Il Chianti Classico della Berardenga. Seconda parte: vini e terroir

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Quel giorno di gennaio 2015, alla Certosa di Pontignano, non lontano da Siena, l’enologo Maurizio Castelli ha efficacemente sintetizzato, in un lasso di tempo ahinoi Berardenga_mappa_1troppo breve, le diverse matrici geologiche che insistono sul territorio detto della Berardenga. Arrivando sostanzialmente a concludere che anche da quelle parti è la diversità a farla da padrona. Nello specifico, la diversità dei suoli, che può e potrà fornire la stura per una provvidenziale caratterizzazione nei vini. Insomma, che la forza sta nella diversità. Ciò che ogni azienda praticamente potrebbe cucire addosso ai propri vini, passando a debita distanza dalla normalizzazione. Ma non solo, grazie anche a una sana varianza delle condizioni orografiche e pedologiche che alimentano i vigneti chiantigiani.

Ora, delle due ali a forma di farfalla che delineano il territorio della Berardenga, un territorio situato subito a nord e a nord est di Siena ed amministrativamente ricadente sotto il comune di Castelnuovo Berardenga, l’ala destra si presta ad uno scandaglio geologico più “praticabile”. Ad esempio, nel versante più orientale, dalle parti di Felsina per intenderci, si parla di MACIGNO DI ARENARIA, di pH neutri o sub acidi, di suoli assai poveri in limo ed argilla; ciò che costringe ad un continuo lavorìo l’apparato radicale della pianta, con il limite magari di soffrire un po’ la siccità ed il contraltare di propiziare vini fini, dove l’eleganza e la capacità di dettaglio sono solite prevalere. Spostandoci più a ovest, nell’area di San Gusmé, La Casaccia e Villa a Sesta, incontriamo una formazione geologica particolare, costituita da GALESTRO ROSSO, che può contribuire a disegnare vini assai distintivi, dai colori più intensi, chiusi e profondi se colti in tenera età ma nei casi migliori prodighi di vibrazioni sapido-minerali grazie alla particolare ricchezza in minerali di quei suoli.

Ancora più a Ovest, giù giù fino ad arrivare al fiume Arbia (l’ideale tratto di divisione fra due ali e fra due ere geologiche), ecco che si nota la presenza del MACIGNO DI ALBERESE. In particolare nelle zone di San Felice, San Vito, Castell’in Villa. Nei vini si riscontra una acidità più elevata e una fittezza tannica importante, grazie alla natura calcarea dei terreni, a pH che spaziano da 7,7 a 8,5 e alla sostanziale mancanza di mobilità del potassio, che quindi non va a legarsi con il tartarico consentendo di ottenere corredi acidi più vibranti. Quindi gran “propellente” acido/sapido e una caratterizzazione degna di nota.

Berardenga_mappa_2Invece, se attraversiamo il fiume Arbia per addentrarci nell’ala sinistra della farfalla, le cose, geologicamente, si complicano: non possiamo più parlare di uniformità. Intanto si tratta di suoli più giovani, di natura sedimentaria, risalenti al Pliocene, dove non è infrequente incontrare il cosiddetto PILLOLO, testimoniato dai numerosi sassi rotondi di origine fluviale-alluvionale. Con la parte meridionale – Pianella, Cerreto e Geggiano – climaticamente più calda, con percentuali di sodio più elevate nei terreni e pH piuttosto alti, a connotare i vini sulla rotondità e la piacevolezza piuttosto che sulla struttura. Vini quindi dai tannini più docili e dal gusto morbido, fruttato. Più a nord invece c’è una enclave particolare, quella di Vagliagli, dove le altitudini significative e la freschezza del microclima contribuiscono alla netta distinzione nel carattere dei vini. Vini più affilati e nervosi in questo caso, a volte persino taglienti. Grazie a gradienti di maturazione più lenti, se ne potrebbero avvantaggiare profumi e contrasto. Quindi, nell’ala sinistra della Berardenga, dovendo ingenerosamente semplificare (Vagliagli esclusa): pienezza fruttata più che strutturale, ma soprattutto grande variabilità dei suoli, ciò che rende difficile la sintesi ma oltremodo stimolante la potenziale diversificazione che se ne potrebbe trarre.

