Siamo la terra che viviamo. Assaggi sparsi al Mercato FIVI di Piacenza

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FIVI 2015_logoPIACENZA – A bocce ferme possiamo ben dire che la quinta edizione del Mercato FIVI (Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti), svoltasi qualche giorno fa all’interno del grande e impersonale capannone dell’Ente Fiera di Piacenza, è scorsa liscia e senza intoppi. Ed è stata un successo. Dentro quel capannone c’erano le storie e l’entusiasmo di oltre 300 vignaioli d’Italì (a netta dominante centro-nordista) i quali, in anarchica armonia, hanno scelto di esserci, di raccontarsi e di condividere. E il visitatore attento (erano tanti) questo lo ha percepito, plaudendo alla spigliata disinvoltura dell’interscambio ludico-cultural-pagano. Pur senza un sostanziale legante ideologico o fattuale che accomunasse tanti profili diversi, quelle persone erano lì semplicemente per testimoniare la straordinaria ed eclettica varietà della proposta enoica del nostro paese, traguardata attraverso i gesti e i modi propri della genìa dei vignaioli in senso stretto, dei vignaioli “all’origine”. Differenza non da poco, secondo la FIVI. Anzi.

Dopo aver vissuto una bella giornata di incontri e di vini, i concetti e le parole che dovrebbero chiosare un’esperienza siffatta non possono che essere quelli già formulati due edizioni fa, quando ebbi a scrivere così. Perché nulla è cambiato nel sentimento di fondo che alimenta le ragioni di questo evento, e che lo hanno portato ad un apprezzamento crescente e generalizzato, testimoniato anche quest’anno dalla folta presenza di visitatori. Così, l’ambiente rilassato e vivibile ha consentito assaggi ponderati e premeditati che hanno (r)accolto molti stimoli da molti territori differenti. Non muori di noia, verrebbe da dire, alla luce dei tanti vini incontrati. E poco importa se l’inarrivabile culatello di Spigaroli  – conforto gastronomico di un giorno – sarebbe stato meglio non avesse conosciuto alleati improbabili come la pseudo-focaccia nella quale hanno avuto l’ardire di racchiuderlo! Ma ti senti buono oggi, e glielo perdoni. Perché in un contesto tanto gioioso, animato da spontaneismo e convivialità, le distonie e le improvvisazioni fanno parte del mood. Ti ricorderai anche di quelle, ma con spirito conciliante, senza sentirti offeso.

ASSAGGI SPARSI, IN ORDINE SPARSO

CA’ RUGATE
Si conferma di ottima qualità la proposta in bianco della famiglia Tessari, dalla quale spicca un Soave Monte Fiorentine 2014 stilizzato e propulsivo, innervato da una tensione sapido-minerale in grado di fare la differenza. Un profilo reattivo e dinamico che ce lo fa preferire al pur buono (e polposo) Soave Monte Alto 2013. Davvero elettrizzante poi Studio 2012, a base di trebbiano di Soave, che nel confronto diretto sopravanza addirittura il Monte Fiorentine (ma è sempre giovane quest’ultimo, lasciatelo quindi “sdilinquire”) in virtù di una tensione, di una diffusione e di una persistenza notevoli.

DE FERMO
Conquistatrice la produzione di questa giovane cantina di Loreto Aprutino, a cominciare dal Cerasuolo d’Abruzzo Le Cince 2014, dalla beva disarmante e compulsiva, per arrivare al Montepulciano d’Abruzzo Prologo 2013, nel giro di poche vendemmie divenuto un piccolo-grande cult del territorio. In questa edizione è apparso davvero profondo e ben delineato. Ma la sorpresa più grande arriva dallo Chardonnay Launegild 2013: ammazza che Chardonnay, ragazzi! In un sorso condensa tutti i pregi della tipologia facendoti dimenticare le (non poche) ovvietà. E i pregiudizi si volatilizzano.

AUSONIA
Davvero interessanti per disegno e messa a fuoco stilistica i bianchi di questa nuova realtà dell’agro di Atri, nel teramano. Simone Binelli presenta un Trebbiano d’Abruzzo Apollo 2014 intrigante e dinamico, nitido e diretto, senza per questo risultare aridamente “tecnico”. Il Pecorino Machaon ha un tratto più umorale, modi decisi e qualche screziatura verace, espressa però in un contesto energico e vitale.

