reliquia, era ancora un vino e che vino! Sapeva però in cuor suo che non era vero … Doveva accettare la realtà e calmarsi: in fondo stava vivendo delle emozioni diverse, dopo tanti anni di sonnolenza ed apatia.

Fu messo sopra un camino, fortunatamente sempre spento, in mezzo a cose strane che parlavano nuovamente lingue che non capiva. Ma non avrebbe comunque avuto voglia di parlare. Gli sembrava di essere in un museo e lui stesso un’anticaglia da guardare con distacco e noncuranza. Molti che lo guardavano non riuscivano a capire chi era stato e chi era ancora adesso! Altri si, tra loro i nuovi padroni. Lo guardavano con ammirazione, con rispetto. Si sentì meglio, molto meglio. Ma rimaneva un cimelio, un’immagine e niente più. Dopo pochi mesi accadde il miracolo inaspettato.

Federico ed Enzo con il "vecchio" nel bicchiere
Federico ed Enzo con il "vecchio" nel bicchiere

Natale era passato da poco, lui compiva quarant’anni, un’eternità. La stanza si riscaldò. Il camino si accese, il tavolo si apparecchiò. Sentiva frastuono intorno a sé e cercò anche di mettersi in mostra. Poi arrivò gente, allegra e spensierata. Amavano sicuramente il vino, lo capiva da come parlavano, da come bevevano, da come ridevano. Ma quella voce … Si, la conosceva! Era del suo ultimo padrone, di Federico, del ragazzino che aveva visto giocare in cortile quando lui era appena nato. Lo vennero anche a guardare da vicino e poi si misero a mangiare allegramente. Aprirono delle bottiglie, le finirono. Dall’alto del camino le invidiava anche se ormai sapeva di non poter competere con loro. Arrivarono al dolce. Poi sentì che parlavano di lui. Lo vennero a prendere. Gli sembrava di vivere un sogno ed suoi fenoli presero a battere all’impazzata. Aveva però anche molta paura: che fine avrebbe fatto? Si accorse che un cavatappi entrava nel cuore del suo sughero così malandato, sgretolandolo miseramente. No, quello non ci voleva. Lo odiò con tutte le forze che gli erano rimaste: che figura gli stava facendo fare! Ma ormai quelle persone erano decise. Mani sapienti, delicate, cominciarono a lavorare su quel maledetto tappo e poi tutti si schierarono intorno a lui in silenzio ed in attesa. Mamma mia! Aveva proprio paura, mentre pensava a quello che sarebbe successo. Lo avrebbero guardato, annusato e poi sarebbe finito in quella bara nera che lo aspettava sul tavolo. Forse era meglio rimanere lassù sul camino, reliquia tra le reliquie. Non voleva fare quella fine così misera e pietosa.

Si aspettava già le risate di scherno, i commenti severi e magari anche qualche insulto. Sentì l’aria entrare dentro di lui. Un brivido lo scosse e si lasciò scivolare nel “decanter”, proprio come un grande vecchio! Fosse stato solo pochi anni prima ne sarebbe stato felice. Ora invece tremava e fu preso da sgomento. Come era pallido … Si sentiva nudo lì di fronte a tutti! Chissà cosa avevano sperato quei poveri illusi. Quarant’anni sono tanti, soprattutto dopo innumerevoli inverni gelidi e troppe estati torride. Meno male che non c’era nessuno dei suoi giovani e pimpanti fratelli a guardare. Fu versato in un bicchiere: sentì frasi appena accennate. Tacque, aspettando le reazioni. In fondo perché non sperare ancora? Gli altri allungarono i bicchieri in attesa che fossero riempiti. Cercò di dare il meglio di sé, gli sembrava che il tempo non fosse passato. Ma si, si, lo stavano bevendo e non ridevano … Anzi. Qualcuno parlò ancora di tannini, di ossidazione, ma con rispetto, con ammirazione. E Federico iniziò a raccontare la sua storia: non lo aveva dimenticato! Gli altri stavano zitti, ascoltavano e sorseggiavano. E mano a mano che i minuti passavano, lo facevano sempre con maggior gusto. Si sentì al settimo cielo, cercò di ammorbidire e di nascondere il peso degli anni. Lo portarono nell’altra stanza vicino alla bara nera. Ma si, adesso andava bene anche così, aveva avuto una fine meravigliosa: calasse pure il buio. Ed invece no. Lo versarono nuovamente nel bicchiere, dissero che era anche migliorato. Meno male che il suo colore era già pallido e nessuno si accorse che stava piangendo e che le sue lacrime si mischiavano al liquido rosato.

