A proposito del Brunello. Riflessioni al termine delle indagini

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Questo testo, che presentiamo al fine di stimolare la discussione su un argomento che tocca tutti da vicino, sarà pubblicato dal Corriere Vinicolo del 31/08/2009. Ringraziamo il settimanale, in chiusura estiva, per l’anticipazione (la seconda puntata di questa anticipazione è stata pubblicata qui)

Non c’è bisogno di andare sino in Afghanistan per incontrare i talibani. Nel mondo della comunicazione del vino ci sono e in questi giorni, dopo la chiusura delle indagini sul Brunello, stanno lanciando un’offensiva a largo raggio in cui, come al solito (sic), quello che prevale è più la voglia di gridare “al rogo, al rogo” piuttosto che il “solito” pacato ragionamento sugli avvenimenti di questi mesi.

Intanto qualche premessa è d’obbligo. Chi ha infranto la legge, deve pagare le conseguenze. Non credo ci sia discussione su questo principio. Il problema è che i molti che invocano la gogna hanno scambiato un rinvio a giudizio o un comunicato della Guardia di Finanza, per una sentenza passata in giudicato. La Procura di Siena ha svolto le sue indagini, ora tocca alla difesa degli imputati parlare. Basta leggere la cronaca giudiziaria quotidiana per sapere che gli impianti accusatori, anche i più apparentemente solidi, non sempre ma spesso sono destinati ad essere notevolmente ridimensionati nel corso del dibattimento. Insomma per tirare davvero le somme, bisognerà aspettare la fine del processo. Il resto sono chiacchiere da blog. Purtroppo però – visti i tempi della nostra giustizia – se ne parlerà tra qualche anno. Nel frattempo vorrei provare a riflettere. Ecco qualche spunto.

1) Il grandioso successo di Montalcino e del Brunello consiste nell’essere passati, in un periodo abbastanza breve, dalle 100.000 bottiglie dei primi anni Settanta dello scorso secolo, alle circa 7 milioni dei nostri tempi (annata 2004). In poche parole in quasi 40 anni, la produzione-vendita è cresciuta di 70 volte. Tutto ciò è potuto avvenire perché agli storici produttori degli anni Settanta si sono affiancate moltissime nuove aziende, tanto che oggi sono diventate 250 (delle quali 200 imbottigliano). A ciò va aggiunto che Montalcino si è sempre più affermata come patria di grandi vini. Sminuire il ruolo delle grandi aziende in relazione al processo di crescita, esaltando le sole piccole realtà d’eccellenza, ha il respiro cortissimo e non rende giustizia ad entrambe. I talebani però in questa contrapposizione ci sguazzano e, vecchio vizio della critica enologica italiana, tentano continuamente di allargare la distanza tra grandi e piccoli. Una logica che nei fatti divide il nostro mondo tra produttori buoni e cattivi, mettendolo artatamente in contrapposizione, dimostrando così di non comprendere le specificità del mercato globale dove l’immediata suggestione non è la dimensione dell’impresa, grande o piccola, ma se è italiana, cilena, sudafricana o australiana. Una cosa è certa, quel Brunello “taroccato” piaceva e pure molto, e ha dato a tutti la possibilità di crescere e di sviluppare il territorio. Possibile che questo non voglia dire nulla? Oppure si pensa che gli stranieri siano tutti degli stupidi o incapaci?