MUSTO CARMELITANO
Assente l’Aglianico Etichetta Bianca (da non perdere l’annata 2013!!!), Elisabetta Musto Carmelitano propone il gustosissimo Maschitano Rosso 2013, un Aglianico del Vulture paradigmatico e istruttivo: croccantezza di frutto, stimoli vulcanici, visceralità e immediatezza. In sua compagnia starai bene. Più profondo e dialettico l’Aglianico del Vulture Serra del Prete 2011, al cui equilibrio complessivo ha ben giovato la maturazione in bottiglia. Qui la fitta intelaiatura tannica non si tramuta (più) in rigidità ma regala un timbro profondo ad un vino dalla fisionomia austera e dalle pulsioni minerali.

SERGIO ARCURI
Respiri autenticità al cospetto del Cirò Aris (annata 2013) della storica cantina Arcuri. Scarico nel colore, di ascendente mediterraneo ai profumi, apparentemente decadente al gusto ma in realtà infiltrante, saporito e “romantico”, è giocato sulla evoluzione controllata e sugli stimoli eterei. Cola, terra arsa, frutti rossi disidratati, menta e olive nere ne facilitano l’immedesimazione.

CATALDO CALABRETTA
E a proposito di Calabria: il Cirò Rosè ’14 di Cataldo Calabretta, una delle new entry cirotane di cui si mormora nelle stanze degli enofili più smaliziati e attenti, si beve davvero di gusto, perché coniuga spigliatezza e carnosità risultando non soltanto schietto, ma anche decisamente persistente. Il Cirò Rosso Classico Superiore 2013 profuma di terra, tapenade ed erbe aromatiche. Al gusto è incisivo, risoluto e tannico. Da sciogliersi.

NANNI COPE’
Senza se e senza ma: il Sabbie di Sopra il Bosco 2013 di Giovanni Ascione trasuda Mediterraneo da tutti i pori. Le potenzialità del locale pallagrello nero (siamo nell’agro di Caserta) sono annunciate da note di frutto maturo, spezie fini e agrume rosso. La pienezza del tratto non si risolve in staticità, anzi: è profilato, sciolto, lungo, ben disegnato. In lui convivono raffinatezza e territorio.

CAPOLINO PERLINGIERI
E’ vero, il sorso della Falanghina Preta 2014 di Alexia Capolino Perlingieri – dodici ettari a Solopaca, nel Sannio beneventano – è spontaneo e salato, contrastato e poco omologato. Recupera però solo in parte certe velature olfattive, che ne ottundono i profumi indirizzandoli verso note medicinali e “aspirinose” piuttosto insistite. Molto più nitido e comprensibile il Fiano Nembo 2013, interessante per accuratezza e quadratura, anche se non esplosivo. Interessante pure il Greco Vento 2013, che ha un piglio verace e un grip quasi da rosso.

PODERE IL SALICETO
Certo che se hai a che fare con Lambrusco tanto compiuti come L’Albone (lambrusco salamino), che alla spontaneità del sorso unisce profondità e persistenza, la prospettiva critica sul tema potrebbe essere rivista. E con essa le aspettative. Non contenta, questa piccola realtà artigianale di Campogalliano, nel modenese, ti va a produrre un Lambrusco di Sorbara maturato sur lie chiamato Falistra talmente infiltrante e goloso da assurgere di diritto al ruolo insostituibile di compagno della tavola quotidiana. Pensa te!

MARTA VALPIANI
Molto interessante la gamma dei Sangiovese proposti da questa cantina romagnola. Forse fin troppe le etichette in gioco (se non ricordo male 6) ma nessuna di esse affetta da ovvietà. Di contro il carattere austero, robusto e terroso, ma al contempo ben sfumato, che ne emerge si lascia ricordare con desìo. Fra tutte, l’Etichetta Bianca Castrum Castrocari 2010 appare davvero risolta, vitale e flessuosa. Gli fa il paio Marta Valpiani Rosso 2013, dal temperamento più sanguigno e deciso. Buona comunque la sensazione d’insieme, perché sono vini schietti ed espressivi, non “imbastiti” né ridondanti come certi Sangiovese propinatici da certa irreggimentata enologia romagnola.

COSTA ARCHI
Beh, qui ci troviamo di fronte a un paio di Sangiovese davvero eleganti e stilizzati, provenienti da Castel Bolognese, in provincia di Ravenna, in cui frutto e sensualità vanno a braccetto. Modulati, espressivi, sinuosi, incisivi, senti il vitigno e qualcosa d’altro: una ineludibile personalità. E se GS Sangiovese 2012 assume un passo superiore per profondità, slancio e progressione, davvero seducente appare il Romagna Sangiovese Assiolo 2013. Bello stile qui, per un progetto agricolo “consapevole” accompagnato con mano sicura dal talento di Gabriele Succi.

