Crisi della ristorazione: parliamone

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PIETRASANTA (LU) – Trattare un argomento così delicato non è né facile né piacevole ma ho ritenuto doveroso mettere giù due righe in merito e in uno stile “sobrio” – quanto mai apprezzato di questi tempi – senza immagini. Lungi da me l’idea di aver centrato il problema o di averne data soluzione. Per questo saranno molto ben accette osservazioni e critiche: l’importante è parlarne, uscire dal limbo e auspicare una reazione di chi ha il coltello dalla parte del manico.

Lunedì 20 Febbraio presso il ristorante Doppio Modo di Pietrasanta (LU) una cinquantina di persone – operatori del settore enogastronomico – sono stati invitati dal duo Celso/Pardini (Massimo) a discutere sui problemi della ristorazione in generale e della zona versiliese nello specifico.

Ad introdurre la serata e a fare da moderatore il nostro Claudio Mollo. Da trent’anni in prima linea nella gastronomia è riuscito a coinvolgere e talora a sorprendere i presenti, persone non certo a digiuno di nozioni in materia. In evidenza la diversità tra la gastronomia spagnola e quella italiana, ovvero quando un territorio meno ricco di risorse enogastronomiche riesce a sopraffare chi ne è più dotato essenzialmente per merito dello spirito di gruppo, della coesione tra i cuochi. Appunto l’interazione, la collaborazione e la stima sono risultate le armi vincenti spagnole a differenza dello spirito “secessionista” italiano dettato dal protagonismo e dalla paura (di essere copiati) da una parte e dall’invidia dall’altra. Come si suol dire, metti tre cuochi a tre fornelli e faranno i loro soliti piatti, mettili assieme intorno ad uno solo e faranno cose straordinarie. Purtroppo questo lo hanno capito solo in pochi, troppo pochi al momento.

Altro argomento interessante il grosso problema della qualità del cibo e specialmente dei prodotti industriali: di sicuro effetto alcuni resoconti sulla preparazione di salumi, non tanto per la carne utilizzata quanto per gli additivi usati per esaltare aromi o colori e anche migliorare la fruibilità del prodotto nel tempo. Oppure sulle farine Ogm usate da rinomati pastifici. Oppure sulle macchine che sfornano dolci mai uguali per illudere il consumatore che siano fatti a mano…

Interessante l’intervento di Franco Pedrini (già presidente Demeter) titolare dell’azienda biodinamica San Cristoforo produttrice di pasta dalla semina di antiche varietà di cereali alla trafilatura a bronzo ed essiccazione a bassa temperatura. Inconfutabile la qualità dei prodotti ma, nella società di oggi, appannaggio di pochi per disponibilità e costi. Occorrerebbe un radicale e purtroppo utopistico ribaltamento delle basi economiche mondiali tornando a privilegiare l’agricoltura anche con la riconversione di aree industriali per soddisfare il bisogno globale (e nemmeno tutto purtroppo…) ed invertire l’inarrestabile avanzamento dei prodotti Ogm, unica soluzione prospettata per tale problema.

Gli invitati sono intervenuti principalmente sullo scottante tema della crisi nella ristorazione: quali i responsabili? Tante le banalità proferite: “non ci sono più soldi” o “ troppi ristoranti” le più classiche. Certo se le bocche sono sempre quelle e i ristoranti si moltiplicano ovviamente vi saranno meno clienti a testa e, con il perdurare della crisi economica, il calo si manifesta maggiormente. Ma parliamo di ristorazione o di pseudo-mense? Chi è causa del suo mal non pianga se stesso! Negli anni passati è stato troppo facile assecondare una delle idee più gettonate, uno dei traguardi più ambiti da chi aveva un po’ di soldi da investire: aprire un locale! Così, vuoi per ignoranza in materia, per comodità, o per conseguire l’obiettivo del facile guadagno entra in funzione l’ennesima pseudo-mensa atta a perseguire il menù stereotipato richiesto dal consumatore medio. Ovvero una persona che giudica il piatto solo dal sapore, che ordina solo quello che conosce e che, come è stato dimostrato da ricerche, spesso non si ricorda cosa ha mangiato appena uscito dal ristorante. A questo punto la differenza la fa principalmente il costo ed inizia un progressivo livellamento al basso sia dei prezzi che della qualità, il margine di guadagno si abbassa e la crisi interviene con il colpo di grazia risparmiando tuttalpiù qualche abile comunicatore che per altre virtù riesce a tenere la “barca pari”. Un fatto analogo successe anche nel mondo vinicolo quando tutti iniziarono a produrre merlot e cabernet belli concentrati e barriccati così da ritrovarci dopo poco con vini tutti uguali, senza anima.

