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Barolo 2007, l’importanza di una scelta. Prima parte: Monforte d’Alba

ALBA (CN) – Puntuali come sempre, ma senza esagerare, con l’autunno in poppa (alla fine si è deciso: sta arrivando) ci permettiamo di rilasciare qualche impressione sulle ultime uscite di Langa. La complessità dei vini, con la necessità di un ascolto attento e reiterato, suggeriscono infatti di attendere prima di sparare il colpo, per favorire opportunamente la “digestione” e mettere così assieme in maniera più organica, esaustiva e ponderata ciò che è scaturito sia dagli assaggi primaverili (grazie come sempre a Nebbiolo Prima, intelligente kermesse professionale che trova sede ad Alba nel mese di maggio) che da quelli estivi, ancora più estesi e maniacali, effettuati nel periodo giugno-agosto.

E siccome l’anno scorso era rimasto in canna il pezzo su Monforte d’Alba, quest’anno attacchiamo proprio da lì, per ricordare subito come una annata “di calore” come la 2007 abbia inciso e non poco, quantomeno in questa fase evolutiva, sull’equilibrio complessivo dei vini provenienti da una delle sottozone tipicamente più potenti e accessoriate della galassia Barolo, lì dove materia, “pasta” tannica e temperamento non sono secondi a nessuno.

Non è stata circostanza rara quindi incontrare tannini spigolosi, calore alcolico, incertezze nella presa del rovere. Al contempo ecco spuntare trame meno profilate e maggiormente orientate su una appagante presenza scenica. Insomma, avete presente quando tannini ed alcol si impuntano e appaiono restii a “mettersi assieme”, magari legati da un frutto di piena e puntuale maturità? Ecco, proprio in una delle zone più muscolari e strutturalmente dotate di Langa queste diatribe sembrano evidenziarsi più che altrove. A stimolare le differenze, per fortuna, un panorama composito di vigneti, cru e talenti interpretativi, in grado di rinfocolare la curiosità ad ogni nuovo assaggio, ricordandoci che stiamo pur sempre parlando  – checchennedicano gli andamenti stagionali – di uno degli indiscussi protagonisti del panorama enoico nazionale.

Se non altro, anche da Monforte, con le dovute eccezioni legate più agli “estri enologici” delle singole cantine che non alle variabili stagionali (in più di un caso si ha l’idea che il protocollo di cantina non si adegui poi troppo ai suggerimenti dell’annata, ma si ostini a rimanere “fedele alla linea” nonostante tutto), scorgiamo una prontezza nei vini più accentuata rispetto al solito (uhei, smpre riferendoci agli standard monfortini), che se da un lato va ad alimentare una sensazione di generalizzata piacevolezza, dall’altro ci conferma che la vendemmia in gioco, dal punto di vista dei consigli per gli acquisti, sarà una di quelle per le quali l’importanza di una scelta potrà fare la differenza, perché gli ottimi vini ci stanno -non in fitta schiera ma ci stanno- però in generale non ci si potrà avvalere della profondità tannica, della tenacità e del tempo come per altre annate (2006, tanto per non cercare troppo lontano).

Insomma, pochi picchi (che, mi ripeto, ci sono) e un bel numero di buoni vini annunciano Monforte e la sua speciale forza comunicativa. E se solitamente è il tempo a domare la naturale prestanza dei Barolo di queste terre, è anche vero che auspicabilmente  i vari “manici” potrebbero metterci del loro per accompagnarli su strade meno impervie in ragione della vendemmia con cui si ha a che fare, svicolandosi da certi cliché che non sempre sono buoni per ogni stagione (in sintesi: concentrazione, maturità spinta, tendenza alla sovraestrazione, rovere “elargito con manica larga”).

Ecco quindi una disamina assai articolata dell’universo Monforte, che intende procedere azienda per azienda, ovviamente in stretto ordine alfabetico. Qua e là potremo imbatterci  in suggestioni derivate da selezioni o Riserva scaturiti da altri millesimi, comunque in uscita quest’anno sui mercati. E non senza sorprese.

