CENTO PER CENTO ROSSO – Gli assemblaggi

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Eccoci alla seconda e avvincente tappa nell’universo dei grandi vini rossi nazionali, un viaggio che è partito dalla genuina autenticità dei vitigni utilizzati in assoluta purezza, per approdare, in questo incontro, all’armonia gusto-olfattiva ed alla geniale alchimia dei vini ottenuti dall’assemblaggio di più varietà. Parrebbe una contrapposizione di filosofie enologiche, una dicotomia che sembra mettere a confronto la schiettezza e la naturale espressività territoriale di un monovitigno, con la raffinata compostezza e l’originale complessità di un blend sapientemente costruito. In realtà questo approfondimento non è volto all’individuazione del vino perfetto, ma alla ricerca di emozioni e alla lettura del modello enologico che è in grado di scatenarle. Non c’è distanza fra le due visioni, una forse più sentimentale e l’altra forse più tecnica, ma c’è altresì contatto tra i riscontri gusto-olfattivi che ci lasciano di volta in volta stupiti, attoniti, rapiti e travolti dall’onda sensoriale che ci appaga e ci avvolge, indipendentemente dalla tipologia di vino che stiamo bevendo, perche molto semplicemente … quel vino ci piace da matti. La scelta quindi di effettuare tale distinzione, nell’affrontare questo viaggio, non è di natura comparativa, ma solo pratica, per suddividere in due grandi famiglie la moltitudine di etichette che abbiamo potuto degustare e raccontare. Nel prossimo e ultimo appuntamento queste due famiglie si riuniranno, per concedere a noi il privilegio di osservare come il tempo possa essere un elemento di sviluppo organolettico che incide a pieno titolo nel bilancio sensoriale ed emotivo di un vino.

ABRUZZO

FARNESEEdizione 5 autoctoni n° 10

Sembrava quasi scritto che un nome dal grande blasone come Farnese trovasse il modo di realizzare un vino dal profilo aristocratico, in grado di affrontare con solidità il tempo, esprimendo i valori di un preciso territorio. Ma il progetto, perfetta icona della filosofia aziendale, è andato oltre: anzitutto sono stati scelti due territori di riferimento (Puglia e Abruzzo), inoltre si è voluto realizzare un grande prodotto affidandosi ai soli vitigni autoctoni degli areali prescelti, ignorando le facili scorciatoie dei contributi bordolesi. Una volontà chiaramente volta alla valorizzazione del nostro patrimonio viticolo e varietale, che ha portato alla selezione di un assemblaggio di montepulciano (33%), primitivo (30%), sangiovese (25%), negroamaro (7%) e malvasia nera (5%), sapientemente dosato dall’enologo Filippo Baccalaro. I grappoli, dopo un trattamento soffice di pigiadiraspatura, svolgono la vinificazione concludendo la malolattica in barriques, ove permangono oltre un anno per il periodo di affinamento e da cui passano in bottiglia senza filtraggio. Le uve non hanno una vendemmia di riferimento e ne consegue che il vino viene ricondotto all’ordine numerico della successione di Edizioni. Il vino si presenta concentrato e solido, rubino violaceo con riflessi bluastri appena luminosi e si aggrappa al cristallo del calice con presa sanguigna. Impressiona l’approccio olfattivo, che sbandiera una carica fruttata carnosa e integra, che trasuda glicerina e calore, che sviluppa un corredo aromatico enorme e avvolgente. Mora, prugna disidratata, cassis, poi caffè, carruba, chiodi di garofano, tabacco e note di tostatura. In bocca esprime una struggente armonia d’insieme, il vino appare assolutamente composto, nessun eccesso, fedelmente espressivo e strutturato, con tannini cremosi e fresca acidità. Ancora polpa rossa, ribes e ciliegia nera, poi il sorso e l’onda speziata che sale dal retronasale: fiori secchi, nocciola, liquirizia, cioccolato, cannella e una lunga quanto tonificante scia minerale. Vino impegnativo, quasi da meditazione, ambizioso e delizioso, smaccatamente muscolare, ma elegantemente misurato.

ILLUMINATI – Controguerra Lumen Riserva 2006

Il Comune di Controguerra, dove dal 1890 ha sede l’Azienda Dino Illuminati, è ovviamente nel novero di quelle amministrazioni che possono concorrere alla produzione di vini aderenti all’omonimo disciplinare. Illuminati non poteva non essere un leader di questa etichetta e, oltre ad una versione passita (Nicò) particolarmente apprezzabile, ne propone una realizzazione Riserva che ha incontrato da tempo i favori del palato di molti appassionati: il Lumen. La percentuale di montepulciano che concorre a questa interpretazione di Controguerra rosso è pari al 70%, mentre la porzione complementare è interamente cabernet sauvignon, ma sulla rigidità di queste percentuali è bene non fare affidamento. Le uve sono infatti accuratamente selezionate solo nelle vendemmie migliori e raccolte in epoche diverse, ma comunque non prima del mese di ottobre, prima il cabernet e successivamente il montepulciano. Dopo la pigiadiraspatura si avviano vinificazioni separate per i due uvaggi in serbatoi di acciaio termoregolati dove in circa due settimane si completano macerazione, fermentazione alcolica e malolattica. Dopo la svinatura si procede all’assemblaggio e al travaso in barriques di diverse tipologie di rovere, dove il vino maura per un anno e mezzo; in seguito si procede con l’imbottigliamento avendo cura di lasciare affinare ancora il prodotto in vetro circa un anno prima di commercializzarlo. Di colore rubino livido, mosso da sottili riflessi granati, offre profumi spiccatamente di rovo, con more e mirtilli, che evolvono su toni speziati di caffè e liquirizia con un riverbero floreale. In bocca entra deciso e pingue, quasi prepotente, con una struttura importante e un passo incalzante; i tannini si fanno sentire e il frutto ne mitiga in parte il morso. Prugna carnosa e ribes maturo, poi il ritorno etereo per via retronasale che accompagna un finale lungo, cioccolatoso e minerale, con sentori tabacco da pipa e vaniglia. “Vinone” di grande impatto, coeso e diretto, con una profondità espressiva percepibile che va lasciata evolvere nel tempo, unico grimaldello in grado di aprirlo in tutto il suo potenziale.

EMILIA ROMAGNA

FATTORIA PARADISOForlì Rosso Mito 2005

Il Mito è frutto di un assemblaggio che rappresenta in sé un messaggio, quello che la famiglia Pezzi ha voluto lanciare per dimostrare che fare vini espressivi di un territorio non vuol dire avere il paraocchi e ancorarsi alle tradizioni con morbosità. La vigna del Poggio regala uve internazionali che hanno saputo ambientarsi nel cuore della Romagna, respirando l’aria della riviera e nutrendosi dei minerali della terra di Bertinoro. Nasce così questo vino, blend di merlot (50%), cabernet sauvignon (40%) e syrah (10%), sanguigno e solare come un buon romagnolo, moderno ed elegante come vero bordolese, grazie ad anni di studi e sperimentazioni, ricerche e selezioni. Il protocollo di produzione, secondo il consolidato stile aziendale, seguito dalle cure di Roberto Cipresso e Jacopo Pezzi, prevede la consueta raccolta manuale e la vinificazione avviata in acciaio sotto controllo termico e completata in barriques di Allier, dove si svolge malolattica e affinamento di due anni. Il vino appare rosso rubino, livido e compatto; i profumi sono primariamente fruttati, di prugna e ciliegia, con riverberi di caffè e tabacco, macis e vaniglia. In bocca è piuttosto irruento, si impossessa del palato con calore e vigore tannico, poi esce il nerbo acido che bilancia i toni e mette in luce le fragranze. Ribes e marasca, quasi in confettura, poi la deglutizione e l’onda aromatica fatta di liquirizia, pepe nero, bacche di ginepro e cacao. Un vino importante e ambizioso, strutturato e ricco di sostanza, ben realizzato e gustoso, da riscoprire in evoluzione. Un Mito della Romagna impreziosito da un’etichetta “Nobel” a firma di Dario Fo.

FRIULI VENEZIA GIULIA

GIOVANNI DRICOF Rosso Il Roncat 2003

Il “razionale sognatore”, come ama definirsi Giovanni Dri, trasmette in tutti i suoi vini quello che è il suo dichiarato sogno, la voglia di fare prodotti sempre migliori e sempre più buoni. Il Roncat Rosso è un esempio di questa filosofia, ottenuto da un minuzioso quanto riuscito equilibrio proporzionale tra le uve refosco, schioppettino, cabernet sauvignon e merlot, sapientemente coltivate sulla collina del Roncat, meticolosamente vinificate e invecchiate un anno e mezzo in barriques. L’aspetto è rubino ancora vivo, con trasparenze scarlatte e riflessi granati; l’approccio olfattivo è ampio e balsamico, con un apporto fruttato di mora e mirtillo. L’assaggio rivela una consistenza viscosa e gustosa, con sentori di prugna in confettura e marasca; il tessuto tannico è ben levigato, la freschezza apprezzabile, il ritorno aromatico lineare e piacevole con fragranze minerali e vanigliate. Un vino molto interessante, con una traccia caratteriale friulana ben riconoscibile, impreziosita dall’apporto aromatico del Merlot e del Cabernet, intenso, profondo e, dopo otto anni, ancora virile …  un superfriulan.

LA RONCAIACOF Rosso Il Fusco 2005

La passione che anima la famiglia Fantinel nella realizzazione di vini espressione dei Colli Orientali del Friuli, con il brand la Roncaia, si permea in questo vino che racchiude in se una amalgama di terroir e carattere, con il sofisticato e originale assemblaggio di refosco dal peduncolo rosso (40%), cabernet franc (20%), merlot (30%) e tazzelenghe (10%). Le uve, risultato di una certosina selezione clonale e di una scrupolosa gestione (a guyot) dei vigneti e vengono raccolte in epoche diverse in base al grado di maturazione del vitigno. Il Refosco in particolare subisce da subito una breve passitura, poi viene avviato alla vinificazione, che si svolge separatamente per i quattro uvaggi. I mosti vengono posti in diversi tini di rovere, dove permangono dalle tre alle quattro settimane, durante le quali vengono eseguite frequenti follature. Dopo la svinatura si procede all’assemblaggio e al trasferimento di barriques nuove, dove il vino matura per oltre un anno durante il quale si effettuano opportuni travasi. Una volta imbottigliato, il prodotto riposa ulteriori 6-8 mesi in cantina prima della vendita. Ottima veste cromatica, rubino compatto, impreziosita da riflessi purpurei e venature granate. I profumi sono soffici e immediati, con prevalente fragranza di frutti di bosco maturi e note vegetali fresche, la coda aromatica è centrata su sentori di liquirizia e vaniglia. In bocca è corposo e intenso, il tenore alcolico scalda il palato (14,5°) e i tannini si snodano senza aggredire; la traccia fruttata richiama la composta di ciliegie e si amalgama bene nel tessuto tannico con un bel ritorno aromatico di pepe e cioccolato. Un prodotto stimolante e a suo modo didattico, in cui si percepiscono il nerbo del Refosco e la morbidezza del Merlot, il corpo del Cabernet e il carattere nervoso del Tazzelenghe. Volendo fare appunti in questa fase evolutiva, si percepisce una lieve sfilacciatura della componente acida, ma il vino è in viaggio verso una meta sconosciuta che certo incuriosisce.