2) La tradizione del Brunello non è conservatrice come si vuol far credere, tutt’altro. Non a caso il Brunello è nato da una rottura degli schemi produttivi vigenti nell’Ottocento, appiattiti sull’impostazione chiantigiana, preponderante nel mondo del vino toscano di allora. La vinificazione separata del sangiovese era chiaramente una innovazione quasi rivoluzionaria e come tale era l’eccezione ma non la regola (vedi anche Bettino Ricasoli) visto che la tradizione (chiantigiana) prevedeva l’impiego di uve bianche. Il Brunello di Montalcino, secondo l’attuale disciplinare Docg promulgato il 1° luglio 1980, deve essere ottenuto per il 100% da uve sangiovese. In passato però, non è sempre stato così. Infatti quando il Brunello era solo Doc, cioè dal 1966 al 1980, si ammetteva “la correzione con mosti e vini provenienti da altre zone nella misura massima del 10%”. Possibilità, come si diceva, successivamente esclusa con l’avvento della Docg; una scelta ancora recentemente riaffermata. Il Chianti, il Chianti Classico, il Vino Nobile oggi hanno dei disciplinari più elastici che non rendono i vini meno interessanti però lasciano maggiore libertà alle aziende. Infatti non mancano produttori che impiegano il solo sangiovese ma questi ultimi non impongono agli altri di fare lo stesso. Trovo saggezza e lungimiranza in questa impostazione.

3) La questione dei vigneti. Il 30 giugno 1993 l’assemblea del Consorzio fu chiamata per deliberare un piano triennale di espansione degli impianti per passare da 1240 ettari a circa 1480 fra Rosso e Brunello. In sostanza si volevano piantare 150 ettari di Rosso e 90 di Brunello. La proposta fu respinta quasi all’unanimità, perché ritenuta eccessiva. Solo due anni dopo venne approvato un piano congiunto consorzio istituzioni, che di fatto, insieme alla possibilità per i giovani agricoltori di impiantare ex novo (legge regionale 950/97) ha portato alla situazione attuale cioè a cinque volte di più di quanto in precedenza non era stato accettato. Ancora una volta programmazione e agricoltura sembrano concetti antitetici, la politica populista ha fatto il resto.

4) Il fenomeno degli imbottigliatori era sconosciuto a Montalcino, oggi non più. Sino a circa quattro anni fa è sempre stato al di sotto dell’1% del totale della produzione (mentre, per esempio, in Chianti Classico, la percentuale da sempre supera ampiamente il 50%). Ora, nell’arco di un breve lasso di tempo, la quota è arrivata a superare il 20%. Molti piccoli e medi produttori, contrari a qualsiasi cambiamento del disciplinare ma con le cantine piene e le tasche sempre più vuote, sono i primi ad alimentare questo mercato. Non è una constatazione moralistica ma un dato di fatto. Se prima si riuscivano a vendere 5 milioni di bottiglie su 7 milioni a quasi 30 Euro, oggi crisi finanziaria mondiale, superproduzione, abbassamento dei prezzi e accresciuto ruolo degli imbottigliatori, rendono quel prezzo un obiettivo “non così facile” da raggiungere. Per ultimo è bene rammentare che i pesi, tra grandi e piccoli, si distribuiscono in modo alquanto diverso: le contrazioni del mercato infatti colpiscono maggiormente i piccoli che hanno meno capacità di manovra e di tenuta generale.

5) Quanto è successo a Montalcino è anche il risultato di vecchie ruggini mai sopite tra le aziende, conflitti mai risolti tra grandi e piccoli, invidie e sospetti tra vecchi e nuovi, senza poi tacere le difficoltà commerciali dei tanti, soprattutto piccoli, ma non solo, che negli ultimi anni hanno avuto sempre maggiori difficoltà a vendere. La denuncia – una o più – che ha innescato l’azione della Procura di Siena nasce in questo contesto. Sotto questa pressione, anche mediatica, come spesso succede, il buon senso va a ramengo e allora bisogna aspettare che la situazione decanti. Aspettiamo fiduciosi di iniziare nuovamente a parlare di Montalcino, come di un territorio altamente vocato e del Brunello come di un grande vino.

6) Speriamo che la nuova 164 (legge sulle denominazioni d’origine) tenga conto di quanto è accaduto in questi mesi e in questi anni. E’ un auspicio di tutto cuore per il vino italiano. Antinori, Frescobaldi, Casanova di Neri, Argiano, Banfi e gli altri, non sono dei delinquenti bensì il cardine che ha permesso a tutti di godere del successo del Brunello (e non solo di quello). Una cosa è sicura. Senza di loro a Montalcino non sarebbero mai nate 250 aziende. Bisognerebbe ricordarlo a chi piace segare il ramo su cui è seduto.

