

FIRENZE – Una presentazione in anteprima sicuramente particolare quella del Chianti Rufina che si è svolta venerdì 13 novembre al Grand Hotel di Firenze e che si è conclusa il giorno successivo con la presentazione delle annate 2008 e delle Riserve 2007. Quest’anno, per dare ancora più pepe all’evento e maggiori spunti ai numerosi giornalisti presenti, il Consorzio di questo vino toscano spesso definito “il Chianti più alto” per via della sua natura preappenninica, ha deciso di presentare un confronto con una realtà affine piemontese, quella del Barbaresco.
Due i punti in comune più evidenti: entrambi vantano nobili natali, grazie alla loro provenienza da zone vitivinicole tra le più storiche in Italia ed entrambi sono il risultato di due vitigni autoctoni antichi, il nebbiolo per il Barbaresco ed il sangiovese per il Chianti Rufina. Partendo da queste basi e con la direzione di uno tra i giornalisti più attenti all’evoluzione di queste due DOCS, Ian D’Agata, sono stati serviti sei campioni per ogni denominazione, tutti appartenenti all’annata 2006.
La selezione delle aziende presenti ha tenuto conto delle varie sottozone dei rispettivi territori, così da offrire una panoramica completa delle due denominazioni. L’assaggio dei campioni ha evidenziato alcune similitudini molto interessanti tra le due Docg, come le ricorrenti caratteristiche di freschezza e di spiccata tannicità. Il Chianti Rufina Riserva Lastricato di Castello del Trebbio resta impresso per la sua finezza: al naso si elevano sensazioni di frutti rossi maturi, seguiti da note agrumate, caffè e sfumature vegetali. La beva è vellutata, morbida, rinvigorita da tannini di ottima tempra, ma non invadenti. La Riserva Bucerchiale di Fattoria Selvapiana, uno dei vini-mito della Rufina, rivela profumi ricchi ed intriganti, che ben si sposano con il gusto caldo, armonico ed evoluto. Anche la Riserva di Frascole è nella schiera di quei vini ben fatti, con evidenti note speziate ed una fresca sapidità che lo rende beverino, fresco, di gran classe.
Tra i due partecipanti il Chianti Rufina è quello che ha riscosso maggiori consensi durante la degustazione, grazie ad un livello qualitativo più omogeneo e ad una maggiore espressione del territorio di origine. Anche il Barbaresco ha saputo però regalare qualche bella sorpresa, presentando vini dalla vigorosa acidità, accattivanti ed immediati: Barbaresco Valgrande di Ca’ del Baio corteggia e conquista per il suo ampio bouquet fatto di spezie, caffè e frutta. Al palato si fa amare per la pienezza, per i tannini soffici e per la mineralità che invoglia ad un altro sorso. La Cantina del Pino presenta un’anteprima assoluta e non ancora in commercio: è il Barbaresco Ovello, con un naso fine, ricco, in cui si distinguono la pesca gialla, la crema pasticcera, le spezie ed il mou. Al palato piace per il tono caldo e per la nitida sapidità, segno distintivo del Barbaresco.
Ultima (felice) provocazione della giornata, due vini classe ’85, uno come rappresentante del Chianti Rufina e l’altro del Barbaresco. Montesodi Frescobaldi, testimonial della Toscana, si può definire un vecchietto arzillo, con ancora tanti e tanti anni davanti a sé: profuma di vegetale, olive nere, spezie ed il gusto è fresco, equilibrato sia nella componente acida, che tannica. Il Barbaresco Martinenga dei Marchesi di Gresy, invece, mostra qualche ruga in più, con profumi austeri, sfumature animali e salmastri, e con un sapore che spinge, alcolico ed entrante. Entrambi, comunque, due ottimi esempi per dimostrare come sia per il Chianti Rufina, che per il Barbaresco lo scorrere del tempo sia spesso un valore aggiunto.