PIERA MARTELLOZZOFriuli Grave Tabbor 2008

Lo stile dei vini prodotti da Piera Martellozzo è sempre volto ad una fisionomia di grande fascino ed eleganza, che viene ricercata nella cura della materia prima, sia come scelta del vitigno giusto nel terroir a lui più congeniale, sia nell’attenta e scrupolosa vinificazione. Le uve di merlot e cabernet sauvignon che compongono il Tabbor nascono tra la ghiaia e i ciottoli di un’area compresa tra l’Isonzo e il Tagliamento, nel cuore della Doc Friuli Grave. Sistema di allevamento a spalliera e densità d’impianto tra i 4000 e i 5000 ceppi/ettaro per una resa di 80 q/h, questi sono i numeri che definiscono il nutrimento dei grappoli, alimentato da un ottimo substrato. Dopo la vendemmia e la pigiadiraspatura le uve si lasciano macerare sulle bucce per più di due settimane, durante le quali vengono eseguiti frequenti rimontaggi per ottimizzare il grado di estrazione di colore e tannini. La fermentazione alcolica e quella malolattica vengono svolte negli stessi serbatoi di acciaio e dopo la sfecciatura il vino matura un anno in barriques prima di affinare in bottiglia ulteriori tre mesi. Di colore rubino intenso e luminoso, esprime profumi tipici del taglio bordolese, con frutta a bacca nera in evidenza, more di rovo e sottobosco, poi un cenno floreale di viola e una traccia speziata ancora imberbe di cacao e vaniglia. Al palato è asciutto, abbastanza corposo, con tannini appena graffianti e discreta acidità; prugna e marasca delineano il gusto fruttato, mentre la deglutizione offre un ritorno di caffè e liquirizia, eucalipto e cardamomo per un finale non lunghissimo. Costruzione esemplare e raffinata, quasi aristocratica, da aspettare per una maggiore apertura anche se già fruibile.

LAZIO

CANTINA SANT’ANDREA Lazio Rosso Sogno 2007

La famiglia Pandolfo fa vino da oltre un secolo, fin dal 1880 tra Pantelleria e la Tunisia, una viticoltura difficile, ma soprattutto un’attività spezzata dalla fillossera e dallo storico decreto tunisino che nel ’64 espropriò tutti i beni di proprietà straniera. Fu allora che Andrea Pandolfo, nipote dell’omonimo capostipite di questa “dinastia” di viticoltori, acquisì un piccolo podere vicino a Terracina, da cui ebbe inizio una nuova storia. Da questa storia oggi nascono vini ottimamente realizzati, con il recupero e la valorizzazione di vitigni autoctoni storici e unici, nonché attraverso l’utilizzo di varietà internazionali acclimatate e accuratamente sperimentate. Il Sogno è simbolo di questo binomio, realizzato con uve merlot (85%) e cesanese (15%) allevate su fondo sabbioso con impianti a tendone, densità tra i 3.500 e i 5.000 ceppi/ettaro ed una resa di circa 70 q/h. Raccolte e pigiadiraspate in pieno settembre, le uve vengono avviate alla vinificazione in serbatoi termoregolati di nuova concezione dove, attraverso una macerazione attenta che dura circa tre settimane, avviene una ideale estrazione polifenolica e antocianica. Ultimata la fase fermentativo-alcolica, il vino viene tradotto in piccoli contenitori di acciaio inox dove in circa tre mesi svolge naturalmente la malolattica e successivamente viene travasato in barriques nuove di rovere dove matura un anno e mezzo. Dopo l’imbottigliamento segue un affinamento di almeno tre mesi prima della commercializzazione. Appare rubino intenso e luminoso, molto scuro ma illuminato da riflessi vivaci. Profumi aperti e succulenti, di bacche mature e spezie dolci; un cenno di peonia accompagna sentori di ciliegia e sottobosco, poi l’allungo aromatico, fatto di tabacco, terra umida, cacao e china. In bocca è ampio e soffice, velato da tannini grintosi, ma setosi e armonici, ghiotto di frutta matura e polposa, mora e lampone; il sorso regala un retronasale ricco di fragranze, con ricordi di vaniglia e pepe nero e con note iodate e balsamiche. Un vino di grande bevibilità, una vera spremuta di frutta, dal rapporto qualità/prezzo pregevole e dal gusto piacevole; non proteso verso mire di longevità sfidanti, ma in grado certo di tenere qualche anno con onore.

CANTINA SANT’ANDREA Lazio Rosso Incontro al Circeo 2008

Incontro al Circeo può sembrare una nuova etichetta, ma si tratta in realtà del vecchio e caro Preludio alla Notte, che dopo un lungo confronto legale ha dovuto abbandonare quella nomenclatura optando comunque per una frase intrigante e di appeal comunicativo. Si tratta di un altro assemblaggio a base merlot (85%), ma questa volta ad impronta sangiovese (15%), realizzato con grande cura dalla cantina Terracinese che si pone ai vertici della produzione regionale. L’areale è il medesimo, sempre di prevalenza sabbiosa, con vigneti allevati a tendone per proteggere il frutto dal sole dell’agro pontino, con una densità di impianto variabile tra 2500 e 5000 ceppi/ettaro per una resa di circa 90 q/h. La raccolta manuale delle uve avviene quasi alla fine di settembre e, dopo diraspatura e pigiatura soffice, il mosto viene avviato alla vinificazione in appositi contenitori termoregolati dove macera circa una settimana e svolge fermentazione. Successivamente il vino viene posto a risposare in serbatoi di acciaio inox per circa tre mesi, quindi passa in barriques di secondo passaggio per sei mesi; una volta imbottigliato, ulteriori tre mesi di affinamento in cantina concludono il ciclo produttivo. Rubino intenso con riflessi violacei, offre profumi soffici e incisivi dal profilo nitido di frutta rossa, susina e ciliegia, con un piacevole spettro aromatico a corredo, che richiama tabacco, chiodi di garofano e humus. Al palato è fragrante e delicato, i tannini sono integrati all’interno del tessuto gustativo, ricco di polpa e succo; amarena e lampone, poi cioccolato e carruba per un sorso agevole e fresco. Non particolarmente lungo, ma di discreta complessità, è un Incontro davvero gustoso tra vino e papille; meno potente del Sogno, certamente meno longevo, ma di pronta beva e in grado di stuzzicare palato e retronasale. Rapporto qualità prezzo ancora da urlo.

CASALE DEL GIGLIOLazio Rosso Mater Matuta 2007

Mater Matuta era la dea del mattino, o dell’aurora, protettrice della vita nascente e della fertilità cui furono dedicati templi vicino al Porto di Roma e nell’antica città di Satricum, a cui Casale del Giglio e Antonio Santarelli sono particolarmente legati. Ad essa è dedicato questo vino, punta di diamante della produzione aziendale, cui da anni vengono riconosciuti premi e critiche di eccellenza. L’assemblaggio di syrah (85%) e petit verdot (15%) viene sapientemente curato da Paolo Tiefenthaler attraverso procedimenti e tecniche differenziate per le due varietà. Il Syrah, che rappresenta la base principale, fermenta a cappello sommerso per circa tre settimane con periodici delestage; il Petit Verdot, che integra corpo e struttura al vino, vinifica attraverso la pratica di follature per un’estrazione tannica e polifenolica ottimale. Dopo la svinatura, che avviene per gravità, i due uvaggi sono posti ancora separatamente in barriques nuove per circa due anni, al termine dei quali avviene l’assemblaggio e l’imbottigliamento, cui segue un periodo di affinamento di circa un anno durante il quale il vino riposa in cantina. Appare subito evidente la grande consistenza, ondeggia cupo e denso nel calice, rubino impenetrabile con rari riflessi violacei. Il panorama olfattivo è peculiare e conturbante, dominato da aromi terziari che avvolgono i profumi di ciliegia matura e impreziosito da cenni floreali di violetta. Il vortice aromatico è trascinante, chicchi di caffè, timo, cannella humus e vaniglia; con questo approccio ancora vivo l’assaggio si rivela coerente e complementare. Notevole l’impatto, con gusto fruttato vivo di amarena e prugna, solo accennata la confettura, si apprezza una solida base tannica che lega le componenti in libero arrembaggio tra calore alcolico e freschezza acida. La deglutizione stimola i recettori attraverso l’accostamento a infinite sfaccettature speziate, macis, pepe nero, cuoio, radice di liquirizia, poi lievi note ematiche e un respiro appena selvatico e muschiato. Un vino che impreziosisce il profilo qualitativo dell’enologia laziale, una vera carica esplosiva che offre emozioni sensoriali e immaginario evolutivo.

MARCHE

IL POLLENZAMarche Rosso Il Pollenza 2004

Famiglia antica e nobile, quella del conte Aldo Brachetti Peretti, che può vantare perfino la presenza di due papi nell’albero genealogico (Pio VIII e Pio IX); famiglia che trova nel campo petrolifero una dimensione imprenditoriale di successo e nel campo vitivinicolo, dal 1988, la misura e il legame emozionale con le proprie origini, la propria terra e la passione per il vino. Il Pollenza è il vino di punta, quello che incarna la pervicace ricerca della perfezione qualitativa e sensoriale per esprimere, attraverso di esso, una filosofia aziendale e familiare. Nasce nel 2001 sotto l’ala creativa di Giacomo Tachis, ma da qualche anno è curato e regolato con altrettanta talentuosa competenza da Carlo Ferrini. Sono molti i fattori che, opportunamente monitorati, hanno nel tempo orientato le scelte varietali nell’assemblaggio di questo vino, scelte diverse che di volta in volta hanno affinato il dosaggio e a volte la stessa presenza di Sangiovese, Merlot o Cabernet Franc a corredo di una base di Cabernet Sauvignon. Il 2004 è realizzato, nello specifico, con cabernet sauvignon (65%), merlot (25%) e cabernet franc (10%), ma sulle percentuali non metto la mano sul fuoco. Il sistema adottato per gli impianti è la controspalliera con potature a cordone speronato, con una densità media di 5600 ceppi/ettaro ed una resa di circa 50 q/h. Raccolte a ottobre e piagiadiraspate, le uve macerano circa 12 giorni sulle bucce e svolgono le fasi fermentative (alcolica e malolattica) in vasi di cemento vetrificato termoregolati. Una volta effettuata la svinatura si passa in barriques di Allier di secondo passaggio per circa 13 mesi prima dell’imbottigliamento, cui segue un breve affinamento in cantina prima della commercializzazione. Il colore è tonico, rubino vivo, con una trasparenza limpida e luminosa, con riflessi e unghia vagamente granati. I profumi, centrati su fragranze di amarena e bacche nere, si aprono rapidamente su note speziate e rivoli di infiorescenza appassita; l’estensione aromatica è calda e progressiva, con sentori di terra umida, muschio, sottobosco e mineralità. Al palato è snello, debitamente acido e tannico, sapientemente morbido, profondo e abbacinante; ancora frutta rossa matura, poi note vegetali e un sorso tiepido e sapido, che stimola abbondante salivazione e persistenza retronasale, composita e raffinata. Pietra focaia, cacao amaro, tabacco da pipa, note di torrefazione, sensazioni ematiche e ferrose, poi un respiro finale balsamico e corroborante; una sequenza elegante e piacevole che chiude una degustazione di classe, appagante, aristocratica, modulata e riflessiva.