Tutto bello, tutto interessante, tutto molto intrigante. Davvero. Poi arrivano i vini: con il pregresso, lo status quo e i vari intendimenti stilistici. Perché con i vini, invariabilmente, entra in gioco il “manico”. Ovvero, più signorilmente parlando, la sensibilità interpretativa del vignaiolo. E quando entrano in gioco i “manici” non è circostanza così rara che il portato di trasparenza espressiva che faresti ben volentieri discendere ed imprimere dallo specifico terroir incontri per strada qualche aggiustamento di tiro e qualche rivisitazione. Finanche trasfigurazione. E allora le cose per il critico, il degustatore o il consumatore avveduto si complicano più di un po’. E lo portano a pensare. A pensare ad esempio che la trasparenza espressiva è un obiettivo semplice a dirsi ma difficile da realizzarsi sempre e comunque. E che attributi “circuitori” e assai cavalcati dai produttori d’ogni dove come il peso, la densità, il volume, l’estratto, a volte  – se non opportunamente bilanciati – rischiano di coprire i dettagli, ovvero il contributo sottile ma imperdibile che ogni terroir vocato è in grado di trasmettere ai vini -nella silhouette aromatica, negli stimoli sapidi, nella sensazione acida, nella mineralità, nella consistenza e nella grana dei tannini- rischiando di uniformare nella sostanza ciò che nella sostanza uniformabile non dovrebbe essere.

Mappa-BerardengaE nel sottolineare ben bene che questo appunto critico non intende riferirsi nello specifico alla (sola) produzione della Berardenga bensì affrontare il tema in generale, per assurgere quindi a “ragionamento dei ragionamenti” e fungere semmai da pungolo per i produttori affinché li denudino quei vini, e non li nascondano, è con viva curiosità da apprendista che mi sono gettato nella mischia degli assaggi. Assaggi che hanno riguardato un discreto numero di Chianti Classico provenienti da quelle terre, in rappresentanza delle varie cantine coinvolte in questo nuovo progetto di comunione d’intenti di cui abbiamo parlato nella precedente puntata. Una circostanza piacevole quindi, come sempre, solo minata ai fianchi dalla ristrettezza dei luoghi e dalle temperature d’assaggio spesso proibitive (leggi “fredde marmate”). Un assaggio à la volée -bicchiere in una mano, taccuino nell’altra- come ai vecchi tempi. Con le bottiglie tutte in fila distinte per tipologia (annata, Riserva, Gran Selezione), dove per fortuna in molti casi ho potuto fare affidamento sul fatto che i vini li avevo già assaggiati in precedenza o che comunque conoscevo lo stile della casa. Mi sono concentrato principalmente sulle selezioni, ciò che cercherò di ordinare sia per cantina che per “ala”, specificando quindi se i vini provengano dall’ala destra o dall’ala sinistra dello scacchiere vitato a forma di farfalla chiamato Berardenga.

 

VINI DELL’ALA DESTRA

Carpineta Fontalpino

Carpineta Fontalpino_etiCon la cantina e una quota parte dei vigneti situati nella luminosa e suggestiva campagna di Montaperti, al confine fra le aree del Chianti Classico e del Chianti Colli Senesi, Carpineta Fontalpino è solita firmare rossi pieni e corposi, logica conseguenza di una concezione enologica “aggiornata” dove tecnica, frutto e rovere appaiono in chiara evidenza. Ne è testimone il Chianti Classico Riserva 2011 (le cui uve provengono in verità da diverse zone dell’areale di Castelnuovo Berardenga, come San Piero e Cerreto, quindi anche dall’ala sinistra!), la cui trama sapida resta parzialmente ingabbiata nella stretta del rovere e dove l’indole estrattiva, se giova alla presenza scenica, non riesce forse a garantire la piena godibilità del sorso, soprattutto in termini di dinamismo e contrappunto gustativo.

Castell’in villa

Castell'in villa_logoQui si vola alto: carattere, stile, “senso del territorio”. Vini esemplari ‘sti qua, per radicamento, tipicità, potenziale di longevità, mirabilmente sintetizzati da un Chianti Classico 2010 elegante nello spettro dei profumi, contrastato e scalpitante al gusto. Lì dove sciorina sapidità, una sana asprezza giovanile e una sincerità espressiva eloquente. Sono i vini “della Principessa” (what else?!), apprezzabili esempi di coerenza interpretativa, naturale discendenza di una “chiantigianità” allo stato puro.

Castello di Bossi

Bossi_Ris Berardo_etiRossi dall’impronta decisamente “moderna” quelli proposti dalla famiglia Bacci (polpa di frutto, levigatezza tannica, dolcezza mutuata dal rovere piccolo….), ricavati da un vasto parco vigneti innervato da suoli diversi, fra tufo, argille, sabbie limose e sasso. La produzione è qui rappresentata dal Chianti Classico Riserva Berardo 2010, di buone tenuta ed equilibrio. Un vino assai proporzionato a dire il vero, che garantisce lena e sapore anche se, d’istinto, gli impulsi boisé e, soprattutto, vegetal-mentolati ne rammentano un ascendente quasi bordolese, checchennedica la palette costitutiva esclusivamente “sangiovesica”.

