Portè Disnè: un sogno tra boschi e vigne

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Ogni anno, a fine maggio, si svolge da Montà a Canale, nel cuore del Roero, una camminata enogastronomica. Sembrerebbe una delle solite. Niente di più sbagliato! L’atmosfera, il paesaggio, i dirupi delle Rocche, i boschi, i giganteschi castagni, l’organizzazione perfetta, la gentilezza, i cibi raffinati ed i grandi vini ne fanno un evento veramente unico ed entusiasmante. Chi partecipa una volta è costretto a tornare e ad immergersi nuovamente in quel sogno dominato dalla Natura.

L’altra mattina ho sognato. Pensavo di camminare in mezzo alle vigne di fine maggio, con i grappoli appena nati che facevano a gara per farsi notare tra un rigoglio di foglie e di erba così alta da rivaleggiare con loro (poveri vignaioli, quanta fatica in questo periodo …). Faceva caldo e mi spaventava non poco quel Sole impietoso, da cui non riuscivo a ripararmi in quelle dolci, ma spoglie, colline del Monferrato e delle Langhe. Malgrado il cappellino, la testa sembrava cuocere e, pur pensando che quel calore non poteva che far bene alla prossima vendemmia, non riuscivo a riprendermi. Meno male che stavo sognando. Senza difficoltà mi immaginai di immergermi in un bosco fitto ed impenetrabile, che di tanto in tanto si apriva in radure verdi dominate da castagni secolari. Ero passato dalla bassa collina alla montagna, da una temperatura torrida al fresco tipico delle alte quote. Nei sogni si può fare di tutto, magari vicino ad un papavero vedere un’orchidea, un garofano d’altura. Oppure scorgere immensi rami di quercia tra le foglie di un fico, sfiorare una felce che fa il solletico ad una vite di nebbiolo. Od ancora commuoversi di fronte ad un pino di pochi centimetri appena nato a poca distanza da un esemplare di venti metri.

Alla fine, quasi con dispiacere, ho aperto gli occhi, ma, con mia grande sorpresa, il sogno continuava. Un rovo carico di fiori, pungendomi su un braccio, mi diede la prova tangibile che il sonno era finito da molto tempo. Eppure il bosco era lì, vero, ed altrettanto vere erano le piante secolari, i pini, i valloni coperti da una giungla verdeggiante. Eppure non ero in montagna e nemmeno in Amazzonia. No, stavo soltanto camminando lungo lo strepitoso sentiero che si percorre durante la passeggiata enogastronomica di Portè Disnè, tra Montà e Canale, nel cuore del Roero. Ma era come vivere in un sogno incantato. Per chi non conosce il Roero e soprattutto la fascia delle Rocche, tutto ciò può sembrare esagerato. Ed invece è vero: basta venire e guardare con i propri occhi. Le Rocche! Una vera meraviglia. I resti ancora imponenti delle spaccature giallastre che il Tanaro ha tracciato quando ha cambiato il suo percorso ed invaso l’attuale valle che separa il Roero dalle Langhe, circa 80000 anni fa. Pareti a strapiombo, invase da una vegetazione eccezionale, dove si trova una flora ricca e variegata, da quella di pianura a quella di media montagna. E stupendi sentieri le percorrono portandovi indietro nel tempo.

Il 31 maggio si è ripetuta ancora una volta questa meravigliosa camminata a cui mia moglie ed io non abbiamo potuto rinunciare. Portè Disnè: il vecchio rito di portare il desinare ai parenti impegnati nel lavoro tra le vigne. Una versione moderna, ma sempre ricca di fascino. Si prende il cestino con i piatti in ceramica, il bicchiere, le posate, il tovagliolo a quadretti bianchi e rossi, e si parte da Montà. Poco dopo si è già alla prima fermata per gustare un aperitivo a base di bruschette, accompagnate dagli Arneis della zona. Quest’anno c’erano anche i vini (rossi e bianchi) del villaggio di Oberrotweil, vicino alla valle del Reno in Germania. Due parole, molti sorrisi, uno scambio di indirizzi e di nuovo in marcia.

Passiamo sotto il castello, dominato da un maestoso cedro del Libano ed in breve ci immergiamo nel bosco favoloso delle Rocche, le cui parete lisce ed altissime catturano lo sguardo ad ogni curva. Iniziano a farla da padroni gli enormi castagni, spesso affiancati da immense querce. Ed è suggestivo vedere infiltrasi tra loro, con timidezza e rispetto, qualche vigna e qualche albero di fico, di pesco, di ciliegio. Le felci, il silenzio, i fiori, il terreno ricco di fossili ci fanno sentire in un altro mondo ed in certi momenti giureremmo di aver visto uno gnomo nascondersi dietro ad un ramo gigantesco e contorto. Ma improvvisi squarci di luce verso il Tanaro e le Langhe ci riportano alla realtà. La foresta si apre ed appare la radura degli antipasti: frittate e verdure al pomodoro, di antica tradizione, ci vengono offerte sotto un castagneto impressionante. L’organizzazione è perfetta! Acqua potabile ovunque, grande gentilezza da parte di chi ci invita all’assaggio (e non sono folletti dei boschi, anche se per un attimo lo abbiamo pensato), cibo curato e grandi vini. Ancora Arneis, fresco, fruttato, gioioso. La bellezza del luogo e del percorso ci sprona a continuare. Il sentiero si fa più stretto, emozionante. Con pochissima fatica siamo già arrivati in montagna?