IL POLLENZAMarche Rosso Cosmino 2007

Tra le colline del maceratese, dalla cinquecentesca e sontuosa villa che accoglie il cuore pulsante dell’azienda, ecco il fratello minore del Pollenza … e la mia personale ammenda. Ricordavo infatti il Cosmino come un assemblaggio di taglio bordolese, ma già dall’annata 2004 sono state prodotte versioni senza Merlot e anche questo 2006 è realizzato solo con cabernet sauvignon. Una piccola incursione “purista”, che spero vorrete perdonare perché merita senza dubbio il giusto tributo, seppure in questo contesto multi-varietale. Le uve coltivate sempre a controspalliera con potatura a cordone speronato, con densità di 5600 ceppi/ettaro e resa di 50 quintali per ettaro, vengono vendemmiate a ottobre e pigiadiraspate per essere poi poste a macerare circa dieci giorni a temperatura controllata. Nelle stesse vasche di cemento vetrificato vengono svolte entrambe le fasi fermentative, prima di passare in barriques di Allier di secondo passaggio per un periodo di circa dieci mesi di elevazione. Dopo la svinatura, un anno di affinamento in bottiglia precede la commercializzazione. Appare più serrato e compatto alla vista, rispetto al più celebrato Pollenza, ma colpisce per un approccio olfattivo dal notevole apporto floreale, che conferisce da subito un tono di eleganza al bouquet. Rosa e viola quindi, poi sviluppo fruttato a base di cassis e spezie, articolate su sentori di tabacco, alloro e vaniglia. In bocca è piuttosto corposo, i tannini sono energici e modulati e l’acidità pregevole; le fragranze fruttate di ribes e prugna avvolgono il palato su un registro maturo, il sorso è pieno e regala piacevoli ritorni balsamici vagamente mentolati, con note di liquirizia e un ricordo di rabarbaro. Lunghezza ed eleganza sono i due parametri che determinano una valutazione qualitativa di spessore.

PUGLIA

CANDIDO Salento Rosso Cassio Dione 2006

Oltre ottant’anni di viticoltura salentina, tre generazioni di amore per questa terra, passione per il vino, tradizioni ed esperienza, innovazione e sperimentazione; questo è la famiglia Candido in quel di San Donaci. Il Cassio Dione è un emblema di tutto questo, appena alla sua seconda edizione, dopo un 2005 di esordio quasi trionfale, coniuga le caratteristiche complementari e tipicamente salentine del negroamaro e del primitivo utilizzati in egual misura. Le uve selezionate e pigiadiraspate vengono vinificate in appositi contenitori termoregolati a 27° dove la sosta sulle fecce dura circa una settimana e la fermentazione viene innescata con lieviti selezionati. Un passaggio volutamente breve in barriques precede l’imbottigliamento e la commercializzazione. L’aspetto è limpido e rubicondo, piuttosto compatto nel colore e lucido nei riflessi; i profumi sono ben articolati e prevalentemente fruttati, con richiami al sottobosco, alla mora di rovo, poi note vegetali e una sottile speziatura che gioca tra il piccante della paprika e il dolce della vaniglia. In bocca si conclama il carattere morbido e armonioso ricercato e ottenuto con l’attenta vinificazione, tempi di estrazione ridotti e legno usato col contagocce. Freschezza acida e delicatezza tannica sorreggono una gustativa centrata sul frutto maturo, cassis e lampone, impreziosita da un timbro aromatico gradevole di pepe nero e rabarbaro, giustamente lungo nel post-beva. Un vino che affianca il Duca D’Aragona al vertice della produzione, offrendo uno spaccato di Salento più moderno ed elegante, ma inderogabilmente ispirato ai lineamenti più tradizionali.

CANDIDOSalento Rosso Duca d’Aragona 2004

Cede la leadership di produzione della storica cantina salentina al Cassio Dione, ma nasce molto tempo fa con il chiaro intento di proporre un’espressione del terroir in grado di affrontare il tempo con lungimiranza e conservare intatti negli anni il carattere e la tipicità. Il negroamaro è la spina dorsale (80%) di un blend con il montepulciano costruito da Severino Garofano (con l’azienda fino al 2004), grande enologo, umorista e meridionalista piuttosto avverso agli eccessi polposi da estrema concentrazione e sovra-estrazione. La selezione dei vitigni ha subito probabilmente qualche aggiustamento nel corso degli anni, ma sempre con l’obiettivo di fornire al vino la giusta capacità evolutiva. Le uve pigiate e diraspate macerano lasciando il mosto a contatto con le bucce, poi attraverso l’utilizzo di lieviti selezionati si dà avvio al processo fermentativo, al termine del quale il vino matura un barriques per un anno prima di essere imbottigliato. Alla vista è luminoso e intenso, di colore rosso rubino con unghia leggermente scarica e venature granate. Al naso offre profumi netti di frutta rossa matura con una bella trama speziata a corredo dello sviluppo aromatico, che si snoda tra le erbe dolci e cenni vanigliati. In bocca è piuttosto rigido, si apre con parsimonia lasciando all’attacco acido il primo approccio, poi le fragranze di prugna in confettura e melograno si liberano con un registro tannico sostenuto. La deglutizione restituisce un buon timbro speziato, con ricordi di tabacco, cuoio e pepe rosa; discreta la persistenza e il residuo sapido.

SARDEGNA

ARGIOLASIsola dei Nuraghi Rosso Korem 2007

Il legame tra la famiglia Argiolas e la viticoltura sarda è prossima a festeggiare il suo centenario, attività avviata da Francesco nel 1918 con una forte accelerazione negli anni ’80, quando molti vignaioli dell’isola cedettero agli stimoli economici comunitari che inducevano ad espianti viticoli. In controtendenza fu proprio allora che gli Argiolas impressero alla loro produzione una svolta, investendo nella riqualificazione dell’azienda, nella sperimentazione varietale ed avviando la collaborazione con Giacomo Tachis. Oggi la proprietà conta 230 ettari di vigneti e cinque fattorie, tra Serdiana, Trexenta e Sulcis; concentrandosi sui vitigni autoctoni Argiolas interpreta con fedeltà il carattere e l’anima isolana del vino sardo, erede di una cultura antica, nuragica e fenicia. Il Korem nasce da un felice assemblaggio di bovale sardo (55%), carignano (35%) e cannonau (10%), provenienti dalla Tenuta Sa Tanca, dove il terreno di medio impasto è tendenzialmente argillo-calcareo. Raccolte manualmente, le uve vinificano a contatto con le bucce per circa due settimane e svolgono la malolattica in vasche di cemento vetrificato. La fase successiva prevede un periodo di maturazione in barriques di circa un anno, cui seguono sei mesi di affinamento in bottiglia. Ha una veste cromatica rubino vivido e compatto, con leggerissime sfumature granate. Il panorama olfattivo è avvolgente e tutt’altro che banale, la componente fruttata domina con sentori di visciole e lamponi, poi emerge la trama speziata, con note di cacao, grafite, tabacco e chiodi di garofano. Al palato conferma una complessità apprezzabile dove la progressione parte ancora dalla frutta matura, mora e ribes, si snoda su un tessuto tannico fitto e gradevole, ben svolto, passa attraverso un sorso caldo e pieno che si estingue in un ritorno aromatico ancora ricco di sfumature, liquirizia e china, con un allungo minerale e vagamente amaricante. Un ottimo prodotto, abilmente realizzato, senza eccessi lignei o estrattivi, fragrante ed equilibrato, discretamente lungo e profondo, da bere senza aspettare troppo.

ARGIOLASIsola dei Nuraghi Rosso Is Solinas 2007

Is Solinas è una località del Sulcis, dove il Carignano offre il meglio di sé e dove la famiglia Argiolas lo coltiva accuratamente su terreni prevalentemente sabbiosi con elementi argillo-calcarei, dove le uve godono dei benefici effetti climatici del prospiciente Golfo di Palmas. Il vino che omaggia questi luoghi attinge quasi interamente al carattere e alla corposità del carignano (95%) che viene corretto con una piccola aggiunta di bovale sardo (5%), il quale irrobustisce la tenuta tannica del prodotto fornendo uno spessore evolutivo più marcato. Raccolte tra settembre e ottobre, le uve svolgono la fase macerativa e la fermentazione alcolica nelle prime due settimane di attenta vinificazione in contenitori di acciaio termoregolati, poi vengono trasferite in vasche di cemento vetrificato dove si innesca e si sviluppa la fermentazione malolattica. Dopo la svinatura si passa in barriques per un periodo di maturazione di circa un anno e quindi si procede all’imbottigliamento, cui segue ancora qualche mese di affinamento prima della vendita. Nel calice offre un colpo d’occhio rubino vitreo, piuttosto fitto e cangiante in riflessi purpurei. L’approccio olfattivo è tendenzialmente terziario, con cenni di pepe e cannella che si amalgamano in progressione a note di mirtillo e marasca matura; poi torna la vena speziata che apre a vaniglia, menta e tracce di caffè tostato. In bocca entra senza irruenza, calzando un velo tannico fitto ma ben sviluppato, offrendo calore e buon sostegno acido alle fragranze fruttate di amarena e visciola, anche in confettura. Nel retrogusto si sviluppa una cornice aromatica che accoglie la gustativa in un respiro fatto di macis, lauro, cocco e cioccolato, con un lieve residuo ammandorlato. Un vino godibile e solare, con un certo appeal mediterraneo ed una consistenza ricca di fragranze.

