

Prende il via con questo pezzullo l’imperiosa, nutritissima e fors’anche inquietante raccolta di appunti di degustazione ricavati da Benvenuto Brunello 2016 (e dintorni), la celebre kermesse organizzata ogni anno a Montalcino dal locale consorzio di tutela per presentare in anteprima a stampa ed operatori le nuove annate dei vini del territorio. Un’occasione che quest’anno peraltro calza a pennello con una eccezionale contingenza temporale, segnata da un biennio importantissimo – 2016 e 2017 – nel quale si celebrerà il cinquantenario sia della denominazione Brunello che del Consorzio. Un risultato mica da poco!
Ad onorare la speciale circostanza sono chiamati in causa gli attesi “ritardatari” dell’annata cult 2010, un’annata che a Montalcino probabilmente eleggeranno come “santa” per le sorti della vitivinicoltura locale (e dell’economia tout court). Trattasi dei Brunello Riserva, che per l’occasione sono stati prodotti pressoché da tutti, anche da chi solitamente non li produceva (tipo i baristi, i giornalai, i farmacisti…).
Più seriamente, le cose che ci siamo detti sull’annata (leggi qui) restano quelle. Interessantissimo semmai il confronto sensoriale “a pelle” fra i Brunello Riserva 2010 e i Brunello 2011 assaggiati il giorno dopo (di cui parleremo nella prossima puntata). Ebbene, nell’ambito di una degustazione seriale appaiono meno “impegnativi” i 2011, per via della dote tannica risolta e accondiscendente, della confortevole morbidezza, del generoso afflato alcolico che in tale contesto tutto avvolge e confonde, favorendo una sorta di assuefazione. Cosa diversa probabilmente sarà vederli alle prese con la tavola.
Più scontrosi e contrastati invece i Riserva 2010, in ragione di una struttura indubbiamente solida e di una carica tannica sentita e spigolosa (ma mai cruda), unite ad un potenziale importante di acidità (quindi di reattività) ma anche di alcolicità, parametri altissimi che non sempre si conciliano con l’equilibrio. Diciamo che quando ci riescono sortiscono risultati eclatanti, quello sì, che possono valere la nomea e il prestigio attribuiti all’annata.
Prima di lasciarvi al delirio di parole e vini, ecco però una sfruculiante “non novità”: ma chi l’ha detto che appartenga invariabilmente alla tipologia Riserva il conseguimento migliore di un’azienda, dal momento in cui il Brunello pari annata uscito sui mercati l’anno precedente spesso e volentieri niente ha da invidiare al fratello “prediletto” sia in termini di articolazione, sia in termini di equilibrio, sia in termini di presumibile potenziale di longevità? Insomma, un millesimo le sue cose in genere le esprime di già (e bene) in concomitanza dell’uscita dei Brunello “annata”. I Riserva, a volte, ci può stare che pongano in risalto anche la presunzione, non sempre la distinzione. Di questo bisogna esserne consapevoli. E a questa “regola” non sfugge manco il 2010. Le concause sono antiche, alcune delle quali restano irrisolte. Ma questa, come anticipato, è una “non novità”. Oltre ad essere, naturalmente, un’opinione del tutto personale.
BRUNELLO RISERVA (e selezioni) 2010
Nota introduttiva: appunti srotolati in stretto ordine di apparizione. Grado di immedesimazione da immaginarsi grazie alle parole e ai silenzi. Trattasi di Brunello tipologia RISERVA, salvo rare eccezioni (individuate con il termine “selezione”).
LA MANNELLA
Sentori di ferro e catrame propiziano profumi tipici, espressivi e ben connotati. Più di sostanza che di fioretto al palato, mantiene un assetto caldo e gradevole in cui la tendenza a slargheggiare, più che a tendersi, viene efficacemente rintuzzata da un salutare brivido di freschezza.
LA PODERINA
I toni dolci, fruttati e boisé rendono il tratto gustativo tendenzialmente monocorde. Un po’ impacciato nei movimenti, polpa e morbidezza non mancano, anche se appare piuttosto restìo, per il momento, ad accogliere il concetto di scorrevolezza.
LA RASINA – DIVASCO (selezione)
La chirurgica definizione fruttata e l’esuberante rigoglìo del tratto lasciano nitidamente lampeggiare l’imprinting moderno da cui è ispirato, lì dove il rovere non gioca affatto un ruolo secondario. Inserzioni torronate e consistenza tannica conferiscono pienezza e volume al sorso, ma non giovano alla snellezza.
