Flashback: schegge d’assaggio indietro nel tempo/Rousseau, Leroy, Romanée-Conti, Mascarello, Rinaldi e Monfortino… I mostri sacri

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GRAND CRU DI BORGOGNA

Chambertin Grand Cru 2002  – DOMAINE LEROY (collezione privata)

Il profumo del Pinot nero. Il profumo della Borgogna. Quintessenza varietale, cristallina, inconfondibile. Difficile aggiungere altro, vietato impallinarsi con le analogie del mondo di fronte a questo grado di purezza. Dentro c’è quello che il Pinot nero è. Punto. La bocca è setosa, aggraziata, succosa, magnifica. Capolavoro.

foto 2Chambertin Grand Cru 2002  – DOMAINE ARMAND ROUSSEAU (collezione privata)

Vicino a quello di un qualsiasi altro Borgogna, o vicino a quello di un qualsiasi altro rosso (come peraltro già sperimentato), il suo naso farebbe intorno a sé il vuoto. Vicino a quello di Madame Lalou (Domaine Leroy) sembra quasi contrarsi, intimidirsi, farsi nervoso. Ma la bocca….. Ecco, la bocca è qualcosa d’irraggiungibile, qualcosa che nemmeno lo Chambertin di Leroy riesce ad esprimere: frutto rosso – ciliegia, amarena – di grado purissimo, pienezza e compattezza di succo e di struttura, complessità gustativa, finale interminabile, cangiante, tutto in accelerazione. La bocca del Pinot nero.

foto 3Chambertin Grand Cru 2005  – DOMAINE ARMAND ROUSSEAU (collezione privata)

Purezza assoluta, che altro dire? Il naso restituisce l’immagine di un muro di frutti rossi tale è la consistenza e la compattezza del profilo. La bocca è piena, succosa, articolata, profonda, di assoluta purezza varietale. L’amarena nella sua pienezza, i frutti rossi nella loro quintessenza. Poi un’accelerazione gustativa senza pari, slanciata, continua, pura, incessante, che investe e avvolge persistenza, allungo e ritorno. Evocativo, assoluto, inimitabile.

 Clos de Vougeot  Grand Cru 1998  – DOMAINE LEROY (collezione privata)

Fragrante e affascinante l’evoluzione olfattiva, tra erbe officinali, toni balsamici e amarene sotto spirito. Palato morbido, dolce di frutto, setoso e quasi orizzontale nel tannino. Un Grand Cru di Borgogna in stadio di plateau evolutivo, gustoso, fascinoso, terziario, che conserva comunque freschezza e allungo mentolato.

richebourg Richebourg  Grand Cru 2007  – DOMAINE DE LA ROMANÉE-CONTI (Locanda San Lorenzo di Puos d’Alpago)

Profumi d’impeccabile e  incontestabile definizione varietale: piccoli frutti di bosco, rifiniture balsamico-speziate. Palato denso, carnoso, maturo, cesellatissimo nel tannino, di buon contrasto e ottimo assetto. L’annata calda non concede grande spazio all’ampiezza, ma il carattere è intatto e la precisione chirurgica.

foto 1-1Corton-Charlemagne Grand Cru 2007  – DOMAINE LEROY (collezione privata)

Naso dall’impressionante forza d’urto: c’è il legno finissimo e speziato e talvolta empireumatico della Borgogna, ma c’è soprattutto un quadro aromatico di vigoroso e acceso carattere, tra penetranti idrocarburi, sprezzature di pietra focaia, nocciola assai tostata e roccia umida. Palato maiuscolo: denso, tagliente, nocciolato, forte di spalla e finissimo nell’allungo, tenacemente roccioso, supremamente pietroso, di formidabile e saporitissimo allungo. Etonnante! Uno dei più grandi bianchi mai assaggiati.

foto 5TRE VECCHIE ANNATE DI BAROLO

Barolo 1970  – GIUSEPPE RINALDI (collezione privata)

Dei tre è quello che ha il naso più espressivo e caratterizzato: anima purissima di nebbiolo, fragrante, fresca, tra accensioni balsamiche, essenze floreali e sentori autunnali. Palato rigoroso, austero, nobile e teso. Ancora acido, ancora scalpitante. Un rasoio.

foto 4Barolo Riserva 1961  – GIUSEPPE MASCARELLO & FIGLI (collezione privata)

Qualche impuntatura olfattiva, poi humus, terriccio, ombrosità di sottobosco. Palato succoso, terso, rinfrescante, pieno, ricco di classicità, con la viola e la terra a primeggiare, dentro un quadro tannico sottilissimo e saporito, e una progressione continua e slanciata.

Vino Monfortino Riserva 1958  – DITTA GIACOMO CONTERNO (collezione privata)

Bottiglia dall’alone leggendario, sospesa tra storia e mito, a partire dal nome del vino (così lontano nel tempo) e della cantina. Colore granato scarico tendente all’aranciato-mattone. Profumi di marca ossidativa, con lente note affioranti di nocciola e humus. Palato più integro, dolce nel tannino, sottile nello sviluppo, di nobile incedere gustativo.

 

 

Massimo Zanichelli

Milanese di nascita, apolide per formazione, voleva diventare uno storico dell’arte (si è laureato con una tesi sull’anticlassicismo pittorico rinascimentale), ma il virus del vino contratto più di una ventina d’anni fa tra Piemonte e Toscana lo ha convertito ad un’altra causa, quella del wine writer, del degustatore professionista e del documentarista del vino. Ha firmato la guida I Vini d’Italia dell’Espresso fin dalla sua nascita (2002-2016) e la rubrica sul vino del settimanale l’Espresso per molti anni. Ha curato le pubblicazioni di Go Wine, ha scritto per le riviste «Ex Vinis», «Grand Gourmet» e «Mood», redatto il Nuovo repertorio Veronelli dei vini italiani (2005) e I grandi cru del Soave (2008). Di recente ha pubblicato “Effervescenze. Storie e interpreti di vini vivi” (Bietti, 2017) e ” Il grande libro dei vini dolci italiani” (Giunti, 2018). Tra i suoi documentari: Sinfonia tra cielo e terra. Un viaggio tra i vini del Veneto (2013), F for Franciacorta (2015), Generazione Barolo – Oddero Story (2016), Il volto di Milano (2016), Nel nome del Dogliani (2017).

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