LIDO DI CAMAIORE (LU) – C’è chi ama il Negroni, che il conte Camillo Negroni si faceva preparare in Capannina a Forte dei Marmi negli anni ruggenti. C’è chi al pari di James Bond associa il drink al Vesper Martini (“shaken, not stirred”, si raccomadava lo 007). Hemingway amava particolarmente il rum, mentre Somerset Maugham il Martini. Alzi la mano chi non ha preferenze in fatto di cocktail. E gli chef? Come accompagnano lo smaltimento dell’adrenalina dopo il servizio e le ore liete del giorno di chiusura in compagnia di amici?
Fidandoci dei rumors abbiamo seguito dieci di loro esibirsi alla Gin Tonic Challenge, la gara che domenica ha eletto il migliore d’Italia all’Una Hotel di Lido di Camaiore, in Versilia. A spuntare la sfida per il centro nord: un astemio! Arturo Spicocchi della Stua de Michil a La Perla di Corvara (Bz), ha infatti ammesso con candore di non avere potuto assaggiato la sua creatura, ottenuta partendo dagli ingredienti sull’etichetta dell’Hendrick’s Gin. Ossia cetriolo e petali di rosa, due dei segreti che lo rendono un distillato particolarmente apprezzato. Spicocchi ha convinto la giuria per originalità e armonia nei sapori: nel suo drink la pimpinella a ricordare il cetriolo, due gocce di Angostura a contrastare la dolcezza di una spuma e lo sciroppo di rosa, oltre a gin e tonica (per tutti la Fever Tree). Ad accompagnare il drink lo chef ascolano in forze in Alto Adige ha creato una crema di buccia di limone, cetriolo osmotizzato al gin, olio essenziale di ginepro, gambero in tempura di gin tonic, coriandolo e petali di rosa, meringhe al cetriolo con gelato ancora al gin tonic. Che già solo a vederli, valevano una menzione.
Il creativo della Stua de Michil ha poi incontrato il campione eletto in giugno al sud: Raffele Ros del San Martino a Scorzè (Ve), prestato per l’occasione alla squadra meridionale, da cui si era distinto con un “minestrone” di gin tonic di erbe aromatiche, pralina di lumaca, pomodoro secco, cappero e paprika. In soli sette minuti hanno quindi tentato di sparigliare con un ulteriore cocktail dagli ingredienti obbligati: coriandolo, peperoncino, cetriolo, lemongrass, zenzero e cipollotto. A testare le creazioni: Fabrizio Gulì e Dom Costa, rispettivamente responsabile marketing e mixology manager Velier, Xavier Padovani (brand ambassador Hendrick’s Gin), Chicca Larentis (Mk Comunicazione), Alberto Rossetto (giornalista) e Gaetano Verrigni, patron del noto pastificio abruzzese. Ma una volta ai numeri, il testa a testa è terminato alla pari.
A contendere il primato per il centro nord, insieme ad Arturo Spicocchi c’erano altri nove concorrenti, prestati per una sera allo shaker: Paolo Masieri dal “Paolo e Barbara” di Sanremo (Im); Barbara Collami del “Baldin” di Sestri Ponente (Ge); Natascia Santandrea della “Tenda Rossa” di Cerbaia Val di Pesa (Fi); Francesco Coletti del bistrot Chic’n Quick del ristorante “Sadler” di Milano; Giacomo Menchini, in forze al ristorante “Il Salviatino” di Firenze; Paolo Teverini e Mirko Valgiusti, dell’omonimo ristorante di Bagno di Romagna (FC); Davide Mingiardi e lo chef Eugenio Boer del wine bar meneghino “Enocratia”; Gianni D’Amato insieme al figlio Federico, del “Rigoletto” di Reggiolo (Re); Tano Simonato, del milanese “Tano Passami l’Olio”.
Alcuni di loro hanno preferito non abbandonare la versione classica. È stato il caso di Mirko Valgiusti (barman al “Paolo Teverini”), piegatosi solo alla spettacolarizzazione della messa in scena aiutato dall’azzoto liquido; Francesco Coletti di Sadler ha aggiunto un ghiacciolo con centrifugato di cetriolo; Federico D’Amato del Rigoletto ha utilizzato un tocco di pesto di erbe (cedrina, melissa, ambrotana) e caffè in abbinamento ad una granita di salicornia; Tano Simonato (con un passato importante da barman alle spalle) ha impiegato polvere di limone disidratato, gelatina ghiacciata di gin acqua e limone, sostenuto da spuma di gin alla rosa; la sommelier Natascia Santandrea della “Tenda Rossa” ha invece fatto un bagno al ghiaccio in un noto vino di Bolgheri, mentre Barbara Collami del “Baldin” ha voluto dedicare una citazione al Chinotto, prodotto tradizionale del savonese.
Paolo Masieri ha omaggiato l’orto con dei cubetti ghiacciati di centrifugato di pomodori datterini, cetriolo e peperoni. Quindi le varianti più creative di Spicocchi e Boer, quest’ultimo attratto dalla commistione tra le parti liquida e solida (una pastiglia ottenuta centrifugando zenzero e cetriolo) del cocktail servito con una tartara di ricciola, olive taggiasche e limone, slaicornia, alghe wakame e cappesante disidratate. Infine la proposta del Salviatino, nei panni dello chef Giacomo Menchini, che ha servito il gin tonic sotto forma di sorbetto, unendovi una cialda di mandorle e cacao su cui ha appoggiato uno spiedino di ostriche e insalatina di mela verde.
Perché il gin tonic è sì un long drink a base di gin ed acqua tonica (pare sia stato introdotto in Europa dalla Compagnia Inglese delle Indie Orientali di stanza in India), ma se messo alla prova sfoggia armi da gourmet.
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incredibile! dev’essere stato molto divertente!! un mondo che conosco pochissimo quello dei cocktails, mi fai venire voglia di approfondire mannaggia…… :-))
Cris