Il Chianti Classico della Berardenga: se stiamo insieme ci sarà un perché. Prima parte

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Mappa BerardengaPONTIGNANO (SI) –  Alla fine del salmo, ovvero della giornata-incontro con i viticultori del comune di Castelnuovo Berardenga svoltasi alla Certosa di Pontignano qualche settimana fa, una delle cose che mi hanno maggiormente colpito è stata la sensazione di meraviglia provata dai produttori stessi quando, in buon numero, si sono resi conto di poter stare pacificamente assieme senza mordersi. Magari per una sera, magari per due: a parlare di vino, del loro mondo, dei mercati e di una strategia comunicativa più proficua e “accomunante” che potesse promuovere al meglio il loro territorio.

Potrà sembrare strano tutto questo stupore racchiuso in un gesto semplice come l’incontrarsi, visto che siamo nel 2015, ma tant’è, succede anche questo nell’amato mio mondo vitivinicolo.  Lì dove la condivisione di una idealità o di un progetto resta sempre e comunque un obiettivo difficile da conquistare. Meglio tardi che mai, allora. Eppoi ci han preso gusto alla Berardenga, fors’anche ispirati dalle precedenti esperienze dei colleghi di Panzano, al punto che il numero di produttori portati al dialogo e alla immedesimazione progettuale è aumentato via via e gli incontri si son fatti sistematici, periodici, stabili. Ormai sono arrivati a comprendere 28 cantine, le più importanti di questa larga fetta di campagna senese. Così, dopo tanto rimuginare, si son chiesti: “perché, ora che siamo in tanti, non proviamo a battere un colpo e a parlare di noi come unità, come territorio, come “Classico della Berardenga”?.

Cberardenga_paesaggio-1Detto fatto, eccoci qua riuniti nelle affascinanti (e fredde) sale della storica Certosa di Pontignano, in compagnia di una folta schiera di colleghi della stampa specializzata, per ascoltare cosa han da dire questi produttori. Che poi, in larga parte, hanno affidato le loro “istanze” a valenti portavoce: dallo storico dell’arte Italo Moretti all’esperto di disciplinari e Chianti (nonché polemista affilato) Giovanni Brachetti Montorselli, all’enologo di vaglia (Maurizio Castelli), last but not least ai vini. Il territorio è stato così inquadrato sinteticamente dal punto di vista storico, culturale, economico-produttivo ed infine per specificità geologiche. D’altronde, forte di un pregresso storico importante che ha da sempre stimolato il gesto agricolo (e vitivinicolo in particolare), la vasta e bellissima campagna a forma di ali di farfalla che sta a nord e a nord est di Siena e che viene identificata con il nome di “Berardenga” possiede inconfutabili valori storici, economici e paesaggistici da mettere sul piatto dei ragionamenti. E il vino quale ambasciatore privilegiato di una identità. Sì, è un giocare all’attacco.

Ecco, a proposito di identità, dopo le parole dell’enologo Maurizio Castelli (molto interessante la disamina delle varie matrici geologiche che insistono nella Berardenga, durata solo troppo poco!) verrebbe piuttosto da dire: identità nella differenza. Un leit motiv assai comune, a dire il vero, se mi parli di “vigneto Toscana”. Perché le specificità che andrebbero colte da questo territorio stanno appunto nelle macro e micro diversità dei suoli, che insieme alle esposizioni e alle altitudini stan giocando e potranno giocare un ruolo fondamentale per la caratterizzazione dei vini, aspetto questo che vedremo poi di snocciolare nella seconda puntata.

certosa_di_pontignanoUn’altra cosa che mi ha molto sorpreso però è che nessuno degli astanti abbia pronunciato la parolina magica, ciò che invece io credevo cumsustanziale all’argomento stesso di quell’incontro: tendere e forzare verso una menzione geografica aggiuntiva per il disciplinare di produzione del Chianti Classico, che finalmente aprisse alle sottozone e, nello specifico, alla sottozona BERARDENGA. Forse tutti pensavano fosse implicito meno il sottoscritto? Eppure non ho avuto questa sensazione. Forse che si era timorosi di parlare di quella autentica rivoluzione ad esito incerto che è la Gran Selezione, la nuova super menzione del Chianti Classico che dovrebbe raccogliere il meglio della produzione chiantigiana (secondo criteri quantomeno opinabili)?

