Oltre l’infinito

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Questo “articolo” è una favola e si riferisce a uno, a mille, a un infinito numero di persone “vere”, o forse a nessuno. Sicuramente è un racconto dedicato a un amico in particolare, di cui non voglio fare il nome perché l’ho già “toccato” su queste pagine. Lui e pochissimi altri capiranno. Spero comunque che il senso finale raggiunga tutti i lettori, indipendentemente dal personaggio che me lo ha ispirato. E mi si perdoni se il vino ha in fondo un’importanza – apparentemente – secondaria. Quanto meno questa volta prendo in giro me stesso…

Il suo nome era Dino, Dino Conta e abitava in un piccolo paese sulle ultime colline piemontesi, proprio dove esse si spengono dolcemente tra l’enorme e nebbiosa pianura padana. La terra era buona per essere coltivata e dava frutti saporiti e genuini. Vi era anche tanta uva, tanti grappoli e tanti acini. Fin da piccolo Dino aveva dimostrato di possedere il pallino della matematica e dei numeri. Sarà stato il suo cognome o magari il numero enorme di acini bianchi e rossi che riempivano le vigne aggrappate sulle “sue” colline, fatto sta che a tre anni era già capace di contare fino a cento e a quattro fino a qualsiasi numero volesse. A sei anni aveva cominciato ad aiutare i genitori e i nonni nel lavoro dei campi, soprattutto durante la vendemmia. Mentre raccoglieva i grappoli contava sempre tutti gli acini con grande velocità. Lo riusciva a fare senza perdere tempo. Si divertiva un sacco, anche se doveva compiere quell’azione in silenzio, perché i suoi familiari gli avevano chiesto di non farlo ad alta voce se no ne sarebbero usciti pazzi. Che bello era superare i mille e poi i diecimila e a volte arrivare anche ai centomila. Quando sarebbe stato più grande avrebbe piantato altre vigne, per avere più acini da contare.

E così in realtà fece. Era ormai uno dei vignaioli più famosi del suo territorio e non solo. I suoi vini erano celebri e gli permettevano di guadagnare piuttosto bene. Tuttavia, la voglia di contare gli era rimasta immutata. E si era sovrapposta anche a quella di contare come uomo di vigna. Due modi diversi di “contare”, ma entrambi importantissimi per Dino. Era rimasto profondamente ancorato alla sua terra e la considerava come un’amica, una madre, una figlia da accudire con amore e con severità, se necessario. Contare gli acini era ormai anche un modo per tenere sotto controllo i suoi frutti più cari, per seguirli come fossero parte di se stesso. Tutti ormai conoscevano quella sua specie di mania. Molti lo consideravano un po’ pazzo, ma altri capivano le ragioni più profonde e lo ammiravano. Le vigne intanto crescevano sempre di più e il numero di acini con loro. Arrivò a contare i milioni, ma sentì che cominciava a mancargli qualcosa. I numeri erano belli, tantissimi, ma prima o poi finivano. Lui avrebbe voluto andare oltre, raggiungere l’infinito e magari superarlo.

Ormai era diventata una vera ossessione. Si accorse addirittura che lo stava distogliendo dai lavori di ogni giorno e che ogni tanto non stava dietro alle sue vigne come esse avrebbero desiderato. Decise perciò di ricorrere all’aiuto di un esperto che potesse dargli una mano a capire l’infinito e magari farglielo superare. Si recò nell’università della grande città più vicina e riuscì a parlare con un famoso matematico. Non gli fu difficile, in quanto anche una sola bottiglia dei suoi vini più celebri gli apriva parecchie porte. E il grande matematico era un appassionato di vini.

All’inizio lo studioso prese la situazione allegramente e dentro di sé rideva di quel vignaiolo e delle sue bizzarrie numeriche. Gli dava corda solo perché già pregustava il profumo e il sapore di quel paio di bottiglie che Dino aveva lasciato sul tavolo. Poi, un po’ alla volta, il matematico cominciò a comprendere che dietro a quella specie di follia c’era qualcosa di ben più profondo e complesso. L’infinito e la voglia di conoscerlo, di raggiungerlo e di superarlo andava oltre alle piccole pazzie di un uomo di campagna. E Dino voleva risposte chiare e nette e non solo discorsi vaghi e banali. Il colloquio divenne presto concitato e anche il matematico si trovò di fronte a ostacoli che mai avrebbe pensato di dover affrontare. Sì, lui sapeva definire benissimo l’infinito con formule più o meno complicate, ma capirne la vera essenza era un problema che in fondo lo metteva in serio imbarazzo.