ARGIOLASIsola dei Nuraghi Rosso Iselis 2008

Ci troviamo nelle Tenute Iselis, su terreni prevalentemente calcareo-marnosi, nella zona di Serdiana, con un assemblaggio a base monica con piccole frazioni di carignano e Bovale sardo; ancora una volta una ricerca espressiva che attinge al carattere delle uve autoctone e che ne dipinge in questo caso un quadro a tinte forti e generose. La vinificazione avviene secondo il protocollo consolidato in casa Argiolas dal bravo Mariano Murru e che prevede circa due settimane di fermentazione alcolica e macerazione in serbatoi di acciaio a temperatura controllata, seguiti da altre due settimane circa di permanenza in vasi vinari di cemento vetrificato per lo sviluppo completo della malolattica. Maturazione di un anno in barriques e affinamento in bottiglia di sei mesi concludono il ciclo produttivo. Il vino appare concentrato e scuro, denso e lucido, offre profumi incisivi di frutta sottospirito, ciliegie e amarene, accompagnate da un discreto corredo di erbe aromatiche e spezie orientali, curry, coriandolo e un tocco piccante di paprika. Al palato è complesso e strutturato, i tannini sono solidi e in espansione, il frutto è carnoso e ricorda più la prugna, il sorso è caldo e regala una speziatura interessante con ritorni di noce moscata, tabacco da pipa e cacao. Molto particolare, spesso il Monica rivela personalità e intensità, ma non sempre trova profondità gustativa e ampiezza aromatica; appare chiaro un percorso evolutivo in divenire che merita future verifiche, bravi tutti.

SICILIA

DONNAFUGATAContessa Entellina Rosso Mille e una Notte 2006

La storia di questa azienda non ha bisogno di introduzioni, nata quasi trent’anni fa per volere della famiglia Rallo che per 150 anni era stata protagonista nella produzione del Marsala. Un progetto importante e rivolto a realizzazioni di altissima qualità che rapidamente ha visto ripagato tanto impegno. Con il Mille e una Notte corre l’obbligo di accennare alla storia del Belice, che fu meta della regina Maria Carolina fuggita dalla corte di Napoli nell’800 per l’arrivo delle truppe napoleoniche. Donnafugata trae il suo nome proprio da quello che lo scrittore Giuseppe Tomasi di Lampedusa usò nel Gattopardo per riferirsi a quei possedimenti. Anche le etichette e i nomi dei vini stessi sono ispirati a questa storia così legata ai luoghi che accolgono i vigneti di Donnafugata; così questo vino di punta, espressione pregiata del vitigno simbolo della Sicilia, riporta l’effige del palazzo di Santa Margherita Belice, rifugio di Maria Carolina. Le uve, quasi tutte nero d’Avola (90%) con una piccola correzione di altre varietà, vengono allevate a controspalliera e potate a cordone speronato, con una densità d’impianto di 5000 ceppi/ettaro per una resa di circa 40 quintali per ettaro. Le uve raccolte e pressate vinificano in acciaio inox dove macerano a contatto con le bucce per circa dodici giorni e dove svolgono sia la fermentazione alcolica che la malolattica. Successivamente il vino passa in barriques dove matura circa un anno e mezzo, dopo l’imbottigliamento affina due ulteriori anni in cantina. Di colore rubino piuttosto cupo, compatto e imperscrutabile, offre profumi molto complessi e articolati in tutte le sue componenti. Quella fruttata ricorda piccole bacche nere mature o in confettura, come mirtilli o more; quella floreale ricorda la violetta e quella speziata liquirizia, grafite, tabacco e china. In bocca è pingue, cremoso e strutturato, i tannini sono robusti e si amalgamano al gusto polposo di prugna e cerasa matura. Il sorso è appagante, sapido e masticabile, il retro nasale è investito di aromi terziari gustosi e persistenti di cassis, catrame, cuoio, ancora liquirizia e da un respiro balsamico finale. Vino importante e ricercato, che negli anni è stato affinato nella ricerca della giusta espressività e carattere, oggi perfettamente riconoscibili.

RAPITALA’Sicilia Rosso Hugonis 2005

Dall’unione tra il carattere fortemente meridionale del nero d’Avola e l’appeal internazionale del cabernet sauvignon nasce un vino che incarna proprio il connubio franco-siculo tra Laurent Bernard de la Gatinais e la grande isola. Un vino dedicato proprio a Hugues Bernard conte de la Gatinais che nel 1968 sposò Gigì Guarrasi con cui avviò la ricostruzione e riconversione tecnica e varietale di strutture ed impianti della Tenuta dopo il terremoto che sconvolse il Belice. I vigneti sono estesi su terreni tendenzialmente ricchi di argilla, allevati a guyot con resa di circa 70 q/h; le uve vengono raccolte in pieno settembre, quando il grado di maturazione è ideale, e avviate alla vinificazione. Il processo inizia separatamente in piccoli contenitori di acciaio dove si svolge una lenta macerazione, che per il cabernet supera i 15/20 giorni. Terminate le fasi fermentative, i due uvaggi proseguono separatamente anche i primi dieci mesi di maturazione in legno: barriques per il cabernet e botti di rovere da 30 hl per il nero d’Avola. Successivamente si assemblano le masse e il vino così ottenuto invecchia altri tre mesi in botti di rovere da 50 hl prima di essere imbottigliato; ulteriori sei mesi di affinamento precedono la commercializzazione. Interessante tonalità cromatica tra il rosso rubino, il cremisi e lo scarlatto, luminoso e limpido; profumi freschi e accattivanti, di frutta dolce come lampone e fragola, con un gradevole bouquet floreale di rosa e violetta. Le note speziate sono intessute nell’impianto olfattivo con richiami a cannella, pepe rosa, sentori iodati e cenni di tostatura. In bocca è fluido e gradevole, il legno è dosato con grande misura, incidendo con giustezza sul gusto; le fragranze di bacche rosse, succose e mature, si accompagnano infatti a note di tabacco dolce, mou e vaniglia. Un vino che mostra intrinseco il volto solare della Sicilia, il gusto dei suoi frutti e il soffio della brezza insulare; forse un po’ corto al palato, con prospettive di longevità mirate al breve e medio termine, ma di beva piacevole e intrigante.

TOSCANA

ANTINORI Toscana Rosso Solaia 2007

La punta di diamante di una produzione di elevatissima qualità e pregio, un’etichetta ormai mitica come il nome Antinori, che rappresenta un modello di sintonia e sinergia fra tradizione territoriale e grandissimi volumi. Un’organizzazione e un affinamento enologico che conta sei secoli di esperienza, finemente trasposta in tutte le etichette Antinori, ma particolarmente racchiusa e concentrata nel Solaia. Il vigneto che porta questo nome si estende su dieci ettari di terreno calcareo-roccioso di tipo alberese, nella Tenuta Tignanello, dove le uve selezionate concorrono a questo assemblaggio solo nelle annate migliori; si contano ad oggi cinque stagioni senza Solaia. Nel corso degli anni il giusto taglio delle uve è stato affinato e integrato, inizialmente solo cabernet (80% sauvignon e 20% franc), in seguito arricchito con l’anima toscana del sangiovese fino all’attuale composizione: cabernet sauvignon (75%), sangiovese (20%) e cabernet franc (5%). L’annata 2007 ha goduto di condizioni climatiche ideali e la raccolta manuale delle uve ha condotto in cantina grappoli perfetti per l’avvio della vinificazione separata dei tre vitigni. Oculatezza nelle fasi di fermentazione e macerazione, con delestage e rimontaggi adeguati alle diverse varietà, temperature controllate e passaggio in barriques per lo svolgimento della fermentazione malolattica. In seguito i tre vini hanno passato un periodo di maturazione di un anno e mezzo in barriques nuove di rovere francese e sottoposti a continui controlli organolettici ed opportuni travasi; dopo l’assemblaggio e l’imbottigliamento il Solaia riposa ancora un anno prima della commercializzazione. Versarlo nel calice e vederlo ondeggiare scurissimo come l’inchiostro è già un’emozione; avvicinarlo al naso e godere di un’infinita sequenza aromatica regala sensazioni inebrianti che si traducono in brividi nel degustarlo. La trama olfattiva è articolata intorno alla polpa del frutto rosso e carnoso, che libera aromi di spezie dolci, liquirizia, terra umida e ricordi di tostatura, accompagnati da nuance floreali e mentolate. Al palato si offre perfettamente armonico e coerente, con uno spunto fruttato ghiotto, un corredo tannico serrato e levigato ed una profondità aromatica lunghissima e raffinata, fatta di cenni minerali, sentori di vaniglia, tabacco, cioccolato al latte e cenni balsamici. Un grande vino, solido, complesso e strutturato, fiero, elegante e autenticamente toscano.

ANTINORI Toscana Rosso Tignanello 2008

Il Tignanello è un vino che, come per il Solaia, identifica un brand, una precisa identità di territorio e una personalità enologica propria e ricercata. L’opportunità di provare due annate è un vero cadeaux della Antinori, all’interno di una selezione di etichette che ha nobilitato i nostri approfondimenti, centrati su un tema che calza proprio a pennello a questi prodotti. La Tenuta Tignanello è il cuore pulsante dell’azienda in pieno Chianti Classico, 350 ettari di cui 147 vitati dove si trovano i 47 ettari dei vigneti Tignanello, giusto vicino ai 10 Solaia, su marne scisto-calcaree. Una tenuta-laboratorio, dove Antinori  ha lungamente operato sperimentazioni volte a ottenere un Sangiovese espressivo del terroir e uve Cabernet (Sauvignon e Franc) in grado di offrire concentrazione e tannini equilibrati. La lunga esperienza ha condotto a pratiche agronomiche evolute, attenta cura del terreno con utilizzo di rocce di Alberese frantumate e vinificazioni oculate, un’evoluzione che ha prodotto risultati oggi universalmente apprezzati. Il Tignanello rompe gli equilibri dell’enologia classica nel 1970 come primo Sangiovese affinato in barrique, poi come primo rosso toscano “tagliato” con uve bordolesi, e nel 1975 fu tra i primi del Chianti a non utilizzare la correzione con uve bianche. Nato come “Chianti Classico Riserva vigneto Tignanello” composto da Sangiovese (75%), Canaiolo (20%) e restante Trebbiano e Malvasia, ha subito negli anni la metamorfosi che lo ha portato ad essere il grande supertuscan che dal 1982 è assemblato con sangiovese (80%), cabernet sauvignon (15% ) e cabernet franc (5%). Dopo la vendemmia e la selezione accurata, i grappoli migliori sono stati avviati alla vinificazione separata dove, per tutto il periodo di macerazione e fermentazione alcolica, sono stati effettuati delestage e rimontaggi regolari. Dopo la svinatura e il travaso in barriques di rovere si è svolta la malolattica e, dopo l’assemblaggio, è stato osservato un periodo di maturazione di circa un anno con travasi regolari; dopo l’imbottigliamento il vino riposa un ulteriore anno in bottiglia. Questo 2008 si presenta rubino concentrato e lucido, con profumi già abbastanza fragranti, nonostante le scontrosità e la “serratezza” di gioventù. Al naso rivela un timbro fruttato acceso con sentori di marasca e sottobosco corredati da un’aria floreale fresca; profondo il respiro terziario che propone note di tabacco, torrefazione, pepe e humus. In bocca è potente, dinamico, esteso, con una carica tannica fitta e penetrante che non grava sulla gustativa, bensì l’arricchisce. Gusto ancora fruttato e caldo, con un sorso pieno e goloso, che lascia un ricordo minerale e vanigliato, con un tocco di rabarbaro sul finale.