fino all'ultima goccia ...
fino all'ultima goccia...

No, non conobbe la bara ed ebbe tempo di guardare negli occhi quelle persone che lo avevano fatto tornare giovane e grande come una volta. Era pur sempre un barolo, accidenti! Sentì intorno a sé rispetto, emozione, ammirazione e tenerezza. Fu anche sicuro che gli occhi del suo padrone fossero un po’ lucidi. No, non era ubriaco. Era serio e concentrato. Sentì che anche lui era tornato indietro negli anni: era di nuovo un bambino che stava correndo in un cortile. Si capirono perfettamente, si scambiarono parole sconosciute agli altri. Fu un momento di delizia e di gioia pura, le stesse che lui, il “grande vecchio”, vedeva nello sguardo di tutti, mentre lo ruotavano nel bicchiere con attenzione e delicatezza.

Si addormentò per sempre, tra gli sguardi e le parole che lo circondavano e lo coccolavano. Era valsa la pena aspettare tanti anni per finire così, in quella magica atmosfera. Un attimo di silenzio seguì l’ultima goccia mentre regalava l’emozione conclusiva.

In qualcuno di loro (di uno ne sono assolutamente sicuro …) resterà il ricordo del più grande vino mai bevuto.

A distanza di un mese, a mente fredda, l’emozione e le convinzioni sono rimaste immutate e mi considero un fortunato. Un grazie a Federico per averle innescate ed a Marilena, Rosanna, Giorgio e Gianna per aver condiviso il turbine sensoriale di quella splendida giornata.

L’ampia gamma dei vini di Federico e Marilena va dai barolo più tradizionali a quelli più moderni, dal Dolcetto al Nebbiolo alle Barbera, per finire con il celebre Insieme. Dovunque vi sarà facile trovare descrizioni professionali ed accurate. Ma sullo spirito vero di un grande vignaiolo forse no.

Azienda Silvio Grasso
Frazione Annunziata – Cascina Luciani 112
12064 La Morra (CN)
Tel. 017350322
Email: cantinagrassosilvio@tiscali.it

Vincenzo Zappalà

5 COMMENTS

  1. @mario,
    devo dirti che non ne ho proprio idea…. Fossi in te proverei a chiedere a loro direttamente, dicendo che sei rimasto affascinato dal racconto ….Chissà ….. (se ne hanno ancora…)

  2. per mario di 1986 o di 1968? tra l’altro il 1986 per noi e stata una grandissima annata un grande barolo e l’anno di nascita di nostro figlio Silvio. in ogni caso non vendiamo bottiglie cosi vecchie preferiamo berle con gli amici Marilena Grasso

  3. ciao Enzo, bravo, prosa profonda. Chi ti accusò di non aver spiegato il vino è un povero di spirito. Cosa si aspettava, la scheda punteggio? Quello che hai scritto sono emozioni e stati d’animo, chi le afferra è uno dei privilegiati che le hanno già vissute, a me è capitato un annetto fa con un paio di bottiglie di Brunello coetanee del Barolo. Quando tornerai a trovarmi avvisami prima, ce ne godiamo un paio insieme. Roberto Crocenzi

  4. ciao Roberto!
    grazie. esattamente il mio pensiero e stato d’animo. Stai tranquillo che ti avviserò per tempo!!

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