Andrea Gabbrielli

27 COMMENTS

  1. Caro Andrea,
    sono d’accordo con te soprattutto al punto 5, che fotografa una situazione diffusa in tutta Italia.
    Ma poichè di questa storia si è detto e scritto fino alla nausea, a proposito e a sproposito, mi permetto un ultimo sommesso commento.
    Aver voluto (nel 1980) un disciplinare che ammetteva per il Brunello un solo vitigno in purezza non è stata, mi pare, una decisione imposta dall’alto con la forza o la prevaricazione da parte di qualcuno.
    E’ stata una scelta dei produttori. I quali si sono dati una legge. Con il tempo hanno scoperto che non riuscivano a rispettarla, che era troppo castrante. Onestà intellettuale avrebbe voluto che la cambiassero…non l’hanno fatto, forse perchè temevano che il mercato avrebbe respinto un Brunello “diverso”, dichiaratamente meno “puro”.
    La realtà è che certi mercati – come quello americano – non sopportano i bugiardi. Accettano tutto, ma guai a chi li prende in giro e racconta loro una cosa per l’altra. Quando lo scoprono, sei finito; chi prende il giro il consumatore, oltre che la legge, prima o poi la paga, e con gli interessi.
    Detto ciò, ti rimando a quanto ci ha detto un piccolo e storico produttore di Brunello di Montalcino, Alessandro Mori (http://www.aristide.biz/2009/07/il-marroneto.html): una visione, la sua, molto disincantata, realistica. E anche un po’ amara. E che io condivido in toto.

    Lizzy

  2. Concordo con quanto scritto da Lizzy. Non ci sono giustificazioni ad un comportamento da soliti furbi, per non usare espressioni più forti.

  3. Bravo Andrea,
    e grazie del Tuo prezioso contributo , hai sviscerato bene la questione brunello in ogni suo aspetto. Concordo con Te al 100% .
    Ciao un caro saluto
    Roberto

  4. caro Andrea, siccome penso di essermi riconosciuto tra quei “talibani” cui fai riferimento senza peraltro fare, come correttezza vorrebbe, il loro nome, voglio solo chiederti se anche tu sia vittima dell’omertà, sì, omertà che sta paralizzando i produttori di Montalcino. Coraggio, fai nomi e cognomi che non ti mangia nessuno! Tanto a te non succederà quello che é successo a me, di perdere dopo oltre 15 anni la collaborazione al Corriere Vinicolo, a causa di quello che ho scritto, sto scrivendo e tornerei a scrivere su Brunellopoli.
    Trovo francamente deludente che una persona della tua cultura, esperienza ed intelligenza, arrivi a scrivere, sapendo benissimo che non é vero, che “Quanto è successo a Montalcino è anche il risultato di vecchie ruggini mai sopite tra le aziende, conflitti mai risolti tra grandi e piccoli, invidie e sospetti tra vecchi e nuovi, senza poi tacere le difficoltà commerciali dei tanti, soprattutto piccoli, ma non solo, che negli ultimi anni hanno avuto sempre maggiori difficoltà a vendere”. Non commento ulteriormente. Voglio credere che sia colpa del caldo torrido. O che forse ci sia un altro Andrea Gabbrielli, non quello che conosco da anni e stimo, che scrive cose del genere…

  5. Lizzy ha in parte ragione, ma il Brunello “diverso” e´stato creato appositamente per il mercato americano! Conosciamo tutti come sono fatti i vini premiati da R. Parker e compagnia bella, e sicuramente il Brunello tradizionale non entra nell´olimpo dei suoi vini preferiti, automaticamente poi scartati dagli americani. Non cé´da meravigliarsi se produttori come Capanna o Baricci non mandano il vino a quasi nessuna guida o “weinguru”…..

