Storie di Borgogna. Domaine Perrot-Minot

1
12878

di Claudio Corrieri

La cantina storica del Domaine Perrot-Minot si trova a Morey-St-Denis, proprio a un passo dal Domaine de Lambrays, laddove una gelida mattina di novembre ci ha accolti per una visita Cristophe Perrot-Minot (nella foto), proprietario e grande conoscitore dei vini di Borgogna. In effetti, prima di riprendere le redini dell’attività familiare all’inizio degli anni ’90,  Cristophe si adoprava come “courtier”, ovvero contrattava con le aziende produttrici e con i vigneron per acquisti di uve o di vini delle diverse “appellations” da rivendere in operazioni dette di “négoce”. Nel 1993 però, vista  l’inadeguata qualità dei vini prodotti dalla azienda curata dal padre, complici le idee maturate in sette  anni di assaggi consapevoli in giro per la Borgogna, ma soprattutto grazie ai ripetuti e partecipati dialoghi con il maestro Henry Jayer, inizia a vinificare con metodi moderni ed innovativi le proprie uve. Avvalendosi della consulenza di un enologo famoso in Champagne, M.Ledé, intraprende vinificazioni basate su prefermentazioni a freddo, salassi sul mosto, ripetuti rimontaggi. I vini risultavano piacevolmente tecnici e godibili ma forse con poca anima, nonostante fossero ben vinificati ed assemblati, come dimostrarono anche gli elogi delle pubblicazioni di settore di quegli anni. Cristophe eppure intuisce che in quel modo non riusciva a far emergere le peculiarità dei territori di provenienza, e lo spettro della omologazione, dietro la scorza fin troppo estrattiva di quei vini, era in agguato.

Nel 2000 quindi, non soddisfatto, intraprende una riconversione al “tradizionale” adottando maggiori cure nella conduzione agronomica, ferma restando la volontà di ricercare sempre la nettezza, la concentrazione del frutto e la pulizia aromatica, ma a partire dallo stato di sanità dell’uva, dall’equilibrio del vigneto e dall’età delle piante. Qualche potatura a verde dove necessita, ma soprattutto, durante la vendemmia, una selezione attenta sui banchi di cernita dove lavorano fino a 20 persone e dove Cristophe  ha introdotto l’uso di una specie di banco-filtro a “buchi” per  selezionare i chicchi in base alla loro sfericità, che deve essere uguale per dimensione in modo da uniformare il mosto in fermentazione apportando i medesimi equilibri in polifenoli, tannini e quant’altro venga estratto a partire dall’uva raccolta. In genere non viene effettuata la diraspatura, anche se Cristophe sta curiosamente introducendo una parte di raspi (da vigne vecchie) in qualche sua cuvée. Le macerazioni godono sempre di una prefermentazione a 14 gradi di 7 giorni per ottenere un migliore corredo aromatico per poi -durante la macerazione seguente a 32 gradi per 21 -25 giorni- effettuare pochissimi rimontaggi al fine di estrarre maggior finezza ed impattare meno sull’equilibrio del vino. Le barrique sono della tonnellerie Remond di Ladoix-Serrigny e vengono impiegate fino a un massimo del 50% nuove, specialmente nei Grand Cru. Dopo un periodo variabile fra i 12 e i 18 mesi in legno, il vino viene imbottigliato senza filtrazioni.

Nota curiosa da sapere: se sull’etichetta compare la scritta Domaine Perrot-Minot il vino proviene da vigneti di proprietà (10 ettari in tutto), se compare solamente la scritta Perrot-Minot il vino proviene da un’attività di negoce. Piuttosto nutrita la compagine produttiva, che conta oltre 25 etichette diverse fra village (pochi), Premier Cru e Grand Cru (in fitta schiera), provenienti dalle appelations più prestigiose della Cote de Nuits. Fra i conferimenti più importanti  figura una piccola parcella di Clos de Bèze e un’altra piccolissima di Chambertin, di proprietà di P. Damoy, dove dimorano vigne di oltre 90 anni del biotipo ad acino piccolo e spargolo, forse il migliore per ottenere vini fini.

L’incontro con i vini del Domaine, dallo stile calibratamente moderno, ben disegnati e vigorosi, con un opulenza mai troppo pronunciata ma sempre ben modulata, ci ha piacevolmente sorpreso. E il pregiudiziale sospetto verso un tecnicismo che pensavamo fin troppo sottolineato è venuto meno alla riprova dell’assaggio, che non ci ha impedito di annoverare alcuni rossi della casa fra i grandi di Borgogna. I vini d’altronde ce la mettono tutta per dimostrare personalità e fedele trasposizione del carattere dei cru di origine, specialmente quelli provenienti da vigneti di proprietà: esuberanti ma non debordanti, cesellati e di grande pulizia olfattiva, con finali di bocca equilibrati ed appaganti.