TERRE DEL FAET
Cantina di recente costituzione del Collio goriziano, con base operativa alle pendici del Monte Quarin, nel versante che guarda Pradis, Terre del Faet propone una triade di bianchi solidi, “acciaiosi” e definiti: Pinot Bianco, Malvasia e Friulano, un per l’altro della vendemmia 2014. Il Collio Malvasia, su tutti, ci è parso quello in grado di esprimersi meglio, accordando grinta, continuità nello sviluppo e capacità di dettaglio in una trama saporita e bilanciata. Anche se la predisposizione al dialogo del Pinot Bianco non ci è dispiaciuta affatto. Volendogli fare le pulci, potremmo sostenere che a questi vini manca forse un pizzico di profondità e di articolazione, ma niente potremmo obiettare dinnanzi al rigore tipologico e al radicamento territoriale, ciò che pienamente dimostrano.

DARIO RACCARO
Senza timore di smentita il Collio Malvasia 2014 della famiglia Raccaro è proprio un gran bel vino: sfaccettato, disinvolto, saporito, lunghissimo. Il Collio Friulano Vigna del Rolat pari annata ha grinta da vendere, come al solito, ma quel finale amaricante non è che mi faccia impazzire. In crescita di dettaglio rispetto agli assaggi estivi, il Collio Bianco 2014 ha recuperato punti in definizione e compiutezza, confermandosi vino sodo e caratteriale (come al solito).

VIGNAI DA DULINE
Davvero convincente la proposta di Lorenzo Mocchiutti e di sua moglie Federica, che da alcune delle vigne più affascinanti dei Colli Orientali del Friuli ricavano bianchi vibranti e rossi pregevoli, di grande forza comunicativa. Intanto, sia Morus Alba 2013 (malvasia istriana e sauvignon) che Chioma Integrale 2014 (malvasia istriana) hanno recuperato bilanciamento e dettaglio rispetto agli assaggi estivi, confermandosi bianchi succosi, spontanei, pieni e fibrosi. Molto bello e molto importante Morus Nigra 2013, un coinvolgente Refosco dal Peduncolo Rosso in cui la dote strutturale resta dissimulata in una trama fresca, profilata, dall’incedere inarrestabile e profondo. La piccola verticale propostaci ha incluso un 2010 e un 2005 in decisa forma: per chiaroscuro di sapore e modulazione richiamano alla mente il concetto di nobiltà espressiva.

PICCHIONI ANDREA
Assente il Buttafuoco Bricco Riva Bianca (esaurito!!!), prestigioso cru della casa, ne fa le veci il golosissimo Buttafuoco Luogo della Cerasa 2014. Dalla sua la turgida pienezza della gioventù, fresca, contrastata, croccante nel frutto: davvero una goduria. E mentre il Rosso d’Asia 2011 (croatina en pureté) condensa le sollecitazioni di una annata calda in un sorso impattante e corposo, tanto da richiamare alla mente un Amarone in salsa oltrepadana, Arfena 2013 mostra le insegne di un Pinot nero serio e compassato. Con tutto il portato di sottintesi che attiene agli esemplari più ispirati.

AR.PE.PE.
Va dove ti porta il cuore. E’ la ragione principale che ti fa avvicinare, una volta ancora, i vini e le persone di casa Pelizzatti Perego. Perché di loro non ti stanchi. Il Grumello Riserva Buon Consiglio 2007 presenta uno stile inconfondibile: colore lucente e sfumato, modi garbati, trame rarefatte. L’annata calda semmai sembra averne “allargato” il finale, facendo esprimere il vino su registri già aperti ed evoluti, sicuramente coinvolgenti ma non troppo contrastati. Molto meglio il Valtellina Superiore Sassella Riserva Rocce Rosse 2005, incisivo e flessuoso al contempo. Ti inchioda all’ascolto grazie ai profumi sussurrati e ti fa sobbalzare per via della sapidità tannica e del grip gustativo, che parlano di vitalità e futuro.

BUCCI
Il mitico Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Riserva Villa Bucci 2013 conserva un ascendente borgognone ai profumi e una fiera nobiltà espressiva al gusto. Tensione, sfumature e ampiezza gli appartengono, così come un finale di marca salina. Si muove su registri di più immediata lettura il Verdicchio “annata” 2014: spontaneo e fruttato, dalla trama avvolgente e “pacioccona”.

