Vinitaly, il primo e l’ultimo sarai per me…

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Impressioni del tutto personali e sicuramente bizzarre su Vinitaly. E’ stata la mia “prima volta”, ma ho capito in fretta che sarà anche l’ultima. Un dinosauro gigantesco che non si riesce ad ammaestrare. Però, è soprattutto lo spirito che si respira a essermi sembrato lontano anni luce dai miei interessi.

Dopo tanti anni di dubbi e incertezze, sono andato finalmente al Vinitaly. Una puntata di un giorno soltanto, dalla mattina alla sera. La scusa era una riunione legata alla ben nota problematica dell’etilometro che come molti ormai sanno “non fa quello che dice di saper fare”, ma in fondo era ora che ci provassi. Ovviamente le considerazioni che seguono sono legate solo e soltanto alla mia particolarissima visione del mondo del vino. Io sono nient’altro che un semplice appassionato senza alcun rapporto commerciale o di lavoro con la meravigliosa bevanda.

Entrando in fiera, due cartelloni pubblicitari affiancati mi fanno già capire che qualcosa non sta andando nel senso della logica. Prima un pannello quasi funebre nei suoi colori e nelle sue parole: il vino fa male, e chi osa mettersi in macchina con un paio di bicchieri nello stomaco va punito duramente dallo strumento infallibile nel recuperare sold…. ops…, scusate, sicurezza! Il secondo è invece colorato, pieno di bicchieri e bottiglie: il vino è bello, buono ed è la forza dell’economia agricola italiana. Mi fermo un attimo. Cerco di ragionarci sopra, ma non ci riesco. Qualcosa mi sfugge. L’inizio è giù un piccolo trauma. Va bene, andiamo avanti, la giornata è corta e la fiera gigantesca. Devo fare una selezione.

Escludo a priori gli amici piemontesi e veneti (con loro ho molte altre occasioni di incontro), e approfitto dell’evento per andare in regioni più lontane a salutare qualche conoscente e amico che vedo raramente e ad assaggiare qualcosa di buono e magari poco conosciuto. So benissimo che Vinitaly serve al commercio ed è una vetrina imperdibile per molti. Sicuramente una buona percentuale di chi vaga da un padiglione all’altro fa parte del variegato mondo del vino e sfrutta l’occasione per stabilire contatti, valutare, mettere basi per acquisti. Me ne rendo conto perfettamente e proprio per questo e per le dimensioni difficilmente controllabili sono sempre stato restio a recarmi a Verona. Ma la gente è tanta e non possono essere tutti addetti ai lavori. La maggior parte devono sicuramente essere appassionati o almeno dovrebbero essere tali. Eppure, vedo qualcosa di stonato che non riesco ancora ad afferrare.

I produttori che vado a trovare sono gentili, disponibili. Tuttavia i loro occhi si dividono: uno è diretto verso di me e l’altro sta guardando chi passa davanti alla postazione. Questo secondo occhio sta valutando se quel leggero rallentamento è dovuto ad interesse o solo a stanchezza. Abbozza un sorriso, lo studia, cerca di capire se è come me o ha un contratto in tasca. Mi sento un po’ a disagio e taglio corto: “Grazie, ci vediamo da qualche altra parte con più calma. Complimenti sempre ottimi i tuoi vini”. Lo sapevo e mi sembra anche giusto così. Manifestazioni ce ne sono tante, troppe. Questa è però la più importante e lo si capisce dagli accenni di lingua straniera che ogni tanto arrivano alle orecchie. Come semplice appassionato, preferisco le degustazioni più piccole, a livello umano, dove gli amici del vino hanno più voglia di chiacchierare, spiegare, parlare del più e del meno. Quelli non sono posti per fare grandi affari e ci si può rilassare. A Vinitaly no: forse ti giochi l’annata o almeno speri che avvenga. Ma tutto ciò era preventivato e non mi turba. Al limite mi conferma che la rassegna veronese non è fatta per me.