LISINI
Seducente complessità aromatica, scandita da un frutto di buona dolcezza e maturità. Andamento gustativo pieno e rilassato, interessante il coté agrumato, l’alcol non scherza ma il brillio sapido ne nobilita ed allunga il finale.
LISINI – UGOLAIA (selezione)
Intrigante spettro aromatico, di ineludibile eleganza e finissima intelaiatura minerale. Continuo, proporzionato, fila via liscio come la seta, fresco e dinamico. Fra i migliori veriddio.
MASTROJANNI – VIGNA SCHIENA D’ASINO (selezione)
Monumentale, grintoso, signorile. Di profonda tessitura minerale e flemmatica compostezza, la sua trama si traduce in una bocca tridimensionale, articolata, superba, finanche altezzosa. Sapete che c’é? Punta dritto al futuro.
MOCALI
Sebbene i toni dolci del rovere ne oscurino parzialmente i pertugi, dalla sua può contare su una buona definizione e su un buon disegno, a cui non fa difetto l’ariosità. Casomai ci aggiungerei, potessi, un pizzico di spontaneità e di diffusione in più, ma è vino ben congegnato.
MOCALI – VIGNA RAUNATE (selezione)
Profumi compatti, sodi, “fermi”. Buona definizione, materia certa, afflato alcolico, finale un po’ frenato dai tannini. Proporzioni rispettate però.
CANALICCHIO FRANCO PACENTI
Coriaceo, compatto, da sdilinquirsi, la ricchezza gustativa è screziata da una grana tannica a maglia grossa, più da argille che da galestri, ciò che non lede la presenza scenica, semmai la finezza.
PALAZZO
Succoso, definito, carnoso, attacca bene per poi (s)contrarsi, dialettico e forse irrisolto, in un finale alcolico e bruciante.
PIAN DELLE QUERCI
L’attitudine a ben sfumare e al dettaglio sottile deve fare i conti con l’impatto alcolico e con una traccia evoluta. E’ così che strie più dolci vanno ad impastarne l’eloquio e a smussarne la piena vitalità. Non per questo resta un vino affascinante per rigore e misura.
PIAN DELLE VIGNE – VIGNAFERROVIA
Piritico e boisé, in odor di massicciata, nei suoi profumi non puoi non rintracciare una vena di originalità, parzialmente dispersa da una trama di bocca più sbozzata e indefinita. Potente e volitiva questo sì, ma un po’ in debito di articolazione e mezze tinte.
PIETROSO
I profumi respirano, i riflessi agrumati annunciano tono e freschezza, rilasciando un senso di purezza. Meno scorrevole delle attese al palato, dal momento in cui senti il pungolo di un tannino ancora irriverente frenarne la persistenza. Da attendere.
PININO – PINONE
Buon dettaglio aromatico, fresco, succoso, dalle trame ordinate e profilate. Scorre bene senza impuntarsi o, di contro, diradarsi sul tannino. Finalmente uno stile non urlato per un vino apparentemente sotto peso, che riesce a librarsi e, nella sua leggerezza, a non farsi mancar niente.
PODERE BRIZIO
Corposo, energico ma non ancora dettagliato al punto giusto, alcol e tannini ne increspano i sapori, orientandone lo sviluppo verso la larghezza e il finale su una intransigente severità.
PODERE LE RIPI
Bella proporzione qui: spinge deciso senza sfrangiarsi sull’alcol, è propulsivo, ben supportato dal frutto, ordinato e scorrevole. E in questa sua “nuova” veste ribadisce il cambio di registro stilistico già apprezzato nell’annata precedente.
POGGIO ANTICO
Un lato ombroso che intriga e non disturba. Ma allo stesso tempo lascia come in sospeso. Seducente intanto il quadro aromatico, lineare e progressivo lo sviluppo. Più intransigente il finale, da quando senti il sapore virare sui toni della liquirizia.
POGGIO DI SOTTO
Raffinato, sottile, caratterizzato, il pungolo vivace e gradevole della volatile ne è la sua firma. La dinamica eccelle, è polposo, accogliente, sinuoso. E se non troverete fulminante la sua progressione, che stile però!
