“in Bianco”, grandi vini e terroirs a Torino

1
11915

Palazzo CaraccioloTORINO – Imponente è la sagoma del Palazzo Carignano, pieno centro di Torino, museo del Risorgimento. Imponente è la selezione dei bianchi, dei grandi vini e terroirs che si offrono all’assaggio in occasione del congresso AIS dello scorso novembre. Artevino organizza, ovvero Camillo Favaro, gran conoscitore e scrittore di vini francesi (Borgogna in particolare) ma anche figlio d’arte; anzi, artefice del rilancio dell’azienda familiare, col suo Erbaluce di Caluso ormai stabilmente nel gotha dei vini bianchi italiani.

Bel successo di pubblico, bella ambientazione, bei vini. Quasi 80 produttori, quasi tutti presenti, con Francia in grande spolvero, ma anche Svizzera, Germania, Austria e, naturalmente, l’Italia dalle “cento” regioni vinicole (dall’Alto Adige alla Sicilia).

Due Sancerre della Valle della Loira per iniziare, anzi due annate diverse, come nella maggior parte dei casi, a presentare una prospettiva migliore delle varie cantine.

Bernard Fleuriet et Fils
Sancerre Blanc Côte de Marloup 2012 e 2010
Penetranti le note di bergamotto del 2012, che offre una bevuta fresca non troppo corposa e un finale lungo e terso. Più complesso il 2010, dove all’agrume si aggiungono note lievitose e un corpo maggiore, senza venir meno la freschezza e la persistenza.

inBianco_manifestoCave de Ribeauvillé –  Alsazia
Il Riesling Grand Cru Osterberg 2011 sprigiona già i sentori idrocarburici dei Riesling di classe, ma è sempre l’agrume (sfumato di cipria) e la vivacità a marcare la bocca. Mentre è l’acidità che più di altro identifica il 2008, in cui all’idrocarburo si associa un netto sentore di mela renetta, rendendo più ampia la percezione gustativa.

Dell’ampia selezione borgognona scegliamo il Corton Charlemagne Grand Cru 2009 di Bonneau du Martray, decisamente un grande Chardonnay. Composto e complesso, mischia un accenno di frutta a sentori di roccia sfumati da penetranti note floreali. Niente di troppo esuberante, ma piuttosto tenui trame che rendono l’olfatto quasi sommesso ma certo elegante.  Elegante e prodromo di una bocca dall’incedere impetuoso, tesa, salina, chiusa da lunghe ed equilibrate sensazioni terzarie.

Sempre in Borgogna, Michel Bouzereau et Fils produce un Mersault 1er Cru, il Genevrières. Il 2012 spicca per eleganza dei profumi, incentrati sulle note floreali, e lunghezza, ma sconta ancora un legno non troppo assorbito nel finale. Si tratta d’altra parte di una annata piuttosto complessa, frutto di raccolte ridotte, e più lenta quindi a maturare. Decisamente più pronto (ed era ovvio) il 2007, che ad un naso compatto e ciprioso associa una bella bocca tesa e persistente, in cui la componente del legno è decisamente meglio inquadrata.

Altro Chardonnay borgognone il Mersault Les Tessons 2007 di Pierre Morey. Una annata decisamente vecchia a cui sono seguiti raccolti poco interessanti, per i danni della grandine, e che quindi è la sola in presentazione. Già dal colore intenso offre una bella prova di resistenza all’invecchiamento, con una bocca netta e equilibrata. Complessi gli aromi terziari.

Dalla Valle del Rodano è ora il turno di due annate di uno splendido Viognier botritizzato, il Condrieu Deponcis di François Villard. Assaggiamo prima il 2013, dalla forte impronta aromatica. Al naso gelsomino e lunga sensazione pseudodolce al gusto. Un timbro maturo che si ritrova nel 2006 il quale, inebriante e corposo, mostra maggiormente le note surmature, lascito della muffa nobile.

inBiancoSala3Lasciamo la Francia per il Palatinato, dove Matthias Gaul coltiva riesling. Il Riesling Asselheimer St. Stephan 2013 colpisce per la floreale freschezza e l’impetuosa aromaticità. Lungo e leggero, si offre piacevolissimo alla beva. Più nascosto è il naso del 2012 ma non da sottovalutare, ché offre una sensazionale dinamica gustativa in cui gli aromi si rincorrono a comporre un lunghissimo finale.

