Porchetta Venditti: dal cuore d’Abruzzo alle spiagge di Dubai

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porchetta taglio

Dietro un grande vino c’è sempre un grande uomo e questo vale in generale per qualunque altro genere alimentare trasformato con sapienza artigiana. Oggi quindi vi parlerò di porchetta e di una singolare avventura imprenditoriale nata intorno a questa specialità tipica dell’Italia Centrale.

Come noto, la porchetta consiste in un maiale – lavorato intero o a sezioni – che dissanguato, pulito, disossato e condito all’interno con aglio, sale, pepe e un mix di erbe aromatiche, viene arrostito in forno per diverse ore. La carne così ottenuta, insaporita dai suoi grassi, dal condimento e dalla crosta croccante, viene poi tagliata a fette e consumata come secondo piatto oppure in succulenti panini imbottiti.

Per me, romano d’adozione, la porchetta è sempre stata quella di Ariccia, borgo dei Castelli Romani che rivendica la paternità della ricetta originaria. Qui infatti il legame con la porchetta e la sua produzione vanta una tradizione antichissima: l’ipotesi più probabile è che, grazie alla presenza della nobiltà romana che era solita trasferirsi ad Ariccia per la stagione estiva o per organizzare battute di caccia, si sia potuta sviluppare una maestranza artigiana presente ancor oggi e che continua a tramandarsi nelle famiglie ariccine da padre in figlio. Tagliata a fette e accompagnata da vino sfuso e pane casareccio, la porchetta di Ariccia è di fatto un immancabile piatto nelle feste di paese e nelle famose “fraschette”, sorta di osterie tipiche low-cost assai gettonate da turisti e locali.

Come spesso accade, però, il grande successo commerciale ha causato uno scadimento a livello qualitativo e la maggior parte delle porchette dei Castelli sono oggi prodotti semi-industriali di mediocre appeal gastronomico. Tanto “Roma se magna e se beve tutto”!

porchetta bancoCapita allora che in altre regioni del centro Italia si possano trovare delle piccole nicchie produttive che per qualità e bontà surclassano la più nota versione romana. Ad esempio, il prestigioso New York Times ha recentemente inserito la porchetta umbra della Macelleria Tagliavento a Bevagna tra le specialità regionali da non perdere in un ideale giro del mondo (http://www.nytimes.com/must est dishes). Oppure a Campli, in provincia di Teramo, sono stati rinvenuti dei proto-disciplinari che regolamentano la vendita della “porchetta italica” già dal 1500 e la ditta di Salvatore D’Angelo (www.porchettadicampli.it) è tra i migliori interpreti di questa antichissima tradizione familiare.

La storia di cui vi voglio parlare ha luogo sempre in Abruzzo ma parte da Luco dei Marsi, un paesino in provincia dell’Aquila sconosciuto ai più.

Qui Raffaele Venditti, ragazzotto sveglio e con una formazione in marketing&management, porta avanti insieme alla sorella l’attività di famiglia, avviata una trentina d’anni fa dai genitori Antonio e Patrizia. L’ho conosciuto durante una verticale storica di Montepulciano Villa Gemma di Masciarelli (già raccontata su queste pagine https://www.acquabuona.it/verticale-di-villa-gemma). Mi è stato presentato come “campione italiano di porchetta” e qui la storia diventa divertente.

Intanto non sapevo nemmeno che esistesse un campionato italiano di porchetta! E invece pare che da qualche anno, nel marchigiano, si organizzi questa singolare competizione, in cui Venditti si è distinto per due anni di seguito. Lasciando da parte questa curiosità, la cosa davvero intrigante è il progetto che, una volta in confidenza, Raffaele mi ha raccontato.

venditti squadraDefinire i Venditti semplici “porchettari” è assai riduttivo. L’azienda, che da lavoro a più di 40 persone, è un efficace mix di antica lavorazione artigiana e moderna imprenditorialità. I camion dello street-food, che girano senza sosta molti mercati tra Abruzzo e Lazio, sono dei gioielli di meccanica spesso progettati per soddisfare esigenze specifiche: i più grossi sono equipaggiati con due forni a legna con girarrosti rotanti, capaci di sfornare in poche ore centinaia di polli, patate, verdure arrosto, e altro ben di dio; poi c’è la parte friggitoria e gastronomia; infine il corpo centrale è riservato al banco porchetta, dove si affettano senza sosta chili e chili di genuina e succulenta carne di maiale.

