Alle origini di un privilegio. I Finages di Borgogna. Parte seconda: Côte de Beaune/1

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Cote de Beaune_cartaQuesta raccolta di suggestioni e di vini è la folgorante sintesi (o uno sbrigativo Bignami?) di un viaggio durato “soltanto” trent’anni, destinazione Borgogna. Un viaggio di innamoramenti e di infatuazioni che ha preteso il suo tempo affinché il viaggiatore potesse finalmente crogiolarsi nella legittima illusione di conoscere più a fondo una realtà complessa e mitizzata come quella “borgognotta”. Tanto c’è voluto per farsi un’idea. Sulla base della quale si è pensato di costruirci sopra un progetto di ricerca, valorizzazione e selezione, che altri non è – aggiungo io – se non una lezione di territorio. Una lezione che contiene in sé l’esasperazione del concetto di terroir, traguardato però secondo un approccio antico e primigenio, lo stesso che probabilmente portò i monaci benedettini, “appena” 1500 anni fa, ad individuare aree di produzione vinicola di affermata tipicità all’interno della Côte d’Or, la celeberrima “costa a oriente” che ti accompagna da Digione a Santenay. Quelle aree le chiamarono FINAGES. Partendo da quella intuizione e da quella consapevolezza acquisita in anni e anni di esperienza, arrivarono persino a delineare al loro interno dei CLIMATS, parcelle delimitate caratterizzate da una unicità geologica e microclimatica e ritenute in grado di partorire vini distintivi. Insomma, i Finages stanno alla base del concetto ancestrale di terroir, ciò che in tempi molto più recenti si è tradotto nelle AOC, le appellations d’origine comunales.

Finage_vigne e biciPartendo da lì Filippo Volpi, il viaggiatore di cui sopra, storico consigliere personale per importanti famiglie del vino toscano, che vanta peraltro significative esperienze nel campo della ristorazione d’autore (brillantissimo cuoco!), è andato alla ricerca del cuore espressivo dei vari Finages: osservando, parlando, ascoltando, confrontando. Lo ha fatto muovendosi con consapevole lentezza, lungo il corso degli anni, spesso accompagnandosi con una bicicletta. Lo ha fatto cercando di astrarsi idealmente dalla (ineludibile) influenza degli stili e affrancandosi dalle logiche di una mera constatazione/comparazione qualitativa, ma tenendo bene a mente alcuni punti fermi sui quali fondare un processo di riappropriazione del senso più profondo di una sì speciale mappatura: famiglie di vignerons che siano “radicate” nel Finage (ancestrali), con almeno cinque generazioni di esperienza alle spalle; presenza di un patrimonio di vecchie vigne, non di rado frutto di selezioni massali. Non bastasse, vignerons che siano fautori di un’enologia essenziale, poco interventista, legittimi esponenti di una concezione per così dire paysanne, dai cui vini poter respirare una sorta di arcaica purezza, in grado di rendere più “trasparente” e meno mediata la voce di un Finage. Insomma, la messa a fuoco di un Finage attraverso l’individuazione di vini sans signature, senza firma, in qualità di fedeli traduttori del territorio. Come a dire: dimenticarsi del vitigno, concentrarsi sul terroir. Per questo non è un caso che molti dei testimonial ideali di questo lungo viaggio appartengano alla categoria dei Villages.

Finage Borgogna _bott zona BeauneOra, per concretizzare il progetto anche da un punto di vista commerciale mancava solo un tassello. E il tassello mancante oggi ha un nome: Vino & Design, eclettica ed apprezzata casa di distribuzione vini & distillati a cui non fan difetto idealità, conoscenze, spirito di ricerca e sensibilità interpretativa. A loro si deve, in primis, la speciale occasione di approfondimento. E se l’apprezzabile intento cultural-didattico di questa “visione” è anche portatore sano di astrazioni e di inevitabili forzature, dal momento in cui ci pensano gli oltre 1200 climats censiti in secoli e secoli di vitivinicoltura borgognona a rimescolare le carte e a scompaginare gli assunti, è pur vero che con i Finages si torna alle origini e alla idealità di un classement fondamentale per la storia della vitivinicoltura contemporanea. Perché è da lì che tutto discende. E non sapete quanto faccia bene ricordarselo, ogni tanto. Non foss’altro che per amor di chiarezza.