BARALE FRATELLI

Gli accenti rigorosamente austeri che cogliamo nei Barolo di Sergio Barale rinsaldano ad ogni vendemmia l’indissolubile legame con l’ortodossia enologica dei luoghi, obiettivo che questa cantina, fra le prime, ha contribuito a delineare in tanti anni di storia. Ancora oggi “fedeli alla linea”, rappresentano un approdo sicuro per gli amanti dei rossi più diretti e al contempo evocativi del “sapere” langarolo di stampo classico. Sia pur impegnata prevalentemente sul fronte dei Barolo di Barolo, la produzione della casa non si fa mancare un esponente monfortino di rilievo.

Barolo Bussia 2007

Bella saldezza, bella anima. Un tannino leggermente astringente non lede poi tanto il ritmo e il temperamento di un vino che cerca, e trova, sottigliezze e sapidità, giurando fedeltà al mandato territoriale affidatogli.

BOLMIDA SILVANO

In crescita di dettagli e focalizzazione, i vini di Silvano Bolmida (con l’accento sulla i) da qualche stagione in avanti sembrano ben intenzionati a porre in secondo piano l’aura tecnica che li ha sempre permeati per concedere maggior spazio alla spontaneità e alla naturalezza espressiva, favorendo in tal modo una brillante disamina dei cru di cui si fanno portavoce, annunciata da un tratto gustativo minerale e “sottoboscoso” riconoscibile e peculiare.

Barolo Vigna dei Fantini 2007

Marcata spinta minerale, silvestre, incisivo, dal tannino ruggente. Poche rifiniture ora, ma bella saldezza.

Barolo Bussia 2007

Nota metallico-ferroso-acciugosa, fra idrocarburi e florealità, umorale ma caratterizzante; più ordinato al palato, con una salvifica propensione alla misura e alla sobria compostezza. Il tratto “selvoso” e balsamico regala invero qualche cupezza di troppo alle trame, ma un tannino fitto e saporito depone a favor di futuro.

CASCINA BALLARIN

Dai sette ettari vitati ubicati fra Monforte e La Morra (dove sta il quartier generale) la famiglia Viberti sterza decisamente dalla lunga tradizione della casa per disegnare Barolo dai tratti risolutamente moderni, figli di una viticoltura esigente e di metodi di vinificazione “votati” alla pienezza, sotto tutti i punti di vista (colore, naso e bocca).

Barolo Bussia 2007

Nel pieno rispetto dello stile aziendale, ecco un vino intenso già a partire dal colore, con la sua dolce infusione di rovere a spaziare e ad incidere e la sua levigata polposità da mettere sul piatto dei ragionamenti. Un po’ difficile per me scorgervi disegno e terroir, quantomeno in questa fase evolutiva (per inciso, le uve provengono dalla parte bassa delle Munie), mentre appare piuttosto riconoscibile la mano del vignaiolo. Ma non deluderà di certo gli amanti dei Barolo dai toni morbidi e avvolgenti, magari generosamente “caffettosi”, sensazioni queste ultime di cui l’etichetta è prodiga dispensatrice.

DOMENICO CLERICO

La passione viscerale di Domenico Clerico, persona alla quale è difficile non affezionarsi, trasuda senza sforzo dai suoi poderosi Barolo. Una energia scalpitante, frutto di una viticoltura attenta e selettiva, di macerazioni brevi e di lunghi affinamenti nelle piccole (o piccolissime) botti di rovere. E i colori intensi con cui si annunciano, soprattutto se “còlti” in giovane età, non sono che l’anticamera di rossi potenti, fitti, materici, profondamente balsamici e speziati, che alla monumentale “prestanza fisica” delle prime fasi evolutive sostituiscono negli anni il dettaglio, da quando più intriganti e sfaccettati ti presenteranno gli umori di terra, tabacco e menta, aprendosi ad equilibri tutti nuovi. Detto questo, se è pur vero che dalla terra di Monforte traggono la loro proverbiale forza comunicativa, non sono inevitabilmente ne allenta la mia immedesimazione.

Barolo Pajana 2007

Polpa, succo, intensità e generose infusioni di rovere nuovo annunciano un riconoscibile, presenzialista Pajana. Non manca la tonicità, ché la struttura è salda, e il disegno stilistico risulta oltremodo “moderno”. L’irruenza tannica si fa sentire eccome, virando il gusto sui toni della liquirizia e del catrame.

Barolo Ciabot Mentin Ginestra 2007

Più sottolineato del solito: colore accentuato, ricchezza estrattiva, potenza, compressione di umori, rovere. Certamente meno flessuoso di altre edizioni, certamente riconoscibile nello stile. Difficile scorgervi luce e disegno, ora.