La cosa che sorprende è la cura dei dettagli e l’organizzazione: l’immagine, dai colori e rivestimenti dei camion, alle divise dei dipendenti, ai sacchetti per l’imbustamento, è moderna e coordinata; la presenza sui social network è costante e aggiornata; l’attenzione al cliente è totale, con un servizio veloce e cortese.

<<Una delle differenze principali rispetto ad altre porchette più famose>> – mi racconta Raffaele – <<è proprio il canale di vendita. Noi, per scelta, abbiamo deciso di avere solo contatti diretti col consumatore finale e quindi di vendere solo su strada. Così riusciamo a comunicare senza filtri col cliente e ad assicurarci che la nostra porchetta venga assaggiata quando è ancora calda e al massimo delle sue caratteristiche organolettiche. Senza la gestione del punto vendita finale rischieremmo di vanificare tutti i nostri sforzi tesi alla continua selezione della materia prima (solo maiali da allevamenti italiani certificati), al rispetto rigoroso delle antiche regole di lavorazione (tutta rigorosamente manuale, dalla disossatura alla legatura dell’animale), all’attenzione per una cottura che valorizzi al massimo il prodotto.

Due fattori che ci hanno permesso di fare un salto di qualità sono proprio la speziatura e la tecnica di cottura. Contrariamente ad altre versioni più diffuse, noi usiamo un mix di spezie mediterranee molto delicato ed equilibrato (ad es. senza finocchietto) perché vogliamo che a risaltare sia il sapore della carne. Le spezie non devono servire a coprire difetti, ma ad amplificare il gusto. La nostra cottura – preceduta “dall’arte della legatura”, un’operazione manuale che si padroneggia solo dopo anni di esperienza – è poi molto lenta (almeno 6-7 ore) e a bassa temperatura, per mantenere la carne tenera e compatta. Chi vende alla grande distribuzione non può avere le stesse accortezze, ha tempi di produzione e consegna diversi, e deve scendere a compromessi. Per noi fare porchetta è un’arte, che richiede competenza, devozione e passione. E quindi non cerchiamo scorciatoie.>>

Al di là di qualche deriva “markettara”, che ci può stare, la cosa che mi colpisce di Raffaele è la passione con cui parla di queste cose e la mente sempre proiettata in avanti, alla caccia di nuovi stimoli e nuove idee per migliorare.

E qui arriviamo allora a Dubai. Grazie ad un buon “gancio” (uno zio famoso che fa l’allenatore della squadra di bowling degli Emirati Arabi!) i Venditti hanno avviato da tempo contatti con le attività di ristorazione della modaiola metropoli araba. Hanno iniziato vendendo un prototipo di girarrosto verticale per spiedini di pollo, che sfruttando movimenti continui di rivoluzione e rotazione consente una cottura “stile- kebab” senza fumo. Sono in attesa poi di avere la concessione ufficiale per avviare una “pionieristica” attività di street-food: <<Abbiamo progettato un carro mobile speciale, con un design e delle funzionalità adattate alla particolare realtà locale, che ci permetterà di vendere cibo da strada di qualità. Non posso dirti di più perché i dettagli sono segreti. Ma se riusciamo a superare gli ultimi intoppi burocratici, a breve i nostri camioncini dal “cuore” abruzzese saranno i primi a girare su alcune delle più esclusive spiagge del mondo!>>  

truck street food

Franco Santini

Franco Santini (santini@acquabuona.it), abruzzese, ingegnere per mestiere, giornalista per passione, ha iniziato a scrivere nel 1998 per L’Ente Editoriale dell’Arma dei Carabinieri. Pian piano, da argomenti tecnico-scientifici è passato al vino e all’enogastronomia, e ora non vuol sentire parlare d’altro! Grande conoscitore della realtà vitivinicola abruzzese, sta allargando sempre più i suoi “confini” al resto dell’Italia enoica. Sceglie le sue mète di viaggio a partire dalla superficie vitata del luogo, e costringe la sua povera compagna ad aiutarlo nella missione di tenere alto il consumo medio di vino pro-capite del paese!

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