La musica nelle aie. Azienda agricola Quinzân

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20-5-16 052 (Small)E’ ufficiale cari lettori, la rivoluzione è partita, ed è partita dalla Musica nelle Aie. E’ ancora una piccola rivoluzione e ci vorrà del tempo ma, come tutte le rivoluzioni, porterà con sé un’evoluzione, lenta ma inarrestabile. Non ci potremo opporre, nessuno potrà farlo. Oppure possiamo tentare di farlo sì, ci capita fin troppo spesso di ancorarci alle abitudini per sentirci più al sicuro; ma lei, evolvendo, ci trascinerà inesorabilmente, e finalmente, verso approdi esistenziali nuovi.

Perché abbiamo bisogno di ritornare al passato? Cosa stiamo cercando? Un respiro diverso? Esiste in ognuno di noi una parte “sovversiva”, che non accetta imposizioni e che riconosce l’utilità delle cose, dei princìpi, delle azioni romantiche, delle tradizioni popolari come atte alla “sopravvivenza” della specie. E se tante storie di campagna oggi cominciano da: “ scappo dalla città….”. Pietro Bandini, in arte musicale Quinzân, in queste campagne c’è nato e non le ha mai abbandonate, portando avanti la sua idea di agricoltura naturale tutta da condividere.

20-5-16 029 (Small)“ Siamo certificati bio e abbiamo creato una fattoria didattica a partire dal 2000. E’ un lavoro che mi piace quello con i bambini ed i ragazzi. Abbiamo scuole con cui organizziamo laboratori alimentari, culturali e tecnici ed uno sulle tradizioni popolari delle nostre terre. E’ una cosa molto bella perché riescono a far incontrare due bisogni: quello dei ragazzi, che possono conoscere da dove proviene ciò che mangiano e, culturalmente, il posto in cui abitano; e quello di noi agricoltori, che possiamo parlare alla gente”. Prima rivoluzione: comunicazione empatica, vis à vis, no social media. Mi entusiasmo ed immagino il salone, ora vuoto, pieno di schiamazzi e di energia fanciullesca. Animo nobile, e allo stesso tempo semplice e generoso, il Quinzân. E’ uno di quelli che dà la sua parola con una stretta di mano.

20-5-16 426 (Small)Far risuonare le aie quindi è la nostra idea. I bambini vengono in campagna, la vivono. Abbiamo ristrutturato la cantina, creato una piccola biblioteca, una fonoteca ed un salone grande dove possono fare ciò che vogliono, dalle lezioni sulla natura ai disegni”. Sulle pareti sono appese piccole poesie dedicate al tempo trascorso nella fattoria e a Pietro. Immagini tenere e pulite, rappresentazioni di un tempo che rimarrà anche nel futuro grazie alla forza di una esperienza diversa. Seconda rivoluzione: empatia con il “pianeta verde”, e quindi con la Madre Terra. Il progetto che ha iniziato a farsi strada nella mente di questo vignaiolo gentile e in altri artisti è divenuto realtà. Ogni anno, la musica ripopola ancor di più queste campagne durante il festival folk, alla seconda domenica di maggio. E adesso siamo già a diciotto edizioni. Ventimila persone che son passate da qua e che si sono trovate a danzare nelle aie, a cantare, a mangiare, a correre e a giocare. Terza rivoluzione: la musica, linguaggio magico, che riporta i suoni nei loro luoghi d’origine. E alle persone. “La musica è dentro a tutto ciò che faccio, fa parte di me, ho sempre sentito il bisogno di suonare così come quello di far vino. Da che mi ricordo la vendemmia finiva solo dopo una festa”.

20-5-16 105 (Small)La cosa sorprendente che trovo nei vini di Pietro è la personalità, un po’ come la sua anima: gentile, elegante, curiosa. Ottomila bottiglie per Quinzân. Quattro ettari  di vigneto dove le viti dimorano su suoli d’argilla, argille ferretizzate, gesso e galestro. Sono vini che mi entusiasmano. Raccontano qualche cosa di nuovo anche se sono dentro di lui fin da sempre.

TREBBIANO  2015  (da suoli argillosi)

Giallo dorato, aromi di fiori bianchi e note laccate, echi marini. La bocca è fresca, sapida, fra mandorla ed erba di campagna.

SANGIOVESE  2013 (da argille ferrettizzate)

Un Sangiovese sorprendente, che perde la generosa muscolatura romagnola per reinventarsi più flessuoso, elegante e “borgognone”.

ZAVAJ  2012 (50% Sangiovese da argille ferrettizzate,50% Merlot da suoli a galestro).

Profumi balsamici e di macchia mediterranea. Un tannino leggermente scorbutico porta con sé note di erbe appena amare, cacao, liquirizia e piccoli frutti rossi.

STUGLE’  2011 (Merlot 100% da suoli a galestro)

Vino di grande personalità, in un territorio che storicamente non è il suo. Dà il meglio di sé svelando uno spettro aromatico di tutto rispetto, uno sviluppo gustativo ampio e un finale lungo, dai tannini setosi. Ricordi di cacao, liquirizia in radice, tabacco scuro, menta e frutta rossa sul cammino.

20-5-16 115 (Small)Parlando ancora di musica nelle aie, e nutrendomi nuovamente della storia di Pietro, stavo quasi gongolando per la felice mia scoperta quando, ad un certo punto, il mio sguardo si posa su una foto disposta in un angolo, quasi nascosta da un camino. “ Ma quello è….”, dico io. “ Si è lui, nel 2003. Era partito tutto a quei tempi: la fattoria didattica, avevo i muratori che lavoravano nella cantina nuova e ci siamo conosciuti per caso perché lui aveva scritto un breve articolo su una rivista ed in poche righe aveva tracciato un quadro dell’agricoltura italiana perfetto. Gli scrissi, perché l’articolo mi era piaciuto e perché producevo il Centesimino in quel di Faenza, che all’epoca non era ancora niente, non si chiamava nemmeno così. Fu sorpreso perché non lo conosceva e volle venire a trovarci. Rimanemmo a chiacchierare e ad assaggiare perché intendeva scrivere di questo vino. Gli raccontai la storia; gli raccontai che Centesimino altri non era se non il soprannome di Pianori, l’uomo che scoprì questa pianta rimasta chiusa all’interno di un chiostro in un palazzo del centro di Faenza nei primi anni del secolo scorso. Gli dissi anche che mio padre e mio zio negli anni cinquanta andavano ad assaggiare i chicchi dell’uva sparsi fra i pochi vigneti dell’entroterra, per capire quali fossero i più idonei, se quelli cresciuti su suoli sabbiosi o quelli su suoli argillosi. Lui ne fu entusiasta e si incuriosì. Sono rimasto impressionato, perché mi ricordavo questo signore da bambino e mentre ci stavo parlando -lui ormai verso gli ottanta- mi sorprendeva ancora con queste cose tanto ispirate e potenti sull’agricoltura. Aveva una visione cristallina, chiara, attualizzata, un’idea lucidissima e lungimirante”. Ah, questo signore si chiamava Luigi Veronelli.

Azienda agricola Quinzân – Via Castel Raniero – Faenza (RA);  quinzan7@alice.it

Marco Bonanni

Sono cresciuto con i Clash, Bach e Coltrane, quello che so del vino lo devo a loro.

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