Alto Adige Terlano Sauvignon Tannenberg 2011 – Manincor

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Il vino: Alto Adige Terlano Sauvignon DOC Tannenberg 2011 – Manincor

Sottozona/Cru: vigneto Tannenberg – sottozona Liebenaich – località Settequerce – Terlano (BZ)

Data assaggi: novembre 2012

Il commento:

Il giallo sgargiante -ma non marcato- sottende una tonicità e una pienezza tutte giovanili. Ma è al naso che già ti conquista, da che non si aggrappa a una mera e ostentata connotazione varietale, ma scarta di lato in modo individuo, cogliendo semmai in profondità le sottili nuance aromatiche tipiche di un Sauvignon maturo, che qui sentenziano prepotentemente l’imprinting di certi mirabolanti terroir terlanesi, dove la sferzante mineralità incrocia gli accenti agrumati e speziati, e una seducente sfumatura di fiore di pesco veste di eleganza il quadro. I profumi se ne usciranno sfumati, intriganti, lontani mille miglia dall’accademia.

Di formidabile tensione sul palato, appare un vino “sferico”, carnoso, appagante, slanciato e luminoso. L’infiltrante salinità ne irradia il finale. E’ ritmo, ritmo allo stato puro. E finezza, una superiore esigenza di finezza.

A 20 euro o giù di lì il Sauvignon che non dimentichi: fiero portavoce di una terra, “sa” di lei fin nel midollo. E in lei si riconosce, in lei soltanto. A 20 euro (o giù di lì) un bel vedere, dopo tante ovvietà.

La chiosa

Inutile girarci attorno con arzigogolati preamboli: la sensazione è chiara, e ci suggerisce che a Manincor, importante cantina privata con sede a Caldaro e parco vigneti distribuiti fra Oltradige (Caldaro, appunto) e Terlano, sia in corso una rivoluzione. O meglio, un risorgimento. Perché se solo ti avvicini ai suoi vini oggi, e hai presente i vini di ieri, immediata hai la percezione che qualcosa si stia “muovendo” sotto, e che quel “movimento” sotterraneo inizi a far baluginare orizzonti diversi e tutti nuovi.

Il respiro che alimenta i bianchi della casa, per esempio, ci parla di autenticità, naturalezza, cura enologica ed espressività. Ci parla di bicchieri in cui pienezza, maturità di frutto e dinamismo confluiscono in sorsi seducenti, polposi e sfumati al tempo stesso. E pari progressi avvertirai negli eclettici rossi, dei quali ti colpirà l’assenza di crudezza e vegetalità, così come l’ispirata fusione tannica. Fra questi, un Pinot Nero le cui uve provengono dal piccolo e affascinante altopiano di Mason (da non confondersi con Mazzon), laddove esposizioni, venti, sassi e vecchi ceppi vanno decretando una fisionomia dal forte ascendente minerale e dal timbro fruttato puro e definito.

Cosa ci sia alla base di questo evidente stato di forma qualitativo non saprei spiegarlo così, d’amblé. Certo è che alcuni convincimenti del conte Michael Enzenberg (verso il quale nutro un debito di riconoscenza grazie a una delle dritte più preziose per le mie prime frequentazioni altoatesine, ossia il consiglio di andare a provare una pizzeria atipica e curiosa chiamata Zum Gams, a Pianizza di Sopra, pizzeria che ora non c’è più ma che non dimentico), come quello di sposare il protocollo biodinamico su tutto il parco vigneti (non vorrei sbagliarmi, ma forse si tratta della cantina europea con il maggior numero di ettari vitati – 50! – condotti in biodinamica), o l’avvento di un enologo di rara sensibilità interpretativa come Helmuth Zozin, potrebbero aver avuto un certo peso. Sicuramente poi l’ottimizzazione logistica, culminata nella costruzione della funzionale cantina sotterranea, non può non aver rappresentato un ausilio efficace per una gestione più attenta delle varie fasi produttive. O forse, chissà che non si debba ascrivere al piccolo esercito di pecore nane, che vive felice allo stato semi brado fra i filari di Caldaro, il miracolo dell’equilibrio, oltre che della naturale distribuzione di compost nei terreni?!

Ma alla base di tutto, probabilmente, c’è una verità più semplice e tangibile: vigneti di estrema qualità, le cui potenzialità, per una ragione o per l’altra, sono state finalmente liberate. Fra questi sicuramente Liebenaich, ispirato dai porfidi e dalle quarziti di Terlano, lì dove dimora la triade varietale più classica per la zona e da cui prendono vita appunto i Sauvignon Tannenberg e Lieben Aich, lo Chardonnay Sophie e il Pinot Bianco Eichhorn. Tutti bianchi vinificati in tini troncoconici di legno senza uso di lieviti selezionati. Tutti bianchi affinati in grosse botti di rovere Stockinger.

Lo ripeto: spiegare cause e concause non saprei, ma trovare pieno conforto nei vini nuovi, qui a Manincor, è un dato di fatto. E tutto questo, a ben vedere, basta.

Foto: nelle prime tre immagini della tenuta a Caldaro; Helmuth Zozin ( enologo) e Matthias Jaeger ( responsabile vendite); vecchie pergole di schiava sulle rive del lago.

FERNANDO PARDINI

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