Ho male alle gambe e mi guardo un po’ intorno. Il senso di malessere continua e la vera ragione non l’ho ancora scoperta. Le ore intanto sono passate e ormai le persone si contano a centinaia se non a migliaia. Poi capisco. La maggior parte di loro, quasi tutti direi, non sorride. Il loro sguardo è serio, chino su un taccuino zeppo di notazioni. Non vi sono risate, ma una severità e una concentrazione da sala operatoria. Eppure non possono essere tutti operatori del settore. No, ne sono certo. Tuttavia, prendono appunti, guardano il bicchiere come fosse una radiografia da cui dipende la loro salute. Ecco cosa non mi torna. Non vi è allegria. Sembra che quasi tutti stiano recitando una messinscena preparata con cura. Al Vinitaly pare che non ci si vada per il vino, ma per dimostrare di conoscere il vino. Sono tutti esperti, tutti dediti alle analisi tecniche. Che voglia di leggere quei taccuini! E i produttori, in fondo, lo capiscono in fretta e dicono tra sé e sé: “Un altro… Pazienza.” Ma ovviamente stanno al gioco, è il loro mestiere.

Che grande teatro e che grandi attori. Il vino, scusate, ne esce però un po’ triste e sconsolato. Il recinto di Vinitaly sembra quasi il confine di un altro mondo, dove tutti diventano re per un giorno. Tuttavia, questo sarebbe sicuramente il meno: ognuno ha il diritto di dare sfogo alla propria fantasia e di sognare. Quello che mi rattrista è la serietà del sogno.

Mi sono fermato e sono tornato nelle aree degli amici che riesco a incontrare spesso e volentieri. Mi sono seduto in un angolo dei loro padiglioni chiacchierando allegramente quando vi era calma e osservando sorridendo quando vi erano visite.

Per fare ciò, però, potevo fare a meno di andare a Verona.

Vincenzo Zappalà

16 COMMENTS

  1. Caro Enzo, ho una visione quasi opposta alla tua. Non dico che Vinitaly mi affascini totalmente, ha le pecche di tutte le grandi fiere e tra l’altro ci vorrebbe una riflessione su questa proliferazione di fiere in tutti i settori, eventi che spesso travalicano le necessità commerciali del settore stesso e sono diventate in effetti un “business” di per se.

    Detto questo, il vino lo si fa per venderlo e questa è la ragione principale per cui lo si fa. Che poi esistano bellissime storie, bellissime persone, bellissimi luoghi legati al vino è innegabile (altrimenti L’AcquaBuona che ci starebbe a fare), ma la vitivinicoltura è essenzialmente una attività produttiva a cui tutto il resto aggiunge un po’ di fascino e di umanità.

    Quindi, per concludere, ti dirò che se devo percepire dell’ipocrisia non la trovo tanto al Vinitaly, ma se mai in altri luoghi dove il vino lo si presenta come fosse chissà quale mistica sostanza scaturita dall’abnegazione umana unita al prodigio della natura, salvo poi venderlo a 50 euro a boccia!

  2. Quindi, per concludere, ti dirò che se devo percepire dell’ipocrisia non la trovo tanto al Vinitaly, ma se mai in altri luoghi dove il vino lo si presenta come fosse chissà quale mistica sostanza scaturita dall’abnegazione umana unita al prodigio della natura, salvo poi venderlo a 50 euro a boccia!

    Sante parole.!!!!!!!!!!

  3. E dovevamo arrivare al 1° luglio per conoscere le sue impressioni??? Io ci vado e ci andrò, fin quando il Signore mi darà forza, per salutare molti amici..raccolti in una unica piazza. Il Vinitaly è un incontro iniziale da cui, successivamente, scaturiscono contratti e quindi scambi . Se non fosse così, in pochi anni la manifestazione non si farebbe più. Eppure!!