FOCUS CÔTE DE BEAUNE/1

Domaine Jacob_logoIL VINO: Ladoix 2011 – Jacob (b)

Il giallo paglia brillante annuncia un delicato spettro aromatico punteggiato da note di frutti tropicali, agrumi e robinia. A fondamento ci stanno freschezza e agilità. Al gusto è nitido, ben scandito, ineccepibile e carnoso. Sicuramente centrato, semmai poco profondo. Ah, dimenticavo: legno non pervenuto (o quasi, se sto alla lieve e sopportabilissima cadenza dolce di quel finale).

IL FINAGE

Finage Borgogna_Ladoix e PernandQui sembra già di respirare la magica allure che accompagna il mito della montagne” di Corton, il “mondo a parte” di cui Ladoix rappresenta una delle tre appéllation afferenti, insieme ad Aloxe-Corton e Pernand-Vergelesses. Sì perché da quella montagna, che poi montagna non è, e dai suoi fianchi vitati, ci arrivano bianchi Grands Crus fra i più longevi di Borgogna, caratterizzati da notabili doti di purezza e profondità minerale. Peraltro, sempre da lì, dalla sua parte mediana per capirci, provengono gli unici rossi Grand Cru della Côte de Beaune, alcuni dei quali ospitati dal Finage di Ladoix.

Di fatto Ladoix segna l’ingresso da nord nella Côte de Beaune. E qualche suo climat, lo avrete capito, appartiene alla montagne di Corton. Per cui Ladoix contiene al suo interno dei climats Grand Cru. E siccome in Borgogna Grand Cru significa, fra le altre cose, perdere in etichetta la connotazione comunale per acquisire il nome stesso del Grand Cru (che in questo caso suonerebbe come Corton oppure Corton-Le Rognet), ecco che ai più Ladoix potrebbe ispirare un’incerta meraviglia. Sbagliato.

In questo Finage, i cui vigneti guardano a oriente, si producono in prevalenza rossi, anche se sono i suoli più chiari, leggeri e ricchi di scheletro ad imprimere una bella accelerazione qualitativa agli Chardonnay, in grado di acquisire limpide nuance fruttate e floreali tali da metterne a nudo una chiara leggibilità varietale. Purezza e nitore sono infatti le signatures più evidenti da accreditarsi ad un terroir portatore sano di piacevolezza, più che di profondità o complessità di texture.

IL VIGNERON

Il giovane Damien incarna la quinta generazione dei Jacob viticoltori. Undici gli ettari, o poco più, ricadenti nell’appéllation Ladoix, dai quali primariamente ricava vini bianchi. Lo stile della casa predilige esaltarne fragranza e freschezza, per esplorare il lato più immediatamente seduttivo dello Chardonnay. Per questo si è soliti imbottigliare assai presto. Fra le chicche in gioco anche il Grand Cru Corton-Charlemagne.

Pierre Marey_Pernand_etiIL VINO: Pernand-Vergelesses 2013 – Pierre Marey et Fils (b)

L’intrigante ritrosia aromatica sottende vitalità, contrasto, cose buone. E infatti al palato è fresco, succoso, agrumato, flessuoso e personale. In una parola, vivo. Una bella tensione sapido-minerale ne alimenta la nobile allure, portandoci con l’immaginazione a certi bianchi di Corton.

IL FINAGE

D’accordo, Pernand-Vergelesses non sarà propriamente un Finage sulla bocca di tutti, ma attenzione però, perché il suo territorio abbraccia e ingloba uno spicchio della “montagna” di Corton, quello che guarda a Ovest per intenderci, contenente il Grand Cru en Charlemagne, a detta di tutti il vigneto più accreditato per dar vita a Chardonnay di classe. Per cui i due versanti che costituiscono il Finage, e che contribuiscono a rendere maledettamente suggestivo il paesaggio, offrono in verità notevoli spunti di interesse, rendendo i vini dell’appellation assolutamente meritevoli di considerazione. E se il versante che guarda a sud, verso Savigny-Lès-Beaune, è costituito da suoli rossi e argillosi adatti al Pinot Noir, il versante che si appoggia sulla montagna di Corton incontra terreni più chiari e leggeri, poveri e ciottolosi, decisamente indicati per lo Chardonnay. Chardonnay che qui abbina fibra, calore, generosità di frutto (ci troviamo pur sempre in Côte de Beaune) ad un gusto incisivo, reattivo, di apprezzabile purezza minerale. C’è chi lo chiama un “gusto antico”.

