Il bianco secondo Josko: i segreti dell’anfora

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OsteriaNon ho mai incontrato Josko Gravner, né ho mai assistito a qualche suo intervento o intervista, ma dopo aver assaggiato i suoi vini, grazie all’amicizia di Giovanni Danieli, deus ex machina dell’Osteria del Circo, piccolo pianeta enogastronomico all’interno del Cristal Palace Hotel di Madonna di Campiglio, e grazie alla complicità di Filippo Polidori, mi sono fatto un’idea precisa di cosa voglia dire realizzare un vino che cambia radicalmente il modo di concepire la vinificazione a cui siamo abituati, elevando l’esperienza sensoriale ad un livello che traccia nuovi confini, anzi, semplicemente li demolisce.

RetroNei vini che ho potuto degustare, i bianchi Ribolla e Breg, divisi per annate (2006/2007) in due diversi tasting tra Madonna di Campiglio e Latina, ho potuto leggere con chiarezza la filosofia di un contadino (appellativo caro a Gravner) che ha spinto la sua ricerca enologica verso la purezza del prodotto, liberandolo da preconcetti, sovrastrutture e stereotipi che dipingono il vino bianco fatto di determinate fragranze e corrispondenze gusto-olfattive, che lo associano inderogabilmente all’acciaio salvo rare e ricercate declinazioni in legno e che lo vogliono di beva agile, struttura snella e invecchiamento bandito.

front_2007E’ chiaro che parliamo di un concetto di vino a cui Josko Gravner è arrivato attraverso un percorso di sperimentazione che ha toccato tutte le tecniche tradizionali, arrivando infine a perfezionarne una che è tanto innovativa quanto antica: vendemmia tardiva e fermentazione delle uve in anfore di terracotta georgiana, con i soli lieviti indigeni e senza controllo della temperatura o del grado zuccherino, ma con attenzione alle fasi lunari, che secondo questo personaggio del vino hanno un’importanza decisiva. Dopo la svinatura del mosto, parte del prodotto torna in anfora per alcuni mesi per poi confluire tutto in grandi botti di rovere che completano l’affinamento per anni; poi, senza le violenze del filtraggio o delle chiarifiche, il vino riposa ancora altri anni in bottiglia e vede la luce dei nostri calici non prima di sette annate dalla vendemmia.

anfora_2006_frontCosì la linea Anfora, con i bianchi Ribolla e Breg, che andrà in pensione con l’annata 2012 (in uscita nel 2019) perché Josko vuole concentrarsi solo sulla Ribolla, rappresenta l’espressione di un uomo e della sua filosofia, dell’acqua e della luna, di una terra e delle sue piante, senza le “mistificazioni” dell’acciaio o le omologazioni delle barriques, nel pieno rispetto della materia prima, della sua anima e del suo respiro più profondo, restituendocela intatta, schietta e selvaggia, attraverso un vino che si offre a noi integro, autentico … nudo.

Provare questi bianchi costituisce un punto di non ritorno, come toccare la cima più alta e poi guardare le altre montagne con un occhio diverso, sapendo già che non potrai provare quel brivido unico dell’impossibile che si realizza. Scendere da quella cima ti lascia dentro un sordo e sommesso anelito a tornarci, mentre affronti altri precorsi, comunque suggestivi, comunque interessanti, comunque appassionanti. Nelle anfore di Gravner c’è un segreto, che è quello della verità e della credibilità, della natura e della storia.

Ribolla 2006

ribolla_2006Ho degustato questo vino in una serata fantastica tra gli amici della montagna e il calore dell’Osteria del Circo, abbinandolo addirittura con piatti a base di cervo o fiorentine di manzo, un accostamento ardito che ha saputo regalare emozioni a dir poco esaltanti. Nel calice il colore evoluto, ambrato, offriva riverberi rosati, mentre l’esplosione di aromi saliva dall’orlo e avvolgeva il naso con sfumature candite di uvetta e spezie dolci, come il tabacco o il cacao. Avvicini le labbra e ti aspetti un gusto abboccato, che ti preoccupa un po’ mentre il residuo sanguigno della carne persiste fra le papille, invece il sorso regala una sorprendente freschezza, un nerbo acido che è una frustata tale da pulire il palato e richiamare un altro boccone, e un altro sorso. Intenso ma morbido, polpa e aromi, tannico ma felpato, spalle larghe come un rosso, ma mineralità e freschezza da grande bianco. Sorprendente.

Ribolla 2007

ribolla_2007Questo assaggio è più recente, posso attingere non solo al mio prezioso taccuino, ma anche a un vivido ricordo, a quello di un calice dorato e luminoso che sprigiona intensi profumi di frutta caramellata e fiori appassiti, con riverberi erbacei di piante aromatiche e aliti di nocciola tostata, ma con una trama chiaramente in evoluzione. In bocca è ancora una sorpresa, perché il ricordo del 2006 era comunque nitido, eppure quest’annata successiva trasmette una personalità completamente diversa, un gusto pieno, da mordere, vellutato e fruttato come un’albicocca o una susina croccante, selvaggio e raffinato, solido e verticale, con una lunga scia sapida e un ritorno aromatico che ti lascia lì a cercare di decifrarne ogni componente, dal pepe bianco alla noce moscata, dalla mandorla alla salvia, dal caffè al rosmarino, dai fiori secchi al fieno delle malghe di montagna, in una interminabile piacevolezza. Infinito.