Dürnberg coltiva, a nord dell’Austria, vigneti a Gruner Vetliner e altre bacche bianche. Oltre a un Veltliner in purezza, il Rabenstein 2012, ci offre un uvaggio da vigne miste, il Kirchberg Gemischter Satz nelle annate 2007 e 2012 (Gemischter Satz significa proprio “composizione mista”). Il Rabenstein matura 10 mesi in botte e offre grassezza e corpo con note di anice e frutta secca. Un bianco decisamente strutturato. Nel Kirchberg Gemischter Satz 2012, a cui concorrono gruner veltliner in maggioranza, ma anche pinot bianco e grigio, riesling e traminer, è questo ultimo a marcare l’olfatto. La tipica nota aromatica del traminer sostiene a lungo la sensazione olfattiva e marca anche la bocca assai corposa. Diversa storia nel 2007, dove è l’idrocarburico del riesling a vincere, con una persistenza complessiva comunque bella e una bocca mandorlata e piena, chiusa da un lungo finale di frutta secca in cui l’alcolicità si fa sentire.

Ed eccoci in Italia, in Val d’Aosta con Grosjean. Che ci offre il suo Petite Arvine Vigne Rovettaz delle annate 2009 e 2013. Entrambe sono caratterizzate da profumi maturi di frutta (mela renetta), intensi, e da una bella bocca che dopo un avvio che potremmo definire “cauto”, esplode aromaticamente: coerentemente di mela matura nel 2013; in maniera più complessa, con l’aggiunta di sentori terziari di castagna, nel 2009.

Di Les Crêtes assaggiamo la Petite Arvine 2013, una grande annata per questo vitigno, che regala una bella freschezza floreale e una bocca tesa e sapida che chiude su note di roccia appena spaccata.

Sempre dalla provincia di Aosta il Pinot Gris di Marco Martin-Lo Triolet, nelle annate 2013 e 2012, offre sentori terrosi e di frutta, una mela acidula e fresca che acquista persistenza lungo lo sviluppo, specialmente nel 2012.

inBiancoSala2Sosta non solo dovuta (siamo dal padrone di casa!) ma di sicuro interesse alla cantina di Benito Favaro, che presenta due annate del rinomato Erbaluce di Caluso. Le Chiusure 2013 apre con note penetranti, quasi farmaceutiche, di erbe aromatiche e noce, per poi esplodere gustativamente a centro bocca e infine ritrarsi in un finale più tenue ma di lunga persistenza. Appare più corposo il 2010, forse meno esuberante ma progressivo, composto, chiuso da note marine.

Ancora Erbaluce per Orsolani, azienda del Canavese. L’Erbaluce di Caluso La Rustia 2013 ha un naso varietale e ancora una nota penetrante di erbe aromatiche. Molto fresco al gusto e di elevata sapidità, chiude lungo e floreale. Sensazioni che si ritrovano ancora intatte nell’annata 2009, mediate da un contenuto alcolico più elevato, per una maggiore rotondità.

Dall’Erbaluce al Timorasso, la magnifica coppia degli autoctoni piemontesi, partendo dal Derthona Timorasso 2011 di Claudio Mariotto che apre con una netta nota di anice a cui segue una bocca di bella tensione, intrisa di frutta secca, che sfuma dolce, calda e sapida. Ma è l’annata 2005 dello stesso vino a rimanere impressa, per la complessità dell’olfatto, che ora alle erbe aromatiche associa note idrocarburiche e di menta e, sopratutto, per corpo e lunghezza, sorretti sì da alcol e note di chiusura terziarie, ma veramente esaltanti.