Sarei curioso di vedere la reazione dei suddetti clienti-tipo se per un mese i ristoranti della zona proponessero tutte le tipologie di pesce ad esclusione delle solite spigole e orate (e fortunatamente ne abbiamo davvero tante e buone!) oppure il quinto quarto al posto di bistecche e hamburger. Probabilmente dopo un attimo di smarrimento capirebbero che ci sono tante cose da assaggiare al mondo, gusti nuovi e buoni da scoprire ma temo fortemente che continuerebbero il percorso educativo una volta tornati alla “normalità” delle vecchie pietanze.

La cucina è una cosa seria. Senza ricorrere a cibi esclusivi, costosi e ricercati anche quando vengono proposti piatti tipici andrebbero sperimentate continuamente cotture o abbinamenti per essere un passo avanti agli altri, per far si che la gente abbia un motivo per andare in quel posto. Anche la comunicazione è corresponsabile del successo, come evidenziava Claudio, ma senza tecnica e passione in cucina si va poco lontani.

Diversificazione e specializzazione: queste le parole taumaturgiche espresse dai presenti. Partendo dalla qualità del cibo, proseguendo con il rispetto della materia prima e unendo tecnica ed estro si può rendere stuzzicante un piatto semplice che caratterizza la propria cucina. Se poi il locale si specializza in un particolare settore e magari offre un menù non troppo ampio per evitare sprechi, il “successo” è più auspicabile.

Gli argomenti da affrontare sarebbero stati tanti, un breve video mostrava diversi titoli che avremmo dovuto sviluppare ma, complice un break molto apprezzato di prodotti locali distribuiti dagli ideatori della serata, lo scarso tempo a disposizione ha costretto a rimandarne l’approfondimento ad un prossimo incontro.

A conclusione, una amara riflessione: ben venga l’inevitabile selezione natural-economica se a sopravvivere saranno i savi e non i furbetti, se dalla cenere di tante attività improvvisate potrà risorgere la ristorazione vera, motivo di grande e giustificato orgoglio nazionale.

La foto-civetta che appare nella home page è di Eugenio Grosso/Fotogramma, tratta da roma.corriere.it

Leonardo Mazzanti

Leonardo Mazzanti (mazzanti@acquabuona.it): viareggino…”di scoglio”, poiché cresciuto a Livorno. Da quando in giovane età gli fecero assaggiare vini qualitativamente interessanti si è fatto prendere da una insanabile/insaziabile voglia di esplorare quanto più possibile del “bevibile enologico”. Questa grande passione è ovviamente sfociata in un diploma di sommelier e nella guida per diversi anni di un Club Go Wine a Livorno. Riposti nel cassetto i sogni di sportivo professionista, continua nella attività agonistica per bilanciare le forti “pressioni” enogastronomiche.

12 COMMENTS

  1. Mi è piciuto in particolare l’ultimo versetto quello sul numero di piatti nei ns. ristoranti, e non so se nessuno ha parlato che oggi si lavora solo con le selle di quello o quell’altro animale, lasciando gli altri pezzi nel dimenticatoio. Dopo vedo la contraddizione che oggi la gota di bove ha raddoppiato o triplicato il prezzo perchè tutti dietro come pecoroni.

