Trappòle, ovvero un nuovo tipo di degustazione alla cieca

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Il fischio del treno mi fa uscire dal torpore. Sono quasi arrivata a destinazione, il treno fra qualche minuto si fermerà a Grübbe, dove un taxi mi sta già aspettando per portarmi alla degustazione alla cieca organizzata dall’abbazia Trappòle. Là si produce la migliore birra trappista esistente sulla faccia della terra. L’abbazia è ancora gestita dai monaci trappisti, che hanno deciso di fare delle loro conoscenze tecniche in campo birrario un’arte. Ho scritto qualche appunto mentre mi trovavo in treno e il paesaggio scorreva davanti a me in modo vario ma troppo veloce per essere apprezzato veramente. Ho qualche domanda nel cassetto per l’abate e per i mastri birrai. Spero di poter visitare il loro birrificio e perdermi nell’aroma del luppolo, e – se riesco- carpire qualche loro piccolo segreto che si tramanda dalla notte dei tempi…o quasi. Il taxi, con mio disappunto, mi ha abbandonato all’inizio di una lunga scalinata di pietra che è l’unica via di entrata e uscita. Davanti a me si stanno già arrampicando una decina di persone. 1,2,3,….115,116,…130!

Finalmente in cima, dopo 123 scalini bassi e 7 alti! Il fiatone si fa sentire ma la bellezza imponente dell’abbazia mi toglie ancor di più il fiato. Mentre scruto il cielo plumbeo che si sposa perfettamente con l’austerità del luogo, il grande portone principale si apre con un sonoro cigolio. Due frati ci fanno mettere in fila all’ingresso prima di bendare noi partecipanti uno ad uno. Un po’ preoccupante come operazione…Spiegano che questa è la loro personale idea di degustazione alla cieca. Per tutta la giornata non solo degusteremo le loro birre senza l’uso della vista, ma anche che solo l’udito e l’olfatto ci saranno d’aiuto per le altre attività collegate, tra cui la visita al birrificio. Adesso inizio a preoccuparmi sul serio, stare al buio un giorno intero potrebbe crearmi qualche problema di ansia, ma che ci posso fare? Ormai sono diventata l’inviato delle occasioni impossibili. Come se la benda sugli occhi non fosse abbastanza, i monaci ci fanno attaccare ad una lunga corda in modo tale che nessuno di noi si perda. Hanno uno strano metodo per guidarci, utilizzano squittii “topeschi” di tutti i tipi, ma riescono sempre a evitare che qualcuno di noi inciampi.

Di quando in quando sento una risata strana quasi un verso di scimmia, forse è la mia fantasia o forse nell’abbazia scorrazzano veramente le leggendarie scimmie guardiane. Stiamo camminando da un buon quarto d’ora in fila indiana bendati e legati, quando i nostri accompagnatori ci fanno sedere a quelli che sembrano lunghi tavoli. Sento scivolare via la benda dagli occhi ma continuo a non vedere. Tocco gambe e braccia per assicurarmi che siano sempre al loro posto. D’istinto direi che la stanza è molto grande e quasi totalmente piena. Buio. Solo un brusio e un rumore di bicchieri e carrelli rompe il silenzio. Mi chiedo come faranno i monaci trappisti a condurre una degustazione in una sala buia e affollata. Non avevo pensato all’unica possibilità esistente: i monaci che condurranno la degustazione sono tutti ciechi.

Dopo una breve presentazione delle birre e dei loro metodi di produzione, di cui mi affascina soprattutto l’elemento del passaggio del sapere di generazione in generazione, e del concedere “lo scettro” di mastro birraio a un solo monaco. Il perfetto Mastro birraio deve essere quasi cieco, avere almeno 70 anni e una conoscenza erboristica pluriennale. Solo così, dicono, le ricette e i processi di preparazione della birra possono rimanere al sicuro dentro le alte e imponenti mura dell’abbazia. Sento che uno dei bicchieri davanti a me si riempie e la presenza di qualcuno al mio fianco destro è molto forte. Faccio per cercare a tentoni il bicchiere pieno con il terrore di sbattere tutto per terra, ma per fortuna il bicchiere mi viene porto o meglio mi viene avvicinato alla mano tanto che non possa sbagliare la presa. Sento la voce lontana del “presentatore” che esalta le qualità della prima birra (Trappòle Blonde) che lui chiama prodotto base e da pasto. Aroma di luppolo e bollicine quasi piccanti con un retrogusto di fiori di ciliegio e senape. Io a dire il vero sento solo le bollicine che salgono fino nel naso e mi fanno starnutire, ma non devo essere la sola perché come una reazione a catena, dopo di me starnutiscono una buona metà dei presenti.

Risata di scimmia.

La seconda birra (Trappòle Maison) invece è una birra più corposa e con aroma spiccato di pane di segale raffermo e luppolo per poi lasciare lo spazio ad una frizzantezza asciutta e ad un retrogusto di miele di tulipano e ortensia verde. E’ una birra molto particolare con un aroma antico e stantio, peccato che il luppolo sia un po’ esagerato e prenda il sopravvento su questa splendida sensazione di cose passate che richiamano alla memoria dolci ricordi. Vengo distratta da un brusio scocciato che si alza alla mia destra, dove uno dei degustatori per errore ha versato addosso al suo vicino tutta la birra che aveva nel bicchiere.

Risata di scimmia… mi inizia ad innervosire questa situazione e i miei occhi chiedono un po’ di luce.

La terza birra (Trappòle Chocolat) è una birra da dessert al cioccolato, la nuova arrivata. È una ricetta inventata dal nuovo mastro birrario che ha trascorso parte della sua vita nelle Americhe a studiare i poteri della fava e della pianta di cacao. Poco luppolo, un po’ di malto e una consistenza simile alla stout inglese. Aroma piacevolissimo di cioccolato al latte che sul palato si trasforma in cioccolato amaro. Davvero una piccola gemma a cui la delicata frizzantezza aggiunge un elemento in più: alleggerisce e pulisce il palato dalla sensazione burrosa iniziale.

Risata di scimmia, un applauso e un tuono in lontananza…

Rimasta al buio in attesa del pranzo di degustazione, ripenso alla leggenda che avvolge la storia di questa abbazia. In un tempo imprecisato del medioevo un gruppo di Saraceni tentò di saccheggiare l’abbazia. Ma proprio mentre i monaci stavano per arrendersi, un gruppo di scimmie apparse dal nulla attaccò e sconfisse gli infedeli, per poi cibarsi dei loro corpi senza vita. Da allora in poi si narra che i monaci dell’abbazia, in segno di ringraziamento per il miracolo ottenuto, abbiano continuato ad accudire un gruppo di scimmie guardiane.

Un altro tuono irrompe nel silenzio. Scimmie impazzite fuori dall’abbazia… si sentono correre e urlare… e in un attimo tutto è caos.

Immagine tratta da: allavostra.blogspot.com

Lola Teale

3 COMMENTS

  1. Grande Lola, sarà la passione per la birra o il tuo modo coinvolgente di scrivere che spero tanto di provare quanto prima questa tua bella esperienza!

  2. Grazie dei complimenti!
    E’ stata un’esperienza davvero unica, ma credo che d’ora in poi avrò qualche problema ad accettare un invito ad una “degustazione alla cieca”…

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