Felsina

Felsina_ Rancia etiIl Chianti Classico Riserva Rancia 2010 è un vino ricco ma bilanciato, spesso e carnoso, non del tutto sciolto nell’eloquio, con un tannino vitale e leggermente rugoso. Eppure senti che è in grado di spingere. Questo vino mi offre l’occasione per dedicare un piccolo “allungo” a una azienda che nel cor mi sta, come avrebbe detto Gino Veronelli. Perché fa da apripista ad un sostanziale cambio di registro stilistico che va investendo la produzione più recente di Fèlsina, ivi compreso il “mitico” Fontalloro. Vini oggi massicciamente colorati e intensamente boisé, che attraverso una configurazione più prossima a quella dei Supertuscan rischiano a mio parere di obnubilare la mirabile fusione di elementi sapido-minerali e la proverbiale finezza nei tratti che hanno fatto la storia e la gloria di questa cantina. Doti, queste ultime, capaci di suscitare autentici innamoramenti, come nel mio caso. Fa strano pensare che questa rivisitazione stilistica avvenga di pari passo con una decisa riconversione agronomica nel verso della biodinamica, ciò che idealmente dovrebbe semmai orientare il da farsi verso la “nudità” e la trasparenza espressiva. Restiamo infine in attesa di apprezzare la vera anima del nuovo e ambizioso Chianti Classico Gran Selezione Colonia. Il 2009, più volte assaggiato nel corso degli ultimi mesi, è apparso screziato da una fastidiosa deriva surmatura, ciò che ne ha reso difficile la beva e la lettura.

La Lama

La Lama_ etiDa una piccola realtà produttiva di San Gusmé, non lontano da Castell’in Villa, ecco un Chianti Classico Riserva Terzo Movimento 2010 polposo, accomodante, più largo che teso, che conserva nella generosità fruttata la traccia più evidente del suo passaggio.

Poggio Bonelli

Poggio Bonelli_ etiDi proprietà della Monte dei Paschi di Siena, questa bella tenuta chiantigiana sembra aver stranamente garantito (ma neanche tanto stranamente) le attenzioni migliori ai Supertuscans, relegando i Chianti Classico a ruoli da comprimari. In attesa di una auspicabile e più virtuosa caratterizzazione nell’ambito dei vini tipici del territorio, il Chianti Classico Riserva 2009, assaggiato più volte negli ultimi anni, porge un po’ troppo il fianco alle insidie dell’evoluzione, palesando un gusto oltremodo terroso e una grana tannica scabra, abrupt.

San Felice

San Felice_Il Grigio etiFra le cantine più conosciute di questa fetta di campagna senese, San Felice associa oggi un cospicuo ventaglio di etichette a una confortante affidabilità di fondo, non mancando di fornire da tempi non sospetti un lodevole e duraturo impulso allo studio e alla ricerca sul campo, finalizzati come sempre a una migliore conoscenza delle tecniche agronomiche e dei vitigni autoctoni, anche quelli in via di estinzione. Il loro Chianti Classico Gran Selezione Il Grigio 2010 è vino ricco, fibroso, voluttuoso, di discreta spinta e bel corredo tannico. Forse stilisticamente non proprio ortodosso.

Tenuta di Arceno

Tenuta di Arceno_logoArgilla, graniti e basalto. E una idea di Chianti che non rinuncia al contributo delle uve “foreste” sia nella composizione varietale che nella fisionomia organolettica dei vini. Così è, ci sembra, per il Chianti Classico Riserva Strada al Sasso 2009, dai risvolti aromatici vegetal-balsamici, speziati e “confetturati”, e dal gusto grintoso anche se un po’ scorbutico. L’incedere non è scioltissimo pur non mancando di grip. Più spinta e più freschezza ho riscontrato nel Chianti Classico Riserva 2010, dalla sottesa mineralità e dalla buona integrazione tannica.

Villa a Sesta

Villa A Sesta_ etiL’architettura “contemporanea” dei vini della casa, sempre ricchi e ben carrozzati, trova una nuova interessante modulazione nel Chianti Classico Riserva 2010, in grado di far risaltare un’anima floreale ringalluzzente e una salvifica propensione al dialogo. Qualche verzura nei dintorni qui, ma un buon tocco e una buona apertura alle ragioni della snellezza, senza troppe sovrastrutture. E intrigante appare, per spinta e progressione, il Chianti Classico Riserva Sor Leone 2010, a cui manca semmai una più spiccata spontaneità dal punto di vista aromatico.

