Paolo Bea: la fragranza del Sagrantino

0
12263

La  personale difficoltà di collocare il Sagrantino di Montefalco in una geografia di qualità del vino italiano ha forse trovato una direzione da prendere. Sbattuta tra i mille venti di stili e tipologie diverse, la mia prora degustativa s’incagliava in sabbie di concentrazioni spinte, tannini rocciosi e impervi, per naufragare in porti sicuri di omologazione e poca territorialità. Poi ho incontrato Gianpiero Bea e la sua personale e profonda idea di agricoltura. Gianpiero mi ha fatto conoscere il Sagrantino non solo come vino, ma come cultura agricola.

Con molto sforzo riesco a definire Bea come un’azienda vitivinicola, e basta. Da sempre radicata nel territorio, segnata da esso, la famiglia Bea coltiva la terra da generazioni; Gianpiero ha dato l’avvio alla produzione di bottiglie, razionalizzando una vocazione, la viticoltura, presente da sempre nel sangue della sua famiglia. La scelta, per alcuni estrema, di praticare una viticoltura naturale, principio di vini per dirla con parole sue, senza stabilizzazioni forzate, appare quindi un atto di amore estremo per il proprio territorio. Tutto ciò si concretizza in una viticoltura naturale scevra di collassi produttivi, scandita dal succedersi delle stagioni, vere determinanti della qualità del vino di casa Bea.

I vigneti sono collocati in diverse zone di Montefalco, dai terreni molto diversi. Dei vigneti visitati, il sasso punteggia la vigna Cerrete, mentre argilla fertile contraddistingue il vigneto Pipparello. La scelta che Gianpiero fece di piantare portainnesti vigoroso capaci di penetrare a fondo nel suolo, appare ora come lungimirante, ma andava contro la comune ricetta dei consulenti che consigliavano poca vigoria nelle radici per ottenere un più facile approvvigionamento di sostanza nutritive. Ma lui di tempo ne aveva, e ne ha da aspettare perché la sua vigna non è un’attività commerciale, è il suo contributo alle generazioni future.

L’epoca di vendemmia è decisa dal vinacciolo, si aspetta fino a che il colore non passa al marrone. I polifenoli sono importantissimi nelle uve sangrantino e il loro grado di maturità e fondamentale per la qualità del vino che seguirà. Questa consapevolezza è stata ottenuta da Gianpiero attraverso esperienze diverse, tra le quali vale la pena ricordare un incontro con Giulio Gambelli nel 1984 che, assaggiato il vino, paradossalmente consigliò al produttore di aggiungere tannini al mosto. Una provocazione che spinse il produttore a riflettere sulla natura e qualità tannica del vitigno. Un altro paradosso è scrivere di una vinificazione della quale non occorrerebbe parlare. Tutto avviene nel modo più naturale possibile. I vigneti sono separati a seconda delle caratteristiche e dell’età. Pigiatura, fermentazione, lunghe macerazioni, botti da 25 ettolitri, senza aggiunte e, di nuovo, senza stabilizzazioni forzate. Posso parlare invece della nuova cantina, in fase di completamento. Un’opera bellissima (Gianpiero è architetto) e funzionale. Lastre squadrate di travertino di Tivoli a comporre un unico locale diviso su più piani progettati per una vinificazione senza traumi eccessivi per l’uva.

Gli assaggi in cantina rivelano la profondità dei vini di Bea. Dalle vasche emerge un monumentale Trebbiano Spoletino da vigne centenarie, ancora coltivate in filari alternati a olivi. Uni vino denso di energia e sapore. Dalle botti, assaggio il Sagrantino da due vigneti diversi, il Cerrete da vigne di circa 17 anni che, data la qualità, potrebbe andare a comporre un altro Sagrantino da cru, e il Sagrantino proveniente dal vigneto Pagliaro, più vecchio, da ceppi con oltre 20 anni di età. Assaggi che rivelano vini di straordinaria purezza e dinamicità. In questa fase di affinamento, è quasi paradigmatico come Il Pagliaro esibisca una profondità maggiore; sembra che la lunghezza delle radici si trasmetta per alchimia alla persistenza del vino. Filo rosso che collega i due vini è la straordinaria maturità fenolica, quasi non ti accorgi di assaggiare un vino considerato scartavetrante, tanto lo contraddistingue la rigidezza del tannino.

Questo tratto disegna anche i vini già in bottiglia. Assaggio uno straordinario Pipparello, Rosso di Montefalco Riserva 2005, da sangiovese, montepulciano e sagrantino. Aromi floreali sussurrati su un palato pieno e verticale, di grande eleganza. Così come il Sagrantino Pagliaro 2005, vino capace di evocare un’eleganza rustica che alla freddezza perfezione formale sostituisce la travolgente energia della materia. Come scritto in etichetta il Sagrantino Passito 2003 è una melodia dei sensi. Vino elegiaco, in cui la nostalgia dei profumi si accompagna a un palato in continuo dialogo tra vertigine acida e suadenza estrattiva. I vini di Bea riscrivono una certa grammatica del vino, svincolandosi dalle zavorre degustative per arrivare più velocemente possibile alle anime degli appassionati di agricoltura e vino.

Se volete provare i vini di Bea avete due possibilità: o venire in località Cerrete, 8 a Montefalco, previa prenotazione, o, armati di pazienza, mettersi alla ricerca dei vini che, purtroppo, non sono facilissimi da trovare.

Azienda Agricola Paolo Bea
Località Cerrete – Montefalco (PG)
Tel. 0742.378128, FAX 0742.371070
www.paolobea.com
info@paolobea.com

Fabio Pracchia

Vive sulle colline lucchesi. È uno dei principali collaboratori di Slow Wine, la guida annuale del vino pubblicata da Slow Food Editore. Si occupa da circa quindici anni di vino e cultura cercando di intrecciare il lavoro alcolico con quello narrativo.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here