  6. Caro Franco, trovo una certa´affinita´tra me e quello che scrivi. Sono d´accodro sul tuo discorso, ma sai dove e´il problema piu´grande? Chi scrive, chi da giudizi, chi fa mercato, si schiera sempre dalla parte che piu´gli conviene, in parole povere: e´tutta una corruzione! Che sia chiaro, non sto accusando nessuno! Questo comportamento purtroppo gli italiani, come tanti altri Paesi, e´radicato nelo comportamento, ci si comporta cosi´automaticamente. Queste stesse persone citate che oggi sono i sapientoni del vino, non esiteranno a diventare sapientoni dei tubi di cemento, se un giorno questi tubi porteranno dei soldi nelle loro tasche!

  7. Caro Franco, capita a tutti di sopravvalutarsi e ho l’impressione che questa volta sia capitato a te. Nulla di male. Ma di sicuro non sei l’unico a sostenere certe tesi su quella che tu chiami Brunellopoli, basta leggere un po’ di blog et similaria, per rendersene conto. Io su questo argomento come su altri temi – o forse ti sei già dimenticato dell’intervista che proprio tu mi hai fatto (www.sommelier.it/archivio.asp?ID_Categoria=7&ID_Articolo=898 a proposito dell’Appello sul vino del terzo millennio – ragiono in modo molto diverso e sono anni che lo scrivo. Quanto poi alla parziale citazione (punto 5) del mio articolo su Acquabuona, lascia perdere il caldo torrido, per piacere. L’ultima volta che ho sostenuto questa opinione, sorretta da quasi trent’anni di frequentazione di Montalcino, era su Sapori e Piaceri n° 1 di Gennaio –Febbraio 2009. Faceva molto freddo…..

  8. va bene Gabbrielli, mi sono, come dici tu, “sopravvalutato”. Sono altri i “talibani” cui ti riferivi con leonino coraggio, facendo i loro nomi, che anche adesso vedo che eviti di fare… Resta il fatto che tutta questa “folla” che secondo te “su blog e similaria” sosterrebbe le tesi che sostengo io su Brunellopoli, non la vedo proprio. Vedo tanti, invece, che si affrettano a difendere le ragioni di ricchi e potenti, a giustificare, poverini, quegli industriali del vino ai quali tu sei tanto caro, io invece meno… Certo che trovo curioso che nonostante la tua scarsa considerazione per quelle che tu chiami “chiacchiere da blog” tu ricorra anche ad un sito Internet con possibilità di commento per amplificare la eco delle argomentazioni che troveranno degna e ufficiale sede nel Corriere Vinicolo… Stravagante atteggiamento… Comunque come dicono nella tua amata Sicilia, bacio le mani a vossia…

  9. Gentile Andrea, come volevasi dimostrare cosa? Che si possono trovare giustificazioni a tutti i comportamenti? Sì, questo è possibile, basta scegliere il punto di vista. Che chi lavora duro, mette in bottiglia quello che dichiara e lo difende contro le mode, riesce a far capire che ci possono anche essere produttori viticoli seri ed onesti, ecc… sono solo dei fessi? E qui non è questione di grandi o piccoli !!
    Guardi che il famoso luogo comune italico (“ma fanno tutti così”) ha abbastanza stancato.
    Nessuno nega il ruolo centrale delle aziende citate per far crescere e conoscere il Brunello nel mondo. Ma è con le furberie che si ottiene questo? Come dice Lizzy, il Disciplinare è un’autoregolamentazione dei produttori: perché non adeguarlo allora alla richiesta del mercato americano? Certo, suonava male per l’immagine! Se “quel brunello taroccato piaceva molto”, perché il Disciplinare non è stato cambiato neanche dopo lo scandalo?
    Mi spiace,: è stato semplicemente uno scivolone e forse le aziende in questione saranno in grado di riabilitare la loro immagine con argomenti più convincenti.

