Il Premio Bancarella Cucina e le frittelle di Bacciottini

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PONTREMOLI (MS) – “Una concubina ritrova la gioia di vivere, una ragazza conquista finalmente il cuore dell’amato, una coppia gay in fuga vive una luna di miele, un uomo scontroso e burbero si trasforma in un gentiluomo…”. Venerdì scorso i sentimenti hanno spuntato la sesta edizione del Bancarella Cucina, sapientemente dosati e mescolati ai fornelli in un romanzo dove come ne “Il pranzo di Babette” di Karen Blixen (1952) il perno della trama sono mestoli e fuochi. Dove il cibo diventa il pretesto per far parlare il cuore e districare rapporti irrisolti. Ito Ogawa, giapponese, è l’autrice di “Il ristorante dell’amore ritrovato” (Neri Pozza), vincitore del premio letterario che dal 2005 Pontremoli dedica ai lettori gourmet. Storia affascinante quella del pioniere, il premio alla Narrativa, che l’anno prossimo compirà sessant’anni, celebrando i librai ambulanti pontremolesi che scendevano dal passo della Cisa i tomi acquistati con i pochi soldi ricavati dalla vendita delle castagne, del formaggio, delle foglie di gelso.

“In questo romanzo sta tutto ciò che desiderate – spiega Sabine Schultz, da giugno nuovo editor di narrativa straniera alla Neri Pozza, la casa editrice – Affronta temi a noi comuni: il cambiamento, l’amore, relazioni difficili come quella tra una madre ed una figlia”.

Imboccata l’autostrada solo il velo di poche decina di minuti separa la Versilia dal paese in cui nel 1249 l’imperatore Federico II fece accecare Pier delle Vigne. Sul limitar della Toscana, un po’ Liguria ed Emilia Romagna, Pontremoli si erge alla confluenza geografica delle tre regioni, su quel cammino che nel Medioevo era teatro del via vai di pellegrini da Canterbury verso Roma. Quest’anno il premio si è spostato dal teatro alla piazza.

“Per essere più vicino alla gente” ha sintetizzato il giornalista Paolo Marchi, ideatore del congresso internazionale di cucina d’autore “Identità Golose” e presidente della giuria dal cui cappello sono usciti i cinque nomi in corsa per la vittoria. All’ombra del campanile che rintocca le ore tirato su all’inizio del XIV secolo per separare Guelfi e Ghibellini in lotta fratricida. Insieme a lui una blogger (Maria Chiara Montera, in arte www.thechefisonthetable.it), una giornalista (Maura Radaelli), un critico enogastronomico (Andrea Grignaffini), un foto-gastronomo (Bob Noto, curiosate qui: www.bobnoto.com) e Roberto Perrone (giornalista e scrittore, finalista in un’edizione del Bancarella Sport).

“Il ristorante dell’amore ritrovato” di Ito Ogawa (in Giappone per impegni personali, in rappresentanza c’era Sabine Schultz) si è portato a casa il suo omaggio (una statuetta in ceramica del genovese Umberto Piombino) con 27 voti sui 90 della giuria popolare, giocandosela contro il “Piccolo ricettario per cuochi perdigiorno” (Bietti) della food stylist (per sapere di cosa si tratta andate a vedere qui: www.robertadeiana.com) Roberta Deiana che ha raccolto 13 consensi, il racconto dello chef Allan Bay (20 voti) che ha dato voce ai cento di strumenti brulicanti “Nella mia cucina” (Mondadori), pari merito con la storia di migrazione dei corallatori genovesi in “La cucina dei Tabarchini” (Sagep Editori) di Sergio Rossi, il viaggio del caffè ne “L’aroma del mondo” (Hoepli) di Elisabetta Illy (9 preferenze).

Tra una chiacchiera e l’altra ci abbiamo fatto stare anche le frittelle di baccalà del Bacciottini. E già che c’eravamo… le abbiamo assaggiate insieme a un paio di fiori di zucca dell’orto curato dalla signora Clara, rondelle di cipolla (non di Treschietto come ci ha spiegato patron Raffaello, perché quest’anno hanno sofferto il caldo), zucchine prive di semi e l’immancabile torta di borragine (buonissima).
Cui, nonostante il caldo, ha fatto compagnia anche il minestrone servito con farro al posto della pasta. “Lasciato borbottare a lungo sul fornello, come si usava un tempo in Lunigiana, quando la stufa andava accesa per scaldare le stanze e già che c’eri mettevi a cuocere la pentola con le verdure di stagione” ha accompagnato il nostro assaggio Clara, anima della cucina. Luigi Veronelli amava molto quest’osteria che definiva “una somma di godimenti: le sinuose penombre dell’ingresso, l’assoluta semplicità della sala, l’immediatezza della cucina”. Niente di più veritiero. E per sigillare il patto con la sobrietà di questi lidi: un bicchierino di “barniolino” (così lo chiamano i parmigiani) che al banco della “Trattoria del Giardino” (ma chi le vuol bene la conosce come “Da Bacciottini”) i pontremolesi appellano “pruno spino” ossia un liquore artigianale a base di prugnolo. Quel che serviva per ributtarsi nell’arietta frizzantina delle serate pontremolesi, dove l’afa pomeridiana cede il passo a temperature docili che sotto le stelle s’alleano a provvidenziali pashmine.

Irene Arquint

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