  4. Qui ci va una precisazione: l’articolo è rimasto fermo in redazione per qualche tempo…

  5. Ahimè, condivido dalla prima parola all’ultima. Infatti quest’anno non ci ho messo piede. Troppo di tutto e di “tutti”, e il troppo – si sa – stroppia. E poi trovo un limite antipatico il non poter fare neppure piccoli acquisti, lì, nell’esatto luogo e istante in cui il desiderio si manifesta. Per posta? non è la stessa cosa! Nell’enoteca sotto casa? beh.. ma allora me ne sto a casa. Appunto.

  6. Quando la prima volta, negli anni 80′ ho partecipato al vinitaly la manifestazione era quasi solo per operatori. Non si poteva quasi assaggiare il vino e mi ricordo che Marta Galli ci accompagnò a casa sua per fare una degustazione ed acquistare qualche bottiglia del suo splendido Amarone.
    Da allora moltissimo è cambiato; i sommeliers che all’epoca erano figure quasi sconosciute , sono diventate una moltitudine. Il mondo del vino da allora è completamente cambiato altrimenti il caro Vincenzo non potrebbe degustare certe etichette che oggi esistono e allora no perché la maggio rparte dei produttori vendeva l’uva o il vino ai grandi o grandissimi imbottigliatori. Questa è la realtà con cui vinitaly fa i conti ogni anno. Moltissime aziende medio piccole e nuove che vogliono raggiungere una vetrina internazionale.
    Io personalmente vado al Vinitali per lavoro perché devo seguire aziende con cui collaboro come Enologo e vi assicuro che l’interesse per il consumatore vi è sempre. In realtà le aziende che hanno una rete di vendita consolidata vanno al Vinitaly per tastare il mercato e incontrare i loro agenti , per raccogliere impressioni sulle nuove annate, forse incontrare un po’ di operatori esteri, ma in generale l’attenzione al consumatore vi è sempre dato che alla fine chi decide di comprare o non comprare la tua bottiglia è lui.

  7. cari tutti,
    problemi di linea continuano a lasciarmi al buio… Ho comprato una chiavetta e cerco di dire qualcosa in attesa che la situazione si sblocchi. Finalmente spero… Forse lo spirito dell’articolo non è stato compreso… Io non dico che il vino non sia fatto per essere venduto nè che vinitaly non sia fondamentaleper le vendite. Quello che mi rattrista è l’aria di seriosità che accompagna gli amanti del vino, non gli addetti al lavoro… Almeno da loro, che sono poi la maggior parte, vorrei vedere più allegria e spensieratezza. Il vino non è come leggere una trattazione di fisica quantistica, ma deve essere ANCHE e soprattutto emozione per coloro che sono “solo” appassionati. Facce allegre allora e non musi da degustatori che sembrano dover esprimere un giudizio di vita o di morte. Un po’ come nel calcio… Dov’è finito il “gioco”??? Ormai è solo interesse, rabbia, violenza e soldi, tanti soldi… Spero di rientrare in sede al più presto….Un abbraccio!!

  8. Buongiorno.
    Mi permetto di intervenire visto che al vinitaly ci vado da alcuni anni e pure per due giorni … se potessi farei il pieno di tutti i 5 giorni. Credo di essere uno di quei seriosi con il taccuino che corre da un capannone all’altro senza mai ridere, anzi sotto stress e a volte anzi un pò inca…to per la troppa gente ed il poco tempo.
    Francamente non ci trovo molto da ridere o divertirsi, in senso stretto, al vinitaly. Non mi sembra il luogo adatto. Il vinitaly è un “lavoro”, anche da semplice appassionato ma è un lavoro. Lavoro di crescita personale.
    Hai l’occasione UNICA di poter sciegliere una regione, una tipologia di vino, una DOC, quello che vuoi e finalmente conoscerla meglio, selezionare, capire, domandare, scoprire.
    Purtroppo durante l’anno non ho il tempo per partecipare alle tutte le presentazioni, per altro spesso molto formali e poco sostanziali, di vini en primeur, di giornate del riesling, dei pinot nero “italiani” o di approfondire produzioni di regioni come Valle d’Aosta o Basilicata (vivo in Toscana) o zone come il Collio o capire meglio prodotti come la Marsala in tutte le sue sfaccetature o la vernaccia di serrapetrona o l’ice wine o il lambrusco ancestrale o quello che più ti incuriosisce in quel momento…
    E dove puoi fare tutto questo se non al Vinitaly?
    Comprendo lo spirito delle tue osservazioni, ma francamente le lascerei ad altre manifestazioni, dopo di chè ognuno se la suona come preferisce.
    Un saluto e spero di vederti presto … ovviamente al vinitaly, rigorosamente il giovedi e venerdi, rigorosamente dai NON famosi, rigorosamente con il taccuino!!!