  2. Il problema è che oggi il cuoco non deve essera un artistà (fare l’artistà è un bell’alibi ) oggi il cuoco deve essere un professionista che usa la conoscenza, sia dei prodotti, sia della tecnica, il tutto per rispettare il prodotto (visto che facciamo alimentazione) perche sano non vuol dire insapore e incolore. Per far questo bisogna prendersi delle responsabilità, cosa semplice, ma di difficile attuazione. Non ha caso il cuoco ha bisogno di conferme, dall’ano gastronomo che di cucina non sa un cazzo (guardategli le mani, vedrete che lui di tegami di cucina ne conosce pochi). Per carità anche lui deve campa’. E magari anziche un rapporto di sudditanza, fosse collaborazione? Io ritengo che il problema sia socio culturale, in un momento come questo di cambiamento in corso. Prendere altri paesi a confronto, credo che sia più mancanza di argomenti che altro, la perdita di personalità della ristorazione è dovuta, purtroppo, da una domanda distratta e poco esigente, dove grandi Ristoratori, cucinieri, si sono adagiati. Se avessimo una domanda più esigente, noi dovremmo diventare davvero dei professionisti seri, che non vuol dire trasformare il piombo in oro (La natura va solo rispettata non a bisogno di creatività )

  3. E’ verissimo, il cuoco deve essere un grande conoscitore della materia prima, ma deve essere anche un artista perché nella storia della gastronomia, come in tutte le altre storie, l’evoluzione fa parte dello sviluppo mentale e professionale dell’essere umano. La questione è fisiologica, è umana. Perché qualcuno continua a dire che il cuoco non deve essere un artista? Che senso ha? E poi….se c’è un “ano gastronomo” ci deve essere anche un “ano chef” o “ano cuoco”….ma che vuol dire tutto ciò? Ma come mai il signor Fantoni ce l’ha sempre con il mondo intero, con i bianchi i rossi, quelli che mangiano, quelli che vendono, quelli che scrivono, quelli che la fanno nelle ore sbagliate, con il sale, con lo zucchero e via discorrendo…..la fila e lunghissima. La soluzione potrebbe essere un monastero tibetano, oltre i 5000 metri di altitudine nel quale attuare le più grandi e infinite filosofie che ciascuno di noi porta dentro. Li, non ci sarebbe bisogno del sale ne dei cuochi, in quei posti lo spirito si allinea all’universo e scopre infinite soluzioni di vita alternativa. Lontano dal rumore, lontano dal sapore, lontano dal mondo. Io volendo ho anche un indirizzo di riferimento, con dei contatti in zona!!!

  4. GRANDE Artistà se mi dai l’indirizzo ne sarei felice , magari se ai le palle ci metti anche il nome tuo , almeno so con chi ho a che fare . Ai capito la differenza fra un artistà , e un professionista , che ci mette la faccia . Io non celo col mondo anzi , Ma credo che se inizzi a farti delle domande forse capisci , ma la condizzione è che bisogna avere il coraggio di mettersi indiscussione , non avendo paura delle risposte . Comunque Grazie del consiglio

  5. cuochi o non cuochi… un po’ di italiano “corretto” non ci starebbe male… Si parla di professionalità, ma sapere scrivere non è qualcosa che dovrebbe essere patrimonio di tutti… E qui non si tratta di “sviste” o di “fretta”…

  6. Amelio, ci conosciamo da tanto tempo, io ti stimo per i tuoi principi e la cucina che riesci a fare, per i grandi sapori che riesci a far saltare fuori nella semplicità. Abbiamo fatto diverse cose insieme, belle, importanti e piacevoli. Non siamo mai stati d’accordo su tanti punti e aspetti della cucina e delle modalità di trasmetterla, ma questo è normale, però io ti ho sempre detto una cosa…..tu NON TI PONI BENE nel rapporto con gli altri, lo hai sempre fatto e lo continui a fare e in questo modo, ragioni o meno, si perde sempre e non si riece a fare nemmeno un metro. Ci puoi credere o no ma purtroppo così è…! Non vuoi sentire ragioni di nessun tipo e vai “solo” per la tua strada. Questo è ed è sempre stato un grande peccato. Ma non credo che a te interessi più di tanto. O no?