VINI DELL’ALA SINISTRA

Bindi Sergardi

Bindi Sergardi_logoIl Chianti Classico 2011 associa doti caratteriali certe quali sapidità e solidità a screziature selvatiche e tannini graffianti: l’equilibrio ne risente; il Chianti Classico Riserva 2010 dimostra un esprit chiantigiano autentico ma il frutto rosso ammette derive surmature che tendono a veicolare la gustativa. La bottiglia evidentemente infelice (non a posto) del Chianti Classico Gran Selezione Mocenni 89 2010 mi riconduce invece agli assaggi più probanti e tranquillizzanti di qualche mese fa, che mi hanno suggerito un colore intenso e una presenza acclarata del sangiovese, un frutto bilanciato e una buona progressione gustativa, instradata da tannini dolci e croccanti.

Borgo Scopeto

Borgo Scopeto_etiAffiancata da un celebre e raffinato Relais di campagna, la Borgo Scopeto agricola, proprietà di Elisabetta Gnudi Angelini ( sue anche Caparzo e Altesino in quel di Montalcino), dai suoli a matrice sabbioso-argillosa situati a 360 metri slm ricava il suo vino più ambizioso: il Chianti Classico Riserva Vigna Misciano. Che nella versione 2011 pare risentire dell’annata calduccia nel suo tratto pieno, “sugoso”, morbido e avvolgente, mancando forse di una più dinamica articolazione.

Canonica a Cerreto

Canonica a Cerreto_ etiIl Chianti Classico Riserva 2009 (sangiovese con saldo di cabernet sauvignon e merlot) è vino ricco, caldo, voluminoso, ordinato nell’eloquio e gradevole al gusto, con risvolti netti di peperone  – a dichiarare senza tentennamenti l’influenza dei vitigni bordolesi sul blend finale- e tannini morbidi e levigati. In fondo, ciò che ne frena lo slancio empatico verso i più tipici connotati dei vini di territorio.

Casuccio Tarletti

Casuccio Tarletti_Campoalto etiDalla tenuta chiantigiana di Bruna Barontini, situata a un passo da Geggiano, abbiamo imparato ad apprezzare i lineamenti aggraziati del Chianti Classico Riserva Campoalto, le cui uve sangiovese provengono da suoli sostanzialmente sabbiosi; lineamenti riproposti con la consueta giovialità dalla versione 2009, dove a (con)vincere non sono complessità o profondità, ma una simpatica snellezza.

Castello di Selvole

Cast di Selvole_etiAncora a corrente alternata l’immedesimazione con i vini di questa cantina: si passa dai toni svolazzanti, di matrice floreal-esotica, del Chianti Classico Riserva 2011, a cui puoi solo rimproverare di essere un po’ sottile e magrolino ma non certo di tradire l’ascendente territoriale, al più apolide Chianti Classico Gran Selezione Ponte Rosso 2011, dove la pur accorta profilatura gustativa scopre registri espressivi più da Supertuscan che da Chianti Classico.

Dievole

Dievole_etiSia nel Chianti Classico 2012 – stilizzato, ben bevibile, fresco e sottile – che nel Chianti Classico Riserva Novecento 2010 – tonicità, tensione, freschezza, con freno parziale del rovere – emergono confortanti segnali di crescita in materia di caratterizzazione tipologica, in grado oggi di evidenziare con maggiore dovizia di particolari il marchio di un terroir speciale e “selettivo” come quello di Vagliagli.

Fattoria di Corsignano

Fatt Corsignano_etiIl Chianti Classico Riserva 2012 incassa i provvidenziali impulsi delle altitudini significative su cui giacciono i vigneti della Fattoria, innervati da suoli a galestro e argilla: buoni profumi, freschezza, scatto, media complessità ma sicura godibilità. Il Chianti Classico Gran Selezione L’Imperatrice 2010 è più concentrato nella materia, rotondo, morbido, equilibrato, sostanzialmente melodioso nello sviluppo, non troppo profondo ma piacevolmente avvolgente.

Fattoria di Petroio

Fatt di Petroio_etiIl Chianti Classico 2011 della famiglia Lenzi conserva pienezza strutturale e un tratto gustativo terroso, ricco ma anche saporito. Non troppo dinamico e scattante semmai. Mentre il Chianti Classico Riserva 2010 possiede una buona intelaiatura acido-minerale in cui le evidenze grafitate accompagnano un gusto sodo, equilibrato, corredato da un tannino vivo e incisivo.