  10. ma non è a dir poco vergognoso,difendere i truffatori? Perchè di questo si tratta, truffatori, speculatori, falsari, disonesti,
    che distruggono una storia unica in Italia, perchè la storia del Brunello di Montalcino è UNICA !
    Alla fin fine delle malefatte, quando ti beccano, il conto lo si fa pagare ad altri ? In questo caso, paga anche il paese ITALIA.
    Vino è il grande personaggio, se vogliamo entrare in comunione con lui,siamo noi che dobbiamo andare a lui, e non viceversa

  11. Andrea

    mi complimento con te perche’ dopo piu’ di un anno di attivita’ giornalista scandalistica da parte dei tuoi colleghi finalmente trovo un’ analisi della problematica montalcinese pienamente condivisibile e molto professionale.

    Mi permetto di aggiungere alcune considerazioni per alimentare la riflessione che a Montalcino dovrebbe interessare produttori , forze politiche e tutta la comunita”

    L’ inchiesta montalcinese ha una sua origine ed un motore ben preciso che si chiama miserevole invidia tra produttori.Ha anche avuto purtroppo la capacita’ di nascondere ai piu’ il vero problema di un distretto produttivo che e’ cresciuto troppo in fretta , dove le aspettative dei produttori non sono state ripagate da un mercato non in grado di assorbire l’ eccessiva produzione di Brunello.Attualmente Montalcino e’ in grado di produrre 13 milione di bottiglie quando il mercato ne richiede al massimo 6 milioni.

    Le eccedenze di cantina di chi non era e non e’ stato in grado di vendere hanno creato un substrato fertile all’ inchiesta e alla criminalizzazione generalizzata dei produttori e fra produttori contribuendo ad aggravare un problema che gia’ da solo era ed e’ rimasto dopo l’inchiesta gravissimo permettendo anche alle jene mediatiche di trarne giovamento .

    Di questo problema non se ne devono far carico solo i produttori primi attori nella commedia dell’ improvvisazione programmatica del territorio ma anche l’ amministrazione comunale e la politica che con scelte come te hai definito populistiche ha permesso incentivato e favorito il raddoppio della produzione di brunello nell’ arco di 10 anni facendo passare da sei a 13 milioni le bottiglie di Brunello disponibili per il mercato, senza preoccuparsi di quella che sarebbe stata la risposta , purtroppo negativa dello stesso e quindi l’ impatto devastante sull’ intera comunita’.

    Il vero problema montalcinese non era e non e’ l’ inchiesta o la purezza ma purtroppo l’ eccessiva disponibilita’ e produzione di brunello per un mercato che non ne vuole sapere.
    Un vino voluto e mantenuto giustamente puro dai produttori ma del quale non sanno che farsene in quanto il mercato non lo vuole in queste quantita’.E da qui nascono le aberrazioni.

    Andrea i commercianti non sono il male del territorio anzi possono essere un ragionevole calmierante degli eccessi produttivi straordinari.Possono essere parte integrante della filiera produttiva.
    Non possono pero’ diventare la soluzione ad un problema cosi strutturalmente grave.

    Che fare ?????

    La politica e in prima persona la giunta comunale con il Sig. Sindaco in testa analizzi le vie d uscita a tale problema invitando a riflettere i produttori che si sono giovati dell’ aumento della superficie di brunello voluta nel 1995 favorendo l’ introduzione di una denominazione di ricaduta funzionante.Una riflessione Signor Sindaco che moralmente non le puo’ essere rifiutata.

    Sindaco metta in atto tutte le sue armi per un’ attivita’ di convicimento onde evitare il crollo di un distretto produttivo rivelatosi strutturalmente debole.

