Nebbiolo Prima 2015: il giorno dei cento Barbaresco in tre mosse. Prima: Alba e Barbaresco

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DSC_1942-1ALBA (CN) – Che la sessione di assaggi maggenca proposta ad Alba nell’ambito del classico appuntamento tardo primaverile di Nebbiolo Prima (ancora una volta distintivo e riuscitissimo, come pochi altri nel panorama nazionale) potesse contemplare una certa numerosità di campioni in gioco, e quindi un certo impegno psico-fisico per il degustatore seriale, era da mettere nel conto. Certo non fino al punto da dover annoverare ben 100 Barbaresco in una mattinata sola!

Tant’è, di fronte alla nomea della denominazione mai perdersi d’animo! D’altronde, la solerte operosità dei sommelier, davvero bravi a districarsi nel marasma delle richieste diversificate provenienti a spron battuto dai tanti giornalisti presenti in sala, ha contribuito non poco al raggiungimento dell’obiettivo: il servizio scorrevole, senza pause eccessive fra una batteria e l’altra, ha dato la possibilità non soltanto di assolvere all’arduo compito dei cento assaggi tuttinfila, ma ha garantito una regolarità di marcia provvidenziale ai fini della concentrazione e del mantenimento “ in tiro” dell’apparato sensoriale degli astanti.

DSC_5404Di scena è andata l’annata 2012, che in Langa come in molte altre parti d’Italia è stata caratterizzata dalla lunga estate calda (ma senza Paul Newman come attore protagonista!). Un millesimo che, tradotto nei bicchieri di quei luoghi, ha un suo perché e un suo di più rispetto a ciò che è emerso da un bizzarro ed altrettanto caliente 2011. Rispetto a quest’ultimo infatti, che ha visto picchi assolutamente importanti di temperatura a partire da agosto, il 2012 è partito a “testa bassa” già da prima, ma ha potuto contare sulle riserve idriche accumulatesi nei terreni grazie a una primavera incerta e piovosa. Un dato di fatto è che le viti di nebbiolo si siano acclimatate meglio al prolungato periglio estivo e abbiano subìto meno stress e “scossoni” rispetto all’annata precedente. Con la campagna tutto sommato che se ne è uscita meglio gestibile. Per arrivare ad ottenere gradazioni alcoliche sostenute ma non eccessive, imbrigliate in una struttura adeguata e mai ridondante. Oddio, qua e là una certa asprezza tannica si affaccia, a comunicare irriducibilità, intransigenza, severità.  Inoltre, con questo ultimo giro di stagioni tendenzialmente calorose, stiamo assistendo con maggiore frequenza rispetto al passato alla circostanza per la quale non sempre (non più) dai cru solatii e meglio esposti, che i vecchi hanno storicamente individuato come i migliori per sposare le esigenze del tardivo nebbiolo, provengono i conseguimenti migliori. Non più di altre esposizioni e versanti perlomeno, magari più fresche e appartate, che sono in grado invece di propiziare autentici gioiellini di freschezza e reattività.

GRT_2822Che poi, a far pendere l’ago della bilancia sulla 2012 anziché sulla 2011, è l’equilibrio complessivo, con il piccolo sacrificio di dover sopportare maturazioni fenoliche non sempre compiute e con lo stimolo vagante, a volte pungente a volte meno, dell’alcol. Sì, vini di buona tessitura e bilanciamento questi 2012, certamente non dei mostri di profondità ma in generale più godibili rispetto ai 2011, dove quel pizzico di calore in esubero ne va caratterizzando il tratto gustativo, togliendo quote di agilità alla beva e piena capacità di dettaglio ai comparti aromatici (salvo le immancabili eccezioni, vivaddeo!)

Ma andiamo per gradi, procedendo per comuni. In questa prima puntata si passa da una piccolissima rappresentanza proveniente dal comune di Alba -zona marginale, quantitativamente parlando, per la produzione di questa tipologia- all’epicentro per eccellenza, ossia il comune di Barbaresco: al quale afferiscono, si sa, tanti cru di pregio. E a proposito di cru, se Asili non sempre ha brillato per messa a fuoco ed equilibrio, Rabajà sembra in grado di proporre anche in questo millesimo l’irrinunciabile mix di austerità ed eleganza che da sempre ne contraddistingue le versioni più riuscite. Basta non avere fretta.  Ma è alla Martinenga, alle Roncaglie, a Rio Sordo e a Tre Stelle che devono guardare coloro che intenderanno cogliere da quei vini gli accenti più raffinati e istintivamente coinvolgenti. Al Montestefano per avere di ritorno vini profondi, articolati e mai scontati, al Pajé per non rinunciare a certe vibrazioni sapido-minerali.