Barolo Percristina 2004

Qui la sontuosa materia (selezione maniacale dai Mosconi di Monforte) “se la gioca” con un rovere dagli evidenti toni cioccolatosi, che tende ad asciugare il tratto gustativo e a togliere fragranza ed articolazione al sorso. Vino d’impatto, as usual, da attendere veriddio. Anche se, selon moi, un po’ troppo “ridondante”.

CONTERNO FANTINO

Vini che non devono chiedere mai, quelli di Guido Fantino e Claudio Conterno. Incisivi e muscolari, hanno bisogno di tempo per distendersi e ammansirsi. Una vinificazione di stampo moderno ne assicura intensità e concentrazione. Molto buona, come al solito, la qualità del frutto, che richiama la generosità della Ginestra di Monforte (che è una sottozona, non un fiore!); più farraginosa a volte l’armonizzazione delle varie voci gustative. Assai istruttivo e chiarificatore, in tal senso, un congruo periodo di affinamento in bottiglia. I 2007 nel frattempo non sfuggono alla regola: coriacei ma poco flessuosi. Di più, dai tannini ruggenti.

Barolo Vigna del Gris 2007

Sostenuto, balsamico, potente, catramoso, iodato, su stria di fiori secchi e liquirizia. Buona sapidità, frutto dolce e cospicuo in bocca. Tannini oltremodo grintosi, che tendono oggi ad imbrigliarne lo slancio. Chiede tempo ma appare più “in palla” del Sorì Ginestra.

Barolo Sorì Ginestra 2007

Catramoso e boisé, non va per il sottile, e la monumentale stazza, sorretta da umori ferrosi e balsamici, non trova gli allunghi e i dettagli per via di un tannino irriverente, che piega su rotte amaricanti uno sviluppo gustativo teso e sodo.

ALESSANDRO E GIAN NATALE FANTINO

Ecco qua una di quelle cantine da “attenzionare con attenzione”: per la cifra stilistica assunta, e al tempo stesso per la profondità e la naturalezza espressiva dei suoi Barolo, si sta ritagliando un ruolo da protagonista nel competitivo contesto produttivo langarolo. I vini dei fratelli Fantino, derivati da una viticoltura e da una enologia poco interventiste, sono sovente degli ottimi vini nonché dei fieri esponenti della regione Bussia (2004, 2005 e 2006 davvero eccellenti), di cui la sottozona dei Dardi rappresenta una delle parcelle più ispirate, prodiga di mineralità che non di rado riesce a sfociare in una finezza nei tratti sobria ed intrigante. Intanto, alle incertezze piuttosto inusuali del nuovo 2007, risponde un convincente Riserva ’05.

Barolo Cascina Dardi Bussia 2007

Naso in riduzione, ancora da schiarirsi, dal profilo terroso, minerale e vagamente geranioso. Bocca coerente, svagata, come in debito di focalizzazione.

Barolo Riserva Cascina Dardi 2005

Grintoso e minerale, slanciato, netto, diritto, contrastato e incisivo: bel conseguimento, nonostante la “stretta” tannica di quel finale.

FENOCCHIO GIACOMO

Bella “mano”, quella dei fratelli Claudio ed Albino Fenocchio, di un dettaglio e di una fermezza tutti classici. Ciò che ben si evidenzia nei magnifici cru a disposizione della casa (Cannubi di Barolo e Villero di Castiglione) e in maniera ancora più eloquente nel Bussia di Monforte, le cui uve provengono dalla parte “sottana”. Fondo speziato e minerale, dinamismo, estrazione calibrata: tutte voci, e doti, che concorrono ad una caratterizzazione che ha già consentito di far nascere vini emblematici per la tipologia. L’annata 2007 ne placa un po’ le punte espressive. Il Riserva 2005 invece si insedia meritatamente fra i migliori conseguimenti in circolazione ricavati da quella fresca vendemmia.

Barolo Bussia 2007

Fresco, arioso, mineral-iodato, seducente, di buona bevibilità, levigato senza sfiorare l’accademia.

