Barbaresco DOCG Rabajà 2006 – Bruno Rocca Rabajà

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di Fernando Pardini

Sottozona/cru: Rabajà di Barbaresco (CN)

Data assaggio: agosto 2009

Il commento:

Parto dalla fine, ossia dal riassaggio del giorno dopo, immancabile come sempre. L’eloquio appare chiaro, i lineamenti estremamente focalizzati. Non una incertezza, non più. Rarefazione aromatica (sì, avete capito bene), seducente florealità, timbrica fruttata (senza ovvietà) ed un profilo scattante, profondo, struggente e conquistatore, tutto “in levare” (sì, “ariavete” capito bene!), senza movenze appesantite o mollezze. Sapido e stilizzato, rilascia un senso di freschezza conclamato in un finale avvincente, nobilmente speziato, che chiama a sé il futuro.

La succosità e la sottigliezza mi raccontano di un vino finalmente trasparente, che alla indubbia (proverbiale direi) qualità della materia prima accosta e rende manifeste le intimità del prezioso terroir di provenienza. La dolcezza roverizzata della prim’ora, con le saldissime fondamenta estrattive, si stemperano e si integrano in un amalgama bilanciato e armonioso. Il vino acquisisce pieno senso e la tridimensionalità dei suoi tannini ne decreta la razza.

Sugli scaffali d’Italia a circa 60 euro. Non uno scherzo, direte voi, ma qui giocano blasone, etichetta e cru. Se volete accostarvi senza preconcetti ad un vino che alla modernità dei tratti sappia unire inattese quanto intriganti introspezioni, questa è una etichetta – anzi una annata- emblematica.

La chiosa:

Il Pardini che scrive di Bruno Rocca? Ma soprattutto: il Pardini che incensa Bruno Rocca? Me li immagino di già certi commenti autorevoli dei detrattori più accaniti della celebre firma piemontese, colpevole di aver abbracciato (fra i primi peraltro) uno stile “moderno” (colore ed estrazioni, legni piccoli e via dicendo) che non ha portato se non a snaturare l’anima più nobile e “riflessiva” dei nebbiolo d’autore. Sì, è vero, mi è piaciuto molto Rabajà, mi è piaciuto molto Rabajà 2006 beninteso. Ritengo di conoscere piuttosto bene i vini di Bruno Rocca (puntuali gli assaggi e i riassaggi, anno dopo anno), e mai come in questa tornata ne ho apprezzato la sensibilità interpretativa, volta finalmente a non soggiogare l’espressione varietale tipica della prima gioventù, mirata a preservare tonicità ed “elasticità” del frutto senza reprimere movenze più sotterranee (e salvifiche), come gli stimoli sapido-minerali, il ricamo aromatico, la trama tannica REALE; quelle doti spesso nascoste o obnubilate per via delle estrazioni generose e delle iniezioni potenti di rovere nuovo, apportate peraltro su materie ricche e concentrate, frutto di drastiche tecniche colturali, con inevitabili ripercussioni sugli equilibri anche nel corso del tempo. Contrariamente a molti vignaioli langhetti suoi colleghi, il cui cliché enologico – non so perché-  pare non risentire mai dei diversi millesimi in gioco (e invariabimente appesantisce invece che snellire, copre invece di denudare), mi illudo di aver colto nella produzione più recente di Bruno Rocca (eloquente in tal senso anche il sorprendente Barbaresco “base” 2006) una leggiadrìa di fondo che apre a prospettive nuove, una leggiadrìa che come per incanto riesce a veicolare la potenza estrattiva tipica di questa etichetta verso approdi gustativi non così distanti dalla lirica ortodossia “giacosiana” (leggi alla Bruno Giacosa). Lo avreste mai detto voi?

Riparto da qui, da questo pezzo, dopo la lunga pausa estiva forzata dai tempi (e dal massacro) del lavoro “guidaiolo”. Riparto da qui per ribadire una ovvietà, quanto mai calzante però se solo penso al momento storico (e alla diatriba) che sta vivendo la critica enologica del nostro paese: che l’esperienza diretta (anche se piccola, come lo è un assaggio) è fondamentale per farsi una idea. E’ fondamentale anche per cambiarla.

FERNANDO PARDINI

7 COMMENTS

  1. Bravo Fernando: una grande lezione di umiltà che io so essere uno strumento imprescindibile del tuo lavoro, ma che andrebbe ricordata con maggiore frequenza a chi straparla. E mi fa piace sentire che il buon Bruno ha temperato certi eccessi recenti

  2. Ciao Riccardo, e grazie della tua lettura. Sì, mi premeva sottolineare ( più che una sottolineatura un accenno,e chi vuol capire capisca) che questo mestiere abbisogna a mio parere di una prassi ineludibile, che potrebbe apparire ovvia ma che invece nei fatti non lo è: assaggiare, riassaggiare, conoscere, incontrare, non fermarsi. Non dovrebbe cioé consentire di pontificare e/o tracciare “mappe del gusto” ( pena l’abbattimento in credibilità) senza che quelle mappe siano state effettivamente percorse ( e magari ripercorse) dal soggetto giudicante. Mi accorgo purtroppo che non (sempre) è così, e allora l’ho detto.

  3. Caro Fernando, confermi con questo assaggio quello che secondo me è un movimento ormai evidente nel mondo enoico italiano, quello verso vini di maggior finezza e maggior bevibilità che non rinnega però i passi in avanti fatti nel decennio scorso. D’altra parte sappiamo bene che dividere tra vini barriccati o meno è una semplificazione che prescinde da quello che è lo stile che si vuole dare a un vino. Ebbene, una volta apprese nuove tecniche nella ricerca di vini che impressionassero per concentrazione, aromaticità, impatto, ora si torna indietro ma senza dimenticare quanto appreso. Ecco così questo stil novo, che non è quello degli anni passati, ma neppure quello che c’era prima, e che in molti casi è veramente un bello stile!

  4. ivini si dividono in 3 categorie bono . bonobono e bonobonobonobono
    il rabajà e della 3 categoria il resto è poesia

  5. Ho partecipato a Piacere Barbaresco 2009, ho degustato questo vino e cosi’ ho scritto nei miei appunti :
    Rabajà 2006

    Granato con sfumature aranciate; naso intenso di spezie e fiori macerati, in bocca è caldo, con tannini presenti ma di qualità fine, leggermente asciuganti, chiude con una Pai lunga. Un vino che migliorerà nel tempo. Euro 48

    88/100

    Un bel vino sicuramente, e tutti gli altri degustati al link:
    http://www.winetaste.it/ita/anteprima.php?id=5259
    Ciao

  6. NON SI CAPISCE SE E´LA FAMA CHE HA QUESTO VINO AD INFLUENZARE LA DEGUSTAZIONE, OPPURE E´PROPRIO COSI: IO LO TROVO SCONTROSO, PREPOTENTE, MODERNOTTO, CERTO, NON GLI DAREI PIU´DI 90/100

  7. Ciao Cosimo,
    personalmente ne ho degustato di migliori a Piacere Barbaresco….poi tra alcuni anni non possiamo sapere esattamente come evolveranno. Hai ragione a non assegnargli piu’ di 90/100 ( infatti sono tanti ….90/100 ) ….io mi sono fermato a 88/100 ( che è sempre una bella valutazione…. )
    Ciao

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