Dino gli chiese senza mezzi termini: “Se io continuo a contare senza fermarmi mai, posso arrivare all’infinito?”. Il matematico rispose, con sussiego professionale: “Teoricamente sì, ma avresti bisogno di un tempo infinito…”. Dino non demorse: “Va bene, ma anche il tempo si può contare in giorni, ore, minuti o secondi. Immaginiamo che io non morissi mai. Arriverei allora a un tempo infinito e quindi potrei arrivare a contare fino all’infinito”. “Beh, sì… teoricamente sì”, rispose il matematico un po’ più imbarazzato. Dino lo incalzò: “Basta con questo “teoricamente”, io voglio una risposta pratica, pratica come il vino che sta nelle mie bottiglie e che è nato da un numero finito di acini”. Poi continuò: “Se avessi tutto il tempo a disposizione, quali sarebbero gli ultimi numeri prima di arrivare all’infinito? Come potrei capire quando sto per raggiungerlo? Miliardi, miliardi di miliardi o cos’altro?” Il matematico era ormai paonazzo e farfugliava: “No, no…non esiste un numero prima dell’infinito… Beh, sì, insomma, vi sono infiniti numeri prima… Insomma, accidenti, se è infinito è infinito!”. Dino era ormai lanciato: “L’infinito però esiste e deve essere quantificato anch’esso da un numero. E’ inutile girarci intorno. Però non mi basta ancora! Se esiste, allora si può anche superarlo e andare oltre. Lei, che conosce così bene i numeri, mi spieghi come si può fare …”. Il matematico era ormai sull’orlo del collasso nervoso: “Dunque, l’infinito esiste, ma non è un numero… Uffa, è l’insieme di tutti i numeri. Anzi no… è il limite dei numeri… No, non si può superarlo, altrimenti non sarebbe infinito. Accidenti ho bisogno di un goccetto di vino!”.

Senza chiedere permesso, andò ad aprire una bottiglia del vino di Dino e ne tracannò un bel bicchiere. Sembrò riprendersi e continuò: “Posso solo dire una cosa: se un numero finito di acini dà una meraviglia così, cosa potrà mai dare un vino composto da un numero infinito di acini. E quale meraviglia diventerebbe se si superasse anche l’infinito!”. Dino capì subito che quel bicchiere aveva già lasciato un certo segno nella stabilità mentale del grande scienziato (quattordici gradi e mezzo non vengono sopportati da tutti, specialmente da chi vive di congressi e ricerche e ha poco tempo per i piaceri della vita). Era inutile continuare. Non avrebbe mai avuto una risposta dal matematico e dalla matematica “ufficiale”. Oltretutto si era già fatto una sua idea personale che stava elaborando nella mente. Le stesse ultime parole dello studioso gliela avevano involontariamente innescata.

Se ne andò in silenzio, lasciando il professore mentre tracannava un secondo ampio bicchiere di quel nettare di Bacco e bofonchiava parole del tipo: “Meraviglioso, sapore infinito, piacere infinito, cosa si vuole di più, al diavolo la matematica!” Alla sera, Dino riordinò le idee e giunse alla conclusione più semplice e spontanea. Forse non poteva sapere cos’era l’infinito e quanti numeri contenesse. Così come non poteva sapere se i suoi vini potevano ancora migliorarsi oppure no. Era solo un uomo di campagna che amava i numeri e la sua terra, ma forse proprio per quello più vicino ai misteri della Natura. D’altra parte, essa non si basa proprio sulla semplicità e sulla umiltà? Non ha bisogno di definizioni difficili e a volte incomprensibili anche agli stessi esperti. Lui aveva risolto il problema con la semplicità che lo aveva sempre accompagnato. L’indomani, mentre avrebbe coccolato i suoi grappoli ormai quasi maturi, avrebbe contato oltre l’infinito. In fondo era così semplice e ovvio. E seppe anche che il suo vino avrebbe superato qualsiasi fredda e tecnica valutazione.

Il Sole era appena sbucato, sbadigliando, dal monte in fondo alla valle, quando Dino iniziò a voce alta la sua preghiera di numeri: “Infinito più uno, infinito più due,… infinito più mille,…” Gli acini sembravano sorridere insieme a lui e lo spronavano sussurrandogli: “ Dai, Dino conta! … Conta Dino!!

Vincenzo Zappalà

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