  7. La questione delle materie prime è molto importante, ed è vero che troppi ritengono indispensabile branzino,scampi oppure filetto, e per via dei costi si rivolgono all’allevato/importato/congelato (per il pesce), col risultato di appiattire i sapori e di finire in mano ai grossi importatori, mentre a quanto pare un bel po’ di pescato viareggino (primo porto della Toscana) rimane invenduto. Credo che una delle chiavi per la resurrezione di un’offerta migliore, sia per i sapori diversi, sia per la qualità/prezzo sia questa! E circa la domanda come non notare che c’è chi lavora così e, beato lui, è prenotato fino a Natale! a differenza di altri che in teoria fanno uguale ma ti trattano parecchio peggio e ti massacrano i coglioni con pesanti monologhi per tutto il tempo (forse perchè si è gli unici clienti?)

    Diego

  8. Caro mollo è verissimo, quello che dici , ma è una questione di scelte , è lora di finirla col dirte sempre ni , le cose sono ho si , ho no . Allora ! le mie sono sempre state e sono delle oppinioni , ma ho capito che non bisogna averle , bisogna appartenere , non participare cosi fai contenti tutti . Non faccio la vittima , non fa parte del mio DNA . Quello che non si capisce , che ho una visione diversa della , alimentazzione , sia quella fatta a casa o al Ristorante , E ritengo che sia la strada per uscire dal tunnel dei problemi della ristorazzione . Quando parlo di domanda preparata , i cosidetti artisti seri non possono che essre contenti , gli emulatori gli arroganti , i poco preparati , itrasformatori del piombo in oro , si devono preoccupare . Io sono lunico che da trentanni va davvero tutti giorni al mercato e alle barche , e quando il mare è mosso più di tre giorni chiude , e non compro un chilo di pesce per fare della scena , e il resto è dei magazzini come tutti . Se oggi i ritoranti più omeno noti usano alcuni pesci , è solo merito mio . é vero sono un rompi coglioni , cosi dice , mi propongo male . Ma mi propongo , e sono sempre pronto a mettermi indiscussione . perche è solo il confronto che ha fatto crescere il mondo . I o non mai detto a nessuno che non deve usare certe alchimie , glio detto perche , ma è un problema suo . Caro mollo io cucino non faccio comunicazzione , e chi la fa di mestiere giustamente va pagato , ma non può indirizzare , visto che la sua esperienza è fin troppo teorica .( ad ognuno ilpropio mestiere ) senza contare che si prende delle grosse responsabilità . Comunque , non faccio il missionario , non mi sono mai preso sul serio , credo che faccio uno dei mestieri più importanti al mondo . L’uomo é Quello Che Mangia ( Se è vero , artisti , cenè di strada da fare)

