Valori Bollati

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Accade invariabilmente, da qualche anno a questa parte, che nel turbinìo degli assaggi estivi guidaioli (due mesi e mezzo di full immersion) mi prenda una voglia matta: quella di non bere vino. Mi spiego meglio, per non essere frainteso. Per spiegarmi meglio però ho bisogno di sintetizzarvi la giornata tipo: intanto ci si muove “per interni”, con l’incubo matto del caldo e delle alte temperature a mutuare mosse e spostamenti. Sono viaggi e contro-viaggi, per quanto mi riguarda in auto (“condizionata”); poi sono ricerche puntuali del comfort microclimatico al momento degli assaggi mattutini, per fortuna quasi sempre verificato grazie alle attenzioni riservateci dagli enti, dai consorzi e dai privati che ci ospitano qua e là per lo stivale; poi sono ritorni in albergo (stanza condizionata, vaddassé, sennò chi resiste a lavorarci dentro!?) dopo un pranzo spesso frugale e strettamente necessario al recupero degli zuccheri (rigorosamente all’ombra o in ambiente condizionato). Verso sera usciamo dal guscio. La morsa del caldo si allenta, perciò via libera. Perché alla sera accade di dover andare a cena. Inviti ufficiali, meno ufficiali, insomma la cena è evento ineludibile, oltreché necessario al reale sostentamento psico-fisico del “degustatore di fanteria”. Ebbene, i nostri commensali ormai non si sorprendono più quando, alla fatidica domanda sul cosa bere, rispondiamo: “Vino? Noooo….”. Poi, dopo un attimo di finta riflessione: “tutt’al più una “bolla”…”

Ah, il valore della “bolla”! Lo apprezzi tutto in quei giorni là. Davvero rigenerante, distensivo. Ti rimette a nuovo! Al punto che stavo rimuginando che quelle “bolle” lì, testimoni silenziose ed evocatrici delle nostre “calde” trasferte estive, capaci di spezzare la routine accecante degli assaggi ponderati con il dono grande di farti stampare nella memoria veri e propri momenti di convivialità condivisa, non è giusto che finiscano nel dimenticatoio. Sono valori che restano, e i valori non vanno dimenticati. Perciò oggi è a tutte loro che dedico un ricordo affettuoso, come a una estate che vola via.

Così, in ordine sparso di apparizione, con le ovvie dimenticanze -se solo penso alle decine di Champagne di sconosciuti petit récoltant (alcuni pazzescamente buoni) di cui sono prodighe le cantine, che so, della “mia” Locanda Mariella a Calestano, in provincia di Parma sui monti della Cisa, o dell’amico Claudio Corrieri a Lo Scoglietto, in riva al mare di Rosignano Solvay, presso cui non mancano mai le nostre “puntate” estive- quest’anno non ho che da ringraziare Pol Roger ed i suoi Pure e Blanc des Blancs 1999, per l’aristocratica intransigenza del primo, la stoffa satinata del secondo; l’ R.D. ’96 di Bollinger per l’assoluta bellezza (la palma del migliore è sua); la dissetante giovialità agrumata del Blanc des Blancs 1996 di Billecart Salmon, l’idea di quanto in là si possano spingere complessità ed istinto in un “vino” come Krug 1996, il peso della storia nel Dom Perignon ’90, la splendida veracità di Agrapart ed del suo Terroirs Blanc des Blancs, la freschezza fruttata, e la generosità, del Rosé de Saignée di Larmandier Bernier, la forza del carattere del Grand Millèsime ’99 di Gosset. E non mi dimentico la trasognante, nuda espressività di Le Nombre d’Or 2000 di Aubry, dalla personalità “obliqua” ed irresistibile.

Ultimo ma non ultimo, un folgorante quanto inatteso Franciacorta, di cui son certo si mormorerà: l’Extra Brut 2003 Molenér di Gatta. Perché originale e fuori dai cliché. Ci ho sentito, netti, i profumi salmastri delle erbe di duna tipici della “mia” spiaggia immersa nel Parco di Migliarino-San Rossore. Ero lontano da casa quel giorno. Dopo quell’incontro non più.

FERNANDO PARDINI

5 COMMENTS

  1. Scacco al sentimento per gli sfortunati(solo di portafoglio), svelati amanti, imbattuti nel turbinio delle melliflue bolle…per fortuna oggi se ne possono trovare di ottime in spiragli di prezzo impensabili fino a poco tempo fa.
    A giovani imperterriti importatori il plauso della ricerca coscienziosa atta a scovare e delle scoperte dettate dalla beata incoscenza; ad appassionati ristoratori come Claudio il pregio di un ricarico accessibile a la carte ed un ulteriore considerevole sconto in caso d’immancabile raptus d’acquisto.
    Grazie Fernando per aver svelato ad un tuo fervente lettore questo comune abbaglio.
    Valori bollati che senza rammarico diventan estasi da affrancare al cuore.

  2. Per Cicalina: no, non ho letto il libro, e devo dire che mi incuriosisce molto, soprattutto per sapere quale vino potrebbe accompagnare un concerto di Tom Waits…. Sai, ho un paio di passioni (o tre) nella vita: una è Tom Waits. Puoi mica anticiparmi il “risultato”? Se invece ti riferisci a Fresu, beh, sì lo conosco. Non come vorrei, perché da quanto scritto sopra capirai che gli approdi musicali miei hanno avuto altre rotte.

    Per Lorenzo: tanto per rimanere in tema con Cicalina: grazie per le parole musicali della tua risposta.

    Fernando

  3. VALORI BOLLATI? A Lei neanche le marche da bollo dovrebbero far vendere! Si figuri se si documentava sulla posizione salmastra della Franciacorta! Appena possibile le invio le famose sardine del Lago di Como! Vadi vadi e rivadi in bel Mc Donald’s a passare il tempo.

    “Ultimo ma non ultimo, un folgorante quanto inatteso Franciacorta, di cui son certo si mormorerà: l’Extra Brut 2003 Molenér di Gatta. Perché originale e fuori dai cliché. Ci ho sentito, netti, i profumi salmastri delle erbe di duna tipici della “mia” spiaggia immersa nel Parco di Migliarino-San Rossore.”

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