ANTINORI Toscana Rosso Tignanello 2007

Un anno di evoluzione può essere poco, può essere molto o semplicemente può offrire spunti di riflessione sensoriale diversi che raccontano la vita di un vino. Alla vista non sembra esserci alcuna variazione, ma già nei profumi si avverte un’apertura diversa, che irretisce, riconducibile anche ad un diverso andamento climatico della stagione. Una progressione che parte da una leggerezza floreale fatta di iris e viola, che passa attraverso la sostanza polposa di bacche rosse turgide e si espande in un allungo aromatico ricco e finemente articolato su cenni di macis, caffè e liquirizia. Al palato arriva pingue e cremoso, senza eccessi, col passo felpato di tannini decisi ma dal tocco soffice, con viva freschezza e gusto pieno. Fragranze di ribes e amarena propongono un tessuto di frutta matura, la deglutizione offre note cioccolatose e un ricordo di cedro candito, il respiro post-beva rilascia sentori speziati e balsamici, ampi e profondi, con un soffuso ricordo di tostatura. Un vino di grande impatto che sfida i sensi e il tempo, armonico e bilanciato in tutte le componenti, prodigo di gusto e personalità fieramente toscana.

ANTINORI Bolgheri Superiore Guado al Tasso 2007

La Tenuta Guado al Tasso si snoda in piena Maremma, circa 100 km a sud di Firenze, all’interno della Doc Bolgheri, per oltre mille ettari di cui 300 vitati con varietà autoctone (Vermentino e Sangiovese) e internazionali (Cabernet, Merlot e Syrah). Il vino che prende il nome proprio dalla tenuta, in onore dei tassi che capita di osservare intenti a “guadare” i corsi d’acqua locali, si realizza dal sapiente assemblaggio di cabernet sauvignon (57%), merlot (30%), cabernet franc (10%) e una piccola correzione di petit verdot (3%). Il 2007 è stato caratterizzato, per l’areale bolgherese, da un andamento climatico estremamente favorevole, particolarmente in fase di raccolta, permettendo una selezione manuale di acini perfettamente integri e maturi, poi diraspati e sottoposti a pigiatura soffice. Fermentazione alcolica e macerazione sono avvenute separatamente in contenitori di acciaio termoregolati per un periodo di circa 2-3 settimane, personalizzando in questa fase operazioni di rimontaggio e ossigenazione a seconda della tipologia di uva e perfino della parcella di provenienza. Svinate le quattro varietà, sono state trasferite, ancora separatamente in barriques nuove per svolgere fermentazione malolattica e poi maturare circa un anno e mezzo. Successivamente si è proceduto ad assemblaggio e imbottigliamento; il Guado al Tasso affina così altri dieci mesi in cantina prima di essere posto in commercio. Appare rubino carico e compatto, ma brillante e intenso nel calice; l’approccio olfattivo è fruttato e fragrante, fresco ed aromatico. Iniziali note di ciliegia e ribes vengono accompagnate da un’apertura floreale di viola, garbata e seducente, poi un’intricata trama speziata si dipana tra sentori di cacao e vaniglia, rosmarino e mentuccia, con un richiamo alla macchia mediterranea. In bocca entra vellutato e progressivo, ancora bacche nere croccanti e succose, mirtillo e marasca; tannini bilanciati e decisi accarezzano il palato con energica delicatezza, poi la deglutizione libera un ritorno aromatico prezioso e composito. Liquirizia, nocciola, cenni di torrefazione e caffè tostato, riverberi balsamici e fumé per un lungo finale raffinato e articolato. Un vino completamente diverso dal Tignanello, a mio giudizio più elegante e meno maschio, su registri più docili e immediati; non c’è Sangiovese e il Merlot arrotonda la struttura del Cabernet, per un’armonia gustativa appagante, ma il carattere è ancora profondamente toscano, con anima bolgherese.

CASTELLO DEL TERRICCIOToscana Rosso Lupicaia 2005

Le storie del Castello e della Tenuta sono secolari e articolate, quella della cantina che conosciamo per i suoi grandi supertuscans è molto più recente e, seppure concepita nell’ambito delle attività agricole da sempre praticate nella Tenuta stessa, si sviluppa in modo determinante a partire dagli anni ’80. Da allora infatti sono stati introdotti e sperimentati nuovi vitigni, affinate tecniche di coltivazione e vinificazione, passando da 25 a 60 ettari vitati su terreni ricchi di sabbie e argille rosse, per effetto del contenuto minerale di rame e ferro. Un’evoluzione che ha messo i vitigni nella condizione ottimale per dare il meglio di sé e trasferire, con il lavoro dell’enologo Carlo Ferrini (dal 1993), le loro peculiarità nei vini in produzione, accrescendone la qualità in termini di corpo, morbidezza, personalità e longevità. Le uve che concorrono a costruire lo splendido Lupicaia, cabernet sauvignon (85%), merlot (10%) e petit verdot (5%), coltivate con una densità di 3600/4000 ceppi/ettaro, vengono vendemmiate a mano in epoche diverse e macerano dalle due alle tre settimane a temperatura controllata. Svolte le fasi fermentative, il vino matura per un anno e mezzo in barriques di Allier nuove prima di essere imbottigliato. Rosso lucido e compatto si muove ombroso nel calice aggrappandosi alle pareti di cristallo; i profumi, dopo opportuna decantazione, sono accesi e fragranti, con note fruttate polpose e una trama speziata composita che si dipana man mano che il vino si ossigena. I descrittori più immediati sono prugna, tabacco, cuoio, humus e noce. Accede al palato con passo deciso, ma la muscolarità dei tannini è compensata dal tenore alcolico e il timbro fruttato ne sfrutta l’abbraccio per appropriarsi delle papille. Il sorso è pieno, masticabile, saporito; deglutendo il retronasale viene investito da aromi balsamici e vanigliati in un lungo intreccio di spezie, con un soffio empireumatico. Un vino impeccabile, granitico, in pieno divenire eppure già emozionante.

CASTELLO DEL TERRICCIOToscana Rosso Lupicaia 2004

Ancora serrato alla vista, con rari riflessi granati che illuminano il rubino. Al naso è fresco, con un gradevole spartito floreale a dirigere le bacche nere come sul pentagramma di una melodia: viola e mirto i protagonisti. Non manca l’apporto più sottile degli aromi terziari con note eteree. In bocca è raffinato e morbido, i tannini, per quanto decifrabili, sono levigati e garbati, il sottobosco accompagna il frutto fino alla sublimazione speziata del sorso, che regala un ricco campionario di fragranze tra cioccolato, liquirizia e vaniglia. Annata davvero appagante, un’agilità di beva sorprendente grazie al supporto acido di ottimo spessore e per effetto di una perfetta armonia tra le componenti.

L’appuntamento è al prossimo approfondimento sull’evoluzione nel tempo con una toccante annata 2001.

CASTELLO DEL TERRICCIOToscana Rosso Tassinaia 2007

Il Tassinaia è considerato forse il fratello minore del Lupicaia, di fatto una seconda linea per l’azienda, ma in realtà è un vino “diverso”, dove il taglio bordolese rivede le sue proporzioni e spartisce il suo contributo sensoriale con il Sangiovese, uva che a sua volta conferisce al vino un carattere di toscanità decisamente più marcato. Gian Annibale Rossi di Medelana, patron dell’azienda vinicola all’interno della Tenuta di famiglia, ci regala una vera e propria verticale di questo vino, per attraversare insieme a lui il tempo e percepire in esso l’identità di un territorio che ha saputo trarre la massima espressività dal connubio di tre vitigni così diversi e così complementari. Il sistema di allevamento è quello del cordone speronato, con una densità di impianto di circa 5600 ceppi/ettaro, sempre sotto l’attento controllo dell’enologo Carlo Ferrini che sovrintende al processo produttivo dalla vigna alla bottiglia. Le uve di sangiovese, merlot e cabernet sauvignon, utilizzate i equo dosaggio, vengono vendemmiate manualmente in più passaggi a seconda del grado di maturazione del vitigno (in genere prima il Merlot, poi il Sangiovese e infine il Cabernet) nel mese di settembre, e successivamente selezionate con cura prima di essere pressate e diraspate. La successiva fase prevede un periodo di fermentazione e macerazione sulle bucce che dura complessivamente circa tre settimane e, dopo la svinatura, i tre uvaggi vengono posti, ancora separatamente, a maturare 14 mesi in barriques di Allier di secondo (80%) e terzo (20%) passaggio (il legno nuovo è riservato al Lupicaia). Seguono il filtraggio, l’assemblaggio e l’imbottigliamento, dopodiché il vino affina circa un anno in cantina prima di essere commercializzato. Impenetrabile e torvo, ondeggia nel calice senza cedimenti di luce o colore; al naso è un concentrato di aromi istintivamente fruttati, con il sottobosco in evidenza e un timbro vegetale a corredo della trama speziata ancora poco sviluppata, ma tendenzialmente percepibile. In bocca è una sferzata di tannini e acidità, un intreccio virile ma equilibrato, poi le bacche nere si delineano su un fondo minerale interessante, con uno sviluppo aromatico incipiente che stimola le papille e il retro nasale con sentori di terra umida, china e un cenno di liquirizia amara. Un vino profondo e di spiccato carattere, che ha ispirato a tutto il panel prospettive di evoluzione interessantissime, da conservare in cantina con la certezza di ritrovarlo tra qualche anno con un corredo di fragranze integro e ancora più ampio.

CASTELLO DEL TERRICCIOToscana Rosso Tassinaia 2006

Bel colore, intonso ed intenso nel suo rubino carico, appena illuminato da rari barbigli purpurei. L’approccio olfattivo è ad appannaggio dei vitigni bordolesi, nell’apertura fruttata a base di more e mirtilli con un tocco di caramello, poi il velo balsamico del sole di Maremma e lo sviluppo terziario del Sangiovese. Al palato è vivacissimo, fresco e tannico da attivare subito la salivazione, il fruttato vira sulla ciliegia e il tratto speziato accompagna il sorso con sentori di tabacco, caffè e chiodi di garofano; un ritorno vagamente amaricante di rabarbaro caratterizza il finale, non lunghissimo, ma complesso e stimolante. Buono e ancora in evoluzione, con il sangiovese in evidenza più in bocca che al naso, equilibrato e godibile sia oggi che tra qualche anno.

CASTELLO DEL TERRICCIOToscana Rosso Tassinaia 2005

Rubino intenso, appena acceso e con lievi riflessi granati; i profumi si intrecciano tra i frutti di bosco e le note vegetali, ribes nero e mora, poi lavanda, rosa, bacche di ginepro, canfora e note mentolate. In bocca entra morbido e vellutato, i tannini sono levigati, vagamente polverosi ma solidi, il tema fruttato è succulento, ricorda la prugna e l’amarena, il riverbero floreale è un soffio elegante. Deglutendo si apprezzano le sfumature terziarie di cioccolato, cassis, liquirizia e vaniglia, con un bel respiro balsamico. Vino delizioso, in perfetto stato e forse al massimo della sua espressività.

