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Mangiare in Chianti Classico. Le Panzanelle e altre storie

OSTERIA LE PANZANELLE  – Località Lucarelli, comune di Radda in Chianti (SI)

lepanzanelle_homepageLa frase di rito è: “che ne diresti di un bel giretto nel Chianti?”. La risposta, ineludibile e convinta, è: “ottimo, ma a mangiare si va alle Panzanelle, eh!”. Così, spesso, si risolvono le questioni di viaggio, a casa mia. Con il tempo ho scoperto che in realtà questa sorta di do ut des casalingo è prassi consolidata un po’ ovunque. Mi sono accorto per esempio come l’Osteria Le Panzanelle sia diventata una tappa obbligata. Non esiste Chianti senza un pit stop alle Panzanelle. Tutto il sottobosco umano che frequento io, enogastronomico “savasandir”, conosce quel posto. Strano, perché di trattorie sul territorio ve ne sono parecchie. Ma è anche vero che quella inarrivabile meraviglia paesaggistica chiamata Chianti non ha esitato poi tanto, soprattutto nel passato, a strizzare l’occhio al turista poco avveduto, spacciando a man bassa mediocrità culinarie per autenticità. Da cui l’inevitabile scrematura. Ecco, Le Panzanelle, nel garantire una fedeltà finanche filologica alle tradizioni gastronomiche locali, riserva una tale attenzione alle materie prime da far la differenza. E nel piatto questa differenza la senti tutta. Andare alle Panzanelle è come fare un tuffo nella cucina più tipica della Toscana profonda, perfettamente in bilico fra influenze fiorentine e senesi, come si addice ad un luogo posto al confine esatto fra le due province. Il viaggiatore meno disattento, così come il gourmet, se n’è accorto, al punto che questo graziosa osteria “di passo” ha assurto a meritata fama.

Invariabilmente affollata, a pranzo e a cena, non di rado frequentata dai produttori vinicoli dei luoghi, è un posto la cui atmosfera riesce a conquistarti. Grazie alla semplicità, si badi bene, e alla concretezza. Ma grazie anche al dettaglio. Mi piace andare alle Panzanelle, per l’atmosfera verace, i cibi e i vini. Siano esse paste fatte a mano, zuppe del giorno, agnelli a “scottadito”, salumi comme il faut, oppure frattaglie, trippe, cinghiali in umido, carni alla griglia, incredibili panne cotte (da apparentare a quelle mitiche di Davide Palluda, su a Canale d’Alba), tutte le pietanze, con rarissime eccezioni, richiamano alla mente un’idea di freschezza e di brillantezza gustativa. Pietanze saporite e centrate insomma, accompagnate da una carta dei vini decisamente “sul pezzo”, che sa spaziare con intelligenza nel territorio – distinguendo opportunamente per comune di provenienza- affiancando vignaioli autentici a nomi che non puoi evitare. Non manca qualche proposta fuori zona o fuori regione, che rivela un occhio attento verso le produzioni di più ispirata matrice artigianale. Ulteriore punto a favore? non mi è mai capitato un vino rosso servito fuori temperatura. Una regola troppo spesso disattesa anche in locali di ben altro lignaggio e presunzione. Il personale di sala, efficiente, spigliato e cordiale (vabbé, a volte fin troppo sbrigativo quando hai la pressione di tanti commensali sul collo), è governato dal savoir faire di Paolo, Cecilia e Luigi, e fa il paio con “l’estro cuciniero” di Nadia e Silvia, le “vere” Panzanelle. Sui 30 euro ti alzi da lì con una certezza e una esigenza in più: pensare alla prossima scusa buona per assicurarti l’immancabile ritorno.

OSTERIA IL PAPAVERO – Località Barbischio, comune di Gaiole in Chianti (SI)

Osteria Il Papavero_esterniPer arrivare a Barbischio, antichissimo castrum medievale, devi salire al “piano di sopra” di Gaiole. Approdare cioè in alta collina. Non più di tre chilometri dal centro, a dire il vero, più che sufficienti però per allontanarsi da qualsivoglia tentazione cittadina. Ti ritroverai in un piccolo borgo incontaminato, dove il tempo ha assunto un’altra unità di misura. Un angolo di Chianti orgogliosamente reale, senza belletti. Ti ispirerà, come l’aria che c’è lì. E a proposito di autenticità, non ho potuto che sorprendermi nel far tappa all’ Osteria Il Papavero, antica bottega paesana riattata a ristoro. Mi vengono alla mente poche parole a commento, come “atmosfera struggente” o robe simili. Perché poche parole bastano alla descrizione di un incanto. Il vecchio pavimento della piccola e unica saletta da solo vale il viaggio. Una saletta intima e calda, che ti proietta in una dimensione atemporale. Come un qualcosa che era già lì, connaturato. E che si accende di umori, suoni e convivialità qualora si ritrovasse riempito dalle 25 persone che quella saletta, al massimo, potrà ospitare.

