Taste 6, Firenze capitale del gusto

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FIRENZE – In questo periodo in cui certezze e parametri del passato cambiano in continuazione è bello sapere che, per quanto piova e faccia freddo, il 21 marzo inizia la primavera negli sguardi speranzosi di caldo e sole della gente e, negli ultimi anni, che è possibile dare un ultimo addio all’inverno e alle sue calorie con Taste, la fiera delle eccellenze del gusto. Sempre a Firenze, sempre alla Stazione Leopolda, sempre a cura di Pitti Immagine con la collaborazione del “gastronauta” Davide Paolini, sempre pochi giorni prima dell’equinozio di primavera.

Immancabile appuntamento che da ormai sei edizioni rende Firenze una delle capitali del gusto d’Italia, con espositori sempre più numerosi e prodotti che offrono ad operatori del settore e pubblico generico un ampio panorama dell’enogastronomia italiana. Senza contare le manifestazioni collaterali riunite sotto la dicitura “FuoridiTaste” che vedono protagonisti ristoranti, bar, locali notturni, circoli, teatri, negozi e tante altre location nevralgiche della vita fiorentina che ospitano in piccoli e particolari eventi i prodotti esposti nella manifestazione stessa. E, come suggerisce l’ammiccante doppio senso del titolo, per vedere cosa si può fare con gli stessi prodotti fuori dagli schemi di una fiera tradizionale, o semplicemente per impazzire di gusto.

Purtroppo lo spazio è tiranno, e posso solo farvi girare con me rapidamente tra i Taste Tools, la sezione di food & kitchen design dove si possono trovare attrezzature, capi di abbigliamento ed oggetti legati al mondo della tavola e della cucina messi scena in appositi ambienti ricreati dal marchio fiorentino di interior design Riccardo Barthel. Oppure farvi soffermare in un curioso mercato pseudo-ortofrutticolo dove, tra casse di legno e bilance d’epoca, si potevano comprare libri di soggetti rigorosamente enogastronomici da mangiare con gli occhi e la curiosità.

Ma è venuto il momento di esercitare il gusto con i prodotti esposti. A partire per esempio da quelli della Campofilone, la prima e unica azienda dell’omonimo borgo medievale situato nelle Marche. Produttrice di pasta all’uovo dal 1912, l’azienda ha fatto della qualità della tradizione e dell’innovazione della ricerca i suoi punti di forza. Come ci spiega il titolare Enzo Rossi, il grano, stoccato in silos refrigerati a 13°/14°, viene fatto invecchiare affinché la molecola di amido gelifichi. Successivamente, con la lavorazione a bassa temperatura (circa 38°), e l’essiccazione  a 33°, si ottiene una pasta che non solo mantiene meglio la cottura, ma ha anche una migliore capacità di assorbire il condimento. Da notare che vengono usate uova deposte da non più di 72 ore. Praticamente freschissime.

Purtroppo, non essendo autorizzati a cucinare all’interno della struttura, non hanno potuto far assaggiare sul momento il loro cavallo di battaglia, il maccheroncino di Campofilone, un finissimo spaghetto all’uovo. Fortunatamente al Taste Shop ho potuto acquistarne una confezione e, grazie all’abilità culinaria di un amico, scoprire con piacere che le promesse erano state rispettate! Sul posto ho potuto invece assaggiare un morbido e goloso biscotto fatto solo con albume, zucchero e mandorla armellina (per chi non la conosce… il seme del nocciolo dell’albicocca). Dolce ma non troppo, anzi con quel tocco leggermente amarognolo che faceva da contrasto nel palato.

Dopo un primo piatto interessante, ci vuole sempre un secondo stuzzicante, e da brava toscana la mia attenzione è caduta sui salumi, e più precisamente su quelli dell’Azienda Agricola Macelleria Savigni, che, situata nell’appennino Tosco–Emiliano (provincia pistoiese), si occupa della intera filiera a partire dall’allevamento alla vendita dei propri prodotti, garantendo così al consumatore un fulgido esempio di autentica qualità italiana. Tra i loro prodotti di punta troviamo una mortadella secondo la tradizione emiliana, vale a dire (ahimé) senza pistacchi,  non eccessivamente untuosa, e la finocchiona prodotta con carne di maiale di cinta senese aggiungendo vero finocchio selvatico, con i semi ben visibili che conferivano evidenti note fresche e al tempo stesso pungenti che nessun aroma artificiale può riprodurre. Il tutto insaccato come fanno nella zona di Felino, e quindi utilizzando anche il budello gentile. Tuttavia deve essere menzionato in modo particolare anche il salame di prosciutto: sia al tatto che al palato risultava di maggiore consistenza rispetto agli altri, e l’aggiunta di pepe bianco permetteva di raggiungere un bell’equilibrio, compensando tratti più dolci rispetto ad altri tradizionali salumi.