Il fresco delle fronde dei giganti sembra proprio convincerci di questa impressione. Ma una piccola vigna, ritagliata nel bosco, ci riporta in collina ed ecco comparire un’altra grande radura, altri enormi castagni e … i ravioli del plin! Squisiti davvero ed in razione abbondantissima. La barbera è d’obbligo ed è di quella veramente buona. Il bosco ci chiama e continuiamo senza la minima stanchezza. Dopo la visione affascinate di alcuni esemplari di pini, pianta originaria della zona, e delle ultime rocche che sembrano cascate fossilizzate, il panorama si apre ed appare Cisterna con il suo castello. Sembra sorgere dalle vigne, che ormai diventano padrone del territorio. Ne vediamo ancora qualcuna sospesa sui dirupi e poi è un dolce saliscendi di gentili colline che ci portano verso Canale. In un angolo suggestivo ed ombroso appaiono improvvisamente i “secondi”. Carne di prima scelta, di razza piemontese puro sangue, dalla nascita alla … piastra. Ma anche quella cruda all’albese con una ricchissima insalata mista.

Grandi tavoli ci accolgono per farci riposare un po’, mangiare e degustare i grandi rossi del Roero. Ancora barbera, ma anche sua eccellenza il “roero”, che ha da poco ottenuto la più che meritata DOCG. E non ci fa certamente rimpiangere il barolo o il barbaresco. Il nebbiolo delle rocche è profumato, fruttato, elegante, ma anche potente, strutturato, virile. Dopo aver visto da vicino la faticosa ed instancabile fatica della Natura, la sua delicatezza e la sua violenza, non possiamo certo stupirci di un vino così variegato, sfaccettato e complesso. La strada inizia a scendere e quando ormai Canale appare con i suoi campanili e le sue case quasi abbracciate tra loro, ancora una tappa per i formaggi. Li assaggiamo insieme al miele veramente unico di queste parti, da quello d’acacia a quello di castagno. Nessun problema per le api: tra le Rocche possono in breve passare dai fiori di pianura a quelli di montagna! Lo sappiamo bene …

Ancora Roero per le libagioni. Intanto sentiamo un gruppo di francesi che cantano e vediamo tedeschi e svizzeri che sorseggiano con gli occhi sognanti ed un aperto sorriso. La banda del paese suona e qualcuno improvvisa un ballo. Pochi minuti ed eccoci infine in centro a Canale, dove il ballo è già cominciato alla grande. Per chi è più stanco, tante sedie e tante fragole al birbet, il vino dolce tipico della zona.
Finalmente ci rilassiamo e ci sentiamo veramente felici, anche se un po’ ci dispiace che la camminata sia finita. In un attimo il bus navetta ci riporta a Montà. Che bella giornata, che gente simpatica, che voglia di gioire in silenzio e senza chiasso in una natura prodigiosa. Non ci resta che aspettare il prossimo fine maggio con impazienza! Ma sentiamo un mormorio lontano … Ci voltiamo e poniamo attenzione a quel sussurro. Sono loro, le Rocche, che bisbigliano: “perché aspettare tanto? Noi siamo sempre qui, da migliaia e migliaia di anni, con i nostri silenzi, i nostri dirupi, i nostri giganti verdi, la nostra ombra, i nostri fiori. I sentieri sono ben segnalati, curati e sempre aperti.” Hanno proprio ragione! In attesa del prossimo Portè Disnè torneremo a visitarle, magari portandoci un panino con il prosciutto cotto al forno di Canale, qualche pesca succosa, fragole, e, ovviamente, una bottiglia di Roero. Magari due: una di Arneis ed una di Roero Superiore. In quei sentieri non esiste l’etilometro!!



Vincenzo Zappalà

3 COMMENTS

  1. Splendido il racconto di questa tradizione delle zone del Tanaro che tanto amo perchè ha dato i natali ai miei antenati. Non so quando sarà la prossima edizione, ma vorrei proprio esserci al prossimo porté disné, se qualcuno mi sa dire la data (ammesso che sia ripetitiva ogni anno) mi farebbe una grande cortesia perché mi piacerebbe molto respirare l’aria antica e nostagica del Roero.

  2. cara Lauretta,
    la splendida passeggiata si fa sempre l’ultima domenica di maggio. Te la consiglio vivamente: è fantastica!!!

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