Cerasuolo: il vino più abruzzese che c’è!

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cerasuoliParlare di Cerasuolo per un abruzzese è facile e difficile allo stesso tempo. E’ facile perché il Cerasuolo è senza dubbio il vino regionale più tipico e di antica tradizione. Il Cerasuolo sta all’Abruzzo come il Chianti alla Toscana o il Barolo al Piemonte. E’ il vino di famiglia, che i contadini portavano nei campi per ristorarsi nelle giornate di lavoro estive. Per questo suo ruolo storico e sociale tutte le aziende abruzzesi da sempre lo inseriscono nella propria linea di produzione e c’è anche chi, cosa singolare per un rosato, ne propone in commercio più versioni , quasi a voler riservare a questo vino una maggior dignità rispetto ai pari categoria di altre regioni (tant’è che anche a livello di disciplinare è stata introdotta da poco la menzione “superiore”, con rese e parametri analitici più stringenti).

Da critico e degustatore le cose si complicano, perché passando ogni anno in rassegna la produzione regionale devo purtroppo ammettere che la quota parte rosatelli scialbi, iper-profumati e dolciastri è sempre consistente e dare a un non-abruzzese dei buoni motivi per acquistare questo vino diventa difficile. Ma di questo vi parlerò dopo.

Torniamo al nostro “cerasuolo”: il termine deriva dal greco antico “cherasion” o dal napoletano “cerasa”, che, come è facile intuire, significa “ciliegia, a voler richiamare il colore tipico e anche il sapore, che spesso ricorda quello del piccolo frutto rosso maturo. Pur appartenendo alla famiglia dei rosati, ha ben poco a che spartire con essi. Questi ultimi, in genere, sono vini di bassa gradazione, con un’acidità non particolarmente elevata e struttura esile. E per queste loro caratteristiche, spesso, non vengono identificati con una tipologia ben precisa di vino, ma relegati ad una condizione di quasi non-vino, di limbo, o al massimo ad un “compromesso”  tra bianchi e rossi. Tutto questo non avviene invece per i Cerasuoli.

Il Cerasuolo d’Abruzzo è un vino che, come detto, ha un’antichissima tradizione e delle caratteristiche chimiche ed organolettiche ben precise. E’ un vino dal colore piuttosto carico e brillante, di buona gradazione (a volte anche elevata) e sostenuto da un’alta acidità. Anche l’estratto è particolarmente alto. E’ un vino che, se vinificato a dovere, può anche invecchiare, anche se lo si apprezza al meglio in giovane età. Se da un lato, quindi, esso non è una via di mezzo tra un bianco e un rosso, dall’altro lato unisce la delicatezza e la freschezza dei bianchi alla forza e potenza dei rossi. Ha una notevole sapidità di base, che gli conferisce una vocazione gastronomica innata. E’ insomma un rosato molto particolare, diverso; è il…Cerasuolo!

cerasuolo valentini 2

Dal punto di vista della tecnica di vinificazione, il Cerasuolo d’Abruzzo si ottiene dalle uve Montepulciano in purezza, che vengono vinificate “in bianco” (cioè senza contatto con le bucce) oppure lasciate a fermentare con le vinacce per poche ore. Molti utilizzano anche la tecnica del salasso, che consiste nel prelevare una certa quantità di mosto dalla vasca di macerazione nella quale si sta preparando un vino rosso. La parte di mosto prelevato viene vinificata in bianco e quindi si otterrà un vino rosato, che sarà in genere materico e rotondo. Alcuni infine utilizzano una tecnica molto antica denominata “svacata”, che consiste nel vinificare in bianco la maggior parte delle uve  ed aggiungere poi una parte vinificata con una normale macerazione sulle bucce di 4-5 giorni. A quel punto si conduce a termine la fermentazione finale.

Tecnicismi a parte, il Cerasuolo, se fatto bene, è un piacere per gli occhi e per il palato e, pur ammettendo di essere di parte, fatico a trovare un vino quotidiano capace di regalare una beva più versatile, divertente e capace di trovare una felice sintonia con molte delle pietanze che allietano le nostre mangiate estive. Non ci credete? Provate uno dei seguenti vini e poi mi farete sapere!

Masciarelli Villa Gemma Cerasuolo d’Abruzzo
E’ un riferimento sicuro, paradigma del rosato moderno: tecnicamente ineccepibile, lineare, di grande piacevolezza, beverino ma non monocorde, è adatto per avvicinare anche i più sospettosi a questa bistrattata tipologia.

piè delle vigne

Cataldi Madonna Piè delle Vigne
Questo produttore aquilano è forse il più “cerasuolista” di tutti e con la new-entry Cataldino (vino rosé dalla facilità di beva entusiasmante) è arrivato a ben tre rosati in commercio. Il Pié delle Vigne è un cerasuolo sui generis, che esce dopo due anni dalla vendemmia, che per complessità e colore si avvicina più a un rosso giovane (anche al colore), ma che ti seduce con un’acidità sempre viva ed un’eleganza che non ti aspetti. Un vino che è già buono appena messo in commercio, ma che in più occasioni mi ha dimostrato di saperti accompagnare alla grande per diversi anni.

Valentini Cerasuolo d’Abruzzo
Figlio della tradizione più intransigente: dal colore ramato-arancione, nasce da fermentazione spontanea di lieviti autoctoni, non subisce chiarifiche né filtrazioni. Al naso può arrivare a livelli di complessità impensabili per un rosato e in bocca ha sapidità salina e rinfrescante. Due problemi: la scarsissima quantità (non sempre viene prodotto) e di conseguenza il prezzo (che arriva tranquillamente a 50€ sullo scaffale).

Praesidium Cerasuolo d’Abruzzo
Quando, come nel 2013, Ottaviano Pasquale riesce a gestire bene la fase di macerazione e successiva fermentazione, questo “rosato” – o meglio “rossastro” – è a mio avviso uno dei più intensi, saporiti, succosi e gastronomici cerasuoli in circolazione. Vino contadino figlio di una viticoltura sana e responsabile.

Tra gli altri nomi da provare, con stili e caratteristiche per tutti i palati ma con il denominatore comune di una grande piacevolezza e spontaneità,  il minerale Rosa-ae di Torre dei Beati, il Cerasuolo fresco e pimpante di Torre Zambra, quello tradizionale di Emidio Pepe, quello vinificato in anfora dal giovane Cirelli, Le Cince, goloso e gastronomico rosato dell’azienda De Fermo.

P.S. – Le foto sono tratte da Civiltà del Bere ed Altissimo Ceto.

Franco Santini

Franco Santini (santini@acquabuona.it), abruzzese, ingegnere per mestiere, giornalista per passione, ha iniziato a scrivere nel 1998 per L’Ente Editoriale dell’Arma dei Carabinieri. Pian piano, da argomenti tecnico-scientifici è passato al vino e all’enogastronomia, e ora non vuol sentire parlare d’altro! Grande conoscitore della realtà vitivinicola abruzzese, sta allargando sempre più i suoi “confini” al resto dell’Italia enoica. Sceglie le sue mète di viaggio a partire dalla superficie vitata del luogo, e costringe la sua povera compagna ad aiutarlo nella missione di tenere alto il consumo medio di vino pro-capite del paese!

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