    Produttori svegliatevi , se la situazione di mercato rimane cosi’ e non vedo perche’ dovrebbe cambiare vista l’ eccedenza, nel Sangiovese in purezza ,a Montalcino detto Brunello rischiate di farci il bagno anziche’ con esso pagarci i mutui..Rilanciate la vostra denominazione il vostro territorio e salvate il Brunello liberandovi delle eccedenze con un sistema produttivo piu’ moderno e credibile, in grado di creare reddito per le vostre aziende e per i vostri mutui da pagare.Sappiate che puntare esclusivamente sul brunello non e’ piu’ sostenibile anche per le aziende medio piccole , anzi come le denunce di giacenza dimostrano e’ la sua morte.

    Salvare il brunello con una denominazione di ricaduta funzionante significa salvare il futuro delle giovani ed inesperte nuove generazioni di produttori montalcinesi.

    Andrea permettimi un’ ultima precisazione ed appello:

    l’ inchiesta della procura ha riguardato 7 aziende le quali sono state criminalizzate e processate mediaticamente.
    L’ inchiesta fatta dal consorzio del vino brunello nel 2005 ha toccato 93 produttori , piccoli ,grandi, storici e moderni.Quasi la meta’ dei produttori del comprensorio montalcinese.
    Il tanto vituperato consorzio del brunello gestito dai produttori e i suoi funzionari ha fatto un lavoro meticoloso e preciso senza intercettazioni , perquisizioni foto aeree e pedinamenti .Stabilendo che quasi la meta’ delle aziende avevano delle NON conformita’ lievi.Di questo pero’ nessuno ne vuole parlare. Tutti compresi .Le non conformita’ di queste aziende sono state verbalizzate dal consorzio allo stesso modo delle altre sette criminalizzate ed indagate.Come mai ci si e’ fermati alle prime sette e le altre non sono state perseguite dalla procura ???? Mi piacerebbe tanto poter degustare i vini di questi 86 produttori rimasti anonimi al grande pubblico visto che i vini delle aziende criminalizzate si conoscono.Sono anche convinto che sono qualitativamente eccellenti anche se vi era nei loro vigneti la presenza di qualche pianta di non sangiovese come del resto la storia della viticultura Toscana e blasonati produttori montalcinesi interessati da questa vicenda inchiesta insegnano.

    La purezza al 100 per cento e’ marketing e poesia non e’ ne viticoltura e tantomeno enologia.Lascamola alle jene.

    La procura signor Sindaco non e’ riuscita a dimostrare l’ utilizzo di altre uve ma ha certificato indirettamente che i declassamenti volontari sono tutti di prodotti ottenute con uve coltivate a Montalcino.
    Sindaco abbia un sussulto d’ orgoglio e scenda in piazza con giornalisti e produttori a difenfere tutti i suoi concittadini produttori e faccia la conta per vedere quanti di questi hanno gli attributi per seguirla.Solo in questo modo potra’ guardarli direttamente negli occhi e sapra’ su chi contare per difendere il futuro di Montalcino.Non si pieghi e non si spaventi difronte al becero giustizialismo giornalistico .Quello genera solo altra invidia di cui Montalcino non ha piu’ bisogno.

    Andrea Ti ringrazio per l’ ospitalita’ concessami e ti invito a continuare a dare la tua preziosa collaborazione ad un territorio che ne ha tanto bisogno

    Romano un amante di Montalcino

  12. Credo di capire che il sig. Romano sia un produttore di Montalcino….e se anche non lo fosse, è una persona che dimostra di avere le idee molto chiare.
    Grazie sig. Romano del Suo prezioso contributo
    Roberto Gatti

  13. Trascurando di prendere posizione per una o l’altra delle due scuole di pensiero resta comunque il fatto che di truffa si è trattato. Indipendentemente da giudizi di tipo qualitativo è stata spacciata una cosa per un altra. Probabilmente in alcuni casi anche un taglio col primitivo potrebbe risultare migliorativo, ma chi lo fa dovrebbe avere la decenza e la correttezza di dichiararlo senza ingannare i consumatori, ma in questo caso avrebbe significato rinunciare ad una migliore quotazione dei vini. Quindi comunque si voglia inquadrare l’accaduto sempre di una truffa a scopo di lucro si è trattato e come tale andrebbe perseguita.

