VKA: la Vodka toscana alla conquista del mondo

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luca pecorini vodka

Vorrei raccontarvi una bella storia. Una storia che nasce da una materia prima di qualità e dal potere evocativo di un territorio, che il mondo ci invidia e che potremmo (dovremmo) valorizzare meglio. Una storia che passa attraverso un progetto filantropico e sociale, attingendo alla parte buona e sana dell’industria. Una storia che finisce in un prodotto internazionale, la vodka, ma dal midollo italiano al 100%. Anzi toscano, per la precisione.

Parlo di VKA Vodka, una startup del 2013 ad opera della Futa Srl. Il racconto è quello di Luca Pecorini, estroso chef e paroliere toscano, portavoce e ideatore del marchio VKA. Il luogo è  Settembrini a Roma, il caffè-ristorante-libreria divenuto un’istituzione per gli amanti del buon vivere capitolino (www.viasettembrini.com). Luca è un fiume in piena. Ti travolge e ti diverte, col suo humor da toscanaccio smaliziato, dove battute e aneddoti si intervallano a citazioni intellettuali e spiegazioni dettagliate. Non lasciano posto a pause e riflessioni, ma alla fine ti portano dentro il racconto e non ti annoiano mai.  Scopro così di un progetto partorito dal territorio del Mugello, con l’obiettivo di far emergere una Toscana autentica e diversa – artigiana e creativa ma anche imprenditorialmente all’avanguardia – attraverso due materie prime altrettanto autentiche: acqua di sorgente e grano biologico.

Parte dalla pizza, Luca. “Una delle cose che mi fa più arrabbiare è la storia della pizza: sulle sue origini ci sono sempre grandi polemiche ma nessuno può negare il fatto che pizza sia sinonimo di italianità. Ciononostante, sai chi fa il maggior fatturato annuo con la signora pizza, superando i tre miliardi di dollari? Gli Stati Uniti! E non sono i soli purtroppo a fare i soldi, tanti, con i nostri prodotti. Di esempi ne potrei fare moltissimi. È un problema di capacità imprenditoriali. Siamo bravissimi quando si deve ideare e creare, ma abbiamo grandi difficoltà a legare i prodotti al nostro territorio e a comunicarlo al mondo, godendone, come paese, i benefici. Così mi sono detto, perché, per una volta, non ci appropriamo noi di un prodotto altrui, se così si può dire, radicandolo nel nostro territorio?”. 

vodka VKA_gift_boxNasce così la VKA, la prima “organic Vodka made in Tuscany” (… l’importanza delle parole!). Il grano è quello tenero, biologico e di provenienza certificata. Per ora solo autoctono dall’areale del Mugello, ma il progetto prevede di usare grani italiani selezionati anche da altre regioni. L’acqua, purissima, proviene dal Lago di Bilancino. Con questi due ingredienti base e con un processo di distillazione di precisione maniacale si ottiene una Vodka assoluta, che ha l’ambizione di competere per qualità con le migliori “premium” al mondo, ritagliandosi la sua nicchia in un mercato internazionale e globalizzato.

 “Ci ispiriamo al concetto di industria sociale, ritenendoci un’azienda filantropica e socialedice Luca “che guarda sia gli interessi dell’imprenditore sia quelli degli agricoltori. Abbiamo convocato intorno a un tavolo tutti gli attori della filiera. Abbiamo spiegato loro il nostro progetto, con trasparenza. Gli abbiamo fatto capire perché gli paghiamo il grano un 25-30% in più rispetto al prezzo medio di mercato, e cosa pretendiamo in cambio. E gli abbiamo anche fatto vedere quanto e come vogliamo guadagnarci. Il nostro è un progetto che vuole generare futuro, non fortuna!”.

Sul perché la scelta sia caduta sulla Vodka la risposta è facile. “Siamo partiti dalle indagini di mercato: gli alcolici e gli spirits sono i prodotti agroalimentari più consumati a livello mondiale, e la Vodka, limitandosi alla fetta di mondo che potremmo definire “occidentale” è (insieme al whiskey – ndr) quella che si accaparra la fetta più grande. I prodotti da alcol di cereali (mais, segale, grano, avena, riso, etc…) sono inoltre quelli che offrono i moltiplicatori di valore, e di guadagno, più elevati (e la Vodka ancor di più, non avendo costi di stoccaggio e affinamento – ndr). Così siamo partiti con questo progetto”.

Nel 2015 la prima distillazione: 200.000 bottiglie destinate a diventare 800.000 già quest’anno per traguardare presto l’obiettivo di 3 milioni e mezzo.  Oltre il 90% è destinato al mercato estero, con prestigiose compagnie aeree come clienti e rinomati bar e ristoranti in tutto il mondo, ma le richieste crescono anche in Italia, dove comunque la Vodka pura rimane un consumo di nicchia.

Venendo all’assaggio ho avuto modo di provare la VKA sia assoluta che in alcuni magistrali cocktail preparati dai bartender di Settembrini.

Partiamo dalla bottiglia: elegantissima, essenziale, trasparente con tappo in vetro, tutta riciclabile (a dirla tutta c’era anche una versione con led stroboscopici incorporati che Luca Pecorini ha definito un omaggio alle lucciole del territorio…). L’etichetta, letta in orizzontale, presenta i simboli del genoma dell’uomo e della donna, con al centro la linea della terra. E poi la spiga del grano, che dice il resto.

Al naso i sentori più chiari sono quelli di liquirizia delicata, anice selvatico, finocchietto, mandorla, con un soffio iodato in sottofondo. Al palato è morbida, con graffio alcolico molto morigerato, senza alcun bruciore di ritorno, scorrevole e piacevole. Davvero sorprendente! Anche nell’abbinamento a tavola, specie con un baccalà che lo chef di Settembrini ha condito con tutti gli ingredienti del cocktail Bloody Mary (pomodoro, tabasco, sale, pepe, sedano…) ad eccezione ovviamente della Vodka, che proveniva dal calice di VKA.

La chiosa di Luca Pecorini?
“Siamo un’azienda immorale (alla fine vendiamo alcol e l’alcol bene non fa), illegale (se si beve un bicchiere di troppo e ci ferma una pattuglia sono guai) e cara (una bottiglia può costare anche 40 €), eppure, nonostante tutte queste variabili negative, le vendite stanno andando bene. Perché? Perché facciamo un prodotto autenticamente toscano e di qualità”.

(la prima immagine di Luca Pecorini è presa dal sito www.qualitamagazine.com )

Franco Santini

Franco Santini (santini@acquabuona.it), abruzzese, ingegnere per mestiere, giornalista per passione, ha iniziato a scrivere nel 1998 per L’Ente Editoriale dell’Arma dei Carabinieri. Pian piano, da argomenti tecnico-scientifici è passato al vino e all’enogastronomia, e ora non vuol sentire parlare d’altro! Grande conoscitore della realtà vitivinicola abruzzese, sta allargando sempre più i suoi “confini” al resto dell’Italia enoica. Sceglie le sue mète di viaggio a partire dalla superficie vitata del luogo, e costringe la sua povera compagna ad aiutarlo nella missione di tenere alto il consumo medio di vino pro-capite del paese!

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