IL VIGNERON

Due secoli di storia, settima generazione di vignerons all’opera: questi, in ingenerosa sintesi, i Marey di stanza a Pernand. Che governano 10 ettari di vigneto suddiviso in 50 parcelle ed hanno il loro apice qualitativo nel Grand Cru Corton-Charlemagne. Che volete farci, d’altronde i bianchi costituiscono il preminente orizzonte tipologico del domaine, ed Eric Marey ne sa offrire una interpretazione da purista.

Follin Arbelet_Les Vercots_etiIL VINO: Aloxe-Corton 1er Cru Les Vercots 2009 – Follin-Arbelet (r)

Indole terragna, frutti rossi disidratati e terra lieve. Piccole incisioni vegetal-balsamiche non ne scalfiscono il temperamento maschio e introspettivo. Denso e carnoso, al gusto emergono una nervatura sapida interessante e un tannino sodo e incisivo, che punta dritto al futuro. Fra i Premiers Crus più reputati di Aloxe, Les Vercots affonda le radici su suoli argillo-ferrosi poco profondi poggianti sul duro calcare giurassico. E’ culla di vini colorati dal corredo polifenolico importante, nati per crescere nel tempo.

IL FINAGE

Della cosiddetta isola di Corton, il Finage di Aloxe-Corton è il più prolifico dispensatore di vini rossi, assai di più che non Ladoix o Pernand-Vergelesses. E al contempo quello che al suo interno ospita in maggiore misura gli ambìtissimi fianchi vitati della montagna di Corton, da cui si ricavano elettivi bianchi Grand Cru dalla parte in alto (Corton-Charlemagne), segnata da terreni poveri e calcarei, incisivi rossi Grand Cru dalla parte mediana ( i Corton GC), per poi passare ai Premiers Crus e ai Villages man mano che si scende di quota.

Certamente, rispetto alla Côte de Nuits, questo è un terroir caldo, con temperature medie più alte di almeno un grado e mezzo. Mentre, dal punto di vista pedologico e geologico, la parte di vigneto destinata a Pinot Noir potrebbe ricondurci a certi terroirs della Côte de Nuits, essendo caratterizzata da substrati calcarei risalenti al Giurassico superiore, qui sotto forma di massi duri e compatti (localmente detti têtes de mouton). Sono disposti a profondità di 60/70 cm dalla superficie, e sovrastati da terreni bruno-rossastri a forte presenza di ferro e silicio, che vanno a connotare i rossi del Finage nel verso della potenza, della solidità e del grip tannico. Rossi nei quali la struttura si sente, e che abbisognano di tempo per sciogliersi adeguatamente.

IL VIGNERON

La cantina del Domaine Follin-Arbelet è un antico batiment letteralmente immerso nei vigneti buoni di Aloxe-Corton (Clos du Chapitre). Famiglia radicata di Aloxe, possiede 6 ettari di vigna e produce circa 25ooo bottiglie. Fra distintivi Premiers Crus provenienti da Aloxe e Pernand, spiccano per autorevole statura il Corton Grand Cru e il Corton-Bressandes Grand Cru. In bianco, ci si “accontenta” di produrre un Corton-Charlemagne GC. Fuori pista (o fuori zona), un Romanée-St Vivant Grand Cru dal Finage di Vosne-Romanée. Ovviamente rosso. E ci siamo capiti.

Francois Gay_etiIL VINO: Chorey-les-Beaune 2012 – François Gay et Fils (r)

Terragno, compagnone, “gastronomico”, di gioviale ruspantezza e sincera veracità, è un rosso fruttato e senza fronzoli che non perde di vista equilibrio e gradevolezza. Mi piace il carattere artisan, che poi è ciò che in piena coerenza questa appéllation ha nelle sue corde. Magari non possiederà longevità, ma che simpatico però! Le sue uve provengono da 10 parcelle diverse, accomunate dalla vetustà dei ceppi.