CASTELLO DEL TERRICCIOToscana Rosso Tassinaia 2004

Colore integro, nessun cedimento se non nell’unghia, a guardarlo sembra più giovane. Al naso è vivo e fruttato, con sentori di prugna matura e mirto; un lieve soffio di violetta introduce la trama speziata che si articola su note di tabacco, pepe bianco, cannella ed eucalipto. Al palato si offre con un nerbo acido di tutto rispetto e struttura tannica virile; il gusto è solido e del frutto si avverte più buccia che polpa, con cenni di marasca e ribes. Il respiro post beva è ben lungo e dinamico, di ottima coerenza gusto-olfattiva e dal timbro balsamico profondo. E’ piaciuto molto ed ha sorpreso per una netta inclinazione ad evolvere ulteriormente.

Anche con il Tassinaia ci sarà un ulteriore salto nel tempo con il tasting dell’annata 2001 nel prossimo incontro dedicato ai grandi vini rossi da invecchiamento.

CASTELLO DEL TERRICCIOToscana Rosso Castello del Terriccio 2006

Al vino omonimo della casa, relativamente giovane con i suoi 11 anni di vita, viene affidato il compito di rappresentare in ogni annata l’espressione della tenuta senza vincoli stringenti sulle percentuali di assemblaggio. Mentre il Lupicaia (praticamente Cabernet di Maremma) deve emularsi ogni anno e il Tassinaia deve confermare la sua consolidata fisionomia, il Castello del Terriccio, con base syrah (50%) e petit verdot (25%), può recepire di volta in volta le sperimentazioni e le colture migliori della Tenuta nel restante quarto di blend disponibile. La vinificazione ricalca la filosofia che ha fatto grande questa azienda, con una cura maniacale nella coltivazione, vendemmie oculate e attente e selezioni accurate dei grappoli migliori. Le uve vengono pressate e diraspate per procedere alla macerazione e fermentazione che può durare 10-15 giorni a seconda del vitigno. Segue l’assemblaggio e la maturazione in barriques di Allier nuove per oltre un anno e mezzo, cui segue il consueto anno di affinamento in bottiglia prima della commercializzazione. Ne scaturisce un vino estremamente godibile e dinamico, mediterraneo e solare, che già alla sua prima uscita ha raccolto enormi consensi e che nel corso della sua giovane ribalta ha vissuto annate a dir poco strepitose. In questo viaggio sensoriale abbiamo il privilegio di degustare due ottime annate, a partire da questa 2004, dal colore estremamente carico, un rosso livido, impenetrabile come l’inchiostro e raramente acceso da riflessi di luce. Al naso si impone con ampie nuances fruttate dal profilo maturo di ribes e mirto, cui si accompagnano velature floreali di viola e inconfondibili sentori di macchia mediterranea. L’estensione aromatica è composita e finemente speziata, con note di cuoio, grafite, tabacco e un riverbero selvatico. In bocca è progressivo, seppure l’approccio caldo e alcolico appare irruento, con tannini decisi che via via si assestano con la masticazione e si avvalgono del gusto fruttato di prugna sotto spirito e della freschezza acida ben presente. La gustativa è appagante, il sorso pieno e il ritorno aromatico ricco e persistente, con rivoli vanigliati, cenni di humus e cacao con una bella scia minerale. Stagione calda, alcol incisivo, struttura e nerbo, per un prodotto vibrante che nel tempo saprà evolvere in modo raffinato e più docile.

CASTELLO DEL TERRICCIOToscana Rosso Castello del Terriccio 2004

Colore concentrato ma vivace, profondo ma luminoso. Profumi molto ampi e intriganti, in cui mora e amarena si intrecciano a note speziate gradevoli di cacao, cannella, liquirizia e cuoio fresco. Complesso e ammiccante, chiude con sentori sommessamente erbacei di fieno tagliato e suadenti velature balsamiche. Al palato è fresco, con tannini vivi ma garbati, fruttato e fragrante con note di fragole e lamponi; poi una sequenza di sensazioni stimolanti che evocano le erbe aromatiche, il pepe rosa, la pietra focaia, l’anice e la macchia mediterranea. Un vino travolgente e appagante che non può emulare l’eleganza del Lupicaia, né vuole ricalcare la personalità del Tassinaia, ma che si presenta con un carattere tutto suo, una bevibilità efficace e stimolante … e un grande futuro.

CASTELLO DI VOLPAIA Chianti Classico Coltassala Riserva 2006

Non sono mai abbastanza le parole da spendere sulla pregevole realtà del Castello di Volpaia, cui tutti riconoscono il merito di aver saputo conservare intatto il profilo storico-architettonico dell’Alto Chianti. Un vero e proprio borgo medievale, fortificato tra Firenze e Siena, nel comune di Radda in Chianti, dove oggi come undici secoli fa la vita scorre tra antiche case e chiese sconsacrate, mentre il vino scorre in un “vinodotto” sotterraneo. Grazie quindi a Giovannella Stianti e Carlo Mascheroni per un impegno che regala uno scenario da brividi e un’autenticità enologica sopra le righe. Il Coltassala è una Riserva di Chianti Classico realizzato con sangiovese (95%) e mammolo (5%); i vigneti sono allevati con doppia tipologia di impianto, cordone speronato e capovolto toscano, su arenaria di tipo limo-sabbioso, riducendo le rese fino a 45 q/h. Dopo la raccolta manuale, le uve diraspate e sottoposte a pigiatura soffice vinificano in serbatoi di acciaio termoregolati, dove la fermentazione viene innescata da lieviti autoctoni e si svolge per circa due settimane, durante le quali si operano opportune follature. Ulteriori dieci giorni di macerazione sulle bucce precedono l’avvio della fermentazione malolattica, che viene svolta interamente in acciaio; successivamente il vino passa in barriques di Allier dove matura per circa un anno e mezzo. Appare rubino serrato con tracce granate nei chiaro-scuro; offre profumi ampi e incisivi che, attorno a un cuore di visciola e lampone, dispiega una raffinata sequenza speziata che si articola su note di cacao dolce, grafite, eucalipto e vaniglia. In bocca è potente e strutturato, i tannini donano un intrigante timbro austero e aristocratico che nella masticazione acquista morbidezza; ancora fondo fruttato, con prugne, amarene e more, mentre il corredo è aromatico e fresco, con tabacco dolce, liquirizia e un lungo finale minerale e balsamico. Vino di grande espressività, con un’anima profondamente “chiantigiana” che la barrique riveste a tratti in stile più moderno, vibrante ed elegante.

TRENTINO

POJER E SANDRIDolomiti Rosso Faye 2007

Quando nel 1975 i vigneti ereditati da Fiorentino Sandri incontrarono il fresco diploma in enologia di Mario Pojer, in realtà si incontrarono anche talento e inventiva, passione ed estro e soprattutto si incontrarono due identità complementari che avevano un desiderio comune: produrre vino di pregio nella terra del cuore. Da questo connubio di uomini e di virtù sono nati tanti prodotti di indubbio valore, il Rosso Faye è un esempio lampante di quanto sia grande il potenziale espressivo di questo terroir, proprio grazie alla profonda conoscenza del territorio e delle sue caratteristiche, all’ingegno, alla competenza ed alla vena creativa di Mario e Fiorentino. Un selezionatissimo assemblaggio di vitigni bordolesi uniti all’uva del Trentino, il Lagrein. La composizione di questo vero gioiello, rosso di punta della casa, prevede una base di cabernet sauvignon (50%) con un taglio di cabernet franc, merlot e lagrein a spartirsi il rimanente 50%; le piante vengono allevate con sistema a pergoletta aperta trentina, con una densità d’impianto di 8000 ceppi/ettaro e una resa di 60/80 q/h. Dopo la vendemmia e la pressatura il mosto viene avviato alla vinificazione in tini di legno dove avviene il processo fermentativo, successivamente il vino passa in barriques nuove per l’invecchiamento, dove trascorre circa un anno; segue l’imbottigliamento e un ulteriore periodo di riposo di un anno prima dell’uscita in commercio. L’aspetto impenetrabile, tra il rubino scuro e il nero-violaceo, lascia presagire una consistenza notevole; i profumi confermano, con la loro potenza e complessità, la presenza di una materia ricca e composita. Approccio fruttato con bacche nere in evidenza come more e lamponi, ma anche prugna matura accompagnata da un soffio floreale di rosa appassita; finale sottilmente speziato, da centellinare tra essenze di pepe, cacao e grafite, con un riverbero balsamico. In bocca entra grintoso, abbacinante, ma con il passo felpato di un tannino solido e ben levigato; il tenore alcolico e il nerbo acido danno equilibrio alla struttura che può così esprimere tutte le sue fragranze. Al palato si rivelano anche il ribes e la ciliegia, nell’abbraccio aromatico si percepiscono note di peperone e di tostatura, noce moscata ed eucalipto, per un lungo respiro finale. Vino di enorme profondità gusto-olfattiva, elegante e avvolgente, robusto ma mai aggressivo, godibile e di grande prospettiva … la prova nel prossimo appuntamento con l’annata 1990!