Parliamone un attimo: la Gran Selezione è una menzione ufficiale in vigore dall’annata 2011 la quale, entrando a gamba tesa, sta facendo lo sgambetto alla storia (qui rappresentata dal Chianti Classico Riserva) per presentarsi sostanzialmente scollegata dallo specifico terroir (viene richiesto che le uve e le vigne siano di proprietà), scollegata dai vitigni in gioco (pur nel rispetto del generoso disciplinare di produzione, ma non è che ti imponga, chessò, un sangiovese in purezza) o dall’età dei vigneti e collegata assai pesantemente ad attributi e parametri (polifenoli, alcol ecc ecc) che poco hanno a che vedere con il valore portante della vitivinicoltura chiantigiana contemporanea, il solo davvero ispiratore per un serio rilancio sui mercati del mondo: TIPICITA’, CARATTERIZZAZIONE, IDENTITA’. Ciò che non passa per colore, estratto o presenza scenica, per i tempi dilatati di maturazione o i vasi di affinamento, ciò che non passa per il meticciato. Non più. E’  “senso” del territorio. Che bisogno c’era di cacciare i supertuscan style dalla porta per poi farli rientrare dalla finestra della DOCG? Ecco, mi si potrebbe accusare di nutrire pregiudizi e di aver la fregola di dimostrare un risultato non ancora pienamente dimostrabile. Sarà, ma dalle prime apparizioni sulle scene degli agognati Gran Selezione, in troppi pochi casi ho colto la valenza e il significato più profondo insito in una proposta, il logico e naturale intendimento del produttore nel concepire quel tipo di vino. Insomma, in troppi pochi casi ho colto il territorio nella sua essenza. Negli altri casi invece ho avuto come risposta estrazione, densità, tecnica (anche buona tecnica, ci mancherebbe), “ammiccamento” stilistico verso modelli espressivi non propriamente ortodossi.  Ma come? Possibile che il  “meglio della produzione” mi assomigli di meno al Chianti che non i Chianti Classico “annata” e  Riserva? C’è qualcosa di nebuloso nell’aere.

Ora, se è assolutamente comprensibile che per ricacciare lo spettro dei Chianti generici (quelli cioè provenienti da territori diversi dal Chianti propriamente detto), con i prezzi delle uve e dei vini al ribasso, si sia intrapresa una strada altra (di natura anche comunicativo-commerciale) per concepire prezzi più adeguati e prossimi a quelli dei Brunello , se è altrettanto inevitabile  – ma un po’ di rabbia la fa – che le “visioni”  stilistiche e interpretative diverse da cantina a cantina porteranno sempre a disegnare vini tipici e vini che lo sono un po’ meno, è altresì auspicabile che quel prezzo possa garantire qualcosa di speciale in termini di caratterizzazione; un qualcosa che letteralmente riveli L’ANIMA di un vino e di una tipologia, e che alla cieca ti faccia esclamare: E’ CHIANTIIIIII, con la stessa enfasi del marinaio di vedetta che intravvede la sagoma incerta della terraferma, dopo tanto mare.

Ecco, a fronte di una giornata stimolante e ben concepita mi è mancata la chiara esplicitazione dell’intendimento che ingenuamente ritenevo primario: la menzione geografica aggiuntiva in etichetta. Ciò che mi sembrava implicito ma che forse non lo era. Ma è pur vero, come i produttori stessi hanno ribadito a più riprese, che il ritrovarsi tutti assieme e il presentarsi uniti alla stampa (e nel futuro, chissà, anche ai consumatori), è stato solo un primo passo verso qualcosa di più incisivo e futuribile che vada a dare linfa culturale e visibilità alla sottozona e -di rimando- alla tipologia tutta, e che ci parli con maggiori forza e trasparenza di identità territoriale. In un vino e in una etichetta. Bene, nell’accogliere con spirito propositivo la politica dei piccoli passi, quanto mai calzante se ci troviamo ad operare nel mare magnum chiantigiano, dove tante sono le facce di una medaglia e tante le aspettative (diverse) dei vari attori sulla scena, mi vien da chiosare con  “l’importante è andare”, citazione a tutto tondo di Neal Cassady, poetico e stralunato personaggio on the road di “kerouacchiana” memoria. Ovviamente, nella speranza di trovare the road !

Vai alla seconda puntata: i terroir e i vini della Berardenga.

 

FERNANDO PARDINI

1 COMMENT

  1. Buonasera ,

    Sono lieto dell’ iniziativa di riunire i produttori vitivinicoli nell’associazione “Classico della Berardenga” sia come agronomo che appassionato all’idea di aprirsi a sottozone geografiche dell’ area chianti classico . Lavoro presso l’ azienda agricola di Fietri molto vicina al confine con il comune di Castelnuovo Berardenga e che è seguita dall’ enologo Dr. Castelli e dunque sarei lieto di seguire di persona le vs. riunioni . Per favore chiedo di essere informato circa i prossimi incontri per poter partecipare. Grazie

    Valter Morieri

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