Barolo Bussia Riserva 2005

Buona freschezza, anche floreale, su sfumature di mentuccia; agile, librato, scorrevole, succoso e profilato, certo non la complessità e l’espansione delle edizioni migliori (leggi 2004, tanto per non andare troppo lontano) ma è vino di istintivo coinvolgimento, che ti porta alla riprova.

FRATELLI ALESSANDRIA

Se la cantina oggi guidata dal talentuoso Vittore Alessandria continua a nobilitare da par suo alcuni dei cru più reputati di Verduno, ecco che dall’appendice monfortina delle Gramolere se ne esce con un vino che esalta la propensione alla dolcezza fruttata tipica del cru assieme ad una leggibile freschezza acida, dote quest’ultima che solo il calore di una annata come la 2007 ricaccia in secondo piano, laddove alle evidenze del frutto fanno da contraltare un’influenza del rovere più sottolineata ed un gusto più “pacioso”.

Barolo Gramolere 2007

Materia dolce e matura: i profumi del nebbiolo più caldo ed esotico. Bocca piena, intensa e succosa, non il cambio di passo, semmai una cadenza fin troppo marcata di macedonia di frutta, con il legno (dolce pur esso) a ottundere e a chiosare.

ATTILIO GHISOLFI

Grande meticolosità e bella persona: Gianmarco Ghisolfi coltiva con scrupolo e consapevolezza rari qualche ettaro di vigna nelle sottozone Visette (galassia Bussia) e Fantini (idem con patate). I suoi Barolo fondono in sintesi efficace “istanze moderniste” e territorio, propiziando, nel cru Fantini, una suggestiva palette aromatica prodiga di accenti silvestri e balsamici, mentre nel Bricco Visette una bella impronta minerale.

Barolo Bussia Bricco Visette 2007

Polpa, succo, tonicità, rovere speziato: un vino grintoso e incisivo, anche se il legno tende a soffocarne gli slanci. Tannino buono, cospicuo e saporito, liquirizioso il finale, per un disegno non finissimo ma di carattere.

Barolo Riserva Fantini 2005

Liquirizia, menta, violetta, rovere tostato: bell’assieme, coeso, saldo anche se non espansivo come vorresti. Rovere ed alcol bussano alla porta. E pretendono ascolto.

GIACOSA FRATELLI

Beh, il raggio d’azione dei fratelli Paolo e Maurizio Giacosa negli anni si è decisamente esteso, ben oltre la “natia” Neive. Senza che per questo ne risulti compromessa la coerenza dell’interpretazione, da sempre improntata ad uno stile classico. Ad esempio, sul fronte dei Barolo si lavora sia con vigneti di Castiglione Falletto che di Monforte, segnatamente della Bussia, con risultati più che confortanti dal punto di vista del temperamento, a delineare un tratto gustativo solitamente inflessibile e senza fronzoli, a cui andranno concessi tempo e bottiglia per sdilinquirsi in sfumature più preziose.

Barolo Bussia 2007

L’alcol conta ma la personalità è forte. Buon carattere, sapido e terroso. Qualche nota fresca e svolazzante nel frutto, tatto levigato, profilo gustativo ben accordato fra le parti, di calibrata dolcezza e tempra tannica. Insomma, un Bussia più aperto e colloquiale del solito.

ELIO GRASSO

La sensibilità interpretativa di Elio e Gianluca Grasso illumina la cifra stilistica -ad alto tasso di immedesimazione- assunta dalle tante belle versioni di Barolo sfornate negli anni da questa importante cantina dei Gavarini. In stretta ed ingenerosa sintesi: piena caratterizzazione dei singoli cru, attenzione ai dettagli, cura formale. Ciò che non travalica mai sulla spontanea forza comunicativa dei loro Barolo, che puntualmente riescono ad onorare il mandato territoriale affidatogli piazzandosi di diritto fra i migliori testimonial di Monforte.

Nel frattempo, l’annata calda (2007) trasmette qualche impulso in tal senso ai rossi della casa (soprattutto al Ginestra) ma non impedisce al Chiniera di affermarsi fra le etichette più riuscite del comprensorio.

Barolo Gavarini Chiniera 2007

Tempra e sapore, robustezza e vigore. E un tannino incisivo che segna il palato e racconta la potenza della sua terra.  In bocca trova il sale e la mineralità, assieme agli umori di ciliegia, mentuccia, lavanda, cuoio e spezie. E’ una fresca succosità la sua, solo leggermente intaccata da note più evolute. A suo modo, come sempre, un Monforte più stilizzato della media.