Ma non di sole suggestioni architettoniche si vive. La cucina risponde da par suo con una serie di piatti curati e mai scontati, dove la sensibilità del cuoco-patron, “migrante” maremmano, si rivela grazie alla ponderata rivisitazione delle pietanze tradizionali, giocando talvolta “in sottrazione”, e dimostrando a più riprese mano sicura nelle cotture, nei bilanciamenti e negli impiattamenti. E se la carta dei vini è un po’ stringata, riuscirai comunque a bere bene, soprattutto se ti affiderai a certi Chianti Classico di sponda gaiolese. In compenso, la musica di sottofondo è complice e ispirata, il personale di sala accomodante, colto, sensibile.

Trenta euro (o giù di lì) per ritornarci convinti, e provare così altre elaborazioni, altre idee. Con una cautela: non arrischiatevi a salire fin qui quando in zona c’è “l’Eroica”, la celebre ed evocativa biciclettata ottobrina lungo le strade bianche del Chianti. Perché Barbischio e il “suo” Papavero vengono letteralmente e permanentemente invasi dalle foltissime truppe d’assalto in assetto “scampagnata”. Godeteveli invece nella normalità di un giorno qualunque. Magari a cena, nel calor buono di una luce che fende il buio: li ricorderete.

ENOTECA DELLA FORNACE – Località Corsignano, Vagliagli (SI)

Enoteca La Fornace_3Hai visto mai, le coincidenze!? A pochi metri da questa graziosa enoteca con cucina, ventisette anni fa c’era stato il suggello del viaggio “battesimale” in terra chiantigiana. Di un girovagare consapevole e indipendente vi parlo, al netto delle frequentazioni giovanili in compagnia di mio padre. In quel caso c’era con me lo zoccolo duro della complicità esistenziale. Decidemmo là per là di fermarci a dormire al B&B Soggiorno Casa Lucia, che era di un invitante… Con il malcelato timore di ritrovarci a spendere soldi inappropriati per le tasche in affanno di uno studente universitario. Ricordo che aveva poche camere, allora. In ognuna di esse c’era un caminetto. Ricordo una cura del particolare che ci ammaliò. Mai lira fu pagata più volentieri.

A distanza di anni, decidendo ancora una volta lì per lì, qualche giorno fa siamo capitati quasi per caso all’Enoteca della Fornace, ben visibile sulla strada che da Valiano porta a Vagliagli. Ancora noi, gli stessi di ventisette anni prima. Decisamente prossima alla sede del Soggiorno Casa Lucia, non ti vado poi a scoprire che è gestita dal figlio, ora cuciniere, dei proprietari del B&B “galeotto”? Ed è stato così che abbiamo vissuto questa sorta di ritorno all’origine con la dolce malinconia per quei giorni là, che furono bei giorni, di scoperte ed innamoramenti. E più che la cucina ci è stato di conforto questo piacevolissimo noise interiore, oltremodo stimolato dal rustico charme dell’Enoteca. E se la proposta gastronomica, sulla carta stuzzicante, ha mostrato qua e là alcune sfasature, soprattutto in termini di rifinitura ed equilibrio nei piatti, è anche vero che qui si sta cercando di spaziare sul tema, rivisitando con giudizio le “questioni” chiantigiane, offrendone un taglio stilistico verace, di generosa avvolgenza gustativa ( vedi gli gnocchetti pecorino e rucola o i pici alla Fornace, con briciole e pancetta). E comunque, potrai sempre contare sull’ausilio di una tagliata come dio comanda, per raddrizzare le sorti espressive di una serata. In una carta dei vini piuttosto stringata per essere associata ad una Enoteca (ma che non si fa mancare qualche sfiziosa curiosità), ho trovato simpatica l’idea di introdurre le cantine con un piccolo racconto loro dedicato. Sui 30-35 euro si aggirerà il conto. Da riprovare, sì, da riprovare. Per avere più piena consapevolezza delle possibilità e delle potenzialità in atto. O, se non altro, per rinnovare l’illusione di immaginarci più giovani.

 

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