Querceto di Castellina, evoluzione chiantigiana

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Cura, eleganza, armonia. Impossibile non provare queste sensazioni passeggiando tra i viali e nei giardini che circondano la villa principale, gettando lo sguardo alle vigne e alle colline che delimitano il panorama di questa vocata zona chiantigiana. Niente sembra lasciato al caso; aiuole, siepi, fiori, colori, tutto concorre a rafforzare la bella natura che ci circonda. E così annotiamo con piacere l’offerta agrituristica dell’azienda, una possibilità in più per godere dei luoghi.

L’occasione per noi è la presentazione dei vini aziendali alla stampa specializzata, con la degustazione in anteprima del Chianti Classico Riserva Vigneto Belvedere 2006. Una occasione per “fare il punto” alla fine del primo decennio di produzione di qualità, ultima fase per questa azienda che, dopo l’acquisto da parte dell’attuale proprietà nel 1945, ha vissuto fortune enlologiche alterne, passando dalla produzione per il vino sfuso all’appartenenza alla cooperativa del Chianti Geografico, alla cessione in affitto delle vigne. Poi, nel 1996 la svolta, con il via al reimpianto delle vigne e, nel 1998, con la costruzione della cantina e la prima vendemmia di qualità: solo 3.200 bottiglie, cresciute man mano fino ad arrivare alle attuali 40.000. Una quantità comunque ancora provvisoria, vista l’estensione totale del vigneto che ammonta a circa undici ettari e mezzo. Vigneto ad alta densità di impianto, con oltre 6600 ceppi per ettaro, e a cui si affianca anche una sperimentazione su una piccola vigna, con densità di 10.000 ceppi ad ettaro, piantata a viognier e roussanne.

Il vino simbolo aziendale è il Podalirio, che andremo a degustare in verticale a partire dalla prima annata, la ’99. Simbolo non solo in quanto vino di punta ma anche perché ben riassume l’evoluzione di questi primi dieci anni di Querceto di Castellina. Un decennio di ricerca a tutto campo, che solo negli ultimi anni sembra essersi stabilizzata dando ai prodotti fisionomia e stile definiti. Di rado ci era capitato di assaggiare vini così variabili da una annata all’altra, ma certo in questo caso il tutto è più facilmente comprensibile, anche solo guardando alla composizione del Podalirio, che, sangiovese in purezza nel 1999, è poi diventato un uvaggio sangiovese merlot, con quest’ultimo vitigno sempre più presente fino a escludere completamente l’autoctono toscano a partire dall’annata 2004. Una evoluzione che, incrociandosi con la variabilità delle annate, ha dato vita a sette vini (mancava il 2002 e il 2006 era l’ultimo uscito) affatto diversi, non tutti esaltanti,
spesso peculiari.

Alla verticale di Podalirio è poi seguito l’assaggio degli ultimi nati, il Chianti Classico Riserva Vigneto Belvedere 2006 e un piacevolissimo Chianti Classico l’Aura 2007, due prodotti certamente più in linea tra loro e ben rappresentanti il terroir di produzione.

Il Podalirio 1999 mescola note di ciliegia sotto spirito a quelle terziarie del catrame, sentori speziati a rimandi di frutta cotta, un naso evoluto che contrasta il colore ancora intenso e brillante nonostante una bellissima unghia dai riflessi aranciati. La bocca si apre bene con la frutta, specialmente la mora, mentre un letto di tannini fini, insieme ad una discreta acidità, sostiene una buona beva. Come detto si tratta di un sangiovese in purezza, che degnamente sfoggia i suoi quasi dieci anni.

Nel Podalirio 2000 un 15%  di merlot si fa già discretamente vedere e sentire. Sebbene sia solo un anno più giovane, il rosso rubino intenso si mantiene anche nell’unghia, mentre al naso prevalgono note fruttate intense e mature su sentori animali, finale lievemente vanigliato. La bocca si allarga specialmente sui sentori di frutta rossa dolce per poi finire su note più amaricanti, apprezzabile la trama tannica ed il discreto equilibrio generale malgrado una dinamica un po’ contratta.