Barolo Ginestra Casa Maté 2007

Qui rovere ed alcol incidono maggiormente sul canovaccio dei sapori. Note di torrefazione e rigidezze assortite delineano un vino scontroso, remissivo, certamente solido e robusto (potrei dire quasi “volumico”) ma in debito di scorrevolezza e flessuosità. Va atteso.

GIOVANNI MANZONE

Forse sarà per via della sua proverbiale timidezza, fatto sta che è difficile che la stampa di settore parli di Giovanni Manzone per quanto meriterebbe, tenendo conto che ci troviamo di fronte ad uno dei migliori vignaioli di Langa. Sarà, eppure i suoi vini sono esemplari per movenze, sfumature e concretezza, delineando un percorso stilistico coerente rappresentato con dovizia di particolari. E se i vari cru combattono con onore la loro battaglia alle prese con l’annata (2007), presentandosi compattamente equilibrati e senza eccessivi sforamenti alcolici o di maturità, ecco che il Riserva Gramolere 2005 pesca il jolly del privilegio: semplicemente, uno dei migliori assaggi dell’anno.

Barolo Le Gramolere 2007

La suadenza fruttata di Gramolere, la nota “cerosa”, i ritorni di rabarbaro e i ricami fumé. Floreale, levigato ed elegante, non espansivo, non diffusivo come ti aspetteresti, ma simpatico. Un Monforte  garbato, che si lascia ben bere. E veicola da par suo l’intrigante dolcezza tipica del cru.

Barolo Castelletto 2007

Speziato, mentolato, ordinato, senza fronzoli. Tannini ancora irrigidenti, pragmatici, che un giorno potrebbero sciogliersi in salinità ed aprire le trame ad allunghi tutti nuovi.

Barolo Bricat 2007

Un po’ svolazzante il frutto ma buon fondo “mineraloide”; bocca ampia, generosa, accogliente, naturale nello sviluppo, assai ariosa, di discreta ma non eccezionale tonicità.

Barolo Riserva Gramolere 2005

Floreale, speziato, profondissimo, carezzevole. Un soffio. Nitido ed evocativo, di cristallina purezza, coglie la più genuina propensione alla freschezza del cru Gramolere. Ciò che mi riporta sull’uscio di casa.

PARUSSO

Riconoscibili fra cento (chiamatelo pure un tratto distintivo), i Barolo di Marco Parusso , ormai da diverse stagioni, si muovono fra originalità ed omologazione su un crinale stilistic0 ed organolettico assai singolare, annunciato da sentori tropicali (pesca, mango, papaja, a volte finanche “sangriosi”), ciò che li accosta ad altri esemplari della tipologia (ma non solo, da che questi sentori iniziano a spuntare in vini totalmente distanti dai Barolo e provenienti da diverse parti d’Italia), e da una “dimensione” tannica più morbida e levigata, tesa ad ingentilire con sapienza la beva. E se a me viene maledettamente a mancare una caratterizzazione che sposi con maggiore trasporto le ragioni della ortodossia nebbiolesca, è anche vero che nelle edizioni migliori l’equilibrio e la piacevolezza sono assicurati.

Barolo 2007

Aperto e cordiale, su riflessi floreali e di macedonia di frutta esotica, è proprio gradevole a odorarsi. Buona tempra al palato, se non fosse per quel rovere impiccione che intende riappropriarsi degli spazi ostruendo gli allunghi ad un finale insistito di liquirizia.

Barolo Bussia 2007

Frutto intenso, prim’attore, esotico e floreale, dal coté speziato; bocca tannica e grintosa, senza i dettagli e le sfumature che vorresti ma decisa e promettente, su netti ritorni di pesca.

Barolo Coste-Mosconi 2007

Qualche tratto vegetale (humus & sottobosco) reclama momentaneamente la scena, prima che il frutto tipicamente esotico “alla Parusso” si faccia avanti in modo più evidente con l’aerazione; sviluppo gustativo un po’ allentato nei sapori, come svagato: il vino scorre senza incidere mentre tu auspicheresti qualche “increspatura” caratteriale in più.  Non sento troppa complessità, ecco che c’é. Emergono semmai la dolcezza dell’annata e quella del frutto; emergono i tannini del legno.