Tenendo conto che diversi protagonisti (importanti) non erano presenti alla kermesse c’è da attendersi semmai un quadro ancor più lusinghiero di quello emerso in questa prima tornata di assaggi. Non tanto e non solo per numerosità di picchi, al cui obiettivo la pur buona (ma non eccezionale) vendemmia 2012 potrebbe non arrivare, quanto per compattezza qualitativa, ciò che fa tanto gioco di squadra e potrà servire maledettamente (o benedettamente) alla nobile causa dell’ulteriore riconoscimento di un territorio importante in decisa crescita di consapevolezza.

Un’ultimissima postilla: non riporterò  – per vostra fortuna – tutte e cento le note di assaggio. Ho evitato quelle per le quali la rappresentatività del campione in gioco non mi è parsa adeguata, probabilmente a causa di problemi di bottiglia o di aleatorietà “tappose”. E ho evitato di commentare “in chiaro” quelle etichette (poche) per le quali l’immedesimazione non è propriamente scattata; etichette alle quali ritornare, con attenzioni sempre nuove, nel prossimo futuro.

COMUNE DI ALBA

Barbaresco Ad Altiora 2012 – Taliano Michele ( MGA: Montersino)

Quel pizzico di vegetalità che si porta appresso lungo tutto l’arco gusto-olfattivo contribuisce a definirne il profilo caratterialmente altero, “boschivo”, aguzzo ed affusolato, con un finale di partita più propenso ai “restringimenti di carreggiata” che all’espansione. Alcol pungente.

Barbaresco Montersino 2012 – Albino Rocca

Assai elegante e composto nei profumi, delicato -quando non soffuso –  nei toni, concretizza un conseguimento interessante per ampiezza, densità e gradevolezza. E non è la prima volta nelle ultimissime edizioni, davvero assai distanti dagli approdi boisé ed estrattivi dei “Rocca” che ricorderete.

COMUNE DI BARBARESCO

Barbaresco Asili 2012 – Ceretto

Alcune intemperanze metallico-rugginose, una certa farraginosità nell’esposizione e qualche contrasto più caratteriale e propositivo accompagnano sentori assai debitori del rovere. Dinamica gustativa non compromessa però: ne apprezzerai la (inattesa) scorrevolezza e la (attesissima) tonicità. Trame meno obbligate del previsto insomma, viste le avvisaglie aromatiche, anche se il rovere qui non sembra accettare ruoli da comprimario.

Barbaresco Asili 2012 – Michele Chiarlo

Ad un interessante profilo aromatico associa una bocca austera e poco incline al dialogo, che si arrocca sulla montata tannica asciugandosi un po’, rinunciando alla distensione attesa.

Barbaresco Asili 2012 – Cascina Luisin

Frutto (maturo) e una sensazione calorica/alcolica infiltrante dettano le regole sia al naso che al palato. Palato invero assai gradevole, solo largo, pacioso, non adeguatamente contrastato.

Barbaresco Asili 2012 – Ca’ del Baio

Naso ritroso, che stenta a dettagliarsi e a concedersi; di contro bocca prodiga di accenti più delicati, in chiaroscuro, su note di rabarbaro di ascendente quasi “pinotnoiriste”. Chiusura più aspra e vigorosa, che ti riporta coi piedi per terra, e alla terra tout court.

Barbaresco Martinenga 2012 – Tenute Cisa Asinari dei Marchesi di Gresy

Candore, eleganza, fraseggio sottile e freschezza aromatica. Con delicatezza e savoir faire ti conquista, arioso e coinvolgente. E’ IL Martinenga, in edizi0ne finanche più compiuta rispetto alla vendemmia 2011.

Barbaresco Montefico 2012 – Carlo Giacosa

Largo & avvolgente, dispensatore di confortevoli abbracci, sono i sapori che latitano un po’. Levigato, di buona densità tattile, non manca di fondamentali e di un certo garbo, casomai ti apparirà fin troppo titubante. Insomma, non proprio un mostro di incisività.

Barbaresco Montestefano 2012 – Giordano Luigi Giuseppe

Il vino che non ti aspetti: buona complessità aromatica, che agli sbuffi vegetal-mentolati rilancia con suggestioni floreali e agrumate, e bocca coerente, ben bilanciata, ariosa, portata per i dettagli, tipica, di lodevole “aderenza” territoriale.