Abbiamo avuto l’opportunità di effettuare una panoramica sull’annata 2009, non ancora in commercio, che si è dimostrata ottima, solare, con belle concentrazioni e belle maturazioni, ma con una leggera carenza in acidità laddove si è raccolto troppo tardivamente, ciò che non ha inficiato poi tanto sull’equilibrio d’insieme ma ha propiziato semmai vini particolarmente aperti e godibili, dai profumi già ampi e dettagliati.

Morey St Denis La Rue de Vergy. Lieu-dit compreso fra Clos de Tart e Clos de Lambrays nella parte alta della collina, caratterizzato da suoli ciottolosi con pochissima terra e molto calcare. Maturità più tardiva per via dell’altitudine. Vino preciso, netto, sottile senza sfiorare la magrezza, con un filo di alcolicità nel finale ad intaccare equilibri e ad allentare tensioni.

Chambolle-Musigny 1er cru Les Echanges. Dal centro geografico della denominazione, fra il paese e la route N74, in una zona più argillosa e compatta. Vino dai profumi invitanti di rosa e lampone, elegantissimo e aggraziato nelle movenze, dinamico nello sviluppo, con un finale appena marcato dalla tostatura e da una sensazione leggermente asciugante nei tannini.

Chambolle-Musigny 1er cru La Combe d’Orveau. Cru confinante con il  mitico Musigny dal lato che guarda a Flegy-Echezeaux (addirittura una piccolissima parte di La Combe sfocia in Musigny). Siamo di fronte ad un vino espressione massima di finezza e florealità, dalle molteplici sfumature odorose, spazianti dalla violetta alla fragola. Corpo tornito e incalzante dinamicità alla beva. Tannini dolci e fitti, di razza fina. Sì, Chambolle produce i vini più eleganti della Côte de Nuits e La Combe d’Orveau, con i suoi terreni non troppo ripidi, con la poca terra ricca di calcare ma con un 20% in argilla a dare struttura, rappresenta un 1er cru con ambizioni (e numeri) da Grand Cru.

Nuits St Georges 1er cru La Richemone. Cambia il territorio, cambia il vino. Terreni più ricchi, composti in maggioranza da argille ma anche calcare. Il cru si trova dalla parte di Vosne-Romanée e sicuramente ne coglie le caratteristiche più delicate, ma si identifica bene con la tipicità di Nuits St Georges, più “incline” a dare vini solidi e spessi, dalla scorta tannica generosa. Precursori aromatici che virano su sensazioni terrose, ematiche, di sottobosco e piccoli frutti rossi. Spessore e volume, ma soprattutto un tannino marcato, succoso e mascolino.

Charmes-Chambertin Grand Cru. Derivato da una parcella appena sotto a quella di Armand Rousseau. Terreno abbastanza ciottoloso con discreta percentuale di argilla (40%); strato di terra di 30-40 cm e substrato in cui la roccia concede alcune intercapedini nelle quali vanno ad introdursi le radici. Vino di spessore ed eleganza, ricco di sfumature che vanno dalla viola alle spezie fino ai piccoli frutti rossi, con un attacco potente, uno sviluppo fresco e un finale lunghissimo appena astringente, in cui emerge un rovere già in fase digestiva.

Mazoyeres-Chambertin Grand Cru. Dal confine sud della denominazione di Gevrey-Chambertin. Questa parcella confina a est con la Route N 74. Il vino incarna perfettamente la prestanza e l’ampiezza apportategli da  un terroir più ricco e caldo. Al naso si propone più monolitico e meno sfumato rispetto a Charmes- Chambertin, virando su sensazioni di tabacco, viola e cuoio. Maggiormente espanso in bocca, gode di uno sviluppo dinamico e di un gusto volitivo. Solo un pelo di ruvidità di troppo ad attenuarne la piacevolezza.

Cristophe, per l’occasione, ci ha stappato altre due bottiglie:

Nuits St Georges La Richemone 2008 Cuvée Ultra, la cui resa si attesta sui 18 hl per ettaro. Proveniente da vecchi cloni, frutto peraltro di una selezione selvaggia post vinificazione, è questo un vino netto e preciso nei profumi di ciliegia, tabacco e liquirizia, dalle movenze sicure, teso e dinamico, dalla buona scorta di frutto ma anche dal salvifico contrasto. Godurioso, profondo e gastronomico.

Nuits St Georges La Richemone 2007  Cuvée Ultra. Il migliore della giornata, senza ombra di dubbio. Volatile il giusto ma immensamente e “profumatamente” varietale e territoriale. Ormai la confidenza con questo cru ci fa percepire le sue peculiari caratteristiche aromatiche di stampo vinoso, ma la struttura, l’acidità  e quel finale lunghissimo fatto di equilibrio e fusione tannica fotografano con nettezza lo stile del Domaine, perfettamente in bilico fra rispetto della vigna e consapevolezza tecnica. Quanto a La Richemone 07, è uno di quei vini da proporre finanche a scopo didattico, per approfondire “sul campo” una delle molteplici e sorprendenti identità del Pinot Nero, quella di Nuits St Georges.

Per l’acquisto, l’importatore in esclusiva per l’Italia è Vinicola Balan (balan@balan.it)

L'AcquaBuona

1 COMMENT

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here