PECCHENINO

Al vigneto Le Coste, quantomeno ad una sua parcella, dobbiamo una primogenitura coi fiocchi, dal momento in cui le uve confluivano un tempo nell’originario Monfortino di Giacomo Conterno, prima che quel monumento di Langa divenisse un Barolo di Serralunga a tutti gli effetti. Dopodiché la sottozona ha goduto di alterne fortune e di alterne attenzioni, rinnovate dalle acquisizioni più recenti, tenuto conto che qui non mancano né belle esposizioni né buoni terreni.

Fra i recenti acquisitori la famiglia Pecchenino, da Dogliani, che approda sulla sponda langarola a dominante nebbiolo proponendosi da qualche anno con un paio di Barolo caratteriali, profondi, dotati di polpa e materia, in grado di coniugare senza troppi pruriti velleitari un disegno stilistico calibratamente moderno ad un apprezzabile grado di dettaglio. Così è soprattutto per il Barolo San Giuseppe, alla terza uscita di sempre.

Barolo San Giuseppe 2007

Buona energia vitale per un tratto gustativo terroso ed empireumatico. E poi roccia, agrumi, fiori essiccati, che l’aria vede in parte rimontati dagli effluvi del rovere. Deciso, tannico, di materia soda e tanta, dalla sua ha una certa virulenza e un buon temperamento.

Barolo Le Coste 2007

L’alcol brucia gli sforzi ad un vino alla ricerca delle provvidenziali sfumature. Diretto, senza fronzoli, di discreto contrasto, il frutto si concede qualche accento surmaturo mentre la rugosità del tratto ne frena gli slanci.

PODERI ALDO CONTERNO

Per una volta non ho da scervellarmi in presentazioni: il nome della cantina, e la sua storia, non ne hanno bisogno. Così come, in fondo, di poche parole abbisognano i prestigiosi cru di cui si avvale la proprietà, situati in prevalenza nella Bussia “soprana”, fra le più emblematiche sottozone del comune di Monforte (e delle Langhe tout court): Colonnello, Cicala e Romirasco la dicono lunga su potenzialità, diritti e privilegi. Sono giaciture dalle quali sono scaturite interpretazioni memorabili (senza dimenticare Granbussia!), ovvero Barolo tenaci e profondi solo di recente “piegatisi” a tentazioni estrattive e “roverizzate” più sottolineate. Nota a margine: non pervenuti quest’anno Colonnello e Romirasco ’07.

Barolo 2007

Spezie, polpa e generosità. Stile moderno qui, che non si “scioglie” troppo nell’eloquio. C’è ciccia, quella sì, ma il dinamismo appare solo discreto.

Barolo Cicala 2007

Un Cicala stranamente circuito dalle effusioni del rovere e dai suoi influssi tostati e boisé. L’energia e la ricchezza sono connaturate, d’accordo, ma in questa confezione l’articolazione e il dettaglio ovviamente ne risentono. Diamogli tempo, anche se appare assai distante, stilisticamente parlando, dal Cicala che conosco (e apprezzo) io.

PODERI COLLA

Dalla famiglia Colla (che può contare su uno dei grandi vecchi di Langa, il Beppe Colla della Prunotto delle meraviglie degli anni che furono) provengono vini curati di solida impostazione tradizionale, che spesso trovano nel Barolo Dardi una delle esemplificazioni più struggenti del “carattere Monforte”. Saldezza e potenza come maritate. E la sapida mineralità che sola attiene alle migliori parcelle dell’arcipelago Bussia.

Barolo Bussia Dardi Le Rose 2007

Bella compattezza e continuità d’azione, speditezza, concretezza, sapore e capacità di dettaglio. Umori di erba bagnata, idrocarburi e terra -su ritorni balsamici- arricchiscono il sorso. Solo una certa rigidezza tannica ne blocca l’espansione decisiva.

PRUNOTTO

Il celebre marchio piemontese, da una quindicina di anni in mano, anche nella conduzione tecnica, alla Marchesi Antinori, dopo un periodo di alti e bassi caratterizzato da vini irreprensibili sul piano formale ma un po’ addomesticati sul fronte del carattere, ritrova un brillante indirizzo espressivo nelle ultime versioni a dominante nebbiolo. Segnatamente nello storico Bussia (derivato dalla parcella Colonnello), che riannoda un discorso proficuo con la limpida matrice sapido-minerale insita nel proprio dna.