QUERCE BETTINA
Attacco “tropical” dichiarato e intenso ai profumi. Un’infiltrante vena vegetale va a caratterizzarne i sapori, ripercuotendosi nella scabrezza affilata dei tannini e, conseguentemente, sulla capacità di espansione.
RENIERI
Lato vulcanico in evidenza, bella pienezza ed aromaticità. Di contro bocca ancora ostaggio del rovere, che in questa fase tende ad asciugare le trame.
SAN GIACOMO
Bella suadenza aromatica, meno debitrice del rovere che non in altre occasioni. Assai proporzionato, carnoso, frutto ben definito senza sfrangiature, stile moderno ma con calibro. Peccato per la chiosa leggermente amaricante.
SAN POLO
Sanguigno e corposo, gli umori di ghianda e pierre à fusil fanno tanto Brunello. La componente tannica è abbondante, tale da smorzare gli allunghi e tramutare in severità l’iniziale dolce sinuosità del tratto.
SESTI – PHENOMENA
Di struggente classicità nello spettro dei profumi, è vino succoso, teso, proporzionato, dalla chiusura nobilmente austera ma ancora contratta. Tutte le carte in regola per stupire.
SOLARIA
Densità adeguata, materia buona, alcol che scalda e dolcezza del rovere in esubero. Un coacervo di sensazioni che chiedono la messa a punto per convivere assieme: chiedono tempo.
STELLA DI CAMPALTO
Succoso, dinamico, fresco e impettito, traduce in una proposta elegante gli stimoli di una annata propizia. Coeso, espansivo, ben si diffonde senza rinunciare ad una soffice tattilità, che non fa che amplificarne l’avvenenza.
TALENTI – PIAN DI CONTE
Ottima definizione aromatica per un rosso carnoso, seducente, continuo, dove un frutto perfettamente maturo resta inquadrato in un disegno calibrato, modulato nei toni, preciso negli assetti, indiscutibilmente attraente. Ai massimi livelli di espressività e compiutezza.
TASSI – FRANCI
L’amarena confit e i risvolti boisé imprimono un “marchio” dolce al quadro. Per il resto il vino è polposo & morbido sia pur solo discreto nell’espansione. L’approccio stilistico moderno, in questa fase evolutiva, non ne lascia apprezzare più di tanto reattività e contrasto.
TENUTA BUON TEMPO
Moderno l’impianto, succosa la trama, buon componimento e buon bilanciamento, pur senza sfoggiare la lunghezza dei migliori. Di generosa tempra, soprattutto alcolica, riesce a non scomporsi e per questo a mantenere intatta una sensazione di piacevolezza.
TENUTA CROCEDIMEZZO
Arioso, sottile, scorrevole, aggraziato, infiltrante & dinamicissimo. Con questo 2010 arriva la conferma di uno stile sussurrato e giocato in sottrazione, senza evidenze posticce. Non proprio una sorpresa (perché lo stile è conclamato), ma si muove davvero su apprezzabili livelli di originalità e dignità territoriale.
TENUTA DI SESTA
Arioso, minerale, succoso, lungo, coniuga sapientemente grip e sfumature concretizzando un bel conseguimento, fatto di giustezza e tipicità. Il leggero esubero di dolcezza potrà apparire ai più come il classico pelo nell’uovo.
TENUTA LA FUGA – LE DUE SORELLE
La cospicua dote fruttata e i risvolti boisé ne attenuano la spontaneità. Il vino eppure possiede polpa, sostanza, robustezza. Non proprio l’attitudine al contrasto e alle sfumature.
TENUTE PICCINI – VILLA AL CORTILE
Il profilo esotico e “tropicale” ostentato dallo spettro aromatico si traduce coerentemente in un gusto dagli accenti dolci, senza gli attesi cambi di passo.
TERRE NERE
Buon carattere aromatico per un temperamento caloroso: grintoso ma ancora alla ricerca dei migliori equilibri, sbuffa, sgomita e spinge. Le aspettative ci sono.
TORNESI
Approccio caldo, materico, robusto. Scie di dolcezza “roverizzata” contribuiscono ad instradarlo nel verso della stucchevolezza. Corposo quello sì, anche se manca di scioltezza.
UCCELLIERA
La timbrica aromatica è inconfondibile: ghianda, catrame, erbe amare, corteccia, alloro e liquirizia. Certo l’influenza del rovere non scherza, capace com’è di imbrigliare le trame per renderle più ostinate e arcigne.