  9. caro Nico,
    vi è innanzitutto un punto essenziale in cui non posso trovarmi d’accordo con te. L’equazione Lavoro=Seriosità. Io, nei 40 anni di “lavoro” professionale come scienziato, ho sempre cercato di dare ampio spazio al divertimento, all’ironia e alla sdrammatizzazione. Ovviamente, il tutto condito con puntiglio, concentrazione e professionalità nei momenti più importanti, ma poi libertà di ridere e di essere allegri sempre e comunque. Mi ricordo che ci trovavamo spesso con i colleghi di Pisa e passavamo 3-4 giorni davanti ad una lavagna cercando di andare a ruota libera, spesso “schazzeggiando” senza regole. Era l’unico modo per permettere che qualche idea veramente interessante uscisse allo scoperto. Ribadisco, si possono fare cose professionalmente molto serie pur con il sorriso e la voglia di scherzare.
    Tanto più, ovviamente, se si parla di una “passione”, scollegata dal lavoro, come mi par di capire sia la tua verso il vino (se no, non saresti tra i cosiddetti “seriosi”, ma tra gli addetti ai lavori). Avvicinarsi ad esso con allegria, spensieratezza, senza ostentata aria di serietà a me sembra l’approccio più vero e valido per cogliere le emozioni più profonde. Vinitaly compreso. e ciò non inficia certo la crescita conoscitiva…
    Non odio senz’altro il Vinitaly, ma il modo come molti lo avvicinano. Tutto lì. Ma è ovviamente, come ho ripetuto nell’articolo, una mia personalissima visione. Forse saranno i miei 65 anni, che mi hanno fatto vivere una gioventù in cui le cose si dovevano conquistare e non si sperava ovviamente di avere tutto e subito, come oggi. Anche l’ottenimento di solo l’un per cento delle proprie illusioni o speranze era una conquista. Da cui la voglia di affrontare la passione (ed anche il lavoro stesso) con una dose di autoironia, di allegria e di piacere.
    Mi auguro anch’io di incontrarti da qualche parte, ma -spero- con il sorriso e con meno taccuini… Non certo però al Vinitaly…

  10. Buongiorno, il mio è un commento da produttore.
    La seriosità intorno al vino è veramente da bandire! Al nostro stand, anche con gli operatori professionali, si cerca sempre il sorriso !
    Come produttori-espositori, arriviamo a sera a Vinitay veramente sfatti. Se non si scherzasse nel corso della giornata, cercando anche un contatto più umano con gli avventori, non ci passerebbe veramente più !!!!
    In ogni caso il produttore va a Vinitaly perché è una fiera di lavoro, una delle poche, se non l’unica, in Italia, a farti incontrare operatori anche internazionali (a parte gli alti e bassi di presenze annuali …) Ci sono migliaia di migliaia di manifestazioni invece nate e pensate per il pubblico, anche se devo ammettere che sono poche quelle che offrono un tale assembramento di vini di tutta Italia.
    Da un lato l’ente fiera ha piacere di far entrare il pubblico, per ragioni finanziarie. D’altra parte il lavoro intenso non deve far paura: basta un po’ di organizzazione e di fluidità e si riesce a gestire sia l’operatore che ad accogliere bene anche l’appassionato. Di certo non mi lamento se tante persone vengono da noi, anzi…. Al collega, troppo preso d’assalto, che si lamenta direi: “Hai voluto la bicicletta? ……………………………….!”