IL FINAGE

Vigneti di pianura ubicati al disotto della Route Nationale (unicità non troppo spendibile!), terreni argillosi profondi (anche se drenanti), nessun climat che possa fregiarsi di una dizione Premier Cru, figuriamoci poi Grand Cru: sono tutti elementi che non hanno propriamente contribuito a che la nomea di Chorey giungesse nelle stanze snob dei collezionisti e degli amatori più smaliziati du monde entier. Eppure sono affezionato a questo luogo. E’ lì che ho sempre abitato durante le mie trasferte di Borgogna. Mi piace camminarne le strade piatte e silenziose. E di Tollot Beaut conservo bei ricordi. Così come della genuina schiettezza di quei rossi sanguigni e artigiani.

D’altronde, a sfavore di nomea, c’è il fatto che Chorey-les-Beaune storicamente è stata la generosa dispensa dei Pinot Noirs paysan elaborati e commercializzati dai grandi négociants di Beaune, vini che in etichetta rarissimamente recavano il nome del Finage di provenienza bensì un generico e assai fuorviante Côtes de Beaune, che è servito solo e soltanto a fare il gioco degli astuti commercianti sui mercati internazionali. Questa incerta vocazione, e questa sporadica menzione, non hanno impedito però al vigneto di Chorey di conservare un bel patrimonio di vecchie vigne, alcune delle quali abitate ancora oggi dal clone “fine pinot”, caratterizzato da acini piccoli e grappoli spargoli, da annoverarsi fra le rarità ampelografiche che ben ci riproiettano nella “antica” Borgogna. Il carattere schietto, “amarenoso” e diretto dei rossi del Finage, se da un lato può richiamare rusticità, dall’altro sposa brillantemente le esigenze della tavola, corroborato negli intenti da prezzi ancora “umani”.

IL VIGNERON

Radicatissima famiglia di Chorey, i Gay erano storici fornitori di négociants. Un destino assai comune da queste parti. Poi, circa 30 anni fa, la decisione di imbottigliare in proprio. I vecchi ceppi di pianura propiziano vini di spigliata espressività, a cui l’approccio tradizionale del domaine aggiunge genuinità e un tocco di veracità. Sono i testimoni esemplari della cifra espressiva e stilistica più “antica” del Finage.

Ecard_logoIL VINO: Savigny-Lès-Beaune 2011 – Michel & Joanna Ecard (r)

Tonico e austero, affilato e verticale, balsamico & ghiandoso, ne apprezzerai gli umori del sottobosco, l’equilibrio e la freschezza speziata, così come lo sviluppo vibrante e propulsivo. Senza concedersi slabbrature fruttate né intemperanze alcoliche, è un rosso deciso e ficcante, non così lontano  – a sentimento- da certi esponenti della Côte de Nuits. Assemblaggio di tre parcelle diverse, il profilo affusolato, rinfrescante e in parte remissivo mi ricorda i Savigny provenienti dai versanti del 1er cru Les Lavières.

IL FINAGE

Importante bacino viticolo della Côte d’Or, in larga prevalenza piantato a Pinot Noir, Savigny-Lès-Beaune si è costruito nel tempo una solida reputazione grazie all’austera personalità dei suoi rossi corposi e strutturati, nei casi migliori in grado di sfoggiare preziosi dettagli floreali e minerali con l’evoluzione, mostrando una flessuosità e una grazia espressiva tanto più manifeste quanto più i terroir possono vantare venature sabbiose al loro interno.

Le argille calcaree, ricche in minerali ferrosi e dotate di un evidente scheletro sassoso, costituiscono un substrato superficiale poco profondo per le vigne di Savigny. La roccia madre è lì, molto prossima, ma ben fessurizzata. I ventidue Premiers Cru del Finage costituiscono invece un’eloquente testimonianza di valore qualitativo, oltre che di una certa eterogeneità pedologica. I prezzi fortunatamente concilianti supportano invece l’idea di poter fare qualche buon affare senza conseguenze estreme per il portafoglio.