Breg 2006

breg_2006Se “potessi” fare una sorta di graduatoria, nel mio personalissimo indice di gradimento, questo è il vino che, fra i quattro degustati, mi ha lasciato il ricordo di un’emozione più profonda, uno sconvolgimento interiore che ha cambiato per sempre qualcosa in me, nel mio modo di interpretare i vini bianchi. Ecco, questa considerazione mi lascia già un senso di vuoto al pensiero che il Breg sia già fuori produzione dall’annata 2012, che uscirà solo nel 2019, ma che da quel momento in poi non potrà più regalare simili suggestioni a nessuno. Così cercherò di capitalizzare le annate che già ho in cantina e quelle che usciranno da qui al 2019 per conservare il più a lungo possibile nuove occasioni di confronto con l’intimità di questo vino.

Il Breg è un blend di sauvignon (45%), pinot grigio (22%), chardonnay (18%), riesling italico (15%), ma sulle percentuali mantengo un riserbo quanto meno legato alla loro variabilità in base all’annata; dunque Josko Gravner ha deciso di abbandonare questo assemblaggio per concentrarsi su uno dei vitigni simbolo del Friuli che è la Ribolla. Nel calice ondeggia ambrato e denso, tracciando irregolari e fitte lacrime dorate sul cristallo che lentamente si ricongiungono al vino che roteo, per ossigenarlo al meglio. Il complesso olfattivo che si sprigiona in questo rito del tasting è a dir poco sontuoso: intrecci fruttati e floreali che divergono dalle fragranze agrumate di bergamotto e cedro maturo a quelle floreali di zagara e ginestra, fra riverberi di erbe aromatiche come il timo e la salvia e note speziate di cera d’api e radice di liquirizia, il tutto accompagnato da ricordi di frutta secca e uva passa. L’assaggio è stupefacente, un abbraccio caldo e fresco al tempo stesso, con chiare note fruttate che richiamano l’albicocca e la pesca gialla, ma il tessuto gustativo ha uno spessore che avvolge queste fragranze in una struttura minerale e sapida che conferisce al sorso forma e sostanza, arricchendolo con ritorni erbacei e speziati che ne allungano il respiro amplificandone la potenza. Epico.

Breg 2007

breg_2007Anche con il Breg, così come per la Ribolla, ogni annata è molto diversa dall’altra, rispecchiando in fondo quella che è la filosofia di Gravner, ossia restituire ai nostri palati la verità di un vino che non può essere mai omologo di se stesso, perché ogni anno le condizioni pedoclimatiche variano e l’uva, che vive e respira in un ambiente sempre differente, non può che trasmettere nel suo nettare tale diversità. Colore sempre ambrato, forse un po’ più intesno e livido, con un tenore glicerico sempre ricco e riflessi bronzei, quasi aranciati. Al naso si avverte un tessuto olfattivo composito e ampio, progressivo e penetrante: non manca la trama fruttata, ancora orientata sul registro agrumato, con tracce candite e ricordi mielosi; un velo di mimosa avvolge il tutto lasciando emergere con garbo tutte le sfumature aromatiche e speziate, che ricordano lo zafferano, il tabacco, il caramello, la cannella e il dattero. Al palato si offre generoso, incisivo ma setoso, caratterizzato da un’acidità spinta e una morbidezza soffice, che non nasconde comunque la vena tannica; nelle fragranze fruttate avverto la mela renetta, che ritrovo poi per via retronasale in versione tarte tatin, ma il sorso restituisce molto più, con un sospiro di camomilla e zenzero, un sentore fumé e un soffio officinale e balsamico che non ti aspetti e che chiude il cerchio. Commovente.

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Riccardo Brandi

Riccardo Brandi (brandi@acquabuona.it), romano, laureato in Scienze della Comunicazione, affronta con rigore un lavoro votato ai calcoli ed alla tecnologia avanzata nel mondo della comunicazione. Valvola di sfogo a tanta austerità sono le emozioni che trae dalla passione per il vino di qualità e da ogni aspetto del mondo enogastronomico. Ha frequentato corsi di degustazione (AIS), di abbinamento (vino/cibo), di approfondimento (sigari e distillati) e gastronomia (Gambero Rosso). Enoturista e gourmet a tutto campo, oggi ha un credo profondo: degustare, scrivere e condividere esperienze sensoriali.

1 COMMENT

  1. Davvero suggestivo, ne ho sentito parlare, ma ancora non ho mai provato questi vini su cui sembra aleggiare una sorta di aura mistica … se ne hai in cantina, allora tocca che ci vediamo 🙂
    Ottimo pezzo
    Renato

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