  11. @Annalisa,
    e io ringrazio e stimo quelli che parlano come te… Il vino per voi è lavoro e passione e dovete seguire sia gli appassionati, ma soprattutto gli addetti ai lavori (al Vinitaly in particolare). Io non amo invece la seriosità pseudo-professionale di tanti appassionati che dovrebbero invece gustare il nettare di Bacco con costante allegria e serenità. Le emozioni non devono essere mascherate da una specie di ostentazione da “intenditore” a tutti i costi…

  12. Caro Enzo,
    mi scuso per il ritardo nella risposta, provo a rimediare.
    Non vorrei sembrare “pignolino” e tantomeno innescare un inutile quanto sterile ping-pong, però vorrei precisare che non intendevo serio = lavoro e men che meno serio = lavoro = professionale.
    Con il termine “seriosi” intendevo persone “concentrate”, “mentalmente attente” a fare una cosa.
    Del resto non ricordo un Notaio che si spancia da ridere mentre stipula un atto oppure un ciclista ancorché amatoriale (come lo sono io nel vino) colpito da attacchi di ilarità mentre pedala in salita … Ecco forse è proprio questo il senso… per me il vinitaly è una salita piacevole, ma da affrontare con serietà e attenzione in quanto impegnativa. Evidentemente è un mio limite… cercherò di progredire!
    Ciò detto, concordo pienamente con lo spirito di leggerezza e divertimento da adottare nell’approccio a questo mondo così affascinante e complesso, senza nulla togliere alla crescita personale anche se a dimensione amatoriale.
    Ai banchi d’assaggio delle manifestazioni, è vero, si assiste a delle performance incredibili … Lo vedo il sig. Raggi X che in dieci secondi pretende di capire tutto di quei pochi cc di vino, nel bicchiere ormai ricoperto da impronte e aloni, mentre con aria torva e indagatrice scassa il povero e consunto produttore alle 5 del pomeriggio, disquisendo sulla tostatura della barrique … che tristezza!
    No, Caro Enzo, sarò serioso, avrò il taccuino, ma quello non sono certo io!
    Invece alla gentile Sig.ra Annalisa, in qualità di produttore, che vuol bandire la seriosità intorno al vino, vorrei ricordare, ovviamente senza nulla di personale, che proprio al vinitaly, molti produttori, per fortuna in minoranza, sono decisamente i più seri di tutti … a volte anche un pò indisponenti.
    Quando ti avvicini al banco d’assaggio, prima ti squadrano, poi ti chiedono in modo garbato ma risoluto: ‘lei di cosa si occupa? Ristorante, enoteca, wine bar?’
    ‘No’, gli rispondo, ‘semplice appassionato. Posso gentilmente assaggiare i suoi prodotti?’
    La faccia cambia … non la mia!
    Ecco il concetto di appassionato l’ho appreso proprio dai produttori al vinitaly.
    Le prime volte rispondevo fiero: sono un sommelier … ho impiegato poco a capire che risultavo comico!
    Un appassionato, in effetti, è la giusta definizione.
    Io ho capito e velocemente, però molti produttori mi sa tanto che non hanno ancora capito cosa (e non chi) è un appassionato!
    Un appassionato è “uno che beve” e soprattutto è “uno che compra e consuma” .
    Ecco, sono un consumatore… Capisco che la parola suona difficile a molti produttori italiani, perché a molti produttori (ripeto italiani) quella piccola goccia di mare davanti a loro mica interessa. Il mare è fatto di tante gocce ma a loro interessa il distributore, il wine bar alla moda, l’enoteca di fama, il ristorante in guida … al limite una qualsiasi partita IVA a cui spedire minimo 6 cartoni più uno omaggio!!!
    Ma è possibile che quelle migliaia di persone presenti al vinitaly siano tutte partite IVA?
    Ma di cosa stiamo parlando?
    Ma cosa volete ridere che i primi ad essere seriosi se non addirittura incazzati siete proprio voi produttori (mai generalizzare) con le cantine piene di vino invenduto, la mano d’opera specializzata che non si trova o se si trova costa troppo, le tasse da pagare e l’ASL che rompe le scatole?
    E poi mica tutti i produttori sono così espansivi al banco d’assaggio.
    Avete mai provato a presentarvi in qualità di emerito sconosciuto “appassionato”, magari sprizzante gioia da tutti i pori (Enzo docet) nei capannoni semivuoti della Puglia, dove le mani callose e segnate dal lavoro dei produttori si sprecano … oppure al banco d’assaggio di aziende come Salicutti, che con pacata eleganza, in un fil di fiato, nel brusio generale, ti parla di terreno alla fine del pliocene … oppure Triacca, austero in giacca e cravatta, che ti spiega “l’ombreggiatura mobile” delle vigne di chiavennasca in Valtellina … oppure il compianto Teobaldo Cappellano, mentre guardandolo dal basso verso l’alto (in tutti i sensi) ti parlava di piede franco (non al vinitaly).
    Oppure pensate di andare a fare gli allegroni al banco d’assaggio di gente come Mascarello e signora, che del Monprivato neanche l’etichetta ti fa vedere … prima aspetti un quarto d’ora e poi Dolcetto e Barbera … oppure preferite Salvatore Murana, che col cavolo al vinitaly ti fa assaggiare il Martingana, ti fa versare da qualcuno dello stand 1cc di Turbè e via fare posto ad altri … oppure (e qui concludo, ma potrei continuare a ore) preferite fare i simpatici al banco di Martinez che rimane imperterrito a spalle voltate e neanche risponde al buongiorno … figuriamoci poi assaggiare la sua Marsala, forse la produce solo per pochi eletti, naturalmente assenti al vinitaly.
    Lo so, ora qualcuno mi risponderà che a fronte di pochi episodi personali e sfortunati la maggior parte dei produttori ai banchi d’assaggio è gentile, professionale, disponibile, ect. ect.
    Tutto vero, ma francamente questa grande allegria e spensieratezza da parte dei protdutori, nell’aria non la percepisco e per questo mi adeguo e continuo a propormi seriamente con il dovuto rispetto al banco d’assaggio di quell’azienda, grande o piccola, che sta lavorando, mettendoci soldi, sudore e faccia.
    Un attimo … mi sorge un dubbio: ma voi, al vinitaly, come emeriti sconosciuti “appassionati”, ci siete mai stati?
    Forse eravate a divertirvi da qualche altra parte!
    Cordialmente.

