Questione di cru: Brunello di Montalcino Riserva Poggio al Vento Col d’Orcia in verticale

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Poggio al Vento_bottiglieNel mare magnum della produzione ilcinese c’è davvero posto per tutte le fisionomie di Brunello: dai valori sicuri ai valori incerti, dai vini corretti a quelli caratteriali, dalle oneste trasposizioni didattiche ai prim’attori, giù giù fino agli intoccabili e ai cru universalmente reputati. In mezzo a questo mare ci stanno i “tipi” che non si discutono, quelli che vogliono rispetto, perché semplicemente se lo sono guadagnati nel tempo. Immancabile, Poggio al Vento di Col d’Orcia appartiene di diritto a quest’ultima sottospecie, per fortuna non ancora in via d’estinzione. Dal neofita al super appassionato, dal cronista del vino al maitre à penser, tutti convergeranno sul medesimo giudizio di massima così sintetizzabile: vino con gli attributi!

Francesco Marone CinzanoQuesto sbilenco calembour iniziale per sottolineare l’importanza e la fiera dignità organolettica di una esclusiva Riserva le cui uve provengono da un singolo appezzamento piantato nel 1974 con selezioni massali del vecchio patrimonio vitato e prodotta da lì a poco solo nelle annate propizie da una delle aziende più grandi del comprensorio, Col d’Orcia,  oggi guidata da Francesco Marone Cinzano. Un Riserva che sposa un approccio enologico ortodosso, con lunghissimi affinamenti in botte (ora sui 40 mesi, un tempo fino a 60!) e un adeguato periodo di permanenza in bottiglia (18 mesi), e che negli anni è andato consolidando un profilo tutto suo, figlio legittimo di un terroir elettivo che, in barba alla ubicazione geografica – appartenente decisamente al quadrante sud della denominazione- riesce a connotare i vini nel verso del contrasto gustativo, dell’eleganza e dell’equilibrio, regalando seducenti registri aromatici e portando in dote una provvidenziale scorta sapido-minerale, ciò che da sempre ne caratterizza l’eloquio.

Giuliano DragoniRecentemente abbiamo avuto il piacere di ripercorrerne alcune tappe significative, grazie ad una speciale verticale svoltasi in azienda. A riprova del fatto che i Brunello a Col d’Orcia nulla concedono agli avanguardismi filosofico-produttivi dell’ultim’ora (o della penultima), restando altresì aggrappati ad una idea di vino di sobria compostezza, a una “architettura classica” che il nostro riesce a tratteggiare, e ad amplificare, in modo esemplare. Da cui tutto il portato di bellezza, di capacità di dettaglio e di articolazione gustativa che altro non fa se non traghettarlo nel novero dei cosiddetti vini sentimentali, quelli la cui misconoscenza sarebbe da attribuire alla categoria degli errori dello spirito.

Poggio al vento_etiEppure tutto parte da piccoli segni della natura, inamovibili e incancellabili manco a volerlo: i galestri, il vento e le sabbie del Poggio al Vento. Tutto qua. Tanto basta all’unicità, tanto basta alla diversità. Con l’ausilio laicamente santo di un “manico” attento, di una sensibilità interpretativa in grado semplicemente di non tradire il mandato territoriale affidatogli. Come a trattenere tutta la purezza che c’è, senza caricare i vini di sovrastrutture fuorvianti e insidiose. Alla luce dei bicchieri di oggi, e ancor di più man mano che la vigna invecchia e le consapevolezze si affinano, Poggio al Vento rappresenta una luce buona, un faro amico in mezzo alle onde del mare ilcinese, capaci a volte di mareggiate non da poco. C’è chi è nato per resistere, questo è.

Brunello di Montalcino Riserva Poggio al Vento 2006

In equilibrio invidiabile fra ritrosie e concessioni, è portamento senza fronzoli, naturale compostezza. Sono intriganti incisioni floreali e speziate a dare un tocco di soavità ad un vino sodo, nobile e avvolgente. Succo e sale nel lungo finale, segno tangibile di un terroir che non scherza. Sì, il sale a ringalluzzire la beva, e una matura impalcatura tannica a parlar di futuro.

Brunello di Montalcino Riserva Poggio al Vento 2004

Dopo una serie ininterrotta di bottiglie sfortunate (ah, non ci sono più i tappi di una volta!) finalmente ho l’onore e il piacere di scoprire il “vero” Poggio al Vento 2004, ed è un bel vedere: grande fragranza di frutto, carnoso, pieno, sinuoso, dagli intriganti ricami floreali; bocca trascinante, di polpa e finezza, lunghissima e aperta al dialogo. Difficile fare a meno di lei.

Brunello di Montalcino Riserva Poggio al Vento 1999

Tutta la concentrazione e la potenza sottese in una annata ricca e importante come la ’99 sono qui, dentro il mio bicchiere: naso maschio e impettito, quasi altezzoso, su scia minerale e balsamica; grande stazza, grande solidità, fin quasi a sfiorare la rigidezza. Le movenze sono compresse ma la freschezza étonnante. Un pelo di tannino in esubero – a fargli le pulci – ma tanta forza ancora inespressa. Il carattere non si discute, per la scioltezza ripassare fra qualche anno. Saremo ripagati dell’attesa.

Brunello di Montalcino Riserva Poggio al Vento 1995

Profilo old fashioned, con terziari in evidenza da buon vecchio “ sangio”. Non precisissimo negli assetti, a dire il vero: umorale, verace, figlio di un’altra epoca enologica. “La finezza non appare così fine” ma la trama minerale è fitta e puntigliosa. Il tratto gustativo assume tutti i colori del sottobosco, malinconici e assorti. Sul filo di una chiara evoluzione, con il legno (non integerrimo) a punzecchiarne i fianchi, senti ghianda e tannino in quel finale arruffato.

Brunello di Montalcino Riserva Poggio al Vento 1990

Alla prima snasata faccio fatica a distinguerlo da un grande/grandissimo Barolo di sponda Castiglion Falletto: perché la “foglia” è quella, e tu sai quanto è struggente, e permea di se tutto il tratto aromatico, di sublime complessità. Netta la sensazione minerale, incredibile la scioltezza e il savoir faire al palato. Un sorso tanto bello ed appagante da fregarti là per là: dopo un’ora di concerto infatti gli assetti non sono più quelli, e l’incantesimo di uno dei vini più belli di sempre viene sfrangiato dall’aria. Ecco allora il nostro muoversi su tonalità più baritonali, come ci direbbe il grande Fabio Rizzari. Ora è solo ottimo, non più eccezionale. Per questo direi che è un vino pronto, da godere oggi per l’immensa sua piacevolezza. Di più, è un vino maestro, che ci insegna in silenzio quanto può volare in alto l’enologia di Montalcino quando i presupposti sono quelli giusti.

Brunello di Montalcino Riserva Poggio al Vento 1985

Altra “era” enologica: “ad aver avuto cotanta materia oggi il risultato sarebbe stato ben diverso”, questo abbiamo pensato. Il tempo qui ha decretato la sua sentenza. Il piccolo-grande glorioso Poggio al Vento, per una volta, abbassa la testa e se ne va.

Degustazioni effettuate in azienda nel mese di giugno 2013, in compagnia di Francesco Marone Cinzano, persona squisita dal grande senso dell’ospitalità (che a mio parere significa sincera umiltà), e di Giuliano Dragoni, agronomo della casa, memoria storica di Col d’Orcia, conoscitore invidiabile di tutti i sassi e di tutte le viti che stanno lì, i cui racconti di vita e di vigna valgono pur essi il viaggio.

FERNANDO PARDINI

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