VAL DI SUGA – VIGNA DEL LAGO (selezione)
Disteso, elegante, succoso, “accogliente”, modulato: un pelo di evoluzione di troppo fra le maglie ma gran fascino ed espressività.
VAL DI SUGA – POGGIO AL GRANCHIO (selezione)
Buon grip, succoso, un po’ di rovere in esubero. Non il carattere distintivo di un Vigna del Lago ma polpa e sostanza ci stanno, inquadrate in un profilo gustoso, curato e stilisticamente “smaliziato”.
VASCO SASSETTI
Dalla generosa infusione di catrame, liquirizia e tannino se ne esce un profilo classico ma fin troppo reticente e poco concessivo. Attenderlo è un obbligo, oltreché un dovere.
VENTOLAIO
Combattuto fra spinte fresche e agrumate e controspinte più malinconiche e autunnali, se la gioca di sottintesi sul filo della evoluzione (controllata). La sobria personalità disegna i contorni di un vino non urlato, più affusolato che robusto, portato per i chiaroscuro di sapore.
VILLA I CIPRESSI – ZEBRAS
Ricco ma espressivo. Tenace, consistente ma senza sbrodolature. Gli muovi pochi appunti insomma, se non fosse per la profondità e la finezza, queste ultime non propriamente ai massimi livelli.
VILLA LE PRATA – MASSIMO
Intriganti accenti fumé annunciano un sorso dalla timbrica classica, sfumato nello sviluppo ma soprattutto dotato di reattività e scioltezza, doti preziose da tenere care per il futuro.
VILLA POGGIO SALVI
Il colore vivo e giovanile apre ad un vino gioviale e scorrevole, nel quale non vi scorgerai l’allure di complessità tipica di un Brunello. Insomma, il disegno un po’ essenziale lo apparenta di più a un Rosso di Montalcino, ma conserva il suo perché se stai alla gradevolezza e alla misura.
VINI ITALIANI DA SOGNO – LA TOGATA
Si muove con una certa “leggerezza”, senza forzature, svoltando di 360° rispetto allo stile cui ci aveva abituati La Togata fino ad ora, solitamente più estrattivo e presenzialista. Certo gli manca qualcosa lì in mezzo, in continuità, sapore, densità, ma un equilibrio salvifico ne illumina la trama.
AGRICOLA CENTOLANI – PIETRANERA
Rovere e gomma bruciata screziano il quadro dei profumi. Per il resto buon ordine anche se non molta espansione. Succoso, si muove su una dimensione gustativa di media complessità, anche se gradevole.
BANFI – POGGIO ALL’ORO
Succoso, solido, intenso e mai eccessivo, alla dichiarata spinta alcolica risponde con una bella dote di sale in corpo.
BANFI – POGGIO ALLE MURA
Buon profilo aromatico, pulito, netto, controllato. Poi legno che frena la progressione ed è un peccato.
BARBI
Succo e tempra d’ascendente classico, tannino dal piglio austero ma senza crudezze, profilo ben calibrato anche se non esplosivo, carattere muy interessante. Soprattutto tipologicamente ben connotato, ché non c’è da scervellarsi per capire di cosa stiamo parlando.
BARTOLI GIUSTI
Sotto l’egida di una manifattura tradizionale il tratto ceroso dei profumi, qualche incertezza aromatica e la progressione rilassata e un po’ indolente ne caratterizzano la sostanza solo a metà.
BELLARIA – ASSUNTO
Esotico ai profumi, aguzzo, fresco di acidità ma davvero “stringato” ed affilato, con qualche reminiscenza vegetale da sgrondare via.
BOTTEGA
Succoso, ematico, polposo. Materia e frutto sono di casa. Meno rintracciabili disegno ed articolazione.
CAMPOGIOVANNI – QUERCIONE
Ghiandoso, pirico, sanguigno e solare, è il naso ad esprimere i caratteri più originali e distintivi di questa etichetta. La generosa spinta alcolica, infatti, rischia di soffiar più lontano dettagli ed articolazione.
CANALICCHIO DI SOPRA
Austero, impettito, di bella dimensione e volume, il tannino baritonale non nasconde la sapidità e le accentature minerali. Molto interessante, soprattutto in prospettiva.