Pomodolce presenta il Colli Tortonesi Timorasso Grue 2011, dal naso meno intenso e più maturo e dalla bocca molto corposa con una netta preponderanza alcolica. Sensazioni riproposte nell’annata 2008 che offre un frutto ancor più maturo.

Solo un’annnata per il Derthona Timorasso Sterpi di Vigneti Massa, la 2010: un campione di struttura e complessità che non pecca comunque di freschezza a oltre 4 anni dalla vendemmia.

E, ops, dopo aver chiamato magnifica la coppia Timorasso- Erbaluce come cavarsela col Gavi? Altro autoctono (si parla di uve cortese) più che storico ma con una vicenda comune a molti altri bianchi italiani, offuscata da anni in cui bastava che il vino bianco fosse bianco e si bevesse fresco e se ne producesse tanto! Per fortuna anche a Gavi e dintorni non sono mancati vignaioli e vignaiole coraggiosi, capaci di risollevare la denominazione dai tempi più bui.

inBiancoSala1Qui abbiamo Broglia, col suo Gavi del Comune di Gavi Bruno Broglia 2012 che declina il vitigno sulle note della freschezza, mela verde e menta, per un risultato di grande bevibilità. E, da Novi Ligure,  La Raia con un Gavi 2013 che subito ci fa esclamare “Questo è un Gavi!”, anch’esso fresco al naso e dall’iridescente complessità gustativa.  Chiudiamo con il Gavi Pisè 2012, sempre de La Raia, una selezione di uve che si presenta più netta e decisa e più centrata su note mandorlate.

Ahinoi, il tempo come sempre è tiranno e dobbiamo stringere, di fronte a noi la folta pattuglia langhigiana, e poi l’Alto Adige, il Friuli, regioni bianchiste che di più non si può, ma neppure a cimentarsi. A malincuore saltiamo la penisola con un solo scalo, quello per il Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Riserva 2010 di Bucci, solido e corposo, grasso, ombroso, non svela facilmente i suoi aromi (dovremmo ascoltarlo seduti, magari con un buon piatto di accompagnamento). Più chiaro il 2004, forte e chiaro! Qui è la frutta secca ad adornare un corpo solido, grasso, dolce di alcol, che chiude preciso, secco, amaricante.

Due Fiano, anzi quattro, contando le annate.

Il Fiano di Avellino 2013 di Pietracupa apre giocando su temi marini, freschi, fruttati e sorprende per la viva acidità al gusto, segno certo di grande potenziale di longevità, ma al momento quasi eccessiva. Piace infatti di più il 2010, che appare più complesso seppur sempre teso e ben delineato, essenziale ed elegante.

Da Luigi Maffini assaggiamo il Paestum Fiano Kratos 2013 che si presenta con una intensa nota di geranio e una bocca estroversa e mostosa, lunga ed equilibrata. Bello poi il 2006, dalle compostissime note evolutive, minerale e piacevolissimo, lungo e nitido.

PalazzoCaracciolo2Ci attende la Sicilia, ma ci intriga uno Chardonnay, tra tanti “autoctoni”: il Salento Chardonnnay Teresa Manara 2011 di Cantele, che ci piace perché è così che lo chardonnay ci piace, senza ostentazione, senza ricerca di corposità da legni, ma elegante e stilizzato, finanche  minerale nel finale.

Tenuta di Fessina presenta due interessantissimi cru di carricante, l’Etna Bianco A’ Puddara 2012, che troviamo finemente minerale, ricco e senza sbavature, una vera essenza, e l’Etna bianco Superiore Il Musmeci 2012, figlio di vigne centenarie, che ci pare l’eleganza fatta vino, assertivo senza imposizioni, stilizzato, puro.

Chiudiamo all’opposto dell’isola, col Grappoli del Grillo di Marco de Bartoli. L’annata 2011 mostra grande complessità: salvia, albicocca secca, cioccolato bianco, e una bocca tesa con una leggera nota tannica che ne amplia la dinamica. Saltare al 2001 è poi un’emozione. Percepiamo la dignità, e il lento lavorio del tempo…

Luca Bonci

1 COMMENT

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here