Barolo Bussia 2007

In chiaroscuro, fra malinconia e introspezione, serioso, di media tensione ma ispirato nei dettagli, sapido ed elegante nella dote tannica, leggermente liquirizioso nella chiosa, non del tutto a fuoco ma dotato di freschezza e di una apprezzabile spinta nel finale. 

ROCCHE DEI MANZONI

Generosamente materici e boisé, i Barolo delle generazioni nuove della famiglia Migliorini ricalcano gli stilemi dei rossi di più moderna concezione enologica: avvolgenti, pieni, maturi. Vini d’impatto, potremmo dire, anche se un uso più parsimonioso del rovere sarebbe auspicabile. Per favorire i dettagli, o per (ri)scoprire quelle doti di eleganza da sempre connaturate nelle pieghe di un cru importante come il Santo Stefano di Perno. Se ci atteniamo agli attributi poi, ancor più potente e voluminoso appare oggi il celebre Vigna d’la Roul, proveniente dalla parte “soprana” dei Manzoni di Monforte.

Barolo Vigna d’la Roul 2007

Corpo e materia non mancano di certo, ma la confezione cucitagli addosso dal rovere è di quelle che stringono e comprimono, lasciando poco respiro al racconto. L’alcol non si tira indietro e intende dire la sua.

Barolo Vigna Cappella di Santo Stefano 2007

Non dissimile dal precedente quanto a movenze e stile, materia ed alcol stanno in primo piano mentre il disegno stenta a delinearsi, apparendo in questa fase fin troppo debitore degli influssi di un rovere infiltrante.

RUGGERI CORSINI

Non proprio il nome sulla bocca di tutti, quello di Ruggeri Corsini. Da una cantina a dimensione familiare, con una storia piuttosto recente alle spalle (1995) ma con un patrimonio vitato (in parte) di una certa età, la famiglia Argamante va producendo Barolo fedeli ai caratteri del territorio, sposando efficacemente cura enologica e spontaneità espressiva. La trama di bocca dei Barolo in uscita quest’anno è un refrain assai ripetitivo per la vendemmia 2007: non aspettatevi quindi tensioni mirabolanti, casomai una piacevole distensione gustativa “dondolata” da frutto e alcol.

Barolo San Pietro 2007

Dal cru omonimo, dal suo versante più fresco, ecco un bel riflesso balsamico e floreale ad instradare un sorso rotondo e levigato nell’espressione del frutto. La “consapevolezza” tecnica non imbriglia più di tanto una sincera propensione alla scorrevolezza. Manca di complessità, quello sì, ma non di equilibrio. Un certo garbo per essere un vino di Monforte ricavato da una annata calda.

Barolo Corsini 2007

Polpa dolce di frutto, anche esotico, media diffusione e tonicità al palato. Solo discreto.

Barolo Bussia 2007

Buona “ciccia” qui, per un approccio incisivo e roccioso. Monfortino nell’anima, armonioso nel tratto gustativo e progressivo nello sviluppo (di contro più indeciso ai profumi), non sfodera una tensione insostenibile e tende ad allargarsi per lasciare respiro all’alcol. Eppure è un vino centrato, apprezzabile.

JOSETTA SAFFIRIO

Da Sara Vezza, figlia di Josetta Saffirio, una particolare sensibilità verso l’ambiente e verso la cultura più profonda dei suoi luoghi. Da cui discendono oggi una serie di Barolo espressivi, caratteriali, a volte centrati a volte meno, che trovano la loro culla nelle pieghe più vocate del vigneto Persiera, appartenente alla sottozona Pressenda.

Barolo Persiera 2007

Naso non del tutto a fuoco ma buona fragranza nel frutto, tonico e vispo. In piena coerenza, solo latente l’articolazione al palato, eppure la freschezza e la profilatura di quel finale in recupero lasciano ben sperare.

Barolo Francesco 1948 2007

Da una vecchia parcella del Persiera ecco un vino “scuro”, altero e balsamico, un po’ freddo nel carattere, compassato e rigido nella dote tannica. Si concede malvolentieri, è poco flessuoso ma ci suggerisce pazienza; per attenderne l’evoluzione e, con l’evoluzione, le probabili schiarite.