CAPANNA
Succoso, proporzionato, quale riuscito compendio di austerità e dolcezza, muscolo e flessuosità, senza quelle impuntature tanniche che ne hanno segnato certe edizioni recenti. Bene!
CAPARZO
Balsamico, seducente, polpa e freschezza come maritate, non un carattere esaltante ma sapidità e disegno non mancano. Fondo austero (ma non severo).
CAPRILI – ADALBERTO
Bella schiettezza, succoso, anche alcolico ma di una certa personalità, tipico, solare, generoso.
CASANUOVA DELLE CERBAIE
Bella rarefazione, sottile, floreale, sfumato, seducente: diverso. Forte l’analogia con un Pinot Nero, come già avvenuto in passato.
CASTELLO ROMITORIO
Colore sostenuto; frutto, rovere e robustezza annunciano una sagoma piuttosto massiccia e muscolare, non così bilanciata nella dinamica, data l’abbondante dotazione tannica.
CITILLE DI SOPRA
Un po’ d’alcol sopra le righe, per il resto buona espressività e confortante sensazione di tipicità.
POGGIO IL CASTELLARE – PIAN BOSSOLINO
Timbro d’amarena che riconduce al terroir, impatto generoso e trama gustativa calda, rotonda, gradevole, senza i cambi di passo attesi.
COLLELCETO
La verve esotica dei profumi lascia ben presto il passo ad un profilo flessuoso e slanciato, a cui appartengono brillantezza e profilatura. Affusolato, diritto, garbato, fila via con dinamismo e savoir faire.
COLLEMATTONI – VIGNA FONTELONTANO
Materico e corposo, umori di ghianda ed amarena sotto spirito annunciano un gusto intenso, caldo per l’alcol, sostanzioso, di tensione solo discreta.
CORTE DEI VENTI
Qualche tratto evoluto per un vino che tenta la via della sottigliezza e della flessuosità, riuscendo parzialmente nell’intento per via della dolcezza alcolica in esubero.
CUPANO
Preciso negli assetti, super-curato, buon punto di maturità del frutto, peccato per quel legno che ovatta e addolcisce.
FANTI – VIGNA LE MACCHIARELLE
L’impatto fruttato e l’ingerenza non marginale del rovere rendono il quadro morbido e confortevole ma non altrettanto contrastato ed originale.
FATTOI
Bello, seducente, mentolato, netto, succoso, elegante, carnoso, con un lato di insondabile fascino tutto da scoprire: ottimissimo!
FORNACINA
Classico negli accenti ma un po’ evoluto nei sapori. Rugoso il finale, dove i tannini tendono a restringerne l’espansione. Peccato, perché il “sentimento” è quello giusto.
GIANNI BRUNELLI LE CHIUSE DI SOTTO
Modulato, espressivo, balsamico, elegante, polposo, trascinante e compiuto, dice dannatamente bene la sua nell’ambito del millesimo e della categoria!
IL POGGIOLO
Il coté ferroso è intrigante, l’alcol supporta senza infierire, lo stile è apprezzabile, il disegno classico: non propriamente ficcante ma succoso e composto.
IL POGGIONE – VIGNA PAGANELLI
Ricco, potente, incisivo, balsamico, austero, ghiandoso: grande stazza e intelaiatura di quelle sode, fatte per durare a lungo. Da attendere.
LA FORTUNA
Espressivo, tipico, ricco ma modulato nella progressione e negli accenti, i sentori di bacca e alloro ne accompagnano la timbrica austera e profonda. Da sbrigliarsi, ma è vino che ispira buone cose ad ogni sorso.
LA GERLA – POGGIO GLI ANGELI
Bella idea di frutto e di maturità, scandita dai toni balsamici e minerali. Polposo, morbido ma dinamico, può contare su una bella integrazione del tannino, la cui temperata dolcezza ne amplifica l’eleganza.
LA LECCIAIA – MANAPETRA
Con questa etichetta La Lecciaia si riappropria dello stile sobrio ed elegante che è ormai il suo marchio di fabbrica. Giocato in sottrazione, anche nel colore, manca un pelo di densità e di continuità d’azione ma la capacità dettaglio e la bevibilità sono quelle giuste.
LA MAGIA
Energico, robusto, volitivo, leggermente asciugato in quel finale arcigno di bacca e liquirizia. Eppure struttura e volontà non fanno difetto. Così come la continuità d’azione nello sviluppo.