  14. gentile Gianfrancesco,
    non ci sono dubbi su quanto da Lei scritto, ma d’altronde l’amico Andrea, nel Suo illuminante articolo di cui sopra, cosi’ ha scritto a chiare lettere :

    ” Intanto qualche premessa è d’obbligo. Chi ha infranto la legge, deve pagare le conseguenze. Non credo ci sia discussione su questo principio….”

    Su questo nessuno degli intervenuti credo abbia dubbi……
    Cordialità

  15. Non intervengo nel merito delle questioni sollevate dai vari lettori, ognuno è libero di commentare come crede. Mi limito ad un’unica precisazione “tecnica” a proposito di ciò che sostiene l’anonimo Romano, sul problema della produzione di Brunello. I 12 milioni di bottiglie di Brunello di cui parla, sono il “potenziale” produttivo teorico, vale a dire che se tutte le aziende producessero il tetto massimo di sangiovese previsto dal disciplinare e la resa di cantina fosse sempre del 68%, sarebbe senz’altro così. In realtà nelle ultime tre vendemmie, la resa è stata portata a 70 q/ha diminuendo così il potenziale produttivo. Infatti le annate 2005, 2006 e 2007, già stivate in cantina, sostanzialmente si aggirano sempre sui 7 milioni , bottiglia più bottiglia meno. In più è bene ricordare che per effetto del meccanismo di ricaduta della denominazione, una buona fetta di ciò che rimane, passa a Rosso di Montalcino.
    Andrea Gabbrielli

  16. Andrea

    ma chi e’ sto sig. Franco Ziliani ?????Il sindaco di Montalcino ????Andrea ti garantisco che preferisco discutere di numeri e problematiche con un’ ottica prudentemente scientista , il mio par di ciufoli lo uso per altre cose.Forse sto signor Ziliani lo usa per ragionare??

    Romano un amante di Montalcino

  17. Cari tutti, come sempre è facile su argomenti come questo surriscaldarsi un po’. Specialmente di Agosto! Chi siano Franco Ziliani e Andrea Gabbrielli non importa starlo a specificare, basta fare una ricerchina su google. E come le loro riteniamo siano importanti anche le opinioni dei lettori, siano essi operatori del settore o appassionati, visto che tutti facciamo parte dello stesso mondo.

    Certo è che, come sempre, l’esplicitare le proprie generalità sarebbe cosa gradita, senza rifugiarsi in un anonimato che indebolisce un intervento di per se interessante come quello di “romano un amante di montalcino”

    Per il resto penso che un sereno scambio di battute possa aiutarci tutti a comprendere meglio quello che è successo, e a far meglio in futuro.

  18. Mi pare che il consiglio di Luca sia da prendere in considerazione come anche lo specificare la propria posizione in una vicenda che ha assunto aspetti molteplici e quasi tutti inquietanti per il produttore e il consulente come me.
    Io conosco Franco Ziliani anche prsonalmente ma sopratutto per le sue prese di posizione molto nette e precise. Non tutte condivisibili ma questo è naturale per le persone che non si limitanoa fare della “melina ” mediatica. A questo proposito però vorrei trasmettere lo sconcerto che avranno cretao molti suoi colleghi nei “poveri produttori” che si affidavano a certe guide stilistiche per confezionare i propri vini non solo a Montalcino. Nel 2002 mi presentai per la prima volta con le aziende che seguivo e seguo a Montalcino con vini conformi al disciplinare ed la loro caratteristica intensità di colore (mai eccessiva) e i profumi floreali e speziati con “qualche sentore di frutti rossi”. MI trovai in una bufera! Il vino non era all’altezza, mancava profondità, stoffa ecc. Ora all’ultimo Benvenuto Brunello molti commentatori e giornalisti storcevanoil naso su tipologie di vini che qualce anno prima avevano osannato e molti prodotti stanno intraprendendo la strada che dal 2002 a ad oggi non ho mai abbandonato. Forse che anche questo non abbia influito sugli eventi di Montalcino?

