L’Italia in pasta… un tricolore buono da gustare

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“Maccarone: m’hai provocato e io me te magno!”. Lo diceva un Albertone in grande spolvero, protagonista di “Un Americano a Roma”. E chi meglio di spaghetti e maltagliati può raccontare l’Italia? Un sempreverde toccato da una nuova primavera, grazie all’interesse maturato in chef stellati come Davide Scabin chef del Combal.Zero di Rivoli, Carlo Cracco incuriosito da una resina greca, il pasticcere Gianluca Fusto che gioca al rialzo scommettendo sul dessert.

Lunga, corta, spezzata la pasta è la protagonista del 2011. A febbraio ne hanno abbondantemente parlato durante l’ultimo congresso di “Identità Golose” organizzato dal giornalista Paolo Marchi. Ha colorato di grani antichi e tagli artigianali gli stand di “Taste”, salone delle eccellenze gastronomiche (svoltosi a Firenze dal 12 al 14 marzo), inventato sei anni fa da Davide Paolini “per creare un luogo in cui riunire i giacimenti che hanno fatto la storia della gastronomia italiana – ci aveva detto il gastronauta Paolini – solo vere eccellenze e i loro produttori. Frutto di una severa selezione”. Un ricco piatto che invita a nozze la forchetta, proposto di nuovo a “TuttoFood” (Milano 8 – 11 maggio), nei luoghi disegnati da Massimiliano Fuksas, dove i grani antichi, il biologico, la lavorazione artigianale hanno detto ancora una volta la loro.

A ottobre durante il “Salone del Gusto” (altro momento importante per gli appassionati di food, ideato da Carlo Petrini e la grande macchina Slow Food)  Garofalo presentava la “Zero”: spaghetto biologico a chilometro zero, di grani coltivati in Campania nell’azienda sperimentale che fa capo all’Università di Napoli Federico II, confezione biodegradabile in amido di mais, inchiostro dal nero di seppia, imballaggi di riciclo. “Un’utopia. I tempi non sono ancora maturi per il commercio perché avrebbe un prezzo troppo alto – ci avevano spiegato – ma forse un giorno tutto il sistema produttivo potrà cambiare, a totale vantaggio del consumatore finale e dell’ambiente”.

All’ombra della Madonnina il 30 gennaio scorso i Cavalieri della Cucina Italiana (quindici eminenze grigie dei fornelli di cui – fra gli altri – fanno parte Heinz Beck, Massimo Bottura, Niko Romito, in congrega per portare avanti un’idea unitaria in fatto di italianità ai fornelli) hanno reso omaggio alle 150 primavere del Bel Paese cucinando pasta, ciascuno secondo una propria visione: per Davide Scabin “alla Cavour” con cipolla, peperone e acciuga; per Gennaro Esposito con patelle e spugnilli (pomodorini appesi); per Massimiliano Alajmo con briciole di polenta sottovuoto e parmigiano a crudo con acqua; per Moreno Cedroni in porchetta con raguse di mare; per Giancarlo Perbellini aglio, olio, raperonzoli e insalata di schie; per Andrea Berton alla “Milano” con olio, brodo e zafferano; per Antonino Cannavacciuolo con salsa di pane di Fobello (di Eugenio Pol) e pomodoro; per Chicco Cerea spadellati con broccoli, scampi semicrudi e pachino candito (una sorta di bandiera tricolore).

Verrigni, antico pastificio di Roseto degli Abruzzi, condotto per mano sin dal 1898 dall’abilità artigianale che oggi si concretizza nella generazione di Gaetano e della moglie Francesca, ha macinato grani coltivati dell’azienda agricola Valentini di Loreto Aprutino, ottenendo una tiratura limitata di 1200 q di semola tutta riversata in quei tagli straordinari, nati per onorare i 150 anni di Unità italiana. Dei loro prodotti i bambini adorano le Sandrine, mentre i grandi i formati trafilati in oro, tecnica meno stressante nella lavorazione dell’impasto, conferendo una consistenza e una sottile dolcezza da non lasciare indifferente il palato. “Italiano è per noi, da sempre, l’essenza del nostro impegno, di un credo aziendale che sposa una materia prima senza compromessi” sintetizzano Gaetano e Francesca Verrigni.

La nuova frontiera? Guarda al passato. Ai grani antichi, le varietà abbandonate perché meno redditizie, sfuggite alle modificazioni genetiche che ammorbano la maggior parte dei frumenti moderni. Il futuro volta lo sguardo verso kamut (progenitore delle attuali varietà, coltivato in Egitto già 6mila anni fa), Senatore Cappelli (con spighe che non scendono sotto il metro e ottanta, a rischio continuo di allettamento, dunque dalla coltura meno agevole), il Monococco (o frumento vestito) ricco in proteine, vitamine, carotenoidi e a bassissimo contenuto di glutine.

C’è anche chi punta sul bio e sui bambini (importante bacino d’utenza) con tagli da cartone animato, vedi “Dalla Costa” che ha firmato un contratto di licenza con Disney e trafila in bronzo piccoli Winnie the Pooh, Mickey Mouse tricolore, principesse e macchinine dedicati a gourmet in erba. “Nessun ingrediente artificiale ma polvere di spinacio, basilico e origano (il verde), pomodoro (il rosso), curcuma (il giallo), seppia (il nero). Ecco perché la nuance non è mai la stessa” spiega Fabio Dalla Costa, sales manager. Tra le novità: fusilli, gigli e strozzapreti bio al farro, kamut, orzo “per un prodotto di qualità assoluta, vera discriminante in un mercato di sempre maggiore competizione”.

Irene Arquint

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