Nb: Luigi Giordano e la sua piccola cantina nulla hanno a che vedere con Giordano Vini, padre padrone del vino piemontese venduto per corrispondenza!

Barbaresco Morassino 2012 – Cascina Morassino

Molto curato negli assetti, la trama sottolinea la predominanza dei piccoli frutti rossi, intercalata dalle note dolci del rovere; sostanziale eleganza e compostezza nell’eloquio, molto Barbaresco di Barbaresco per modulazione, carnosità e sensualità. Simpatico l’esprit agrumato.

Barbaresco 2012 – Silvia Rivella

Figlia del celebre enologo “gajesco” Guido e nipote dell’artigiano del vino Serafino, Silvia Rivella possiede una microproprietà con epicentro nel cru di famiglia Montestefano da cui ricava un Barbaresco compatto e mentolato, di buona tonicità e confortevole dote fruttata. Il legno certo si fa sentire, ma l’impalcatura tannica è valida e matura.

Barbaresco 2012- Socré

Una certa asprezza nella chiosa tannica tende ad irrigidirne, d’un botto, il tratto gustativo; per il resto è vino educato, d’indole delicata e apprezzabile portamento. Addirittura compiacente, almeno fino a mezza via.

Barbaresco 2012 – Carlo Boffa

Non manca di grinta, così come non manca di un certo afflato vegetale. Cresce progressivamente la sensazione salata, e con essa il contrasto e la reattività. Non si realizza qui l’armonia fra le varie voci gustative, quella no, ma è vino dialettico.

Barbaresco Pajé 2012 – Carlo Boffa

Ad un naso remissivo, che gioca in sottotraccia svelando malvolentieri – per ora –  le potenzialità sottese (ma non smettendo di intrigare), risponde una bocca di apprezzabile spinta e continuità, capace di accordare spazi0 a certe nuance sapide “dinamizzanti”. Una bocca che si fa ben volere.

Barbaresco Rabajà 2012 – Giuseppe Cortese

Naso “arricciato”, in fase di riduzione. Scalpita e sgomita. Cambia registro se lo bevi: freschezza e droiture, profilatura e grinta. Senza smancerie, rigoroso ch’è tutto dire, coi suoi bei risvolti speziati e senza poter contare su una enorme diffusività, resta un vino capace di individuare la meta, e di puntarci senza tentennamenti.

Barbaresco Rabajà 2012 – Castello di Verduno

Alla buona avvolgenza fruttata e alla apprezzabile grinta gustativa fa da contraltare una “voce” alcolica pervasiva, che tende a bruciare un po’ il finale.

Barbaresco Rabajà 2012 – Cascina Luisin

Altero e sulle sue, determinazione e volontà sopperiscono solo in parte alla luce tracciante del rovere, che tende a diradare l’allungo asciugandolo un po’. Confortano i ritorni mentolati.

Barbaresco Rio Sordo 2012 – Cascina delle Rose

Mi piace il lato suo più elegante, sfumato, tenero e puro, di intrigante nonchalance e naturalezza. La lena è buona, il finale più affusolato che ampio, la mano classica e ispirata.

Barbaresco Roncaglie 2012 – Poderi Colla

Bella chiarezza espositiva; elegante, articolato e coinvolgente. Di bella dinamica e sottesa mineralità. In una parola: riuscito!

Barbaresco Ronchi 2012 – Albino Rocca

Vino còlto in una fase evolutiva “combattuta”: cupo e ombroso ai profumi, con tanto di screziature ferrose e rugginose, tutto da armonizzarsi al gusto, lì dove la voce fruttata si fa primattrice (sensazione dolciastra). A sua discolpa la capacità di recupero, sia in freschezza che in droiture. Non ancora nel disegno. Chi vivrà vedrà, ma resta forse il vino più complicato se messo in confronto con le nuove aperture stilistiche ed organolettiche offerte dalle produzioni più recenti (leggi “annata” e Ovello Vigna Loreto).

Barbaresco Tre Stelle 2012 – Cascina delle Rose

Gran conseguimento! Di trama elegante, va in profondità sciorinando l’irresistibile repertorio dei Barbaresco maggiormente sintonizzati sulle frequenze dell’eleganza: bella naturalezza espressiva, intriganti ricami floreali e agrumati a vestire un frutto di perfetta maturità, seducente carnosità tattile. C’è ritmo e sentimento.

Assaggi effettuati ad Alba nel mese di maggio 2015

FERNANDO PARDINI

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