Editoriali/Innovazione tecnologica sì, Ogm no: il compromesso difficile del governo italiano

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Screen shot 2014-07-17 at 12.49.27 PMAd ogni cambio di governo (e/o di ministro delle politiche agricole), si pone il problema di capire quale sarà la nuova posizione dell’Italia nei confronti delle coltivazioni Geneticamente modificate (Gm). Un problema che si è fatto più scottante da quando l’Unione europea ha scelto di non seguire/imporre una politica comune di accettazione o rifiuto, ma vista la perdurante diversificazione delle opinioni in merito, di lasciare ad ogni Paese la libertà di seguire la propria posizione. Ma appunto, qual è la posizione italiana?

cattaneo1La posizione è stata più o meno sempre fedele al “principio di precauzione”: ossia, se ancora non si ha chiaro con certezza se gli Ogm facciano male o no, per sicurezza non li coltiviamo. Ma negli ultimi tempi si è osservata una mobilitazione a loro favore, che ha visto in prima linea la ricercatrice e senatrice a vita Elena Cattaneo, ed un martellamento settimanale di interventi di carattere “scientifico” sui supplementi Tuttoscienze de La Stampa e il “Domenicale” del Sole 24 Ore. Dall’altra parte, gli interventi appassionati di Carlo Petrini, ma anche di qualche ricercatore “dissidente” (vedi il medico ed agronomo Matteo Giattanasio, lettera al Corriere dell’11 maggio). Infine, novità di questi giorni, è arrivata la presa di posizione del ministro Martina, interessante anche perché proveniente dal rappresentante di un governo che intende “rivoltare l’Italia come un calzino”.

Vediamo allora di riassumere gli argomenti “pro-Gm”.

gm2Argomenti scientifici: il principio di precauzione è privo di fondamento. Citando la Cattaneo, “non ci sono prove che le coltivazioni Gm siano più dannose o rischiose per l’ambiente delle coltivazioni tradizionali o di quelle biologiche.” E poi, anche l’uomo ha geneticamente modificato in modo naturale, perché le piante coltivate sono frutto di una selezione, operata appunto dall’uomo, di mutazioni che “trasformano un progenitore selvatico in una specie coltivata”; Insomma, “dovremmo chiamare Gm tutte le piante coltivate.” E anzi, gli Ogm sono a favore dell’ambiente perché hanno già molto ridotto l’uso di insetticidi e l’impatto ambientale dell’agricoltura e consentono, per esempio nel caso del mais, di eliminare di tossine nocive presenti nelle coltivazioni convenzionali che hanno impedito il consumo del 62% della produzione italiana dello scorso anno.

Ci sono poi obiezioni pratiche, che sotto sotto attaccano nel vivo le “anime belle” sensibili alle produzioni tipiche italiane e alla tutela dei nostri contadini che sarebbero invece, in qualche modo “cornuti e mazziati”, visto che non potendo coltivare Ogm, perdono lavoro, produttività e reddito mentre, citando ancota la Cattaneo “l’Italia importa ogni anno 4 milioni di tonnellate di soia (o derivati) praticamente tutta transgenica, che vanno ad alimentare gli animali con cui facciamo carne e latte e quindi anche salumi e formaggi, e buona parte dei prodotti tipici Doc e Dop”. Insomma il Parmigiano Reggiano è fatto in gran parte con latte di bovini alimentati ad Ogm (importato).

gm3Chi è contro le coltivazioni Gm contesta nel merito pressoché tutte queste argomentazioni citando spesso solide fonti: ad esempio non è provato che grazie agli Ogm si riduce l’uso dei pesticidi, anzi i dati Usa dimostrano il contrario (vedi recente numero monografico della rivista Science). Ma soprattutto, senza ricorrere agli Ogm la fame del mondo potrebbe essere combattuta riequilibrando le risorse fra paesi ricchi e poveri, riducendo gli sprechi alimentari, smettendo di togliere la terra all’agricoltura. Coltivazioni di questo tipo ridurrebbero drasticamente la varietà coltivate impoverendo le diete, e perché no, distruggendo le basi della ricchezza e della valenza culturale della gastronomia e della cucina in tutto il mondo.

Ma su tutto questo cosa dice Maurizio Martina, ministro delle politiche agricole del governo Renzi? Nell’intervento sul Sole 24 Ore di domenica scorsa 13 luglio, con diplomazia esemplare, è parso mantenere la posizione dei suoi predecessori cercando di non deludere la parte pro-Gm, auspicando di “superare il conflitto” fra favorevoli e contrari. La ricerca e l’innovazione tecnologica ci sarà, e sarà favorita anche dai 3,8 miliardi stanziati per i prossimi sette anni dall’Unione Europea. Ma è inequivocabile il fatto che la rivista Nature abbia definito gli Ogm “una promessa appannata” e che “l’Italia non può disperdere il suo patrimonio di biodiversità, visto che possiede la metà delle varietà vegetali ed un terzo di quelle animali d’Europa“. Insomma, secondo il ministro “bisogna avanzare su altre linee di azione: ad esempio, la selezione genetica dei riproduttori, studio della resistenza naturale alle malattie dei bovini da latte, miglioramento genetico delle varietà tradizionali, insomma programmi di miglioramento convenzionale”. E su questo l’Italia, assicura, è già impegnata in prima linea.

Insomma, quello che si afferma è che rinunciare agli Ogm senza rinunciare all’innovazione tecnologica in agricoltura è possibile. Sarà un compromesso accettabile o scontenterà tutti? Staremo a vedere come andrà a finire.

Riccardo Farchioni

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