  13. caro Nico,
    continuo a ripeterti che io non sono un produttore, ma SOLO un appassionato come te. L’unica differenza è nell’approccio che ho con queste manifestazioni popolate da gente che ostenta professionalità anche se di vino “vero” non ne capisce niente. Tu sarai invece un umile e sincero appassionato e allora non ho assolutamente niente contro di te. Chi fa il notaio lo fa per professione e ben venga la serietà (ma non è detto che si debba anche avere la “seriosità” che sa di finto lontano un chilometro). Chi ama il vino, nella mia visione forse limitata, deve amare la sua cultura, i suoi personaggi, la sua terra prima di tutto.
    Comunque se uno vuol conoscere i produttori (non certo tutti sono così) non va a Vinitaly, ma cerca di incontrarli in manifestazioni più piccole o direttamente a casa loro. Io conosco decine di produttori, con i quali sono ormai amico e dai quali spesso non ho mai comprato una bottiglia di vino. Beviamo insieme, andiamo al ristorante, organizziamo feste, al di fuori del commerciale. Basta avere rispetto reciproco e tanti falsi muri si sgretolano.
    E’ vero, sono fortunato, abitando vicino alle Langhe. Ma ho grandi amici anche in Toscana, in Veneto, in Campania, ecc. a volte conosciuti per caso in una piccola manifestazione o passando da loro durante un viaggio.
    Il modo sgradevole che tu racconti di tanti o pochi produttori s’incontra soprattutto al Vinitaly, dove il commercio è al primo posto. Io sono amico di produttori famosi che se li incontri al Vinitaly li manderesti a stendere. E invece sono poi persone magnifiche, di grande umanità. Non bisognerebbe mai essere troppo veloci nel dare etichette, sia in positivo che in negativo.
    Se ti capita di venire in Langa o nel Roero, fammelo sapere, e andremo, come amici, a trovare tanti nomi famosi (che non posso fare), ma che molti seriosi e compunti appassionati conìsiderano “dei” inarrivabili e i loro vini gemme preziose. Stai tranquillo, che nel modo semplice e schietto che ti consiglio io, ti apriranno e berranno con te anche le etichette più prestigiose…