Buono il Podalirio 2001, dal naso intenso ed etereo e dal bel colore rubino.  Il merlot sale al 20%, quì il quadro aromatico si schiarisce e la verve alcolica fa da vettore a una bella ciliegia, un naso più fresco e delicato risalta anche note vegetali e floreali. Pure al gusto il vino piace, spesso e sfaccettato, chiude lungo su note di frutta e cioccolata.

Il Podalirio 2003 lo si nota diverso da subito, un 50% di merlot lo veste di rubino cupo. Frutta matura di marasca e mora, note speziate di catrame e pepe formerebbero un melange piuttosto grave se non fosse presente un rinfrescante balsamico in sottofondo. In bocca si dimostra piuttosto muscoloso, la dolcezza è ostentata e contrastata da un tannino asciugante e amarognolo.

Col Podalirio 2004 si arriva al merlot in purezza, e a un vino che si presenta purpureo e impenetrabile alla vista, unghia praticamente inesistente. Intensità ribadita anche dai profumi, di frutta nera e liquirizia, vegetali per le note di sambuco ed erbe aromatiche. Una buona complessità che si ritrova nella bocca corposa –  più vegetale che fruttata – forse troppo compatta e con tannini ancora da smussare.

Si torna inaspettatamente a un rubino vivo e limpido col Podalirio 2005, alle note floreali, a un fumé intenso, a una bocca dinamica e leggera. Peccato per un contributo del legno assai sovrastante, perchè di questo vino ci piacerebbero la freschezza e la finezza del frutto.

Conclusione col Podalirio 2006, che torna di nuovo agli aspetti muscolari del 2004, anche a causa del lavoro in vigna che ha cercato la riduzione della produttività. Il colore è porpora intenso e i profumi sono forti ma anche eleganti, in primo piano la marasca su note più eteree e vegetali. Al gusto spicca il carattere del merlot, con tanta frutta e grassezza. Rimane qualche cenno verde, anche nel tannino, ed un legno ancora da amalgamare ma nel complesso il vino ha una sua compostezza.

Come anticipato, una verticale veramente variegata, con una sterzata finale verso un prodotto che fa sfoggio di potenza senza però risultare stancante. Una scelta forse anche dovuta alla necessità di differenziarsi dall’altro vino di punta dell’azienda, questo sì più propriamente chiantigiano. Il Chianti Classico Riserva Vigneto Belvedere 2006 è composta da sangiovese e da un 15% di merlot che forse già si riconosce nelle sfumature purpuree del suo rubino vivo. Affinato per 18 mesi in barrique, si presenta con un naso pulito e persitente in cui troviamo ciliegia ma anche viola, insieme a una leggera nota vegetale e di vaniglia. Bella la corrispondenza naso/bocca e la beva, sapida e chiusa da un fine tannino.

Chiudiamo col vino più semplice, il Chianti Classico l’Aura 2007, da sangiovese più un 10% tra ciliegiolo e merlot. Un vino fresco al naso e fresco nei colori. Un bel rubino vivo e limpido, franchi profumi floreali addolciti da una leggera laccatura. Bella beva e tannino rinfrescante. Una base in linea con la riserva, lungo e saporito, con appena qualche cenno legnoso ancora da smaltire.

Lasciamo i bicchieri per una rapida visita alle cantine, ormai sottodimensionate rispetto alla produzione aziendale, dove spiccano i vasi in acciaio termostatati, in cui i rossi macerano per tempi abbastanza lunghi (fino a tre settimane), e le numerose barrique, in prevalenza di rovere francese e con qualche presenza americana.

Ma il pranzo ormai è pronto, e festeggiamo questi dieci anni col contributo preziosissimo di Dario Cecchini e della sua truppa. Una gustosissima serie di piatti freddi, dal sushi al tonno del Chianti (sempre di carne si tratta, ovviamente), dalla finocchiona a un saporitissimo cosimino in salsa ardente (piccole polpette in un sugo speziato e piccante), per prepararci al gran finale, a base di bistecca panzanese, un taglio di coscia, o meglio, come dice sor Cecchini: “di chiappa! mangiarsi questa bistecca, è come dare una bella tastata di culo!”, con tutte le c aspirate che vi potete immaginare e la consueta verve del macellaio panzanese.

Si ringrazia Leonardo Mazzanti per la compagnia e per le foto

Luca Bonci

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