TENUTA SAN LEONARDODolomiti Rosso San Leonardo 2005

Quando ho contattato la Tenuta San Leonardo con la speranza di avere “una” etichetta per questo servizio, mai avrei pensato di incontrare, in un nome così importante, con vini pluridecorati, dietro una famiglia così blasonata, tanta cordialità, semplicità e disponibilità. Chiedo venia per aver sottovalutato le qualità comunicative e relazionali della famiglia Guerrieri Gonzaga e sorrido al piacere che provo di fronte a tanta amabilità e ad una piccola verticale. Una conferma che le persone che vivono e lavorano nel mondo del vino, trasmettendo in questa attività passione e serietà, tradizione e competenza, storia e professionalità, sono sempre persone di valore e di spessore umano considerevole. Detto questo, va anche ricordato che la Tenuta San Leonardo, tra Masi e Borghetto nel cuore della Vallagarina Trentina, appartiene a questa storica famiglia da più di 200 anni, ma il mito del “San Leonardo” nasce solo un quarto di secolo fa grazie all’impegno del Marchese Carlo Guerrieri Gonzaga e ai preziosi consigli del grande Giacomo Tachis, artefice di etichette leggendarie. Il San Leonardo è un tipico taglio bordolese prodotto solo nelle annate migliori, in cui le componenti vitifere sono distribuite in proporzioni definite e commensurate ai contributi da apportare al vino: struttura e complessità aromatica, acidità e longevità, eleganza ed equilibrio. Certo che laddove si assembrano, vinificate separatamente, cabernet sauvignon (60%), cabernet franc (30%) e merlot (10%), è indispensabile armarsi di sana pazienza e attendere che il tempo consenta la giusta evoluzione al vino per godere di tutte le sue fragranze. Le uve migliori, selezionate manualmente dopo la vendemmia, vengono diraspate e sottoposte a pigiatura soffice, dosando con minuzia la solforosa, per poi sostare in piccole vasche di cemento (70/100hl) dove rimangono a contatto con le fecce per circa due settimane, durante le quali oculate follature garantiscono la giusta estrazione di colore e tannini. Successivamente, eliminate le fecce per decantazione, i mosti vengono trasferiti in tini di rovere di Slavonia (60hl) dove si svolge la malolattica e si avvia la maturazione, che poi si protrae in barriques di vario passaggio per ulteriori due anni. Prima dell’imbottigliamento avviene l’assemblaggio, il cui taglio viene deciso solo a fronte di accurate degustazioni, fusto per fusto, dell’esperto enologo Carlo Ferrini; una volta in vetro il vino viene lasciato affinare per un altro anno e mezzo in cantina. Appare luminoso, seppure compatto, in un quadro cromatico rubino intenso con venature appena granate e sottili riflessi scarlatti. Al naso è pulitissimo, ampio e profondo, sembra di perdersi in un sottobosco con rovi di more e mirtilli, tracce di eucalipto e lauro, un fondo di cuoio, tabacco, noce moscata e un accenno pepato; dovrei avvertire anche il tipico peperone verde, ma mi sfugge tra le molteplici sensazioni. Per il palato è un incontro acceso, i tannini danno la sferzata iniziale, poi la frutta si impone con una amalgama di fragranze calde e carnose; la masticazione regala un’ottima trama minerale e la deglutizione restituisce intatto il complesso speziato, dove emerge la radice di liquirizia. Potente ed elegante rimane lunghissimo nel retronasale e in parte aggrappato alle gengive; un vero cavallo di razza.

TENUTA SAN LEONARDODolomiti Rosso San Leonardo 2004

Rosso rubino, integro e vivo, con riflessi granati ben distinguibili, arriva subito al naso con profumi di frutta rossa matura ed una ventata aromatica composita e intrigante; note di caffè, vaniglia e grafite, ma anche lauro e un velo balsamico. Entra in bocca con garbo, il tessuto tannico è soffice e avvolgente, la gustativa fruttata ricorda il ribes e l’amarena, il nerbo acido è dosato con giustezza e il calore del vino ne sposa la freschezza; deglutendo torna un respiro ampio e fragrante che sa di mirto e liquirizia. Una progressione di aromi e sapori giocata con grande finezza, un vino di classe e portamento, che imprime un’immagine di spessore e consistenza, ma anche di leggerezza e armonia.

TENUTA SAN LEONARDODolomiti Rosso San Leonardo 2003

Dall’aspetto visivo ancora rubino, ma con tendenze granate già marcate, piuttosto denso e livido, il 2003 ha un approccio olfattivo più evoluto degli altri, con le note speziate in anticipo sul timbro fruttato. Il panel si divide, per qualcuno più erbaceo con note di coriandolo, clorofilla ed eucalipto, per altri più polposo con sentori di prugna e mora; a mettere tutti d’accordo un tenue riscontro floreale di rosa. Nell’assaggio si palesa un’inaspettata consistenza, il vino è in piena evoluzione, più che mai vivo, meno flessuoso del precedente, ma fragrante e incisivo. I tannini sono accesi, il gusto fruttato è coerente come il respiro mentolato post beva, la persistenza rimarchevole e il bagaglio aromatico composito: tabacco, goudron, sandalo e anice, con un finale dal registro sapido. Vino interessante, meno lineare dei primi due, ma oggettivamente ricco e ancora di prospettiva.

TENUTA SAN LEONARDODolomiti Rosso Villa Gresti 2005

Il Villa Gresti è figlio di una precisa scelta di valorizzazione del Merlot e della sua espressività trentina, voluta fortemente dalla famiglia Guerreri Gonzaga e da Carlo Ferrini, enologo di grande fama e riconosciuto talento, che ha creato questo vino unendo alla morbidezza del merlot (90%) un giusto apporto caratteriale per effetto di una piccola percentuale di carmenere (10%). La lavorazione delle uve è scrupolosamente attenta come per il San Leonardo, selezione pigiadiraspatura e macerazione sulle fecce per circa due settimane con ripetute e attente follature. Dopo la fermentazione in vasche di cemento il vino matura e affina più di un anno in barriques e un ulteriore anno in bottiglia. Appare compatto e impenetrabile, ma alla luce il rubino intenso cede qualche luminescenza purpurea; i profumi arrivano penetranti e succulenti, forse ancora un po’ ermetici nella lettura aromatica, in cui si avverte sotto il frutto scuro la terra umida e la vegetazione del sottobosco. Ossigenando il calice l’apertura speziata si delinea ricchissima seppure ancora serrata, con tracce di cacao, peperoncino e foglia di pomodoro. In bocca è verticale, energico e ghiotto, i tannini sono imbrigliati in una morbida fragranza fruttata di ribes e amarena; il sorso restituisce un respiro carico di essenze e sfumature, con sentori di concia e tabacco da pipa. Ottima persistenza, spessore notevole e grande prospettiva di evoluzione.

TENUTA SAN LEONARDODolomiti Rosso Villa Gresti 2004

Bello a vedersi con la sua veste luminosa, rubino carico con visibili riflessi granati; al naso è ancora più bello, con una progressione aromatica incalzante e progressiva, dagli aromi di mirtillo e ribes, alle venature di viola per evolvere su note speziate di liquirizia, pepe rosa, eucalipto e cannella, ma si potrebbe continuare a decifrare molto altro. Al palato esprime subito coerenza e armonia, al frutto si aggiunge la prugna, poi la visciola; il registro tannico è regolato dalla spinta acida e il vino risulta avvolgente e vellutato. Ritorno speziato per un lungo finale che sa di cioccolato, liquirizia e vaniglia. Vino stilisticamente perfetto e appagante che fa di sostanza, complessità ed equilibrio le sue virtù.

TENUTA SAN LEONARDODolomiti Rosso Terre San Leonardo 2007

Entry level della casa, un classico taglio bordolese a base di cabernet sauvignon e merlot che traguarda un approccio più immediato rispetto ai due monoliti San Leonardo e Villa Gresti, un assemblaggio diverso e più elastico, una filosofia di invecchiamento diversa che privilegia la botte grande, ma sempre la stessa impronta di qualità ed eleganza che fa di questo vino un piccolo gioiello. Le uve attentamente selezionate seguono il protocollo di vinificazione consolidato in azienda che prevede completa diraspatura e pressatura soffice, utilizzo centellinato di solforosa e macerazione sulle fecce con frequenti follature. Dopo la sfecciatura a freddo per decantazione, l’80% del vino matura un anno e mezzo in grandi botti di rovere di Slavonia, il restante 20% passa almeno sei mesi in barriques; assemblaggio, imbottigliamento e affinamento di sei mesi in cantina concludono il processo produttivo di questa etichetta. Si offre di un bel rosso rubino vivace e radioso, con leggero cedimento nell’unghia; i profumi sono intensi, puliti nel frutto e articolati nel tratto aromatico. Note di amarena, mirtillo e lampone sono seguite da tabacco biondo, cacao, eucalipto e nocciola. L’entrata in bocca è coerente, subito fruttato, con l’aggiunta di prugna e cassis, presenta un bel sostegno acido in equilibrio con i tannini, che conferiscono al vino un discreto spessore. Anche il ritorno aromatico è fedele, sottile e vellutato nel residuo tannico, lascia una traccia balsamica e un gusto lieve di mandorla amara.

UMBRIA

CESARINI SARTORIUmbria Rosso Rossobastardo 2007

Il Rossobastardo è il vino che incarna lo spirito innovatore e poliedrico di Luciano Cesarini, che nel frattempo ha lasciato la carica di Presidente del Consorzio di Tutela, ma che continua a perseguire la lotta alla chimica in vigna e in cantina, come pure il disegno di una maggiore visibilità del potenziale enologico umbro, che possa consentire la diffusione di prodotti della tradizione, come il Sagrantino, ma anche della creatività e della bontà del terroir. Il Rossobastardo è un perfetto assemblaggio di sangiovese, merlot e cabernet sauvignon che in soli quattro anni ha saputo conquistare il pubblico nazionale e internazionale, entrando proprio quest’anno nella top ten dei vini più venduti in Canada, secondo mercato vinicolo mondiale, regolato dall’ente di stato per i monopoli. Questo risultato è figlio prima di tutto dei vigneti, da cui le uve vengono selezionate manualmente e poi vinificate con macerazione prefermentativa a freddo e successiva fermentazione a temperatura controllata. Svinatura senza filtraggio, con illimpidimento naturale, ed elevazione ripartita tra acciaio (75%) e botti di rovere (25%), per concludere il ciclo produttivo in bottiglia dove il vino sosta fino alla data di commercializzazione. Appare rubino scuro, con venature granate, e rilascia profumi di frutti di bosco, mora di rovo e mirtilli, poi note speziate di tabacco, vaniglia, cacao e sentori fumé. In bocca è subito fresco, poi soffice e vellutato, accarezza il palato e lo avvolge con un registro tannico affinato ma incisivo; fragranze di ciliegia matura accompagnano un fondo di prugna secca, che ritorna anche nel post-beva, assieme a fragranti aromi di torrefazione, cannella e liquirizia. Un prodotto intrigante e piacevole, ben realizzato e caratterizzato da una complessità gusto-olfattiva ricca e profonda, affatto banale, e da una persistenza generosa.

CESARINI SARTORIRosso di Montefalco 2006

Ecco il sagrantino in assemblaggio con sangiovese, merlot e cabernet, secondo un disciplinare consolidato e studiato per avvicinare il Sagrantino e il vino di questo areale a palati meno rigorosi. Le uve vendemmiate verso la fine di settembre, a seconda del periodo di maturazione ideale delle diverse varietà, vengono sottoposte alla consueta selezione su tavoli vibranti, per poi essere sottoposte al processo di vinificazione che, con la macerazione prefermentativa a freddo, è una “firma” Cesarini. Ancora controllo termico della fermentazione, poi decantazione naturale per la svinatura che conduce la materia in legno per un anno; altri sei mesi in bottiglia conducono invece il vino al giusto affinamento ed al mercato. Colore rubino scuro ma brillante, con rari riflessi violacei; approccio olfattivo seducente e ampio, con note di marasca e amarena mature, accompagnate da una nuance selvatica e da cenni di spezie dolci. Al palato è docile e fruttato, con bacche in evidenza e pastosità tannica piuttosto morbida; il respiro aromatico è interessante e delicato, con una amalgama pepata e vanigliata che supporta ricordi di erbe aromatiche e tracce minerali, che impreziosiscono il finale. Ottimo riscontro, per un prodotto che costa poco e dice molto, nobilitato dal riuscito matrimonio sagrantino-sangiovese e rivestito dalle fragranze della liaison Merlot-Cabernet.