  9. “….Interessante ragionamento.
    Le questioni nell’articolo presenti sono di non poco conto.
    Per la a crisi…la crisi di un sistema nella sua interezza. La crisi della ristorazione – mi piacerebbe ragionare sui dati – è allora inserita all’interno della crisi dell’intero sistema economico?
    La domanda non è pleonastica, a mio modesto modo di vedere.
    Per le possibili soluzioni proposte….il ribaltamento del sistema economico è già in atto, sempre a mio modesto modo di vedere.
    Il discorso allora dovrebbe piegare tutto dentro all’analisi degli untimi 8/10 anni per capire fino in fondo le dinamiche che hanno allontanato tutto un sistema dai segni presenti che, come neri messaggeri, annunciavano quel che sarebbe giunto adesso. Certo è che alcuni confronti sugli stessi temi li abbiamo pur distinti, qualche anno fa (2005/2007), tra le tante conversazioni che leggevamo su questi stessi argomenti…per capire.
    In quelle conversazioni furono articolate prospettive di Crisi – di Sistema – negate poi dall’insieme delle voci dialoganti. Alcune soluzioni, invece, vecchie di più di un lustro….fatte fuori come risultati di anomale riflessioni e di non congrue sperimentazioni.
    Adesso, invece, siamo arrivati alla condizioni di crisi – ? – .
    Bene.
    Quali le ricette?
    Bene.
    Certo è che, credo, che le questioni siano problematiche non solo tra i cuochi….già
    Mi rendo conto che la battaglia per un rinnovamento anche della critica è battaglia che va incontro a notevoli difficoltà. In realtà è stata battaglia guerreggiata”, non per responsabilità degli uni – ? – , avendo nell’impatto tra le parole…la difficoltà.
    I sistemi sono stati chiusi a chiave. Perché chiudere quando invece era necessario altro? Non so, non riuscirò mai a capirlo. “…Sulle questioni del Gusto infatti non si può “essere” da soli: troppo grandi sono gli incastri delle sue conseguenze” come scrivevo….” da….di….
    Quel che voglio dire è che era allora necessario quel che non è stato fatto. Per questo la crisi è giunta….a mio modesto modo di vedere.
    Nascondere e cancellare non serve a nulla…l’Italia, il nostro sistema, poteva e può citare oltre che copiare.
    Queste poche riflessioni solo per offrire uno spunto di ricerca su quel che nel tempo è stato discusso, ragionato, sollecitato, eccetera.
    Non sarebbe male dare vita a una nuova stagione. Le possibilità sono ancora presenti. Più o meno sono le stesse. Nel senso che, malgrado un sistema chiuso, le questioni ragionate hanno evoluto le loro stesse ragioni
    Ci sarebbe da ragionare le questioni dell’arte.
    Chiudo
    Mario….”

  10. Mi scusi signor Mario ma non riesco a seguirla. Tutti quei puntini di sospensione, tutti quei riferimenti incrociati che fa…parla di cose discusse, sollecitate, ragionate chissà dove da chissà chi. Potrebbe essere più chiaro per favore? A leggerla si ha l’idea che lei sia addentro alla materia ma non si capisce da dove parte ne dove voglia andare a parare! Ma lei cos’è? un ristoratore? un critico? un appassionato? e poi la chiusura apparentemente sconclusionata sulle questioni dell’arte…mah, signor Mario, sarà un mio limite ma io non la capisco proprio!

  11. “..Grazie della risposta innanzitutto.

    Le comunico che cerco sempre di essere chiaro. A volte – spesso – “…non so dire..”

    La mia condizione è simile a quella “patita” da uno dei protagonisti di “8 e ½”? Non so dire con esattezza. So che la parola non è più, per me, lo strumento – stavo scrivendo il luogo da attraversare – per costruire relazioni di significato.

    Preferisco altre “parole”, altre possibilità.

    Inoltre considero che proprio la parola è divenuta, sempre dal mio punto di vista, lo spazio in cui la crisi ha germogliato i suoi frutti: l’Oggi. Mi riferisco alla Crisi di sistema, innanzitutto.

    Alla fine degli anni ’90 – anche prima – le parole – i segni – che dovevano essere poste a nord magnetico per uno sviluppo della nostra “ProspettivaFuturo” erano altre rispetto quelle che hanno invece continuato – ? – a “costruire” la nostra società.

    Per questo ho iniziato ad allontanami dalla parola – dalla lingua – ? Non lo so. So solo che la lingua oramai (Mi)annaspa.

    Cercherò, in questa risposta, di andare con ordine attraverso l’utilizzo della [non] parola

    “Comunque”.

    Il mio intervento a me sembra chiaro.

    Mi sembra chiara innanzitutto la “chiusura apparentemente sconclusionata sulle questioni dell’arte”. Posso sempre sbagliare, ma ho letto ragionamenti sul rapporto tra la cucina e l’arte nei commenti. No?

    Per questo motivo ho offerto il mio punto di vista al dibattito sollecitando prorpio lo sviluppo dei ragionamenti sul tema, sull’arte.

    Perché il sollecitare lo sviluppo di una direzione – emersa – al confronto è cosa sconclusionata?

    Ritengo chiare anche le mie domande. Ho infatti chiesto se la crisi della ristorazione fosse legata esclusivamente alla crisi che ha colto impreparato il sistema economico nel quale viviamo.

    Io credo, ma posso sempre sbagliare, che la domanda sia propria.