Esplorando le varie aree della fiera non ho potuto non notare la singolarità del nome di un’azienda: Perché ci credo. Deciso e davvero ottimista in un periodo in cui il futuro alle volte sembra pieno di nuvole. Certo non è così per il proprietario, Enrico De Lorenzo, specializzato in tecnologia alimentare, ex consulente di grandi industrie, che ha voluto utilizzare conoscenza ed esperienza per realizzare più che un sogno quella che oggi è una realtà: la creazione di una linea di prodotti alimentari che fossero autentica espressione della sua terra d’origine, il Salento. Nella sua linea di marmellate, conserve e creme salate sono banditi i conservanti e l’acidificazione avviene utilizzando prodotti naturali come succo di limone, il vino bianco, l’aceto. Naturalmente nella crema di zucchine e ricotta, adatta per paste, crostini e, per una golosa come me, anche da sola, questi conservanti naturali erano praticamente impercettibili, lasciando sprigionare appieno i sapori degli ingredienti, lasciando in bocca una sensazione di freschezza ma anche di pienezza del gusto. Tra le particolarità della linea è da notare una crema fatta di cipolla rossa e mandorle tostate dai sapori sicuramente più decisi e persistenti che potevano essere ben abbinati con quelli di formaggi stagionati, magari pecorini.

Con tanta qualità gastronomica, non poteva mancare l’accompagnamento di vini all’altezza. E tra i tanti espositori, la mia attenzione è stata attratta dall’azienda Cavazza. Provenienti dalla provincia di Vicenza, Stefano e Andrea Cavazza, quarta generazione di vignaioli, hanno presentato al Taste il Creari, annata 2008, garganega in purezza. I vigneti si trovano su terreni a metà tra la zone di Gambellara e dei Colli Berici ed hanno la caratteristica di essere argillosi e vulcanici, trattenendo così più acqua e dando al vino una maggiore mineralità. Di colore giallo leggermente ambrato, si avvertivano al naso e successivamente in bocca aromi evidenti di fiori bianchi e di frutta maggiormente dolce. Successivamente, della stessa azienda, è stato possibile assaggiare un ottimo Gambellara Vin Santo, annata 2003, sempre a base di garganega per un minimo dell’80%. L’uva viene appassita per almeno cinque mesi sui graticci per poi essere passata in barrique per dodici mesi ed affinare infine in bottiglia per almeno quattro anni. Di colore ambrato non particolarmente carico, all’olfatto presentava note molto dolci, rimanendo poi equilibrato sia nell’acidità che nell’armonia dei sapori al gusto. Di persistenza ottima, è irresistibile se accompagnato da un piccolo assaggio di formaggi erborinati.

Ed infine, per dirla all’americana, last but not least, per ultimo ma non per questo meno importante, l’azienda Giovanni Cogno. Situata a La Morra, in provincia di Cuneo, nel pieno centro delle Langhe, dalla terra dei tartufi e dei vini pregiati nasce nel 1986 con il preciso scopo di rivalorizzare la celebre nocciola del Piemonte e la farina di mais. Per questo tra i suoi prodotti troviamo torte e biscotti dove questi ingredienti vengono egregiamente utilizzati; tra tutti sicuramente vanno evidenziati i Lamorresi, deliziosi cioccolatini  (anche se il diminutivo pare fuori luogo date le ragguardevoli dimensioni) ricoperti di cioccolato fondente e ripieni di mousse al cioccolato, nocciole e … un q.b. di Grappa di varie tipologie anche se quella che più riusciva ad armonizzare il gusto del cioccolato e della nocciola era sicuramente la Grappa di Barolo. L’estrema affermazione della piemontesità, concedetemi di dirlo, e una tentazione irresistibile per una golosa di grappa e cioccolato. E poi, perché resistere a una tentazione?

Di Taste 6 si potrebbe parlare ancora e ancora, ma, come già detto all’inizio, tempo e spazio spesso sono tiranni e anche la vostra attenzione probabilmente non reggerebbe. Perciò ne riparleremo il prossimo anno, con nuovi gustosi suggerimenti e stuzzicanti idee per coccolare sempre di più il nostro palato. Quando? Ma non ci sono dubbi: alle porte di primavera! Nel frattempo leggete, mangiate e degustate. Essere gastrocuriosi richiede sempre molto allenamento!

Maria Lucia Nosi

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