VENETO

BOLLAAmarone della Valpolicella Classico Le Origini 2007

Bolla è nome storico del veneto e dell’Amarone fin dl 1883, quando nella zona di Soave nasce la prima cantina; negli anni ’30 la seconda cantina viene realizzata nell’areale della Valpolicella e si avvia la produzione di vini rossi che, nel 1953, fissa una tappa indelebile con la prima commercializzazione dell’Amarone. Oltre un secolo di esperienza, intuizioni, tradizione e passione, attraverso tante generazioni di una famiglia votata al vino. Poi la Brown-Forman Corporation e la valorizzazione internazionale, fino ad arrivare al Gruppo Italiano Vini oggi proprietario del marchio, che interpreta la continuità dei valori cardine di un’azienda il cui nome è sinonimo di qualità ed eccellenza. Le uve corvina e corvinone (75%) e rondinella (25%) provengono dai filari dei vigneti di Marano e Negrar, allevati a pergola veronese da conferitori storici e agronomicamente tracciati. Dopo il classico periodo di appassimento (tre mesi circa), i grappoli vengono sottoposti a soffice pigiatura e avviati ad un ciclo fermentativo naturale, innescato da lieviti indigeni, che dura circa 2-3 settimane; successivamente avviene ancora una lieve pressatura delle vinacce e si passa in tonneaux nuovi di rovere per circa un anno, all’inizio del quale si svolge la fermentazione malolattica. La maturazione prevede ancora un anno di tonneaux da 5 hl e botte grande prima dell’imbottigliamento. Il colore è molto carico, scarlatto scurissimo che vira sul granato prendendo luce nella roteazione del calice. Il canovaccio olfattivo è dominato dal timbro fruttato e maturo di prugne e ciliegie, con un leggiadro refolo floreale ed un prolungato affondo speziato, con ricordi di pepe bianco, alloro, frutta secca e note lignee soffuse. Al palato propone un caldo abbraccio ricco di frutta in confettura, sorretto da un corredo tannico morbido e pastoso; la deglutizione rivela una sapidità residua gradevole che bilancia in parte l’incipiente tono “marmellatoso” e regala una discreta profondità aromatica. In bocca restano tracce di cioccolato, liquirizia, mandorla e vaniglia per un complesso organolettico tipico e vellutato; un Amarone dal profilo “retrò” che si fa bere con agilità e soddisfazione.

SARTORIAmarone della Valpolicella Classico Reius 2006

Fra le colline della Valpolicella, dal 1898 ad oggi, quattro generazioni di Sartori hanno scritto una bella storia vitivinicola, che si concretizza in vini di grandissima tradizione e di qualità eccellente. L’amarone è il simbolo enologico di questo areale, e la famiglia Sartori ci ha reso disponibile un percorso sensoriale attraverso tre diverse espressioni di questo grande vino. Il Reius è ottenuto, secondo tradizione e disciplinare, da uve corvina veronese (50%), corvinone (30%), rondinella (15%) e cabernet (5%), scrupolosamente selezionate e raccolte in piccole cassette dove vengono lasciate appassire dai tre ai quattro mesi in appositi ambienti igrometricamente regolati. Raggiunto il grado ideale di disidratazione, i grappoli sono pigiati e avviati a macerazione e fermentazione alcolica in serbatoi di acciaio inox termoregolati per circa un mese; successivamente il vino passa alcuni mesi in cemento dove svolge la malolattica. La fase di maturazione viene condotta in botti di rovere di medie e grandi dimensioni per circa tre anni, poi il vino viene imbottigliato e riposa altri sei mesi in cantina prima di essere posto in commercio. L’aspetto è rubino scuro, con riflessi violacei e vagamente granato nell’unghia; sprigiona profumi avvolgenti e delicati di frutta dolce come lampone e di spezie come tabacco, alloro o cannella. In bocca è godibile, fragranze gustose di ribes e more in confettura, poi liquirizia dolce e cedro candito o tamarindo, per un finale non lunghissimo ma discreto. Una versione morbida, setosa, con tannini soffici e vaporosità gustativa ricca di sfumature.

SARTORIAmarone della Valpolicella Classico Corte Brà 2004

Sui terreni argillo-calcarei del vigneto situato nel Podere ”Corte Brà” sono coltivate le uve che concorrono all’omonimo Amarone di casa Sartori: corvina veronese (50%), corvinone (30%), rondinella (15%) e oseleta (5%). Vengono selezionati e raccolti in piccole cassette solo i migliori grappoli, che poi vengono lasciati appassire per un periodo di tre/quattro mesi con tecnica tradizionale e consolidata. Al termine di questo processo, un’ulteriore cernita conduce gli acini più idonei alla vinificazione in serbatoi d’acciaio inox termocontrollati. Macerazione e fermentazione alcolica si prolungano per circa un mese e poi il mosto viene condotto in vasche di cemento per svolgere fermentazione malolattica, dopodiché il vino è travasato in botti di rovere di piccole e medie dimensioni dove matura almeno 4 anni. Ulteriori sei mesi di affinamento in bottiglia completano il ciclo produttivo di questo ricercato vino, che si presenta rosso scuro, compatto e livido, con lievi riverberi granati. Al naso è intenso, profondo, riccamente fruttato con ricordi di ciliegia matura e corredato di un soffuso bouquet floreale di viola sfiorita; la trama speziata che si apre nell’ossigenazione è soffusa e ampia, con spunti di rabarbaro e frutta secca, chiodi di garofano e vaniglia. Al palato è ampio, caldo e densamente vellutato, con uno spessore tannico coeso e levigato; al gusto spicca ancora la confettura di ciliegia e amarena, un sorso cioccolatoso che regala freschezza e un ritorno minerale. Coerente l’allungo aromatico che conferma eleganza e piacevolezza, accompagnate da una bella persistenza. Un Amarone in bello stile, compatto e appagante, dinamico e atteso dalla prova del tempo.

SARTORIAmarone della Valpolicella Classico I Saltari 2004

Con questo prodotto si tocca un vertice produttivo figlio del progetto di compartecipazione societaria con la Cantina di Colognola ai Colli, teso a perseguire una distinzione produttiva di qualità, rivolta specificatamente al mondo della ristorazione e delle enoteche, nonché al mercato estero. Il nome è ispirato alla figura del “Saltaro”, la guardia campestre che vigilava sui vigneti già agli albori del XVIII secolo e le cui iscrizioni originali sono state ritrovate su una volta della storica cantina Sartori. I vigneti sono ubicati in piena Valle di Mezzane, in località Turano nel comune di San Pietro di Lavagno, su un’area totale di 34 ettari. I primi otto, il vigneto del Turano adiacente la sede, rappresentano un gioiello di recupero delle colture autoctone storiche e concorrono alla realizzazione di questo Amarone assieme ai dieci del vigneto di Monte Caro. Le uve del primo appezzamento sono allevate a spalliera e pergoletta veronese, mentre nel secondo viene adottato il sistema a guyot; mediamente la densità degli impianti è limitata tra 3500 e 4500 ceppi/ettaro, con una forbice di resa tra i 50 e i 70 q/h. La composizione dell’assemblaggio comprende corvina (60%), rondinella (20%), corvinone (10%) e croatina (10%), per le quali il protocollo di vinificazione, accuratamente definito da Franco Bernabei, prevede una rigorosa cernita manuale ed un tempestivo trasporto in cantina in piccole cassette da 5kg. La raccolta viene eseguita in tre fasi, tra maturazione piena, avanzata e surmaturazione e i grappoli vengono lasciati appassire nel fruttaio dove, in circa tre mesi, perdono il 10% del peso. La vinificazione avviene separatamente, in serbatoi di acciaio termocontrollati con opportuni rimontaggi, follature e delestage periodici durante le 3-4 settimane di macerazione e fermentazione. Alla svinatura si procede ancora separatamente e, dopo la malolattica, i vini passano in legno con partizioni tra botte da 20-25hl, fusti da 500 litri e barriques, dove maturano per circa tre anni in cui si effettuano travasi e controlli accurati. Dopo l’assemblaggio il vino viene imbottigliato e condotto, dopo qualche mese di affinamento in cantina, sul mercato e nei nostri calici. Si offre con un tono cromatico rubino vivo e profondo, dai riflessi purpurei e solo un lieve accenno granato nell’unghia.  I profumi appaiono inizialmente delicati, una presenza aromatica non invasiva ma penetrante, con un apporto fruttato piuttosto dolce, di ciliegie sotto spirito e fichi secchi, che ben si amalgama alla trama speziata che richiama le erbe aromatiche, il tabacco, il cuoio e il cacao dolce. Al palato mostra una invidiabile coerenza gusto-olfattiva, accompagnata da un registro tannico regolato di giustezza e da un supporto acido ben bilanciato. Le fragranze fruttate ricordano ancora la frutta secca e candita, il sorso la cioccolata ed il respiro post beva restituisce note di liquirizia e nocciola, caffè e pepe rosa, con un pregevole allungo balsamico. Un amarone elegante, mai eccessivo, piacevole e molto territoriale, in uno stato evolutivo ottimale, ma con evidenti segni di stabilità che ne disegnano un futuro, almeno a breve, privo di cedimenti.

Riccardo Brandi

Riccardo Brandi (brandi@acquabuona.it), romano, laureato in Scienze della Comunicazione, affronta con rigore un lavoro votato ai calcoli ed alla tecnologia avanzata nel mondo della comunicazione. Valvola di sfogo a tanta austerità sono le emozioni che trae dalla passione per il vino di qualità e da ogni aspetto del mondo enogastronomico. Ha frequentato corsi di degustazione (AIS), di abbinamento (vino/cibo), di approfondimento (sigari e distillati) e gastronomia (Gambero Rosso). Enoturista e gourmet a tutto campo, oggi ha un credo profondo: degustare, scrivere e condividere esperienze sensoriali.

6 COMMENTS

  1. certo che il pollenza ha stracopiato l´etichetta di haut brion….. oppure il pollenza e´nato prima di haut brion?

  2. Grande Rick, l’attesa è stata ripagata! Una vera carrellata di grandissimi vini … e che invidia. La prossima volta rendile pubbliche queste degustazioni, così non ti diverti solo tu 🙂

    Romolo

  3. Verticali davvero da brivido e etichette di grande valore, una lista davvero eccellente. Certo non mi aspettavo che ne uscissero riscontri negativi … diciamo che siete antati sul sicuro. Mi colpisce in questo contesto la buona riuscita dei vini di Argiolas. Sempre ottimi i racconti, complimenti.

    Renato

  4. Splendida selezione e grande approfondimento raccontato come sempre alla grande … mancava solo il Sassicaia. Ovviamente, per le mie tasche, credo le belle etichette di Cantina Sant’Andrea saranno il suggerimento che coglierò per primo.

    Ciao Roby

  5. Ancora una volta un racconto straripante e avvincente. Mi sento sempre più rossista … 🙂

    Roby

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