    La penso in questo modo per il semplice fatto che anche nel 2006/’07 (prima della crisi) si sviluppò, all’interno di alcuni luoghi di discussione – siti a tema, blog a tema, eccetera – un dibattito sulla condizione di difficoltà che il mondo della ristorazione iniziava a patire. Tale dibattito lo ricordo in maniera molto chiara.

    Se la crisi della ristorazione esiste – mi piacerebbe ragionare sui dati – è allora crisi che parte da lontano. Tutto qui.

    Sbaglio?

    Con questo mio ragionare ho posto inoltre un accento lieve su quello che nel nostro paese era stato comunque prodotto, dal 2001 in poi, proprio nel tentativo di arrivare all’Ottobre in Rosso del 2008 preparati innanzitutto come sistema ristorativo.

    Più che sulle ricette, all’interno della nostra azione di ricerca, avevamo infatti cercato di lavorare sulle parole.

    Abbiamo sbagliato strada? Penso di si, anche perché tutto il mondo a noi contiguo ( la critica del gusto, innanzitutto) non ha mai aperto alle nostre sollecitazioni in forma di istanze, di eventi, di comunicati stampa, di prodotti…di parole.

    Le nostre parole erano semplici. Ragionavano sulla crisi che sarebbe poi arrivata.

    Nel 2003/2004 (altre cose dal 2002), finito il lavoro di ricerca – teorico – sulle parole e quello relativo alla sperimentazione dei prodotti concreti, attraverso tutta una serie di azioni – anche performative –, ponemmo le questioni relative alla futura crisi di sistema e alle possibili “ricette”.

    Nei dibattiti a cui ho fatto riferimento, successivamente, ragionammo le stesse ragioni: l’imminente sfascio e ciò che era necessario, dal nostro punto di vista, fare.

    Le ricette per noi erano i “Nuovi Modelli” che dal 2000 al 2003 avevamo elaborato e sperimentato.

    La disponibilità [l’apertura] di tutto un mondo – quello della critica, innanzitutto – non è mai giunta.

    Abbiamo sbagliato strada? Io penso di no.

    La critica è essenziale in un sistema.

    Allora penso di si? No!

    Continuo infatti a pensare che, malgrado la critica, la nostra proposta era proposta propria.

    Tenga presente che ancora nel 2010, in un incontro di discussione su di un “libro di prossima uscita” le nostre ragioni sono state nuovamente stigmatizzate come ragioni del tutto sbagliate.

    Una delle tesi all’occasione presentate è riferita al per me necessario superamento della “filiera corta”.

    Anche sugli altri concetti, mi hanno detto che quel che stavo dicendo era tutto sbagliato….anche i critici. Al contempo nell’occasione i prodotti da noi ragionati, elaborati e realizzati nei primi del 2000 imbandivano di gusto gli stand.

    Io, invece, sono cresciuto con in testa la “…critica nobilmente fautrice”.

    Sono cresciuto, cioè, avendo come nord magnetico una critica che scava, che indaga i fenomeni e che si apre alle nuove dinamiche. Ma non sono un critico. Ho solo Cucinato. Adesso, quando mi va, cucino. Nella generalità dei casi faccio a mangiare.

    Ho chiarito il mio primo intervento?

    Continuo a ritenere che sarebbero da ragionare le questioni dell’arte.

    Aspetto allora sue riflessioni.
    Grazie

    Mario..”

  12. la crisi ce ed pesante…io ho 31 e dopo anni di sacrifici il nulla piu totale, stipendi tagliati, brigate dimezzate e contratti improponibili, che sei costretto a firmare per poter portare a casa la pagnotta,gli stellati chiudono e non ce piu un progetto si pensa solo a riempire i ristoranti, per fare cassa, e inutile dirlo..ormai anche questo settore e in ginocchio a parte qualche lavoretto stagionale non ce piu niente, e avolte mi chiedo se ne vale ancora la pena , la cucina e e passione, ma devi essere anche motivato e trovare un ambiente che ti faccia esprimere le tue potenzialita.

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