La Schiacciata del dì di Pasqua, con ricetta: anice, uova e sassolino

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Schiacciate di Pasqua

Vada per la colomba e vada per l’uovo al cioccolato, ma non è Pasqua – almeno in Toscana – se a tavola non porti la schiacciata. Beh, tanto schiacciata non è, pare piuttosto un panettone leggermente meno alto, spennellato di tuorlo sulla cupola che imbrunisce durante la cottura. Al cuore colpisce per il profumo d’anice (in semi, niente aromi), scorza d’arancia (a Livorno però non c’è), rosolio di menta (ne parla anche l’Artusi) e liquore d’altri tempi (a piacere): Strega o Sassolino.

Diffusasi ormai un po’ in tutta la regione, la tradizione la fa nascere Livornese e subito dopo travolgere anche la provincia pisana. Tra i sostenitori dell’origine labronica c’è lo speziale Diacinto Cestoni che in una lettera del 1699, scrive: “Il Venerdì Santo è uso comprare zucchero, zafferano, anaci, spezie e pepe per fare certe torte di Pasqua che a Livorno chiamano schiacciate”. Oggi le fa buone Cristiani, una delle migliori pasticcerie della città dei Quattro Mori, ma se volete assaporarne il vero significato, ricordate per gli anni a venire che la domenica delle Palme a Ponte a Egola (siamo nel comune di San Miniato, in provincia di Pisa) le dedicano una festa, con tanto di sfida fra casalinghe. C’è chi abbonda di anice e chi sparge semi con parsimonia, chi preferisce il Sassolino alla Strega, chi proprio non aggiunge liquore, chi vi gratta la scorza di arancia insieme a quella del limone e chi spreme il frutto dentro l’impasto. Chi utilizza più burro, chi invece predilige l’olio, chi vi aggiunge la ricotta.

Vincitrice Ponte a Egola

Non esiste una ricetta unica, perché è fatta per rendere omaggio alla ricorrenza con quel poco che la dispensa permetteva. In comune però tutte le schiacciate (o stiacciate) hanno una lunga e paziente lievitazione in diverse fasi (dalle due alle quattro riprese), l’anice (che è anche nei brigidini, le ostie tipiche di Lamporecchio, in provincia di Pistoia) e la povertà degli ingredienti tra cui tante uova. Sì perché in Quaresima dall’alimentazione erano banditi animali a sangue caldo, incluse le uova che si accumulavano in dispensa. Meglio se del pollaio, in alternativa prendete quelle di Serse Dainelli, ex ragioniere che dal 1988 alleva galline livornesi e bovini insieme alla moglie, nell’azienda biologica Carpareto di Molino d’Egola (San Miniato, Pi). Ci sono poi le varianti più moderne con uvetta sultanina (fatta rinvenire in Vinsanto oppure Marsala), con gocce di cioccolato e altri ingredienti che ne nobilitano il sapore. Ma se volete quella originale, allora Ponte a Egola è la vostra meta. Durante la festa che si è tenuta lo scorso fine settimana, ne hanno vendute in gran quantità appena sfornate.

La Ruga

“Il consiglio è di accompagnare la fetta con un buon Vinsanto. Un tempo vi bevevano dietro un bicchierino di Verdea, mosto filtrato, conservato gelosamente nella vetrinetta di casa fino a Pasqua – dice Simone Nieri, presidente dell’associazione La Ruga, organizzatrice della kermesse da sette edizioni – Volevamo creare un appuntamento in omaggio ad una ricetta della tradizione popolare contadina. Ci siamo accorti che non ne esistevano in onore della schiacciata, un dolce poverissimo e tutto nostro. Molto difficile per la lievitazione, basta poco ed è sciupato”. Quest’anno ne hanno sfornati circa 800 pezzi a causa del brutto tempo. “Il potenziale era più alto, due edizioni fa ne abbiamo cotte un migliaio – prosegue Nieri – Grazie a questa sagra è una tradizione di cui in molti si stanno riappropriando”. E la competizione lo dimostra: 11 partecipanti, tutte donne. Tre di loro sono state premiate (in ordine di podio: Giuliana Cappelli, Corradina Sforzi e Marisa Lucchesi), in nome di quel sapere i cui cultori stanno crescendo.

Se qualcuno volesse cimentarsi nell’autentica schiacciata di Ponte a Egola, ecco la ricetta (versione veloce) de La Ruga.

 

SCHIACCIATA DI PASQUA

Seconda classificata Ponte a Egola

Ingredienti per 6 schiacciate da 500 gr: 6 uova, 2 tuorli, 600 gr di zucchero, 1 arancia bio, 1 bustina di vanillina, 50 gr di zucchero a velo, ½ bicchiere di rosolio di menta, ½ bicchiere di Sassolino o Strega, 75 gr di burro, 50 gr di olio extravergine d’oliva, 120 gr di lievito di birra, 25 gr di semi d’anice, 2 kg di farina 00.

Lasciare sciogliere il burro a temperatura ambiente. Scaldare l’olio senza farlo bollire, spengere la fiamma e aggiungervi i semi di anice.

Mettere la farina su una spianatoia o in una bacinella. Creare un avvallamento al centro e prepararvi il “lievitino” sciogliendo il lievito di birra in una tazza d’acqua fredda che butterete nell’avvallamento della farina, facendogli prendere tanta farina quanta necessita, in modo da formare uno starter dalla consistenza abbastanza morbida. Coprire con un panno e far riposare un paio di ore.

A questo punto aggiungere al “lievitino” 2 uova e 2 cucchiai di zucchero sbattuti insieme. Far prendere ancora un po’ di farina, lavorando con le mani e lasciare nuovamente riposare 1 ora.

Grattugiare la buccia dell’arancia e spremere il frutto. Versare nella bacinella (o sulla spianatoia) dove sta riposando il lievitino con la farina, tutto il resto degli ingredienti fatta eccezione per i 2 tuorli che serviranno per spennellare la superficie delle schiacciate. Lavorare con le mani almeno 30 minuti. Creare 6 diverse pagnotte da inserire in 6 stampi di alluminio imburrati (alti 10 cm, diametro 15 cm) e lasciare lievitare finché l’impasto non raggiunge il bordo. Potranno bastare 6 ore ma potrà servire anche una giornata intera. Appena la lievitazione è arrivata al culmine, con delicatezza spennellare la superficie superiore della schiacciata con i 2 tuorli d’uovo sbattuto, quindi infornare a 170°C per 40 minuti.

 galleria fotografica

Irene Arquint

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