I migliori vini italiani secondo Luca Maroni. Ovvero, la piacevolezza arriva a Firenze

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lucamaroniFIRENZE – Luca Maroni è da sempre un personaggio piuttosto anomalo della critica enologica italiana. Quando ormai nelle pubblicazioni specialistiche è andato generalizzandosi il concetto di squadra o commissione di degustazione, lui è da sempre un uomo solo, che assaggia nel buio di una stanza silenziosa, con l’eccezione di una luce a piombo sul tavolo bianco, ed il fidato collaboratore che gli stappa le bottiglie e gli riempie il bicchiere. Un rapporto rigorosamente uno ad uno con il vino, e dall’ascolto delle sensazioni è escluso qualsiasi scambio di idee o interazione col mondo esterno.

Siamo insomma al massimo allontanamento, se non al ribaltamento, delle posizioni più attuali ed in voga che mettono in relazione stretta se non inscindibile il vino con colui che lo produce, cercando il più possibile di andare a vedere in quale terra ed in quale contesto, riprendendo e riportando in auge i concetti veronellian-soldatiani secondo cui non si può capire ed apprezzare un vino se non si è stretta la mano di chi lo fa. Qui, l’unica fonte di informazione ritenuta attendibile è contenuta nel liquido dentro al bicchiere, ed in base a quella alle aziende si potranno dare consigli, magari in veste di consulenze.

luca maroniL’assaggio come scienza, col giudizio regolato da assiomi, logismi, formule. L’assioma: “il vino è piacevole quando il suo gusto richiama in modo vero (consistente, equilibrato, integro), quello del frutto da cui è ottenuto”. Il logisma è che, “La fruttosità del vino è direttamente proporzionale alla consistenza, all’equilibrio, all’integrità del suo gusto.” Infine la formula: “Indice di Qualità/Piacevolezza/Fruttosità=Consistenza+Equilibrio+Integrità”. Consistenza, Equilibrio, Integrità sono parametri indipendenti e contribuiscono per un massimo di 33 al punteggio finale del vino, o meglio al suo indice di piacevolezza, che arriva dunque al massimo a 99. Sono bandite tutte le sensazioni che offuschino la purezza del frutto: quelle amare dei tannini eccessivi, come quelle della eccessiva acidità o dolcezza, ma anche quelle di liquirizia e rabarbaro, ad esempio; le note di rancido, di lattosio. E poi, vade retro ossidazione! Il tempo è nemico del vino, in quanto ne deprime progressivamente l’integrità.

luca-maroni-3Ma la novità vera è che il verbo maroniano è uscito dalle mura dell’Urbe, dove risplendeva ogni anno nella kermesse immaginificamente intitolata “SensOfWine”, per incunearsi dal 12 al 14 dicembre scorsi assieme ad un pattuglia di produttori nei meandri sotterranei del museo Galilei di Firenze, prossimo all’Arno ed a due passi da Piazza della Signoria. Un po’ alla chetichella, va detto, visto che la notizia dell’evento è arrivata, per vie traverse,  dall’efficiente ufficio stampa della azienda piemontese Morando-Terre del Ruché, assieme alla lieta novella della perfezione dell’indice di piacevolezza pari a 99 per il loro Ruché Laccento 2013 

luca-maroni-1D’altronde, tout se tient, come dicono oltr’Alpe: “Piacevolezza pura e prima, organoletticamente detectata e fisiologicamente dettata”, dètta Maroni. Ed è proprio la piacevolezza il principale ed esplicito proposito nel fare vino della cantina da sei generazioni protagonista della viticoltura del Monferrato, ci dice il suo rappresentante dalla postazione fiorentina, come è dimostrato proprio dal Ruché Laccento 2013 che ha dalla sua la fragranza e l’immediatezza dei profumi (floreale, marasca, spezie) di un vitigno che è di suo aromatico, ma anche belle caratteristiche di vellutata scorrevolezza, ed ampiezza di beva. E sarà forse questione di suggestione, ma anche il vino “importante”, il Barolo Levoluzione 2010 (territorio di Castiglione Falletto, versante Cannubi), oltre ad una sicura intensità di profumi, si mostra delicato e, di nuovo… piacevole!