SIMONE SCALETTA

Lo dico subito: questo 2007 non è la migliore versione di Chirlet. Anche se intende ripercorrerne la peculiare fisionomia “incantata” e finto-semplice che il buon Simone Scaletta, appartato e serio vignaiolo con base ai Manzoni di Monforte, ci ha insegnato ad apprezzare e a riconoscere in questi ultime stagioni. Alla spigliata nonchalance e alla facilità di beva mancano stavolta quei dettagli e quella filigrana tannica capaci di spostare più in là trame e coinvolgimento. Eppure, resta intatta la piacevolezza.

Barolo Chirlet 2007

Naso “svolazzante”, di un fruttato diretto e cordiale, senza troppe sfaccettature. Nella sua confidenziale semplicità, e per quei tannini docili, si lascia bere con desio.

SORDO GIOVANNI

Con epicentro e cantina a Castiglione Falletto, la famiglia Sordo giostra su diversi fronti baroleschi, spaziando da Verduno (Monvigliero) a Serralunga (Gabutti) senza farsi mancare una appendice monfortina, concretizzata dall’appartato cru Ceretta di Perno (altrimenti conosciuto come Srea o Cerretta). Manifattura sicura qui, a fronte di una caratterizzazione che tira al classico anche se mai troppo decisa.

Barolo Ceretta di Perno 2007

Ferroso, umorale, scorbutico, dal coté affumicato. Ci stanno grinta e sapidità, non proprio la scioltezza, pur riuscendo a fondere grip e freschezza in modo assai convincente. Certo è vino da attendere, e pure dritto ed “affusolato”.

STROPPIANA DARIO

Alle cure e alla passione di Dario Stroppiana (cantina, cuore e vigneti in Rivalta, the dark side of La Morra) è capitata in sorte questa piccola ed importante parcella della Bussia Soprana, che altri non è se non il naturale prolungamento del Romirasco. Il blasone della sottozona reclama le dovute attenzioni, tante le potenzialità. Dario le va assecondando, mentre l’annata in gioco ha stemperato gli accenti più profondi del tannino di Monforte tramutandoli in una silhouette più gioviale, “pronta”, dai contorni nitidamente fruttati.

Barolo Gabutti Bussia 2007

Suadente, accogliente, alcolico, generoso, piacevolmente cremoso, dal simpatico lato affumicato. Non troppo dinamico semmai, soprattutto negli allunghi.

TENUTA ARNULFO – COSTA DI BUSSIA

Stile tradizionale e prestazioni altalenanti (soprattutto sul fronte della presa del legno e della precisione esecutiva), nelle ultime tornate di assaggio questa cantina sembra avere impresso una maggiore caratterizzazione, con una maggiore compiutezza, ai vini, che ossequiosi ringraziano con prestazioni più adeguate alle potenzialità della storica parcella Arnulfo (prossima al vigneto Visette) da cui traggono vita. Sorprendente, inatteso ma indubbiamente riuscito il nuovo Costa di Bussia.

Barolo Costa di Bussia 2007

Sfumato ed intrigante, grande spinta, ottima profilatura, di dettaglio e sottigliezze, saldo e vivo nella progressione, dai riflessi mentolati e minerali.

MAURO VEGLIO

Interprete fra i più ispirati del fronte modernista, il cui epicentro “cultural-enologico” gravita attorno a La Morra, Mauro Veglio difficilmente delude gli aficionados dal punto di vista della continuità e della coerenza qualitativa, anche se i suoi vini non brillano forse per particolare profondità quanto piuttosto per l’innegabile cura formale, cautamente al riparo dalle tentazioni più “oltranziste” a suon di materia, colore e morbidezza tannica. Dal Barolo prodotto con le uve del Castelletto di Perno, portate in dote dal suocero, ci proviene in genere un’interessante accelerazione sul piano del dettaglio e della sottigliezza, oltre che una impronta tannica decisa figlia legittima del cru.

Barolo Castelletto 2007

Tratti un po’ essenziali per un vino di “scheletro”, nervoso, irrequieto, non ancora ben inquadrabile al momento degli assaggi. A calmare quei tannini mordaci ci prova qualche generoso sbuffo floreale. Buona anima qui ma anche una certa farraginosità, per uno sviluppo che tende all’asciuttezza.

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