  19. @Lamberto,
    condivido in pieno i tuoi commenti. Soprattutto per quanto riguarda la facilità con cui molti cosiddetti esperti riescono a sentire l’aria e a cambiare parere (come tante belle bandiere al vento). I casi sono due: o non sono veri esperti, oppure la loro passione per il vino e la loro opera mediatica è solo frutto di un tornaconto. Personalmente penso siano vere entrambe le possibilità. Qui nel barolo, si osanavvano i vini tutto legno fino a pochi anni fa. Ora gli stessi osannatori storcono il naso davanti ad un ramoscello “nuovo” posto a due metri dalle botti grandi. Sarà suggestione? Vero miglioramento di esperienza? O, forse, che il loro numero dovrebbe ridursi di almeno un ordine di grandezza. Gioisco sempre di più ad accostarmi al vino con l’ironia (ma quanti sanno oggi che esiste o cosa vuol dire questa parola?) e a cercare di smitizzare un qualcosa che è nato e dovrebbe continuare a far cultura e dare allegria. Se poi qualcuno non riesce a capirla o abbocca all’amo anche senza esca, direi che forse sono fatti suoi…. Vanna Marchi insegna…

  20. salve, in merito alla questione brunellopoli la mia idea è piuttosto netta, e decisamente contraria a quanto sostiene il sig. gabrielli. I vinoni che forse piaciono (piacevano?) al mercato non sono brunello, il sangiovese è altra cosa. Come giustamente sostiene lamberto tosi (i cui vini, conscendo le aziende che segue apprezzo parecchio..) il brunello è un vino che gioca altre carte e non fa sfoggio di (inutili) muscoli. Conludendo, è facoltà dei produttori darsi le regole, in tutti questi anni le hanno ribadite in più di una votazione, come chiama il gabrielli il venire meno a regole autoimposte? a casa mia si dice taroccare, frodare, che parola sceglie il sig. gabrielli? E’ legittimo voler cambiare il disciplinare (e penso che alla fine si sacrificherà il rosso) ma una volta che questo sta stretto si fa un’unica cosa dignitosa, se ne esce e si fa altro, si fa magari l’ennesimo supertuscan. a montalcino questa possibilità già c’è, c’è il sant’antimo. perchè non sfruttare e valorizzare questa denominazione? semplice, perchè è più semplice usare il traino del nome brunello, si risparmia sul marketing, facile no? spettabile sig. gabrielli i marchi doc/docg sono patrimonio comune di tutti, è troppo facile mettersi sotto questo cappello e poi fare quel che ci pare, avevano creato il sant’antimo apposta ma non se lo fila nessuno e quindi vai di brunello al merlot! Comunque alla fine, mi spiace dirlo, finirà come al solito all’italiana e saranno le sue tesi, molto probabilmnete e purtroppo, a prevalere
    saluti a tutti
    Francesco

  21. bravo Vincenzo mi piace il tuo modo di scrivere . riguardo ai giornalisti in questi giorni stanno assagiando i vini per le varie guide anche presso i vari consorzi di tutela e a volte sono anche piu di duecento vini per volta . La domanda sorge spontanea (da una persona non allenata ad assagiare tanti vini ) e meglio essere il vino n. 1 o n. 199? voi che pensate?

  22. grazie Mary,
    la tua domanda è sorta spontanea anche a me varie volte. E’ per quello che le guide vanno prese con le “molle”. A parte almeno una (che uso spesso quando vado fuori zona), ma è meglio non fare nomi, soprattutto in questo sito…. (potrebbe esserci conflitto d’interesse, eh eh eh). Penso che scriverò qualcosa anch’io sul Brunello…ovviamente a modo mio…

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