luca-maroni-2A fianco, l’interessante realtà che porta il nome dell’architetto Stefano Gris, aiutato nella sua impresa dalla passione di un artista e di un pugno di professionisti, in quei Colli Euganei che una volta erano sede di un mare poco profondo e di vulcani in attività. E in questi suoli che cambiano rapidamente di composizione (dal calcareo al vulcanico acido) affondano le radici le uve cabernet sauvignon, merlot, carmenere, moscato, garganega e tocai. Il Gris 100+1 2013 (moscato, garganega e poco tocai, sta sulle fecce nobili fino all’imbottigliamento) è un vino piacevole e sfaccettato, fra pulsioni aromatiche e beva di buona solidità. Il Piedicéro 2008 (cabernet sauvignon, merlot e carmenere) sfoggia un interessante olfatto speziato con il pepe rosso in evidenza, poi la liquirizia ed il ribes; in bocca più velluto che dinamismo. L’annata 2007 mette in mostra un bel frutto nero ed una beva maggiormente innervata e con un gran ben finale. Infine, per gli amanti del vitigno autoctono, il Pajone 2011, unione di corbina (42 per cento), corbinona (7 per cento), marzemina bastarda (23 per cento) e pataresca, su suoli sabbiosi ed argillosi, un vino che ha dalla sua una bassa gradazione alcolica (12.5%) ed una grande franchezza e leggiadria di frutto.

Dalla Puglia arriva con entusiasmo una giovane realtà (datata 2012), la tenuta Ripa Alta da Cerignola, terra di negroamaro ma soprattutto di nero di Troia. In assaggio l’m 2013 (moscato di Trani), con un naso coinvolgente di frutta matura che spazia dalla pera alla susina gialla, oltre a sensazioni di mosto d’uva che si ripropongono in una beva vellutata. Il t 2013, nero di Troia (acciaio) ha profumi leggeri ed ampi di mirtillo ed al palato unisce sensazioni mentose; tannino nervoso nel finale. L’n 2013, negroamaro, mostra note quasi piriche, unite a belle folate di erbe aromatiche; si conferma saporito ed estroverso anche in bocca. Infine, una riserva di negroamaro, l’Esteta 2012, dal colore fitto, un olfatto intenso e persistente, compatto e materico al palato marcato nel finale da peculiari sensazioni di foglia di tè, ed una di nero di Troia, il Sofista 2012, dal fruttato più gentile ma meno profondo, ed un andamento di beva meno energetico anche se assai godibile.

Dalla pattuglia delle aziende toscane menzioniamo la Baldetti da Cortona, che coglie i frutti di un profondo rinnovamento nei vigneti e si presenta con due vini interessanti: il Cortona Sangiovese Marius 2012 (contiene un saldo di un 10 per cento di merlot), ampio e fragrante, ed il Cortona Syrah Crano 2011, rotondo e compatto, con il frutto profondo e la speziatura seducenti della tipologia.

Nel tavolone comune del “Wine Bar” segnaliamo il Franciacorta Brut di 1701 (vigna coltivata con metodi biodinamici, sboccatura a settembre di quest’anno): naso fresco, pieno di un agrume anche asprigno. Il Fiorduva 2009 di Marisa Cuomo, con il consueto naso opulento che spazia dalla frutta bianca matura alle tisane, ed una bella beva scorrevole, anche se di andamento un tantino discendente. Interessante l’Oltrepò Pavese Pinot Nero 2010 di Podere Bignolino, con un naso improntato sulla rosa appassita e la frutta rossa lieve, ed una beva nervosa, di buona progressione ed ampiezza. E poi, i vini di Tenuta San Guido: il Guidalberto 2012 è ampio, discretamente intenso, leggero al palato e molto fresco; Le Difese 2012, dal colore brillante e di belle trasparenze è succoso e vitale, con una bella “frustata” nel finale di beva. E poi (nuova) prova del Sassicaia 2011, che ci si conferma di carattere elegantemente mediterraneo, intenso, boschivo, con cenni di pasta di olive e poi al palato spontaneamente “primario”, con un frutto pulito ed un finale in straordinario allungo.

Luca Maroni
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Riccardo Farchioni

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