PANTALEONE
A Colonnata Alta, a nord di Ascoli Piceno, il pecorino (inteso come uva) ha trovato un habitat ideale e un talento speciale ad accudirlo. La famiglia Pantaloni ne firma una stupenda versione d’autore: si chiama Onirocep (divenuta nel frattempo Falerio dei Colli Ascolani dop). La versione 2014 è affascinante, pura, reattiva e travolgente. Gli fa eco la Passerina Chicca 2014, la cui trasparenza espressiva sposa il rigore tipologico, comunicatoci da un assetto verticale, dritto e vibrante, e da una preziosa risorsa acida e agrumata.

LA MARCA DI SAN MICHELE
Verdicchio caratteriali quelli elaborati dalla famiglia Bonci a Cupramontana. Che sposano gli stimoli di una viticoltura pulita per tradursi in profili vibranti e dinamici. La luminosa espressività “montanara” del Verdicchio dei Castelli di Jesi Capovolto 2014 risolve in tensione, freschezza e verticalità gli impulsi di una annata “acida”, lasciandosi preferire d’istinto al “passo lento” del Passo Lento 2013, la nuova Riserva di Verdicchio giocata su toni più evoluti e su una trama fibrosa, complessa, sostanziosa, da ascolto attento.

VIGNETI BOVERI GIACOMO
Dalle colline Tortonesi dell’alessandrino, il Derthona Munta l’é ruma 2013 (timorasso in purezza) di Giacomo Boveri è davvero un ottimo bianco, dallo stile apprezzabile, a proprio agio con le ragioni della freschezza aromatica e del contrappunto gustativo. Se non che incontri il Derthona Lacrime del Bricco 2013, timorasso pure lui ma proveniente da un terroir più calcareo, e l’asticella della qualità quasi quasi si alza: teso, minerale, affilato, persistente. Però! Ecco qua una coppia affiatata che si fa portavoce di un nome non così conosciuto per quanto meriterebbe.

CAMILLO FAVARO
Non sbaglia un colpo l’Erbaluce di Caluso Le Chiusure di Camillo Favaro, ispirato interprete della vitivinicoltura “di frontiera” del Canavese, in provincia di Torino. La versione 2014 è coinvolgente, gustosa e ritmata; il tempo gli concederà ulteriori sfumature e sottintesi. Se ne vedranno quindi delle belle, checchennedica l’annata acida e difficile. E mentre l’anteprima 2014 dell’Erbaluce 13 Mesi (uscirà fra un anno) ti intriga grazie a certe vibrazioni di elettrica vitalità agrumata, ecco che da una piccola verticale gentilmente offertaci da Camillo è un raffinato Erbaluce 13 mesi 2010 a brillare di luce propria

BONIPERTI GILBERTO
Aggraziato, sfumato, poco estrattivo, seducente, goloso. Fors’anche un po’ scarnificato. Ma il Fara Barton 2012 di Gilberto Boniperti è un conseguimento apprezzabile che gioca di sottintesi e non di presenza scenica. Sia pur non offrendo una profondità tannica di rilievo onora con garbo e savoir-faire l’antica denominazione novarese.

BARBAGLIA SERGIO – ANTICO BORGO DEI CAVALLI
Il Boca 2011 della famiglia Barbaglia non possiede le rifiniture e l’eleganza dell’inarrivabile 2010. Certo ne apprezzerai la pienezza e la forza comunicativa, incanalate come sempre in una trama modulata nei toni e ben proporzionata, e per questo ti convincerà. Piuttosto selvatica e verace invece, anche se bellamente speziata, la Vespolina Ledi 2013. Sfumato e carezzevole Il Silente 2011, un nebbiolo in purezza che invoglia alla beva.

CASINA DI CORNIA
Davvero puro e stilizzato il Chianti Classico 2012 della famiglia Luginbuhl, conseguimento apprezzabile anche in rapporto all’annata di non facile gestione, perché la scioltezza di movimenti e la naturalezza espressiva lo faranno certamente apprezzare a tavola. Il Chianti Classico Riserva 2011 è più “squadrato”, materico e sostanzioso. Ne apprezzerai la corposa schiettezza, anche se lo gradiresti più dinamico. Proviene pure lui da un’annata calda; in tal senso, ne è fedele traduttore.

ISTINE
Si confermano di alto livello, oltre che stilisticamente connotati, i Chianti Classico 2013 di Istine, una delle new entry più intriganti del panorama toscano. Per compiutezza, sensualità, eleganza e quadratura del cerchio Vigna Cavarchione 2013 emerge dal gruppo. Lo seguono a ruota il dissetante e rarefatto Chianti Classico “base” 2013 e il Vigna Istine 2013, dal profilo aromatico e gustativo reattivo e dinamico, solo leggermente sfrangiato dall’alcol nel finale.

