Le ricette di Napoli, di Luciano Pignataro

2
12797

Complice un viaggio a Napoli, rovistando in una libreria della città in cerca di un volume che fosse un utile strumento introduttivo alla cucina partenopea, mi è capitato tra le mani Le ricette di Napoli. 650 piatti cucinati nelle case e nei ristoranti fra tradizione e modernità, di Luciano Pignataro. Pignataro, giornalista de “Il mattino” e animatore del seguitissimo sito www.lucianopignataro.it ha creato un piccolo monumento alla gastronomia napoletana. Le ricette di Napoli Luciano PignataroNon soltanto nella ricchissima e sapiente selezione delle ricette (alternando tra ricette classiche e ricette innovative), ma soprattutto – e qui sta il di più di questo libro rispetto agli altri ricettari – nella sua attitudine narrativa e nel dare un contesto ai piatti. Non vi si trova infatti una somma di ricette, ma una storia collettiva, popolare, che si va componendo pezzo per pezzo, in cui non solo si elencano ingredienti, ma si introduce storicamente il perché si sia formata a Napoli una gastronomia così ricca e sfaccettata, anzi “identitaria”, per usare le parole di Enzo Vizzari della prefazione al volume.

In questo, aiutano molto la formazione e il lavoro di Pignataro: giornalista e laureato in filosofia, ha l’attitudine giusta sia per raccontare, sia per spiegare le motivazioni profonde nascoste dietro ogni preparazione.
Per chi non conosce se non in modo superficiale la cucina campana e napoletana, non c’è niente di meglio della ricca Introduzione che Pignataro antepone alle ricette.
Lì si va alle radici più profonde, si arriva all’antropologia: si raccontano i cibi per raccontare le genti.
Ecco allora spiegato il perché un dolce così bello e complesso come la sfogliatella poteva nascere solo a Napoli, anzi Napoli città:
[La cucina napoletana] in comune con gli altri due filoni (quello piemontese a nord e quello siciliano a sud), ha una caratteristica molto importante che la distingue da tutte le regioni italiane, pure ricche di un grande patrimonio di golosità da pasticceria, e cioè aver assunto i propri caratteri distintivi in città e non in campagna. La preparazione di alcuni dolci, facciamo l’esempio di sfogliatelle e babà, ha bisogno di una specializzazione difficile da trovare in casa e che dunque presuppone un mercato da asporto tipico della comunità urbana metropolitana, nel caso partenopeo. Se non c’è struscio è impossibile la vendita del dolce da passeggio, non a caso le più famose pasticcerie, e le trattorie, sono nate nei pressi della stazione ferroviaria o nel cuore della città aristocratica o borghese.

O ancora, alcuni elementi fondamentali della cucina napoletana, raccontati con raffinato trasporto: “Fame, fame, lotta per sopravvivere, quasi niente da cucinare, poco tempo per cucinare. Ecco l’origine di uno dei tratti inimitabili e distintivi della tradizione napoletana: la grande fantasia con le verdure, arricchite con odori e spezie, incrociate fra loro nei modi più incredibili, incaciate nei giorni di festa, bollite, sfritte, talvolta crude, arrostite, marinate e, più recentemente, farcite con la carne di vitello tritata o con la provola. […] Ancora oggi Napoli resta l’unica grande città occidentale dove i vegetariani non devono mai sforzarsi per seguire le loro regole, anche le più rigide, nei ristoranti, al bar, nelle case.

Tante verdure affollano infatti gli antipasti di terra e quelli di mare. E, nella successione delle ricette, a inizio volume, due capitoli dedicati al pane e alla parmigiana, vero e proprio monumento napoletano, degno di ben 22 pagine e innumerevoli variazioni. E poi i primi, i secondi, il baccalà, la carne di agnello e di bufalo, i contorni… Fino alla parte dedicata ai dolci, complessa, ricca, mirabolante, tra zeppole, sfogliatelle, babà, pastiera e mille altre meraviglie: una girandola che rischierebbe di stancare anche il più tenace dei gastronomi, se non fosse accompagnata da interessanti spunti storici che ripercorrono l’origine e l’evoluzione di questi dolci spettacolari. Uno fra tutti il babà: andate a leggervi dove è nato, in quali paesi è transitato prima di approdare sotto al Vesuvio e perché si chiama così; da solo, il pezzo vale il costo del libro.

Gran parte dei contenuti del volume ha origine “collettiva”, nascendo dall’entourage che ruota intorno al blog lucianopignataro.it. I testi sono di Marina Alaimo, Raffaele Bracale, Tommaso Esposito, Bruno Macrì, Monica Piscitelli e Lello Tornatore, con contributi di Sara Afeltra, Giulia Cannada Bartoli, Giovanna Fasanino, Romualdo Scotti di Carlo, Novella Talamo, ProLoco Castelvenere e Federico Valicenti.

Un’unica nota critica: da mettere a punto la cura editoriale; la parte delle ricette dedicate alla genovese si trova su un quartino volante, forse saltato in fase di impaginazione e aggiunto poi, e alcune ricette hanno qualche errore di troppo nella corrispondenza tra ingredienti e realizzazione. Peccati di gioventù del libro, che speriamo abbia tanto successo da fargli meritare una riedizione riveduta.

Napoli

Parlate pure di fenici, di greci, di etruschi e di romani,
ma è solo esercizio mentale:
questa è la cucina di una città, non di un popolo,
dove tutto viene mangiato, rielaborato e digerito
perché è nei Quartieri Spagnoli
e non sulle montagne intorno a Lasha
che è possibile capire lo spirito dell’uomo.

Luciano Pignataro
Le ricette di Napoli
Prefazione di Enzo Vizzari
Edizioni dell’Ippogrifo 2012
Euro 15

www.edizionidellippogrifo.it
info@edizionidellippogrifo.it
www.lucianopignataro.it

Paolo Rossi

Paolo Rossi (p.rossi@acquabuona.it), versiliese, laureato in lettere, lavora a Milano nel campo editoriale. Nel vino e nel cibo ricerca il lato emozionale, libertario, creativo. Insegue costantemente la bottiglia perfetta, ben contento che la sua ricerca non sarà mai appagata.

2 COMMENTS

  1. Nella vita ho imparato che le cose più belle sono quelle che non ti aspetti. Come questa recensione ricca e appassionata.
    Grazie, anche per i suggerimenti e le critiche!

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here