IL VIGNERON

Michel Ecard ha deciso coraggiosamente di affrancarsi dal secolare domaine familiare una decina d’anni orsono, per intraprendere l’avventura in solitario grazie al vigneto che fu di nonno Maurice. Le dimensioni contenute (4 ettari) qui significano innanzitutto manifattura artigianale. In altre parole Michel fa tutto da solo, coadiuvato dalla moglie Joanna. Dalla sua una particolarità e un privilegio: il patrimonio di vecchi ceppi, frutto di selezioni massali dell’antico clone “très fine pinot”, che dà grappoli spargoli e leggeri con acini piccolissimi e concentrati (mirandes). Fra i Premiers Cru a disposizione può contare su Les Narbantons, Les Gravains e Les Serpentiers.

Morot_Cent Vignes_etiIL VINO: Beaune 1er Cru Cent Vignes 2010 – Albert Morot (r)

La solare generosità del registro fruttato accoglie volentieri le ragioni del garbo espositivo. Il vino è equilibrato e charnu, si muove bene, rilanciando da par suo con ritmo e savoir-faire. Intenso senza essere vanamente potente, dal tannino ben fuso eppur presente, è portato per il dettaglio aromatico e la piacevolezza. Cent Vignes è uno dei 1er Cru più estesi del Finage, e si prolunga fino alla montagna di Beaune. I suoli marnosi e i ceppi ultracinquantenni che caratterizzano l’ettaruccio di vigna posseduto dal domaine si riflettono qui in una complessità non usuale.

IL FINAGE

Hospices de BeauneBeaune è la capitale morale, anche se non amministrativa, della Borgogna. Perché della Borgogna è la capitale del vino. Punto. Il Finage che porta il suo nome ha goduto così di incontestabili privilegi: l’estensione più vasta di tutta la Côte e un gran numero di climats Premiers Cru (oltre 40!), a coprire ben il 70% della superficie vitata. Inoltre, ha costituito per anni il serbatoio privilegiato, in quanto anche sede operativa, delle migliori e più importanti maisons de négoce (Bouchard, Champy, Latour, Jadot e via discorrendo). Le quali, rammentiamocelo, nella plurisecolare storia del vino borgognone sono state il principale pilastro produttivo che ha portato alla fama e alla gloria un intero territorio, ben prima dei domaines privati, la cui presenza episodica di un tempo si è trasformata in feconda evidenza nel volgere degli ultimi 30-40 anni. Ebbene, è proprio l’estensione significativa che può far perdere omogeneità ad una analisi che voglia scandagliare i riferimenti espressivi più tipici del Finage. Certamente però stanno nella generosità fruttata, nella morbidezza, nell’innata piacevolezza, nei riflessi dolci e terrosi del gusto e nel preciso dettaglio aromatico i markers più facilmente accreditabili ai rossi di Beaune.

IL VIGNERON

Ebbene sì, Albert Morot è (era) il nome di una importante maison de négoce avviata nel 1820. Ma che già nel 1898 iniziò ad acquistare parcelle all’interno di reputati cru del Finage di Beaune. Nel 1984 cessa la sua primigenia attività per “mettersi in proprio”, ovvero per produrre vini dalle proprie vigne e diventare domaine a tutti gli effetti, peraltro con sede operativa in uno strambo e scenografico château. Da una quindicina d’anni guida la cantina Geoffroy Choppin, il quale ha apportato la giusta dose di sensibilità interpretativa all’impresa, tradottasi in vinificazioni più delicate nell’estrazione tannica e in macerazioni più lunghe. Grazie al patrimonio di vecchie vigne (per esempio a Les Marconnets, datate 1955) questo nome non a caso rappresenta oggi una delle evidenze qualitative più apprezzate del Finage, dove la messa a fuoco stilistica odora di maturità.

Contributi precedenti: Finages Côte de Nuits

Si ringraziano Filippo Volpi per le parole, la competenza, l’enorme passione dimostrataci per la Borgogna più autentica e vera; Massimo Maccianti -direttore commerciale di Vino&Design- per averci reso partecipi di un progetto ad alta dignità cultural-didattica, il Batti Batti Blu di Marina di Pisa per l’accoglienza e l’ospitalità di un giorno.

FERNANDO PARDINI

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