MARTIN ABRAHAM
Coltivando vigneti ad Appiano nel pieno rispetto dell’ambiente, il giovane Martin Abraham firma una Schiava profumata e vibrante, pura e spontanea chiamata Upupa Rot. Da non perdere. E se il Pinot Nero 2012, punta di diamante della produzione, conferma doti di naturalezza e garbo espositivo, l’alcol tende a slabbrarne il finale rendendolo un po’ largo e confuso. Di tutt’altra pasta sembra esser fatto però il 2013, che Martin ha appena imbottigliato e che ci propone in anteprima: croccantezza di frutto, freschezza, disegno ed articolazione depongono a favor di immedesimazione. Ne sentiremo riparlare ai piani alti della tipologia.

HADERBURG
Un punto fermo di originalità tutta altoatesina: il Pas Dosé Metodo Classico 2011 di casa Haderburg è buonissimo, e merita assoluto rispetto nel panorama “mosso” nazionale. Non lo puoi evitare, perché dice la sua con autorevolezza. Davvero.

TENUTA UNTERORTL – CASTEL JUVAL
Assenti Riesling e Pinot Bianco 2014 (già esauriti), il Val Venosta Muller Thurgau Castel Juval 2014 di Martin Aurich è aguzzo, balsamico, dinamico anche se non troppo profondo. Stupendo invece (e come poteva essere diversamente?) il Val Venosta Riesling Windbichel 2013, còlto in una versione non urlata ma vibrante e profondamente minerale. Una bomba di personalità e purezza. Fra i vini della linea base invece il nuovo Riesling Sonnenberg 2014, proveniente da vigne giovani e da appezzamenti diversi, non è affatto male: il “sentimento” di fondo ricorda quello di un mosellano, pur muovendosi secondo trame ossute e semplificate.

ZANOTELLI
Sempre affilati ed originali, oltreché figli della terra loro (la Val di Cembra trentina), i bianchi dei fratelli Zanotelli. A brillare, e non è una novità, l’ottimo Riesling Le Strope 2012: polposo, dinamico, saporito, minerale, è ormai un valore sicuro della denominazione (e anche più in là). Ma pure il Kerner Le Strope 2014 non scherza: vitale e gustoso, balsamico più che vegetale, la tipica aromaticità del vitigno non ammette crudezze.

ERMES PAVESE
Elettrico, infiltrante, sussurrato: è un microcosmo di sottigliezze il Blanc de Morgex et de La Salle 2014 di Ermes Pavese, da uve prié blanc. Il temperamento montanaro si estrinseca in una trama sottilissima e scarnificata, illuminata da una vibrante freschezza dai riflessi d’agrume. E si conferma eccellente il Blanc de Morgex et de La Salle Le Sette Scalinate 2013, quintessenza di mineralità e di cristallina purezza. Per finire, Nathan 2013 è buono, polposo e assai contrastato, si avvale di una maggiore densità interna rispetto agli altri bianchi ma resta più monocorde al gusto: è la scommessa dell’affinamento in rovere per il delicato vitigno valdostano.

BELE CASEL
L’Asolo Prosecco Colfondo 2012 di Luca Ferrari (da uve glera provenienti da vecchi ceppi) è un vino “mosso” rifermentato in bottiglia sur lie quanto mai naturale nello sviluppo, ritmato, salato e floreale. Che ben interpreta, donandogli complessità, la chiacchierata tipologia e il chiacchierato vitigno. Traspare uno spirito artigianale che scarta di lato e apre a nuovi orizzonti interpretativi. Ciò che ti porta a pensare positivo

LEONILDO PIEROPAN
Soave Classico Calvarino 2013, che vino! Ma poi: “che te lo dico affà?”

FERNANDO PARDINI

2 COMMENTS

  1. Grazie Pardini, ha perfettamente ragione sul numero delle nostre etichette, da quest’anno infatti abbiamo optato per una maggior sintesi, riducendo l’intera gamma a due etichette: un cru che sarà l’etichetta bianca, e l’assemblaggio delle diverse vigne nel Marta Rosso.

  2. Grazie della precisazione Elisa. Strana coincidenza, proprio i due vini che ho citato nel pezzullo e che più sono rimasti impigliati fra i ricordi piacevoli di un giorno!

    fernando

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