Losi Querciavalle

Losi Querciavalle_riservaLa struttura tufaceo-sassosa, le arenarie e gli innesti galestrosi contribuiscono, assieme allo stile sobrio e super tradizionale della casa, a disegnare vini classici negli intendimenti, solitamente avvezzi a fare un po’ troppo affidamento sui registri dell’evoluzione, giocando sul filo.  Ciò che a volte può farli apparire fin troppo evoluti per l’età che hanno, come accade per il recentissimo Chianti Classico Gran Selezione 2009, un vino verace e terroso ma con il tannino che tende ad isolarsi e a restar nudo. Assai più tonico negli assetti, pur ricalcando nello stile il precedente, il Chianti Classico Riserva Querciavalle 2009, perché qui le malinconiche note del sottobosco restano ben bilanciate da una piacevole vena acida, a concretizzare le trame di un Chianti old style non privo di fascino.

Podere Scheggiolla

Podere Scheggiolla_logoDalla piccolissima cantina di Luciano Pagni e Maria Guarini, situata nell’areale di Geggiano, se ne esce un Chianti Classico Riserva 2009 grintoso e volitivo, che sconta solo qualche screziatura aromatica e una certa “affilatura” tannica, segni eloquenti che ci suggeriscono tempo per una migliore armonizzazione delle varie voci gustative. Concediamoglielo.

Tenuta di Monaciano

Monaciano_vignetiPrimi incontri, per quanto mi riguarda, con i vini di questa Tenuta, che a ben vedere pare assai ben organizzata come proposta agrituristica. Il Chianti Classico Riserva 2009 ha dalla sua una certa croccantezza di frutto e una certa verve acida. Qualche farraginosità nel disegno semmai, oscurato da un lato insondabile e poco chiaro. E qualcosa che viene a mancare in termini di continuità d’azione, pur non smettendo di ispirare simpatia.

Terra di Seta

Terra di Seta_etiSe le rifiniture e la grammatica enologica non sono forse le carte migliori di questa cantina, devo dire che l’autenticità che traspare dai vini non passa inosservata. Così è per il Chianti Classico 2009, che nonostante l’annata calda ti ricorda che vien da Vagliagli grazie alla preziosa corrente acida che ne innerva il sorso. Di contro, forte riduzione ai profumi. Ma il carattere è bello salato. E così è per il Chianti Classico Riserva 2010, che fa della trasparenza espressiva e -ancora- della freschezza gustativa le doti fondanti, a fronte di un tannino non perfettamente maturo che scalfisce, nell’equilibrio e nelle chiose, uno sviluppo altrimenti adeguatamente contrastato.

Tolaini

Tolaini_Ch Class Ris_etiNata negli anni 2000 all’insegna di una produzione dichiaratamente “internazionale” nella sostanza e nell’intendimento stilistico, a cui hanno fortemente contribuito consulenze particolari quale quella di Michel Rolland, l’azienda di Pier Luigi Tolaini si è dedicata solo in tempi più recenti ai vini “di territorio”, piantando sangiovese ad alta densità di impianto sui primi rilievi di Pianella, su terreni limoso-argillosi ricchi di scheletro. Nel frattempo, l’esordiente Chianti Classico Gran Selezione 2011 offre una buona spinta sul palato, qualche spigolatura vegetale, un’indole moderna nella confezione ma un tannino che va in profondità e in sottigliezza, rilanciando credenziali e stimolando l’attesa per uno sviluppo potenzialmente interessante. Il riassaggio del Chianti Classico Riserva 2010 garantisce oggi un buon contrasto gustativo, corroborato da un tannino ben fuso al corpus del frutto e da una lama acida che sorregge e conforta. Solo parzialmente frenato dalla tostatura dei legni.

Villa di Geggiano

Villa di Geggiano_logoRitrovo volentieri, e a distanza di qualche tempo, i vini dei simpatici fratelli Boscu Bandinelli, proprietari di questa splendida e storica tenuta alle porte di Siena. E il Chianti Classico Riserva 2008, in barba ad un millesimo non certo indimenticabile per i vini del territorio, non smette i panni del rosso brillante, saporito, giustamente tannico (ma senza esagerare), incalzante nello sviluppo, convincente nella caratterizzazione.

Assaggi effettuati alla Certosa di Pontignano a fine gennaio 2015

Da leggere: Il Chianti Classico della Berardenga: se stiamo insieme ci sarà un perché. Prima parte

Nota: le cartine “vitate”, belle e colorate, sono state estratte -ovviamente- dalla preziosa cartografia “masnaghettiana”, ovvero di Alessandro Masnaghetti (Enogea Editore)

FERNANDO PARDINI

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