Chianti Classico, i tormenti della Gran Selezione: obiettivi, considerazioni e qualche retroscena

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Rocca delle Macìe (2)Andare a Rocca delle Macìe e parlare di Gallo Nero assume in questo momento un significato forzatamente istituzionale: il proprietario dell’azienda di Castellina in Chianti Sergio Zingarelli è anche il tredicesimo presidente del Consorzio Vino Chianti Classico.

All’inizio non può mancare un giro in vigna, e nei primi giorni di ottobre l’ultimo fazzoletto di sangiovese non è stato ancora vendemmiato in attesa del momento “perfetto”. In quest’area l’annata è regolare, alla vecchia maniera, una ventina di giorni di ritardo rispetto al precocissimo 2011. I grappoli appesi sono grossi e sani, la resa media è stimata in un chilo abbondante di uva a pianta, in pieno rispetto del disciplinare.

In vignaL’enologo Lorenzo Landi ci guida tra i filari all’assaggio degli acini, ne stacco uno sapendo di sottrarlo senza pietà al suo nobile destino. L’acidità e i tannini sono piuttosto alti, ma gli aromi sono ancora molto freschi e non lasciano intravedere pericoli nell’evoluzione. Dunque la decisione è quella di aspettare ancora, far passare la temutissima Penelope e rimandare il raccolto alla settimana successiva, dopo la perturbazione. Un rischio che vale la pena correre, la maggior parte delle uve è già in cantina. Tanto vale provarci.

Segue una “mini verticale” della Riserva di Fizzano e l’assaggio dei mosti di cabernet sauvignon appena vendemmiati. Ma le La degustazionepur autorevoli disquisizioni tecniche di Daniele Cernilli che punteggiano la degustazione non distolgono i giornalisti dalle ultime notizie sulla famigerata Gran Selezione. La richiesta di introduzione nel disciplinare della nuova tipologia di Chianti Classico è fresca di approvazione da parte del Comitato Nazionale Vini (5 settembre 2013) insieme alle altre proposte di modifiche che riguardano anche il restyling e l’utilizzo del marchio Gallo Nero, la valorizzazione della Riserva e la scomparsa del cosiddetto vino “atto a divenire”. Un riassetto complessivo della denominazione. Insomma, quella che in fase di lancio è stata definita Chianti Classico revolution.

L'agronomo Alfio AuzziIl nuovo disciplinare entrerà in vigore dopo 60 giorni dall’approvazione delle modifiche e dunque, presumibilmente, il 1 luglio 2014 con l’uscita del primo Chianti Classico 2011 Gran Selezione, vedremo già i frutti dentro e fuori dalla bottiglia. Lo storico Gallo Nero graficamente minimalizzato dovrà, a scelta del produttore, essere inserito obbligatoriamente in fascetta o sulla retroetichetta. Detta così sembra facile, ma anche su una questione apparentemente semplice “è stato difficilissimo mettere d’accordo 600 produttori”, confessa Zingarelli rivelando il piccolo compromesso che in qualche modo, attraverso la facoltà di scegliere, accontenterà tutti.

I grappoliQuisquilie al confronto della vera e propria odissea che ha attraversato il Consorzio per la scelta del nome della Gran Selezione. Un anno e mezzo di tempo per raggiungere una preferenza condivisa. Le strade da percorrere erano due: individuare un nome che rappresentasse il massimo della produzione del Chianti Classico oppure un nome di fantasia. Alto gradimento per “Il Magnifico”, scartato poi per la complessità del significato e per scongiurare storpiature di pronuncia all’estero. “Grandi Vigne” la candidatura più apprezzata, ma il marchio era già stato depositato da una catena di ipermercati. Vano il tentativo di trattativa. Altro ostacolo, la difficoltà non indifferente di trovare un nome libero da registrazioni. Scarso successo per “Cru”, bocciato dalla personale contrarietà del presidente Zingarelli a utilizzare la lingua francese. Il cerchio si stringe infine intorno a tre soluzioni: “Gran Riserva”, “Gran Selezione” e “Gran Vino del Chianti Classico”. E sappiamo come è andata a finire.

In vigna (2)Mezzo grado alcolico in più, il prerequisito della filiera integrale in azienda, trenta mesi di invecchiamento, un esame ostico in commissione. Ma qual è l’obiettivo della Gran Selezione?

Far crescere la denominazione attraverso l’introduzione di un vertice nella piramide qualitativa del Chianti Classico. Indurre così i produttori a creare una punta aziendale, da presentare compatta sul mercato anche in termini di prezzi, che faccia da traino alla denominazione e miri a preservare la Riserva. Già, la Riserva. La novità del disciplinare è l’obbligo di indicare la destinazione del vino a Riserva (o annata o Gran Selezione) al momento della presentazione del campione.

Sergio ZingarelliMa, a ben vedere, proprio quella che finora ha rappresentato il top della produzione, potrebbe in realtà essere la prima vittima del nuovo riassetto. Se si pensa alla confusione generale che già regna, soprattutto all’estero, intorno alle mille denominazioni del Chianti tra tipologie e sottozone, viene da chiedersi se c’era realmente bisogno di aggiungere, invece di semplificare, nuove denominazioni. Perplessità espresse da molti addetti ai lavori nel corso di quest’anno. Lo stesso Zingarelli cita su tutti “Quel Fiasco della Gran Selezione” di Cesare Pillon, pezzo pubblicato su Italia Oggi nel maggio scorso. Un attacco diretto alla scelta del Consorzio, ma il presidente rivendica con convinzione la volontà di dare maggior prestigio al brand del Gallo Nero e soprattutto di poter finalmente presentare sotto il cappello del Chianti Classico le eccellenze aziendali, oggi per lo più etichettate come Supertuscan, a cui vengono riservate le uve migliori.

Il Gallo NeroA questo proposito le considerazioni di Cernilli meritano una riflessione: “Doctor Wine” parla di una vera e propria anomalia nella viticoltura del Chianti Classico che vede nell’Igt le sue vette più alte. “Pensare invece a un Flaccianello della Pieve o a un Tignanello che rientrano nella denominazione significa far volare il territorio”. E ancora: “Mentre qui si punta tutto sui Supertuscan, altrove nessuno vuole prendere il posto del Barolo e del Barbaresco che rimangono le punte di diamante. Idem per Montalcino e Montepulciano”.

Zingarelli annuisce grato della considerazione, ma già qualcuno solleva la necessità di stabilire un filtro che distingua in maniera netta la Riserva dalla Gran Selezione rendendo i confini meno labili, pena il rischio di avere ancora una volta una piramide tronca e doversi poi inventare un nuovo apice qualitativo. Staremo a vedere.

Francesca Lucchese

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