  14. Caro Enzo,
    mi sa tanto che alla fine la vediamo proprio allo stesso modo.
    Innanzi tutto ringrazio della cortesia e contraccambio l’invito, qualora tu venissi in Toscana, a Pisa, città che mi sembra ti sia già familiare.
    Purtroppo non ho la fortuna di annoverare tra le mie amicizie produttori presso cui accompagnarti, ma aziende che meritano una visita ai loro terreni, alle loro cantine ed ai personaggi che le animano, sicuramente si.
    In langa, in genere una volta l’anno passo uno o due giorni (quest’anno ero ad Alba il 1° maggio guarda caso ad una degustazione in strada)… non si sa mai.
    Il riferimento ai produttori, come potrai leggere nella mia precedente, era indirizzato alla Sig.ra Annalisa produttrice, intervenuta al forum dopo di me.
    Gli esempi sgradevoli e i nomi che ho fatto (volutamente) non vogliono affibbiare frettolose etichette, ma riportare testimonianze reali di quanto sia difficile (spesso) per un normalissimo appassionato “entrare” in mondo un pò elitario, dove se non sei il giornalista x, il produttore y o l’amico di z, l’unico modo di accedervi è quello degli euro, ovviamente della propria tasca.
    L’argomento da cui eravamo partiti, il vinitaly appunto, ne è l’espressione più evidente e forse è giusto così … Si tratta di una fiera riservata ad operatori del settore, prettamente commerciale, quali emozioni o rapporti umani particolari vi potrebbero mai scaturire?
    Lì, come in tante altre manifestazioni similari, anche più contenute, l’obbiettivo è conoscere e farsi conoscere.
    Poi, con calma, al momento giusto, ci sarà magari l’occasione per organizzare una visita all’azienda che proprio grazie alla degustazione hai potuto conoscere. E a quel punto probabilmente scoprirai una suggestiva cantina dove il tempo si è fermato da secoli o passeggerai su di una magnifica collina vista mare coperta di vigneti spogli o conoscerai un cantiniere d’eccezione a cui non smetteresti mai di fare domande … Tutte cose, sono sicuro, che conosci bene!!!
    E allora ben venga il caotico vinitaly e ben vengano queste ore liete, l’importante è vivere di … VINO!!!
    Cordialmente

  15. Ma, @Nico, sono proprie le generalizzazioni da evitare (infatti io parlavo del mio caso, volendo anche tenere l’argomento su una certa leggerezza). Non mi sento portavoce di nessuna categoria. Nella varia umanità che produce vino c’è di tutto (gentili e arroganti, scorbutici e sereni, ecc..), così come per chi sta “dall’altra parte del banco” .
    Non mi pare difficile entrare nel mondo del vino per gli appassionati: ci sono migliaia di eventi, fiere, manifestazioni, cantine aperte e via dicendo. Inutile incaponirsi su Vinitaly: è una fiera prettamente commerciale. L’unico da censurare è l’Ente Fiera, che, pur di far cassa, fa un po’ di confusione, come già scritto.

  16. condivido in pieno le idee di Annalisa e capisco anche Nico. Sì, in fondo la pensiamo allo stesso modo. E’ solo l’approccio che cambia… Ad esempio, avete visto che caos ha creato il mio articolo pseudo-scientifico su Coriolis+marea? E’ normale tutto ciò? L’ironia deve essere abolita? e cosa ancora? viva Mirko e Dino che hanno capito lo spirito!!

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